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REGIO DECRETO 18 giugno 1931, n. 773

SUPPLEMENTO ORDINARIO G.U.R.I. 26 giugno 1931, n. 146

Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. (1)

TESTO COORDINATO (alla legge 7 ottobre 2024, n. 152 e con annotazioni alla data 5 aprile 2022)

(1)

Vedi il R.D. 6 maggio 1940, n. 635, regolamento per l'esecuzione del presente.

Relazione di S.E. il Capo del Governo, Primo Ministro Segretario di Stato, Ministro per l'interno, presentata a S.M. il Re il 18 giugno 1931, sul decreto che approva il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.

SIRE!

L'art. 6 del regio decreto-legge 14 aprile 1927, n. 593, convertito in legge 22 gennaio 1928, n. 290, autorizza il governo del Re, dopo la pubblicazione dei nuovi codici penale e di procedura penale, a coordinare con questi le disposizioni contenute nel testo unico approvato con regio decreto 6 novembre 1926, n. 1848 e ad emanare un nuovo testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.

Approvati con i regi decreti 19 ottobre 1930 i nuovi codici penale e di procedura penale, che andranno in esecuzione il 1° luglio p. v., si è provveduto a compilare il nuovo testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, giusta la disposizione soprarichiamata.

Nella compilazione del nuovo testo unico è stato tenuto conto, oltreché delle disposizioni dettate dai nuovi codici, anche delle innovazioni che erano state apportate dal regio decreto-legge 14 aprile 1927, n. 593, soprarichiamato e dalla legge 31 marzo 1930, n. 413, col primo dei quali, in relazione al nuovo ordinamento territoriale dello Stato, le attribuzioni, che erano affidate all'autorità circondariale di pubblica sicurezza, sono state deferite al questore e, con la seconda, è stato soppresso, per le ragioni che a suo tempo furono prospettate al parlamento, l'art. 218 del testo unico del 1926.

Sono state altresì apportate all'istituto della censura teatrale le modificazioni, che già erano state approvate, avocando al ministero l'esame e l'approvazione delle produzioni teatrali d'ogni specie, da darsi o recitarsi in pubblico.

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Nel compilare questo nuovo testo è sembrato anzitutto opportuno, per ragioni di sistema, far precedere alla norma contenuta nell'art. 3 del testo unico 1926, quella dettata dall'art. 159 dello stesso testo unico, relativa alla istituzione della carta di identità.

E' sembrato, infatti, poco razionale che lo stesso art. 3 e parecchie altre disposizioni successive accennassero alla "carta di identità", prima ancora che fosse dichiarato in che essa consista e quale autorità la rilasci. D'altra parte, nemmeno appariva opportuna la sede dell'art. 159 del titolo VI, che è intitolato: "Disposizioni relative alle persone pericolose alla società", mentre della carta sono tenute a munirsi anche le persone dabbene per adempiere a determinati atti che la legge di polizia vuole controllati, ad esempio: acquisto di armi e di munizioni, alloggio negli alberghi, acquisti di oggetti preziosi, ecc.

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Oltre alle innovazioni sostanziali, imposte dal coordinamento coi codici e che saranno in appresso particolarmente illustrate, si è avuto cura di apportare modificazioni formali, per rendere la legge, anche nella espressione letterale, meglio aderente al codice penale.

All'art. 10, n. 2 l'espressione: "a chi sia in istato di libertà vigilata o sottoposto all'ammonizione" è stata sostituita dalla seguente: "a chi è sottoposto all'ammonizione o a misura di sicurezza personale o è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza"; e ciò in correlazione al capo II del titolo IV del nuovo codice penale, che definisce i delinquenti abituali, professionali o per tendenza, ai quali, evidentemente, non può essere consentito l'esercizio di attività che il legislatore ha sottratto alla libera iniziativa del privato.

Al primo capoverso dello stesso articolo all'indicazione del ricatto, recata dalla vecchia legislazione, è stato sostituita, in armonia al nuovo codice, la indicazione: "sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione".

Puramente formale è la modificazione al primo capoverso dell'art. 17, ora divenuto 18, ove si dà una definizione della riunione pubblica, capoverso che è stato messo in armonia con l'art. 266, n. 3 del nuovo codice; mentre è stato inserito un nuovo capoverso tra il penultimo e l'ultimo, che riproduce esattamente la norma dettata dal nuovo codice al secondo capoverso dell'art. 655.

L'art. 29 del testo unico 1926 dava la definizione delle armi, agli effetti della legge di polizia.

Un'altra definizione, agli effetti della legge penale, è data dall'art. 704 del nuovo codice, non discordante da quella della legge di pubblica sicurezza, ma più ampia.

Non sembrando opportuno far sussistere due diverse definizioni in leggi cospiranti ad un medesimo fine, l'art. 30 del nuovo testo della legge di pubblica sicurezza riproduce la stessa definizione del codice.

Il capoverso dell'art. 40 del vecchio testo, ora 41, è stato soppresso, provvedendo alla norma relativa, l'art. 237 del nuovo codice di procedura.

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Superfluo, di fronte al secondo capoverso dell'art. 35 del nuovo codice penale, il capoverso dell'art. 87 del vecchio testo della legge di pubblica sicurezza, 89 del testo nuovo, e perciò è stato soppresso.

Del resto, oltre all'art. 35 del codice penale, v'è la disposizione dell'art. 9, ora 10, della legge di pubblica sicurezza, per la quale le autorità di polizia possono sospendere o revocare le autorizzazioni, in qualsiasi momento, nel caso di abuso della persona autorizzata.

All'art. 96 - 98 del nuovo testo - è parso opportuno completare la indicazione dei luoghi di riunione, in stretta vicinanza dei quali non possono aprirsi pubblici esercizi, con le chiese e gli altri luoghi destinati al culto.

La prima parte dell'art. 99 -101 del nuovo testo - è stata soppressa, perché la norma relativa è contenuta nell'art. 689 del codice.

Per le ragioni sopradette a proposito dell'art. 87 - ora 89 - è stato soppresso l'ultimo capoverso di questo articolo.

L'art. 109 del testo unico 1926 recava una deroga alla legge penale, dichiarando perseguibili d'ufficio anche i delitti commessi a danno dei pubblici esercenti o dei loro dipendenti, a causa o in occasione dell'osservanza degli obblighi imposti dal testo unico medesimo.

Trattandosi di deroga alla legge penale, la sua sede naturale sarebbe stata, all'atto della formazione del nuovo codice, il codice stesso. Ma, poiché difficilmente potrebbe essere adottata una adeguata giustificazione di questo precetto, che fu trasferito nel vecchio testo unico della legge 19 giugno 1913, n. 632, contro l'alcoolismo, i compilatori del nuovo codice non ritennero di introdurla.

Né è possibile mantenerla nel nuovo testo unico, sia per ragioni di sistema, sia perché, come si è accennato, non giustificata.

L'art. 110 del vecchio testo è stato soppresso, perché tutta la materia relativa è riordinata dal nuovo codice e più particolarmente dagli articoli 92 e 94.

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Nel capo III del titolo III della legge, il contenuto degli articoli 112 e 113 è stato fuso in un'unica disposizione, rimanendo, peraltro, inalterata la sostanza e cioè il divieto di fabbricare, importare, acquistare, detenere, esportare, a scopo di commercio o distribuzione, scritti, disegni, immagini od altri oggetti di qualsiasi specie contrari agli ordinamenti politici, sociali od economici dello Stato o contrari al pudore o che divulgano, comunque, mezzi per impedire la procreazione o per procurare l'aborto.

Nella prima parte dell'art. 114 del testo 1926 - ora 113 - è stata inclusa una salvezza a riguardo di quanto dispongono leggi speciali in materia ecclesiastica e, conseguentemente, al secondo capoverso di questo articolo è stato soppresso l'accenno, dopo quello alle autorità e alle pubbliche amministrazioni, alle autorità ecclesiastiche cattoliche.

E', cioè, libera, coerentemente all'art. 2 - secondo capoverso - del concordato, l'affissione degli atti riguardanti il culto, sia alle porte delle chiese sia negli altri luoghi destinati al ministero ecclesiastico; ma deve trattarsi di atti che si riferiscono al governo spirituale dei fedeli.

Analoga esenzione deriva dall'art. 3 del decreto 25 febbraio 1930, n. 289 agli atti dei culti ammessi nello Stato, limitatamente ai luoghi destinati al culto, perché l'affissione sia ordinata da un ministro del culto, la cui nomina sia stata approvata.

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Sebbene la norma dettata dall'art. 157 (156 del nuovo testo) non sia applicabile alle questue nelle chiese, nondimeno è sembrato opportuno chiarirla in tal senso in relazione anche all'ultimo capoverso dell'art. 2 del concordato.

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All'art. 160 -158 del nuovo testo - è stato soppresso il primo capoverso, data la nuova disciplina del concorso di persone affermata nel codice che andrà in vigore col 1° luglio venturo e per evitare che si possa dubitare nella punibilità di forme di preparazione che non costituiscono attività esecutiva.

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Il titolo dell'ammonizione, contenuto nell'attuale testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, riproduce sostanzialmente (salvo una maggiore ampiezza dei casi in cui può farsi luogo al provvedimento), le disposizioni del testo unico 30 giugno 1889, le quali supplivano le manchevolezze del codice in ordine alla repressione della delinquenza.

Avendo il nuovo codice accolte largamente le misure amministrative di sicurezza, si imponeva d'esaminare se e in quali termini dovesse essere mantenuto l'istituto dell'ammonizione. E si è dovuto riconoscere che esistono casi in cui persone pericolose non potrebbero essere assoggettate a misura di sicurezza, perché non hanno riportate condanne per fatti costituenti reato, ma che nondimeno sono pericolose per essere designate dalla voce pubblica come abitualmente colpevoli di reati per i quali sono state prosciolte.

Per questi casi è necessario conservare l'ammonizione come pure è necessario conservare questo provvedimento per quelle forme di attività socialmente pericolose, che non sono considerate come reati dalla legge penale.

Sono stati, quindi, formulati gli articoli 164 e 165 (corrispondenti agli articoli 166 e 167 del testo unico del 1926).

Confrontando il nuovo testo con l'attuale, si rileva che nell'art. 164 è stata tecnicamente migliorata la formula accennante alle persone pericolose politicamente. Cioè alla espressione: "designate dalla voce pubblica come pericolose all'ordine nazionale dello Stato", si è sostituita la formula: "designate dalla pubblica voce come pericolose.......... per gli ordinamenti politici dello Stato".

Dalle altre categorie di ammonendi, oggi prevedute dall'art. 166, sono stati tolti gli sfruttatori abituali di donne, gli spacciatori abusivi di stupefacenti e coloro che abusano di dette sostanze.

E la esclusione è conseguente al fatto che il nuovo codice considera delitti lo sfruttamento delle prostitute e lo spaccio abusivo di stupefacenti e contravvenzione l'abuso di dette sostanze; onde, prima che a una misura preventiva, occorrerà far luogo a procedimento penale.

Il successivo articolo, modificato nella forma per armonizzarlo all'ordine seguìto dal nuovo codice, è stato completato con la elencazione di nuovi casi nei quali, quando il procedimento penale termina con assoluzione per insufficienza di prove, può farsi luogo all'ammonizione.

Tali casi sono: i delitti contro la integrità e la sanità della stirpe commessi da persone esercenti l'arte sanitaria; l'usura e la "circonvenzione di persone incapaci".

Sono altresì aggiunte le categorie escluse dall'art. precedente.

Però, mentre l'attuale testo dell'art. 167 prevede che l'autorità amministrativa possa far luogo all'ammonizione quando il prevenuto sia stato sottoposto, per i titoli indicati nell'articolo, a procedimento penale terminato con sentenza di condanna o con assoluzione per insufficienza di prove, secondo il nuovo testo l'ammonizione potrà essere pronunciata soltanto quando il procedimento sia terminato con assoluzione per insufficienza di prove, perché, in caso di condanna, è il giudice che, secondo il nuovo codice, deve applicare una misura di sicurezza.

A riguardo della nuova formula dell'art. 164 (già 166) è da rilevare che allo scopo di potere adottare misure precauzionali anche in confronto di coloro che sono pericolosi alla società e non politicamente, ma contro i quali non può istituirsi procedimento penale per la impossibilità (omertà od altre cause) di raccogliere prove idonee a corroborare la denuncia, e non essendo sembrato sufficiente a questo fine l'espressione "sospetti di vivere col ricavato di azioni delittuose", perché essa potrebbe riferirsi soltanto a coloro che ritraggono i loro mezzi di vita principalmente dal delitto, si è dichiarato che l'ammonizione può essere pronunciata anche in confronto di coloro che sono pericolosi socialmente.

Gli articoli 175 e 177 del vecchio testo (definitività delle decisioni della commissione per l'ammonizione - Sospensione degli effetti dell'ammonizione) sono stati fusi in un'unica disposizione che reca il n. 173.

Gli articoli 176, 178 e 179 del vecchio testo sono stati riformati, tenendo per base questi concetti: a) che la semplice trasgressione alle prescrizioni dell'ordinanza di ammonizione non fa cessare l'ammonizione;  - b) che il giudice abbia la facoltà di applicare la libertà vigilata, quando sia commesso successivamente un reato; c ) che chi è sottoposto a misura di sicurezza detentiva o a libertà vigilata non può essere ammonito e, se lo è stato, cessano gli effetti dell'ammonizione.

***

Secondo il testo unico in vigore, ammonizione e confino possono essere adottati solo in confronto di coloro che hanno compiuto i sedici anni.

E' sembrato opportuno elevare questo limite di età ai diciotto anni, come era in passato; perché mantenere il limite dei sedici anni avrebbe potuto apparire in contrasto con i principii seguiti finora dal governo a riguardo della delinquenza minorile che si vuole piuttosto corretta con mezzi educativi sia pure di rigore, anziché combattuta con mezzi che possono riuscire in definitiva al risultato opposto, di rendere, cioè, antisociali, anche elementi suscettivi di emenda.

***

La formula ora contenuta nel n. 2 dell'art. 184 legge di pubblica sicurezza è stata anzitutta variata, includendo, quanto alle categorie di persone pericolose socialmente, ma non politicamente, che possono essere assegnati al confino i diffamati a termini dell'art. 167 - nel nuovo testo 165.

Da questa modificazione deriva la possibilità di adottare subito la più rigorosa misura del confino in confronto di elementi assai pericolosi socialmente, senza d'uopo di preventiva ammonizione; opportunità che l'esperienza di questi primi anni di applicazione della legge ha più volte prospettata.

E' stato poi aggiunto il capoverso seguente:

"L'assegnazione al confino non può essere ordinata quando per lo stesso fatto sia stato iniziato procedimento penale e, se sia stata disposta l'assegnazione al confino, questa è sospesa".

La necessità giuridica e pratica di coordinare la legge di pubblica sicurezza col codice penale imponeva di chiarire come dovesse risolversi la posizione giuridica del confinato e del proposto pel confino, quando esso è sottoposto a procedimento penale.

Ora, secondo il capoverso, aggiunto, non potrà farsi luogo ad assegnazione al confino nel solo caso in cui, per gli stessi fatti sui quali la proposta di assegnazione dovrebbe fondarsi, sia stato già iniziato procedimento penale. Chè, se l'ordinanza di assegnazione E'già stata emessa, essa non decade, ma rimane solo sospesa fino all'esito del giudizio.

E' ovvio che, per principio fondamentale di diritto, non è ammissibile la coesistenza di due procedimenti davanti autorità diverse, per lo stesso fatto; procedimenti che potrebbero sboccare in pronunciati contrastanti, con poco prestigio per entrambe le autorità e con compromissione, forse, di esigenze essenziali di interesse pubblico.

D'altra parte, nel caso che il procedimento giudiziario concludesse in un'assoluzione per insufficienza di prove, o riprenderebbe vita al procedimento davanti all'autorità amministrativa per l'assegnazione al confino o, quando questa fosse stata già pronunciata, la sospensione cadrebbe.

Inoltre deve trattarsi degli stessi fatti, perché se il procedimento penale poggia su fatti diversi da quelli sui quali viene fondata o è stata fondata l'assegnazione al confino, il procedimento amministrativo e l'ordinanza continuano ad avere pieno vigore.

***

Il titolo VIII della legge di pubblica sicurezza contiene norme sulle associazioni, sugli enti e sugli istituti politici, e riproduce, con qualche aggiunta, le norme della legge 26 novembre 1925, n. 2029.

L'aggiunta sta nella facoltà conferita al prefetto di decretare lo scioglimento delle associazioni, enti od istituti, che svolgono, comunque, opera contraria "all'ordine nazionale"

Nella relazione al nuovo codice penale è detto che gli articoli 273 e 274 (illecita costituzione di associazioni aventi carattere internazionale ed illecita partecipazione alle associazioni stesse) presuppongono il controllo preventivo dell'autorità politica sulle associazioni.

In relazione ai due articoli del codice penale è stata, pertanto, introdotta nella legge di pubblica sicurezza la norma contenuta nell'art. 211 del nuovo testo.

Ritiensi che, con ciò, possa ritenersi assolto il compito affidato al governo del Re dall'art. 6 del decreto-legge 14 aprile 1927, n. 593.

Roma, 18 giugno 1931 - Anno IX.

MUSSOLINI

VITTORIO EMANUELE III

PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTA' DELLA NAZIONE

RE D'ITALIA

Visto il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 6 novembre 1926, n. 1848, e le successive modificazioni;

Visto l'art. 6 del regio decreto-legge 14 aprile 1927, n. 593, convertito nella legge 22 gennaio 1928, n. 290, che autorizza il Governo del Re a coordinare le disposizioni del suddetto testo unico con i nuovi codici penale e di procedura penale e ad emanare un nuovo testo unico delle leggi di pubblica sicurezza;

Visto l'art. 1° della legge 24 dicembre 1925, n. 2260, con cui il governo del Re è pure autorizzato a coordinare le disposizioni del nuovo codice penale e di procedura penale con quelle relative alla medesima materia contenute in altre leggi e a modificare, sempre a scopo di coordinamento, altre leggi dello Stato;

Visti i codici penale e di procedura penale, approvati con regi decreti 19 ottobre 1930, n. 1398, e n. 1399;

Visto l'art. 3, n.1, della legge 31 gennaio 1926, n. 100;

Sentito il Consiglio dei Ministri;

Sulla proposta del Nostro Ministro Segretario di Stato per l'interno, di concerto col Nostro Ministro Segretario di Stato per la giustizia e gli affari di culto;

Abbiamo decretato e decretiamo:

Art. 0

Articolo Unico

E' approvato l'unito testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, visto, d'ordine nostro, dal ministro proponente e che avrà esecuzione dal 1° luglio 1931.

Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserito nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare come legge dello Stato.

Dato a San Rossore, addì 18 giugno 1931 Anno IX

VITTORIO EMANUELE.

MUSSOLINI - ROCCO

Visto, il Guardasigilli: ROCCO

Registrato alla Corte dei conti, addì 20 giugno 1931 - Anno IX

Atti del Governo, registro 309, foglio 127. - MANCINI

TESTO UNICO DELLE LEGGI DI PUBBLICA SICUREZZA

TITOLO I

DEI PROVVEDIMENTI DI POLIZIA E DELLA LORO ESECUZIONE

CAPO I

DELLE ATTRIBUZIONI DELL'AUTORITA' DI PUBBLICA SICUREZZA E DEI PROVVEDIMENTI D'URGENZA O PER GRAVE NECESSITA' PUBBLICA

Art. 1

(art. 1 T.U. 1926; art. 1 R.D.-L. 14 aprile 1927, n. 593)

L'autorità di pubblica sicurezza veglia al mantenimento dell'ordine pubblico, alla sicurezza dei cittadini, alla loro incolumità e alla tutela della proprietà; cura l'osservanza delle leggi e dei regolamenti generali e speciali dello Stato, delle province e dei comuni, nonché delle ordinanze delle autorità; presta soccorso nel caso di pubblici e privati infortuni.

Per mezzo dei suoi ufficiali, ed a richiesta delle parti, provvede alla bonaria composizione dei dissidi privati.

L'autorità di pubblica sicurezza è provinciale e locale.

Le attribuzioni dell'autorità provinciale di pubblica sicurezza sono esercitate dal Prefetto e dal Questore; quelle dell'autorità locale dal capo dell'ufficio di pubblica sicurezza del luogo o, in mancanza, dal Podestà. (1)

(1)

Ora, Sindaco.

Art. 2

(Art. 2 T.U. 1926)

Il Prefetto, nel caso di urgenza o per grave necessità pubblica, ha facoltà di adottare i provvedimenti indispensabili per la tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica.

Contro i provvedimenti del Prefetto chi vi ha interesse può presentare ricorso al Ministro per l'interno. (1)

(1)

La Corte costituzionale, con sentenza 23-27/05/1961, n. 26, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo annotato, nei limiti in cui esso attribuisce ai Prefetti il potere di emettere ordinanze senza il rispetto dei principi dell'ordinamento giuridico.

Art. 3

(sostituito dall'articolo unico della legge 18 febbraio 1963, n. 224, modificato dall'art. 10 del D.P.R. 30 dicembre 1965, n. 1656, nel testo modificato dall'art. 10 del D.P.R. 18 gennaio 2002, n. 54, integrato dall'art. 2, comma 11-ter, della legge 15 maggio 1997, n. 127, nel testo modificato dall'art. 2, comma 6, della legge 16 giugno 1998, n. 191, modificato e integrato dall'art. 31, comma 1, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, dall'art. 3, commi 3 e 8-bis, del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194, convertito dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, dall'art. 10, comma 5, del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, modificato dall'art. 40, comma 2, del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 e integrato dall'art. 43, comma 1, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito dalla legge 9 agosto 2013, n. 98)

Il sindaco è tenuto a rilasciare alle persone aventi nel comune la loro residenza o la loro dimora una carta d'identità conforme al modello stabilito dal Ministero dell'interno.

La carta di identità ha durata di dieci anni e deve essere munita della fotografia della persona a cui si riferisce. Per i minori di età inferiore a tre anni, la validità della carta d'identità è di tre anni; per i minori di età compresa fra tre e diciotto anni, la validità è di cinque anni. Le carte di identità di cui all'articolo 7-vicies ter del decreto legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito con modificazioni dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, e successive modifiche ed integrazioni, devono essere munite anche delle impronte digitali della persona a cui si riferiscono. Sono esentati dall'obbligo di rilevamento delle impronte digitali i minori di età inferiore a dodici anni. (1)

La carta d'identità può altresì contenere l'indicazione del consenso ovvero del diniego della persona cui si riferisce a donare i propri organi in caso di morte. I comuni, trasmettono i dati relativi al consenso o al diniego alla donazione degli organi al Sistema informativo trapianti, di cui all'articolo 7, comma 2, della legge 1 aprile 1999, n. 91.

La carta d'identità è titolo valido per l'espatrio anche per motivi di lavoro negli Stati membri dell'Unione europea e in quelli con i quali vigono, comunque, particolari accordi internazionali.

La carta di identità valida per l'espatrio rilasciata ai minori di età inferiore agli anni quattordici può riportare, a richiesta, il nome dei genitori o di chi ne fa le veci. L'uso della carta d'identità ai fini dell'espatrio dei minori di anni quattordici è subordinato alla condizione che essi viaggino in compagnia di uno dei genitori o di chi ne fa le veci, o che venga menzionato, in una dichiarazione rilasciata da chi può dare l'assenso o l'autorizzazione, il nome della persona, dell'ente o della compagnia di trasporto a cui i minori medesimi sono affidati. Tale dichiarazione è convalidata dalla questura o dalle autorità consolari in caso di rilascio all'estero.

A decorrere dal 1° gennaio 1999 sulla carta d'identità deve essere indicata la data di scadenza.

(1)

Per effetto dall'art. 31, comma 2, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, la disposizione di cui al comma annotato, come modificato dall'art. 31, comma 1, dello stesso D.L. 112/2008, si applica anche alle carte d'identità in corso di validità alla data di entrata in vigore del D.L. 112/2008.

Art. 4

(Art. 3 T.U. 1926)

L'autorità di pubblica sicurezza ha facoltà di ordinare che le persone pericolose o sospette e coloro che non sono in grado o si rifiutano di provare la loro identità siano sottoposti a rilievi segnaletici.

Ha facoltà inoltre di ordinare alle persone pericolose o sospette di munirsi, entro un dato termine, della carta di identità e di esibirla ad ogni richiesta degli ufficiali o degli agenti di pubblica sicurezza. (1)

(1)

La Corte costituzionale, con sentenza 22-27/03/1962, n. 30, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo annotato per contrasto con l'art. 13 della Costituzione, nella parte in cui prevede rilievi segnaletici che comportino ispezioni personali ai sensi della stessa norma costituzionale.

CAPO II

DELLA ESECUZIONE DEI PROVVEDIMENTI DI POLIZIA

Art. 5

(Art. 4 T.U. 1926)

I provvedimenti della autorità di pubblica sicurezza sono eseguiti in via amministrativa indipendentemente dall'esercizio dell'azione penale.

Qualora gli interessati non vi ottemperino sono adottati, previa diffida di tre giorni, salvi i casi di urgenza, i provvedimenti necessari per la esecuzione d'ufficio.

E' autorizzato l'impiego della forza pubblica.

La nota delle spese relative è resa esecutiva dal Prefetto ed è rimessa all'esattore, che ne fa la riscossione nelle forme e coi privilegi fiscali stabiliti dalla legge sulla riscossione delle imposte dirette.

Art. 6

(Art. 5 T.U. 1926)

Salvo che la legge disponga altrimenti, contro i provvedimenti dell'autorità di pubblica sicurezza è ammesso il ricorso in via gerarchica nel termine di giorni dieci dalla notizia del provvedimento.

Il ricorso non ha effetto sospensivo.

La legge determina i casi nei quali il provvedimento del Prefetto è definitivo.

Il provvedimento, anche se definitivo, può essere annullato di ufficio dal Ministro per l'interno.

Art. 7

(Art. 6 T.U. 1926)

Nessun indennizzo è dovuto per i provvedimenti dell'autorità di pubblica sicurezza nell'esercizio delle facoltà ad essa attribuite dalla legge. (1)

(1)

Vedi D.P.R. 18 aprile 1994, n. 388: "Regolamento recante semplificazione del procedimento di risarcimento dei danni provocati a persone e a cose a seguito di operazioni di polizia giudiziaria", pubblicato nel S.O. alla G.U.R.I. 18 giugno 1994, n. 141.

CAPO III

DELLE AUTORIZZAZIONI DI POLIZIA

Art. 8

(Art. 7 T.U. 1926)

Le autorizzazioni di polizia sono personali: non possono in alcun modo essere trasmesse né dar luogo a rapporti di rappresentanza, salvi i casi espressamente preveduti dalla legge.

Nei casi in cui è consentita la rappresentanza nell'esercizio di una autorizzazione di polizia, il rappresentante deve possedere i requisiti necessari per conseguire l'autorizzazione e ottenere la approvazione dell'autorità di pubblica sicurezza che ha conceduta l'autorizzazione.

Art. 9

(Art. 8 T.U. 1926)

Oltre le condizioni stabilite dalla legge, chiunque ottenga un'autorizzazione di polizia deve osservare le prescrizioni, che l'autorità di pubblica sicurezza ritenga di imporgli nel pubblico interesse.

Art. 10

(Art. 9 T.U. 1926)

Le autorizzazioni di polizia possono essere revocate o sospese in qualsiasi momento, nel caso di abuso della persona autorizzata.

Art. 11

(Art. 10 T.U. 1926)

Salve le condizioni particolari stabilite dalla legge nei singoli casi, le autorizzazioni di polizia debbono essere negate:

1° a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per delitto non colposo e non ha ottenuto la riabilitazione;

2° a chi è sottoposto all'ammonizione o a misura di sicurezza personale o è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza.

Le autorizzazioni di polizia possono essere negate a chi ha riportato condanna per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico, ovvero per delitti contro le persone commessi con violenza, o per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, o per violenza o resistenza all'autorità, e a chi non può provare la sua buona condotta. (1)

Le autorizzazioni devono essere revocate quando nella persona autorizzata vengono a mancare, in tutto o in parte, le condizioni alle quali sono subordinate, e possono essere revocate quando sopraggiungono o vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego della autorizzazione.

(1)

La Corte costituzionale, con sentenza 2-16/12/1993, n. 440, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'ultima parte del comma annotato, nella parte in cui pone a carico dell'interessato l'onere di provare la sua buona condotta.

Art. 12

(Art. 11 T.U. 1926)

[Le persone che hanno l'obbligo di provvedere all'istruzione elementare dei fanciulli ai termini delle leggi vigenti, non possono ottenere autorizzazioni di polizia se non dimostrano di avere ottemperato all'obbligo predetto.] (comma abrogato) (1)

Per le persone che sono nate posteriormente al 1885, quando la legge non disponga altrimenti, il rilascio delle autorizzazioni di polizia è sottoposto alla condizione che il richiedente stenda domanda e apponga di suo pugno, in calce alla domanda, la propria firma e le indicazioni del proprio stato e domicilio. Di ciò il pubblico ufficiale farà attestazione.

Art. 13

(Art. 12 T.U. 1926)

(modificato dall'art. 13, comma 1, lett. a), del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito dalla legge 4 aprile 2012, n. 35)

Quando la legge non disponga altrimenti, le autorizzazioni di polizia hanno la durata di tre anni, computati secondo il calendario comune, con decorrenza dal giorno del rilascio.

Il giorno della decorrenza non è computato nel termine.

Art. 14

(Art. 13 T.U. 1926)

Sono autorizzazioni di polizia le licenze, le iscrizioni in appositi registri, le approvazioni, le dichiarazioni di locali di meretricio e simili atti di polizia. (1)

(1)

Per effetto della legge 20 febbraio 1958, n. 75: "Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui", pubblicata in G.U.R.I. 4 marzo 1958, n. 55, tutte le case di meretricio sono state chiuse.

CAPO IV

DELL'INOSSERVANZA DEGLI ORDINI DELL'AUTORITA' DI PUBBLICA SICUREZZA E DELLE CONTRAVVENZIONI

Art. 15

(Art. 14 T.U. 1926)

(modificato dall'art. 1, del D.L.vo 13 luglio 1994, n. 480)

Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque, invitato dall'autorità di pubblica sicurezza a comparire davanti ad essa, non si presenta nel termine prescritto senza giustificato motivo è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire trecentomila a lire un milione.

L'autorità di pubblica sicurezza può disporre l'accompagnamento, per mezzo della forza pubblica, della persona invitata a comparire e non presentatasi nel termine prescritto.

Art. 16

(Art. 15 T.U. 1926)

Gli ufficiali e gli agenti di pubblica sicurezza hanno facoltà di accedere in qualunque ora nei locali destinati allo esercizio di attività soggette ad autorizzazioni di polizia e di assicurarsi dell'adempimento delle prescrizioni imposte dalla legge, dai regolamenti o dall'Autorità.

Art. 17

(Art. 16 T.U. 1926)

(sostituito dall'art. 2 del D.L.vo 13 luglio 1994, n. 480)

1. Salvo quanto previsto dall'art. 17-bis, le violazioni alle disposizioni di questo testo unico, per le quali non è stabilita una pena od una sanzione amministrativa ovvero non provvede il codice penale, sono punite con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a lire quattrocentomila.

2. Con le stesse pene sono punite, salvo quanto previsto dall'art. 17-bis, le contravvenzioni alle ordinanze emesse, in conformità alle leggi, dai prefetti, questori, ufficiali distaccati di pubblica sicurezza o sindaci.

Art. 17

(introdotto dall'art. 3 del D.L.vo 13 luglio 1994, n. 480 e integrato dall'art. 8, comma 3, della legge 18 agosto 2000, n. 248)

1. Le violazioni alle disposizioni di cui agli articoli 59, 60, 75, 75-bis, 76, se il fatto è commesso contro il divieto dell'autorità, 86, 87, 101, 104, 111, 115, 120, comma secondo, limitatamente alle operazioni diverse da quelle indicate nella tabella, 121, [123,] (parole soppresse) (1) 124 e 135, comma quinto, limitatamente alle operazioni diverse da quelle indicate nella tabella, sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire un milione a lire sei milioni.

2. La stessa sanzione si applica a chiunque, ottenuta una delle autorizzazioni previste negli articoli indicati nel comma 1, viola le disposizioni di cui agli articoli 8 e 9.

3. Le violazioni alle disposizioni di cui agli articoli 76, salvo quanto previsto nel comma 1, 81, 83, 84, 108, 113, quinto comma, 120, salvo quanto previsto nel comma 1, 126, 128, [escluse le attività previste all'articolo 126,] (parole soppresse) (2) 135, escluso il comma terzo e salvo quanto previsto nel comma 1, e 147 sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire trecentomila a lire due milioni.

Art. 17

(introdotto dall'art. 3, comma 1, del D.L.vo 13 luglio 1994, n. 480, integrato dall'art. 11, commi 1 e 2, del D.L. 29 marzo 1995, n. 97, convertito dalla legge 30 maggio 1995, n. 203, e modificato dall'art. 9, comma 5, della legge 29 marzo 2001, n. 135)

1. Quando è accertata una violazione prevista dall'art. 17-bis, commi 1 e 2, e dall'art. 221-bis il pubblico ufficiale che vi ha proceduto, fermo restando l'obbligo del rapporto previsto dall'art. 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ne riferisce per iscritto, senza ritardo, all'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione o, qualora il fatto non concerna attività soggette ad autorizzazione, al questore.

2. Nei casi in cui è avvenuta la contestazione immediata della violazione, è sufficiente, ai fini del comma 1, la trasmissione del relativo verbale. Copia del verbale o del rapporto è consegnata o notificata all'interessato.

3. Entro cinque giorni dalla ricezione della comunicazione del pubblico ufficiale, l'autorità di cui al comma 1 ordina, con provvedimento motivato, la cessazione dell'attività condotta con difetto di autorizzazione ovvero, in caso di violazione delle prescrizioni, la sospensione dell'attività autorizzata per il tempo occorrente ad uniformarsi alle prescrizioni violate e comunque per un periodo non superiore a tre mesi. Fermo restando quanto previsto al comma 4 e salvo che la violazione riguardi prescrizioni a tutela della pubblica incolumità o dell'igiene, l'ordine di sospensione è disposto trascorsi trenta giorni dalla data di violazione. Non si dà comunque luogo all'esecuzione dell'ordine di sospensione qualora l'interessato dimostri di aver sanato le violazioni ovvero di aver avviato le relative procedure amministrative.

4. Quando ricorrono le circostanze previste dall'art. 100, la cessazione dell'attività non autorizzata è ordinata immediatamente dal questore.

5. Chiunque non osserva i provvedimenti previsti dai commi 3 e 4, legalmente dati dall'autorità, è punito ai sensi dell'art. 650 del codice penale.

Art. 17

(introdotto dall'art. 3, comma 1, del D.L.vo 13 luglio 1994, n. 480)

1. Per le violazioni previste dall'art. 17-bis e dall'art. 221-bis consistenti nell'inosservanza delle prescrizioni imposte dalla legge o impartite dall'autorità nell'esercizio di attività soggette ad autorizzazione, l'autorità amministrativa con l'ordinanza-ingiunzione può applicare la sanzione amministrativa accessoria della sospensione dell'attività per un periodo non superiore a tre mesi.

2. La sanzione accessoria è disposta dal giudice penale con la sentenza di condanna nell'ipotesi di connessione obiettiva della violazione amministrativa con un reato di cui all'art. 24 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

3. Nell'esecuzione della sanzione accessoria, si computa l'eventuale periodo di sospensione eseguita ai sensi dell'art. 17-ter.

Art. 17

(introdotto dall'art. 3, comma 1, del D.L.vo 13 luglio 1994, n. 480)

1. Il rapporto relativo alle violazioni previste dagli articoli 17-bis e 221-bis è presentato al prefetto. (1)

(1)

La Corte costituzionale, con sentenza 23/03-7/04 1995, n. 115, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo annotato, nella parte in cui prevede che è presentato al prefetto, anziché all'ufficio regionale competente, il rapporto relativo alle violazioni delle disposizioni di cui agli artt. 84, 111 (limitatamente alle imprese artigiane), 123 e 124, secondo comma, del presente testo unico, nonché 180 del regolamento di esecuzione, approvato con R.D. 6 maggio 1940, n. 635.

Art. 17

(introdotto dall'art. 3, comma 1, del D.L.vo 13 luglio 1994, n. 480)

1. Per le violazioni previste dagli articoli 17-bis e 221-bis è esclusa la confisca di beni immobili e si applicano le disposizioni di cui all'art. 20, commi terzo, quarto e quinto, della legge 24 novembre 1981, n. 689.

TITOLO II

DISPOSIZIONI RELATIVE ALL'ORDINE PUBBLICO E ALLA INCOLUMITA' PUBBLICA

CAPO I

DELLE RIUNIONI PUBBLICHE E DEGLI ASSEMBRAMENTI IN LUOGHI PUBBLICI

Art. 18

(1)

(Art. 17 T.U. 1926)

I promotori di una riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico devono darne avviso, almeno tre giorni prima, al questore.

E' considerata pubblica anche una riunione, che, sebbene indetta in forma privata, tuttavia per il luogo in cui sarà tenuta, o per il numero delle persone che dovranno intervenirvi, o per lo scopo o l'oggetto di essa, ha carattere di riunione non privata.

I contravventori sono puniti con l'arresto fino a sei mesi e con l'ammenda da lire 200.000 a 800.000. (2) Con le stesse pene sono puniti coloro che nelle riunioni predette prendono la parola. (3)

Il questore, nel caso di omesso avviso ovvero per ragioni di ordine pubblico, di moralità o di sanità pubblica, può impedire che la riunione abbia luogo e può, per le stesse ragioni, prescrivere modalità di tempo e di luogo alla riunione.

I contravventori al divieto o alle prescrizioni dell'autorità sono puniti con l'arresto fino a un anno e con l'ammenda da lire 400.000 a 800.000. (2) Con le stesse pene sono puniti coloro che nelle predette riunioni prendono la parola. Non è punibile chi, prima dell'ingiunzione dell'autorità o per obbedire ad essa, si ritira dalla riunione.

Le disposizioni di questo articolo non si applicano alle riunioni elettorali.

(1)

La Corte costituzionale, con sentenza 31/03-8/04/1958, n. 27, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale, per contrasto con l'art. 17 della Costituzione, delle norme contenute nell'articolo annotato, in riferimento alle riunioni non tenute in luogo pubblico.

(2)

Per le sanzioni di cui al comma annotato, vedi la legge 24 novembre 1981, n. 689.

(3)

La Corte costituzionale, con sentenza 3-10/06/1970, n. 90, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma annotato, nella parte in cui non limita la previsione punitiva a coloro che prendono la parola essendo a conoscenza dell'omissione di preavviso previsto dal primo comma dell'articolo in questione.

Successivamente la stessa Corte, con sentenza 4-10/05/1979, n. 11, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del secondo periodo del comma annotato, nella parte in cui prevede la incriminazione contravvenzionale di coloro che prendono la parola in riunione in luogo pubblico essendo a conoscenza dell'omissione di preavviso previsto nel primo comma dell'articolo in oggetto.

Art. 19

(Art. 18 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 4, comma 9, della legge 18 aprile 1975, n. 110)

[E' vietato di portare armi nelle riunioni pubbliche anche alle persone munite di licenza.

Salva l'applicazione delle pene stabilite dal codice penale per il porto abusivo di arme, i trasgressori sono puniti con l'arresto da dieci giorni a tre mesi e con l'ammenda da lire 500 a 5000.

Le armi sono confiscate.]

Art. 20

(Art. 19 T.U. 1926)

Quando, in occasione di riunioni o di assembramenti in luogo pubblico o aperto al pubblico, avvengono manifestazioni o grida sediziose o lesive del prestigio dell'autorità, o che comunque possono mettere in pericolo l'ordine pubblico o la sicurezza dei cittadini, ovvero quando nelle riunioni o negli assembramenti predetti sono commessi delitti, le riunioni e gli assembramenti possono essere disciolti.

Art. 21

(Art. 20 T.U. 1926)

E' sempre considerata manifestazione sediziosa l'esposizione di bandiere o emblemi, che sono simbolo di sovversione sociale o di rivolta o di vilipendio verso lo Stato, il governo o le Autorità.

E' manifestazione sediziosa anche la esposizione di distintivi di associazioni faziose.

Art. 22

(Art. 21 T.U. 1926)

Quando, nei casi preveduti dagli articoli precedenti, occorre disciogliere una riunione pubblica od un assembramento in luogo pubblico o aperto al pubblico, le persone riunite od assembrate sono invitate a disciogliersi dagli ufficiali di pubblica sicurezza o, in loro assenza, dagli ufficiali o dai sottufficiali dei carabinieri Reali.

Art. 23

(Art. 22 T.U. 1926)

Qualora l'invito rimanga senza effetto, è ordinato il discioglimento con tre distinte formali intimazioni, preceduta ognuna da uno squillo di tromba.

Art. 24

(Art. 23 T.U. 1926)

Qualora rimangano senza effetto anche le tre intimazioni ovvero queste non possano essere fatte per rivolta od opposizione, gli ufficiali di pubblica sicurezza o, in loro assenza, gli ufficiali o i sottufficiali dei carabinieri reali ordinano che la riunione o l'assembramento siano disciolti con la forza.

All'esecuzione di tale ordine provvedono la forza pubblica e la forza armata sotto il comando dei rispettivi capi.

Le persone che si rifiutano di obbedire all'ordine di discioglimento sono punite con l'arresto da un mese a un anno e con l'ammenda da lire 60.000 a 800.000. (1)

(1)

Per le sanzioni di cui al comma annotato, vedi la legge 24 novembre 1981, n. 689.

CAPO II

DELLE CERIMONIE RELIGIOSE FUORI DEI TEMPLI E DELLE PROCESSIONI ECCLESIASTICHE O CIVILI

Art. 25

(Art. 24 T.U. 1926)

Chi promuove o dirige funzioni, cerimonie o pratiche religiose fuori dei luoghi destinati al culto, ovvero processioni ecclesiastiche o civili nelle pubbliche vie, deve darne avviso, almeno tre giorni prima, al questore.

Il contravventore è punito con l'arresto fino a tre mesi e con l'ammenda fino a lire 100.000. (1) (2) (3)

(1)

Per le sanzioni di cui al comma annotato, vedi la legge 24 novembre 1981, n. 689.

(2)

La Corte costituzionale, con sentenza 8-18/03/1957, n. 45, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo annotato, per contrasto con l'art. 17 della Costituzione, nella parte che implica l'obbligo del preavviso per le funzioni, cerimonie o pratiche religiose in luoghi aperti al pubblico.

(3)

Vedi D.P.R. 18 aprile 1994, n. 388: "Regolamento recante semplificazione del procedimento di risarcimento dei danni provocati a persone e a cose a seguito di operazioni di polizia giudiziaria", pubblicato nel S.O. alla G.U.R.I. 18 giugno 1994, n. 141.

Art. 26

(Art. 25 T.U. 1926)

Il questore può vietare, per ragioni di ordine pubblico o di sanità pubblica, le funzioni, le cerimonie, le pratiche religiose e le processioni indicate nell'articolo precedente, o può prescrivere l'osservanza di determinate modalità, dandone, in ogni caso, avviso ai promotori almeno ventiquattro ore prima.

Alle processioni sono, nel resto, applicabili le disposizioni del capo precedente.

Art. 27

(Art. 26 T.U. 1926)

Le disposizioni di questo capo non si applicano agli accompagnamenti del viatico e ai trasporti funebri, salve le prescrizioni delle leggi e dei regolamenti di sanità pubblica e di polizia locale.

Il questore può vietare che il trasporto funebre avvenga in forma solenne ovvero può determinare speciali cautele a tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini.

CAPO III

DELLA RACCOLTA DELLE ARMI E DELLE PASSEGGIATE IN FORMA MILITARE

Art. 28

(1)

(Art. 27 T.U. 1926)

(modificato dall'art. 1-ter, comma 3, del D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49 e integrato e modificato dall'art. 3, comma 1, lett. a), del D.L.vo 26 ottobre 2010, n. 204) (2)

Oltre i casi preveduti dal codice penale, sono proibite la fabbricazione, l'assemblaggio, la raccolta, la detenzione e la vendita, senza licenza del Ministro per l'interno, di armi da guerra e di armi ad esse analoghe, nazionali o straniere, o di parti di esse, di munizioni, di uniformi militari o di altri oggetti destinati all'armamento e all'equipaggiamento di forze armate nazionali o straniere. Con la licenza di fabbricazione sono consentite le attività commerciali connesse e la riparazione delle armi prodotte.

La licenza è altresí necessaria per l'importazione e l'esportazione delle armi da fuoco diverse dalle armi comuni da sparo non comprese nei materiali di armamento, nonché per la fabbricazione, l'importazione e l'esportazione, la raccolta, la detenzione e la vendita degli strumenti di autodifesa specificamente destinati all'armamento dei Corpi armati o di polizia, nonché per la fabbricazione e la detenzione delle tessere di riconoscimento e degli altri contrassegni di identificazione degli ufficiali e degli agenti di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria, fatte salve le produzioni dell'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato. La validità della licenza è di 2 anni.

Per il trasporto delle armi stesse nell'interno dello Stato è necessario darne avviso al Prefetto.

Il contravventore è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave reato, con la reclusione da uno a tre anni con la multa da 3.000 euro a 30.000 euro.  (3) (4)

(1)

In deroga a quanto previsto dall'articolo annotato, si rimanda all'art. 2-ter, comma 1, del D.L. 25 febbraio 2022, n. 14, convertito dalla legge 5 aprile 2022, n. 28.

(2)

Le modifiche apportate dal D.L.vo 26 ottobre 2010, n. 204 entrano in vigore il 1° luglio 2011, per effetto dell'art. 8, comma 1, dello stesso D.L.vo n. 204/2010.

(3)

Per le sanzioni di cui al comma annotato, vedi la legge 24 novembre 1981, n. 689.

(4)

Per effetto dell'art. 2 della legge 8 luglio 1998, n. 230, i titolari di licenze o autorizzazioni relative alle armi di cui all'articolo annotato, non possono esercitare il diritto di obiezione di coscienza ad eccezione delle armi di cui all'art. 2 comma 1, lett. h) e comma 3, della legge 18 aprile 1975, n. 110.

Art. 29

(Art. 28 T.U. 1926)

Salvo quanto è stabilito dalle leggi militari, non possono aver luogo, senza licenza del prefetto, passeggiate in forma militare con armi.

Il contravventore è punito con l'arresto fino a sei mesi.

I capi o i promotori sono puniti con l'arresto fino ad un anno.

CAPO IV

DELLE ARMI

Art. 30

(Art. 29 T.U. 1926)

Agli effetti di questo testo unico, per armi si intendono:

1° le armi proprie, cioè quelle da sparo e tutte le altre la cui destinazione naturale è l'offesa alla persona;

2° le bombe, qualsiasi macchina o involucro contenente materie esplodenti, ovvero i gas asfissianti o accecanti. (1)

(1)

Per effetto dell'art. 2 della legge 8 luglio 1998, n. 230, i titolari di licenze o autorizzazioni relative alle armi di cui all'articolo annotato, non possono esercitare il diritto di obiezione di coscienza ad eccezione delle armi di cui all'art. 2 comma 1, lett. h) e comma 3, della legge 18 aprile 1975, n. 110.

Art. 31

(Art. 30 T.U. 1926)

(integrato dall'art. 3, comma 1, lett. b), del D.L.vo 26 ottobre 2010, n. 204, dall'art. 3, comma 3-sexies, del D.L. 18 febbraio 2015, n. 7, convertito dalla legge 17 aprile 2015, n. 43 e dall'art. 3, comma 1, lett. a), del D.L.vo 10 agosto 2018, n. 104) (1)

Salvo quanto è disposto per le armi da guerra dall'art. 28, non si possono fabbricare altre armi, assemblarle, introdurle nello Stato, esportarle, farne raccolta per ragioni di commercio o di industria, o porle comunque in vendita, senza licenza del Questore. Ai titolari della licenza di cui al periodo precedente e nell'ambito delle attività autorizzate con la licenza medesima, le autorizzazioni e gli adempimenti previsti dalla normativa vigente non sono richiesti per i caricatori di cui all'articolo 38, primo comma, secondo periodo. Ai titolari di licenza per la fabbricazione di armi di cui al presente comma è consentita, all'interno dei siti di fabbricazione indicati nella licenza, la rottamazione delle parti d'arma dai medesimi fabbricate e non ancora immesse sul mercato, anche se provviste della marcatura o dei segni identificativi o distintivi di cui all'articolo 11, comma 1, della legge 18 aprile 1975, n. 110. L'avvenuta rottamazione delle parti d'arma, iscritte nel registro di cui all'articolo 35, è immediatamente annotata nel medesimo registro.

La licenza è necessaria anche per le collezioni delle armi artistiche, rare od antiche.

Salvo quanto previsto per la collezione di armi, la validità della licenza è di 3 anni.

(1)

Le modifiche apportate dal D.L.vo 26 ottobre 2010, n. 204 entrano in vigore il 1° luglio 2011, per effetto dell'art. 8, comma 1, dello stesso D.L.vo n. 204/2010.

Art. 31

(introdotto dall'art. 3, comma 1, lett. c), del D.L.vo 26 ottobre 2010, n. 204, modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), del D.L.vo 29 settembre 2013 n. 121 e integrato dall'art. 3, comma 1, lett. b), del D.L.vo 10 agosto 2018, n. 104) (1)

Fatte salve le previsioni di cui agli articoli 01, comma 1, lettera p), e 1, comma 11, della legge 9 luglio 1990, n. 185, come modificata dal decreto legislativo 22 giugno 2012, n. 105, per esercitare l'attività di intermediario di cui all'articolo 1-bis, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 527, nel settore delle armi, è richiesta una apposita licenza rilasciata dal questore, che ha una validità di 3 anni. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni anche regolamentari previste per la licenza di cui all'articolo 31. La licenza non è necessaria per i rappresentanti in possesso di mandato delle parti interessate. Del mandato è data comunicazione alla questura competente per territorio.

Ogni operatore autorizzato deve comunicare, l'ultimo giorno del mese, all'autorità che ha rilasciato la licenza un resoconto dettagliato delle singole operazioni effettuate nel corso dello stesso mese. Il resoconto può essere trasmesso anche all'indirizzo di posta elettronica certificata della medesima autorità. L'operatore, nel caso in cui abbia la materiale disponibilità delle armi o delle munizioni, è obbligato alla tenuta del registro di cui, rispettivamente, agli articoli 35 e 55, nonchè ad effettuare le relative annotazioni concernenti le operazioni eseguite.

La mancata comunicazione può comportare, in caso di prima violazione, la sospensione e, in caso di recidiva, la sospensione o la revoca della licenza.

[Le modalità di attuazione del presente articolo sono definite nel regolamento.] (comma abrogato) (2)

(1)

Le modifiche apportate dal D.L.vo 26 ottobre 2010, n. 204 entrano in vigore il 1° luglio 2011, per effetto dell'art. 8, comma 1, dello stesso D.L.vo n. 204/2010.

(2)

Comma abrogato dall'art. 1, comma 1, lett. a), n. 2, del D.L.vo 29 settembre 2013, n. 121.

Art. 32

(Art. 31 T.U. 1926)

Le licenze di cui agli artt. 28 e 31 non possono essere concedute a chi non può validamente obbligarsi e sono valide esclusivamente per i locali indicati nelle licenze stesse.

Può essere consentito di condurre la fabbrica, il deposito, il magazzino di vendita di armi, a mezzo di rappresentante.

La licenza per le collezioni di armi artistiche, rare o antiche è permanente. Debbono tuttavia essere denunciati al Questore i cambiamenti sostanziali della collezione o del luogo del deposito. Il contravventore è punito con l'ammenda fino a lire 1.000.000. (1)

(1)

Per le sanzioni di cui al comma annotato, vedi la legge 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 33

(Art. 32 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 8, comma 10, della legge 18 aprile 1975, n. 110)

[Chi esercita l'industria della riparazione delle armi deve darne avviso al questore e notificargli ogni trasferimento della propria officina.]

Art. 34

(Art. 33 T.U. 1926)

(integrato dall'art. 3, comma 1, lett. c), del D.L.vo 10 agosto 2018, n. 104)

Il commerciante, il fabbricante di armi e chi esercita l'industria della riparazione delle armi non può trasportarle fuori del proprio negozio od opificio, senza preventivo avviso all'autorità di pubblica sicurezza.

L'obbligo dell'avviso spetta anche al privato che, per qualunque motivo, deve trasportare armi nell'interno dello Stato.

Per il trasporto di armi e parti d'arma tra soggetti muniti della licenza di cui all'articolo 31, l'obbligo dell'avviso è assolto mediante comunicazione, almeno 48 ore prima del trasporto medesimo, all'autorità di pubblica sicurezza, anche per via telematica attraverso trasmissione al relativo indirizzo di posta elettronica certificata. La comunicazione deve accompagnare le armi e le parti d'arma.

Art. 35

(modificato e integrato dall'art. 1 del D.L. 22 novembre 1956, n. 1274, convertito dalla legge 22 dicembre 1956, n. 1452, dall'art. 12, commi 4 e 5 del D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e modificato dall'art. 15, comma 1, della legge 16 marzo 2006, n. 146 e sostituito dall'art. 3, comma 1, lett. d), del D.L.vo 26 ottobre 2010, n. 204) (1)

1. L'armaiolo di cui all'articolo 1- bis, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 527, è obbligato a tenere un registro delle operazioni giornaliere, nel quale devono essere indicate le generalità delle persone con cui le operazioni stesse sono compiute. Il registro è tenuto in formato elettronico, secondo le modalità definite nel regolamento.

2. Il registro di cui al comma 1 deve essere esibito a richiesta degli ufficiali od agenti di pubblica sicurezza e deve essere conservato per un periodo di 50 anni.

3. Alla cessazione dell'attività, i registri delle operazioni giornaliere, sia in formato cartaceo che elettronico, devono essere consegnati all'Autorità di pubblica sicurezza che aveva rilasciato la licenza, che ne cura la conservazione per il periodo necessario. Le informazioni registrate nel sistema informatico di cui all'articolo 3 del decreto legislativo del 25 gennaio 2010, n. 8, sono conservate per i 50 anni successivi alla cessazione dell'attività.

4. Gli armaioli devono, altresì, comunicare mensilmente all'ufficio di polizia competente per territorio le generalità dei privati che hanno acquistato o venduto loro le armi, nonchè la specie e la quantità delle armi vendute o acquistate e gli estremi dei titoli abilitativi all'acquisto esibiti dagli interessati. Le comunicazioni possono essere trasmesse anche per via telematica.

5. E' vietato vendere o in qualsiasi altro modo cedere armi a privati che non siano muniti di permesso di porto d'armi ovvero di nulla osta all'acquisto rilasciato dal questore.

6. Il nulla osta non può essere rilasciato ai minori di 18 anni, ha la validità di un mese ed è esente da ogni tributo. La domanda è redatta in carta libera.

7. Il questore subordina il rilascio del nulla osta alla presentazione di certificato rilasciato dal settore medico legale delle Aziende sanitarie locali, o da un medico militare, della Polizia di Stato o del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, dal quale risulti che il richiedente non è affetto da malattie mentali oppure da vizi che ne diminuiscono, anche temporaneamente, la capacità di intendere e di volere, ovvero non risulti assumere, anche occasionalmente, sostanze stupefacenti o psicotrope ovvero abusare di alcool, nonchè dalla presentazione di ogni altra certificazione sanitaria prevista dalle disposizioni vigenti.

8. Il contravventore è punito con l'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da 4.000 euro a 20.000 euro.

9. L'acquirente o cessionario di armi in violazione delle norme del presente articolo è punito con l'arresto fino a un anno e con l'ammenda da 2.000 euro a 10.000 euro.

10. Il provvedimento con cui viene rilasciato il nulla osta all'acquisto delle armi, nonchè quello che consente l'acquisizione, a qualsiasi titolo, della disponibilità di un'arma devono essere comunicati, a cura dell'interessato, ai conviventi maggiorenni, anche diversi dai familiari, compreso il convivente more uxorio, individuati dal regolamento e indicati dallo stesso interessato all'atto dell'istanza, secondo le modalità definite nel medesimo regolamento. In caso di violazione degli obblighi previsti in attuazione del presente comma, si applica la sanzione amministrativa da 2.000 euro a 10.000 euro. Può essere disposta, altresì, la revoca della licenza o del nulla osta alla detenzione.

(1)

Le modifiche apportate dal D.L.vo 26 ottobre 2010, n. 204 entrano in vigore il 1° luglio 2011, per effetto dell'art. 8, comma 1, dello stesso D.L.vo n. 204/2010.

Art. 36

(Art. 35 T.U. 1926)

Nessuno può andare in giro con un campionario di armi senza la licenza del Questore della provincia dalla quale muove.

La licenza deve essere vidimata dai questori delle province che si intende percorrere.

La licenza non può essere rilasciata per campionari di armi da guerra.

Art. 37

(Art. 36 T.U. 1926)

E' vietato esercitare la vendita ambulante delle armi. E' permessa la vendita ambulante degli strumenti da punta e da taglio atti ad offendere, con licenza del questore. (1)

(1)

Per effetto dell'art. 163 del D.L.vo 31 marzo 1998, n. 112, il rilascio della licenza di vendita ambulante di strumenti da punta e da taglio è di competenza dei comuni.

Art. 38

(Art. 37 T.U. 1926)

(modificato e integrato dall'art. 3, comma 1, lett. e), del D.L.vo 26 ottobre 2010, n. 204, dall'art. 1, comma 1, lett. b), del D.L.vo 29 settembre 2013 n. 121, integrato dall'art. 3, comma 3-septies, del D.L. 18 febbraio 2015, n. 7, convertito dalla legge 17 aprile 2015, n. 43 e modificato dall'art. 3, comma 1, lett. d), del D.L.vo 10 agosto 2018, n. 104) (1)

Chiunque detiene armi, parti di esse, di cui all'articolo 1-bis, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 527, munizioni finite o materie esplodenti di qualsiasi genere, deve farne denuncia entro le 72 ore successive alla acquisizione della loro materiale disponibilità, all'ufficio locale di pubblica sicurezza o, quando questo manchi, al locale comando dell'Arma dei carabinieri, ovvero anche per via telematica ai medesimi uffici o alla questura competente per territorio attraverso trasmissione al relativo indirizzo di posta elettronica certificata. La denuncia è altresì necessaria per i soli caricatori in grado di contenere un numero superiore a 10 colpi per le armi lunghe e un numero superiore a 20 colpi per le armi corte, fermo restando quanto previsto dall'articolo 2, secondo comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110, e successive modificazioni.

Sono esenti dall'obbligo della denuncia:

a) i corpi armati, le società di tiro a segno e le altre istituzioni autorizzate, per gli oggetti detenuti nei luoghi espressamente destinati allo scopo;

b) i possessori di raccolte autorizzate di armi artistiche, rare o antiche;

c) le persone che per la loro qualità permanente hanno diritto ad andare armate, limitatamente però al numero ed alla specie delle armi loro consentite.

L'autorità di pubblica sicurezza ha facoltà di eseguire, quando lo ritenga necessario, verifiche di controllo anche nei casi contemplati dal capoverso precedente, e di prescrivere quelle misure cautelari che ritenga indispensabili per la tutela dell'ordine pubblico.

Chiunque detiene armi comuni da sparo senza essere in possesso di alcuna licenza di porto d'armi, ad eccezione di coloro che sono autorizzati dalla legge a portare armi senza licenza e dei collezionisti di armi antiche, è tenuto a presentare ogni cinque anni la certificazione medica prevista dall'articolo 35, comma 7, secondo le modalità disciplinate con il decreto di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 26 ottobre 2010, n. 204. (2)

Qualora il detentore risulti titolare di licenza di porto d'armi, l'obbligo di presentazione del certificato decorre dalla scadenza della stessa, se non rinnovata.

Nel caso di mancata presentazione del certificato medico, il prefetto può vietare la detenzione delle armi denunciate, ai sensi dell'articolo 39.

La denuncia di detenzione di cui al primo comma deve essere ripresentata ogni qual volta il possessore trasferisca l'arma in un luogo diverso da quello indicato nella precedente denuncia.

Il detentore delle armi deve assicurare che il luogo di custodia offra adeguate garanzie di sicurezza.

(1)

Le modifiche apportate dal D.L.vo 26 ottobre 2010, n. 204 entrano in vigore il 1° luglio 2011, per effetto dell'art. 8, comma 1, dello stesso D.L.vo n. 204/2010.

(2)

Si rimanda all'art. 12, comma 2, e all'art. 14, comma 3, del D.L.vo 10 agosto 2018, n. 104.

Art. 39

(Art. 38 T.U. 1926)

(integrato dall'art. 1, comma 1, lett. c), del D.L.vo 29 settembre 2013 n. 121)

Il Prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, denunciate ai termini dell'articolo precedente, alle persone ritenute capaci di abusarne.

Nei casi d'urgenza gli ufficiali e gli agenti di pubblica sicurezza provvedono all'immediato ritiro cautelare dei materiali di cui al primo comma, dandone immediata comunicazione al prefetto. Quando sussistono le condizioni di cui al primo comma, con il provvedimento di divieto il prefetto assegna all'interessato un termine di 150 giorni per l'eventuale cessione a terzi dei materiali di cui al medesimo comma. Nello stesso termine l'interessato comunica al prefetto l'avvenuta cessione. Il provvedimento di divieto dispone, in caso di mancata cessione, la confisca dei materiali ai sensi dell'articolo 6, quinto comma, della legge 22 maggio 1975, n. 152.

Art. 40

(Art. 39 T.U. 1926)

Il prefetto può, per ragioni di ordine pubblico, disporre, in qualunque tempo, che le armi, le munizioni e le materie esplodenti, di cui negli articoli precedenti, siano consegnate, per essere custodite in determinati depositi a cura dell'autorità di pubblica sicurezza o dell'autorità militare.

Art. 41

(Art. 40 T.U. 1926)

Gli ufficiali e gli agenti della polizia giudiziaria, che abbiano notizia, anche se per indizio, della esistenza, in qualsiasi locale pubblico o privato o in qualsiasi abitazione, di armi, munizioni o materie esplodenti, non denunciate o non consegnate o comunque abusivamente detenute, procedono immediatamente a perquisizione e sequestro.

Art. 42

(Art. 41 T.U. 1926)

(integrato dall'art. 3, comma 1, lett. f), del D.L.vo 26 ottobre 2010, n. 204 e dall'art. 13, comma 1, lett. b), del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito dalla legge 4 aprile 2012, n. 35(1)

[Non possono essere portati, fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, armi, mazze ferrate o bastoni ferrati, sfollagente, noccoliere.] (comma abrogato) (2)

[Senza giustificato motivo, non possono portarsi, fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, bastoni muniti di puntale acuminato, strumenti da punta e da taglio atti ad offendere.] (comma abrogato) (2)

Il Questore ha facoltà di dare licenza per porto d'armi lunghe da fuoco e il Prefetto ha facoltà di concedere, in caso di dimostrato bisogno, licenza di portare rivoltelle o pistole di qualunque misura o bastoni animati la cui lama non abbia una lunghezza inferiore a centimetri 65. La licenza, la cui durata non sia diversamente stabilita dalla legge, ha validità annuale.

Il provvedimento con cui viene rilasciata una licenza di porto d'armi ai sensi del presente articolo deve essere comunicato, a cura dell'interessato, ai conviventi maggiorenni, anche diversi dai familiari, compreso il convivente more uxorio, individuati dal regolamento e indicati dallo stesso interessato all'atto dell'istanza, secondo le modalità definite nel medesimo regolamento. In caso di violazione degli obblighi previsti in attuazione del presente comma, si applica la sanzione amministrativa da 2.000 euro a 10.000 euro. Può essere disposta, altresì, la revoca della licenza o del nulla osta alla detenzione.

(1)

Le modifiche apportate dal D.L.vo 26 ottobre 2010, n. 204 entrano in vigore il 1° luglio 2011, per effetto dell'art. 8, comma 1, dello stesso D.L.vo n. 204/2010.

Art. 43

(Art. 42 T.U. 1926)

(integrato dall'art. 3, comma 1, lett. e), del D.L.vo 10 agosto 2018, n. 104)

Oltre a quanto è stabilito dall'art. 11 non può essere conceduta la licenza di portare armi:

a) a chi ha riportato condanna alla reclusione per delitti non colposi contro le persone commessi con violenza, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione;

b) a chi ha riportato condanna a pena restrittiva della libertà personale per violenza o resistenza all'autorità o per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico;

c) a chi ha riportato condanna per diserzione in tempo di guerra, anche se amnistiato, o per porto abusivo di armi.

La licenza può essere ricusata ai soggetti di cui al primo comma qualora sia intervenuta la riabilitazione, ai condannati per delitto diverso da quelli sopra menzionati e a chi non può provare la sua buona condotta o non dà affidamento di non abusare delle armi. (1)

(1)

La Corte costituzionale, con sentenza 2-16/12/1993, n. 440, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma annotato, nella parte in cui pone a carico dell'interessato l'onere di provare la sua buona condotta.

Art. 44

(Art. 43 T.U. 1926)

Non può essere conceduta la licenza di porto d'armi al minore non emancipato.

E' però in facoltà del Prefetto di concedere la licenza per l'arma lunga da fuoco, per solo uso di caccia, al minore che abbia compiuto il sedicesimo anno di età, il quale presenti il consenso scritto di chi esercita la patria potestà o la tutela e dimostri di essere esperto nel maneggio delle armi.

Art. 45

(Art. 44 T.U. 1926)

Qualora si verifichino in qualche provincia o comune condizioni anormali di pubblica sicurezza, il Prefetto può revocare, in tutto o in parte, con manifesto pubblico, le licenze di portare armi.

CAPO V

DELLA PREVENZIONE DI INFORTUNI E DISASTRI

Art. 46

(Art. 45 T.U. 1926)

Senza licenza del Ministro dell'interno è vietato fabbricare, tenere in deposito, vendere o trasportare dinamite e prodotti affini negli effetti esplosivi, fulminati, picrati, artifici contenenti miscele detonanti, ovvero elementi solidi e liquidi destinati alla composizione di esplosivi nel momento dell'impiego. E' vietato altresì, senza licenza del Ministro dell'interno, fabbricare polveri contenenti nitrocellulosa o nitroglicerina.

Art. 47

(1)

(Art. 46 T.U. 1926)

Senza licenza del Prefetto è vietato fabbricare, tenere in deposito, vendere o trasportare polveri piriche o qualsiasi altro esplosivo diverso da quelli indicati nell'articolo precedente, compresi i fuochi artificiali e i prodotti affini, ovvero materie e sostanze atte alla composizione o fabbricazione di prodotti esplodenti.

E' vietato altresì, senza licenza del Prefetto, tenere in deposito, vendere o trasportare polveri senza fumo a base di nitrocellulosa o nitroglicerina.

(1)

Per la proroga dei termini di validità dei contratti di assicurazione obbligatoria dei titolari di licenza per la produzione, il deposito o la vendita di fuochi artificiali di cui all'articolo annotato, si rimanda all'art. 33-bis, comma 1, del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla legge 17 luglio 2020, n. 77.

Art. 48

(Art. 47 T.U. 1926)

Chi fabbrica o accende fuochi artificiali deve dimostrare la sua capacità tecnica.

Art. 49

(Art. 48 T.U. 1926)

Una commissione tecnica nominata dal Prefetto determina le condizioni alle quali debbono soddisfare i locali destinati alla fabbricazione o al deposito di materie esplodenti.

Le spese pel funzionamento della commissione sono a carico di chi domanda la licenza.  (1)

(1)

Per il riordino degli organismi operanti presso il Ministero dell'interno, vedi il Regolamento adottato con D.P.R. 14 maggio 2007, n. 85.

Art. 50

(Art. 49 T.U. 1926)

Nel regolamento per l'esecuzione di questo testo unico saranno determinate le quantità e le qualità delle polveri e degli altri esplodenti che possono tenersi in casa o altrove o trasportarsi senza licenza; e sarà altresì stabilito per quale quantità dei prodotti e delle materie indicate nell'art. 46, le licenze di deposito e di trasporto possono essere rilasciate dal prefetto.

Art. 51

(Art. 50 T.U. 1926)

(modificato dall'art. 13, comma 1, lett. c), del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito dalla legge 4 aprile 2012, n. 35)

Le licenze per la fabbricazione e per il deposito di esplodenti di qualsiasi specie sono permanenti; quelle per la vendita delle materie stesse hanno validità di tre anni dalla data del rilascio. Le une e le altre sono valide esclusivamente per i locali in esse indicati.

Le licenze di trasporto possono essere permanenti o temporanee.

E' consentita la rappresentanza.

Art. 52

(Art. 51 T.U. 1926)

Le licenze per l'impianto di opifici nei quali si fabbricano, si lavorano o si custodiscono materie esplodenti di qualsiasi specie, nonché quelle per il trasporto, per la importazione o per la vendita delle materie stesse non possono essere concedute senza le necessarie garanzie per la vita delle persone e per le proprietà, e sono vincolate all'assicurazione della vita degli operai e dei guardiani.

Oltre quanto è stabilito dall'art. 11, debbono essere negate le predette licenze alle persone che nel quinquennio precedente abbiano riportato condanna per delitto contro l'ordine pubblico, o la incolumità pubblica, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione o per omicidio, anche se colposo.

Le licenze stesse non possono essere concedute a coloro che non dimostrino la propria capacità tecnica.

Art. 53

(sostituito dall'art. 17, comma 1, del D.L.vo 4 aprile 2010, n. 58) (1)

1. E' vietato fabbricare, tenere in casa o altrove, trasportare, immettere sul mercato, importare, esportare, trasferire, o vendere, anche negli stabilimenti, laboratori, depositi o spacci autorizzati, prodotti esplodenti che non siano stati riconosciuti e classificati dal Ministero dell'interno, sentito il parere di una commissione tecnica, ovvero che sono privi della marcatura CE e che non hanno superato la valutazione di conformità previsti dalle disposizioni di recepimento delle direttive comunitarie in materia di prodotti esplodenti.

2. Nel regolamento sono classificati nelle categorie e nei relativi gruppi, ai fini della sicurezza fisica dei depositi e dei locali di vendita, tutti i prodotti esplodenti secondo la loro natura, composizione ed efficacia esplosiva.

3. L'iscrizione dei prodotti nelle singole categorie è disposta con provvedimento del capo della polizia - direttore generale della pubblica sicurezza.

4. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, le violazioni di cui al comma 1 sono punite con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 10.000 euro a 100.000 euro.

5. La pena di cui al comma 4 si applica anche nei casi in cui le condotte di cui al comma 1 sono riferibili a prodotti oggettivamente difformi dai modelli depositati o altrimenti riconosciuti, anche se recanti la marcatura "CE del tipo" ovvero gli estremi del provvedimento di riconoscimento del Ministero dell'interno.

(1)

Per effetto dall'art. 20, comma 1, del D.L.vo 4 aprile 2010, n. 58, la sostituzione decorre dal 1° luglio 2010.

Art. 54

(Art. 53 T.U. 1926)

Salvo il disposto dell'art. 28 per le munizioni da guerra, non possono introdursi nello Stato prodotti esplodenti di qualsiasi specie senza licenza del Ministro dell'interno, da rilasciarsi volta per volta.

La licenza non può essere conceduta se l'esplosivo non sia stato già riconosciuto e classificato.

Queste disposizioni non si applicano rispetto agli esplosivi di transito, per i quali è sufficiente la licenza del Prefetto della provincia per cui i prodotti entrano nello Stato.

Art. 55

(1)

(Art. 54 T.U. 1926)

(modificato e integrato dall'art. 3, del D.L. 22 novembre 1956, n. 1274, convertito dalla legge 22 dicembre 1956, n. 1452, integrato dall'art. 12 del D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, dall'art. 6, comma 3, del D.L.vo 2 gennaio 1997, n. 7, modificato e integrato dall'art. 9 della legge 25 gennaio 2006, n. 29 e dall'art. 3, comma 1, lett. g), del D.L.vo 26 ottobre 2010, n. 204) (2)

Gli esercenti fabbriche, depositi o rivendite di esplodenti di qualsiasi specie sono obbligati a tenere un registro delle operazioni giornaliere, in cui saranno indicate le generalità delle persone con le quali le operazioni stesse sono compiute. Il registro è tenuto in formato elettronico, secondo le modalità definite nel regolamento. I rivenditori di materie esplodenti devono altresì comunicare mensilmente all'ufficio di polizia competente per territorio le generalità delle persone e delle ditte che hanno acquistato munizioni ed esplosivi, la specie, i contrassegni e la quantità delle munizioni e degli esplosivi venduti e gli estremi dei titoli abilitativi all'acquisto esibiti dagli interessati.

Tale registro deve essere esibito a ogni richiesta degli ufficiali od agenti di pubblica sicurezza e deve essere conservato per un periodo di cinquanta anni anche dopo la cessazione dell'attività.

Alla cessazione dell'attività, i registri delle operazioni giornaliere, sia in formato cartaceo che elettronico, devono essere consegnati all'Autorità di pubblica sicurezza che aveva rilasciato la licenza, che ne curerà la conservazione per il periodo necessario. Le informazioni registrate nel sistema informatico di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 8, devono essere conservate per i 50 anni successivi alla cessazione dell'attività..

E' vietato vendere o in qualsiasi altro modo cedere materie esplodenti di Iª, IIª, IIIª, IVª e Vª categoria, gruppo A e gruppo B, a privati che non siano muniti di permesso di porto d'armi ovvero di nulla osta rilasciato dal Questore, nonché materie esplodenti di Vª categoria, gruppo C, a privati che non siano maggiorenni e che non esibiscano un documento di identità in corso di validità. Il nulla osta non può essere rilasciato a minori; ha la validità di un mese ed è esente da ogni tributo. La domanda è redatta in carta libera.

Il Questore può subordinare il rilascio del nulla osta di cui al comma precedente, alla presentazione di certificato del medico provinciale, o dell'ufficiale sanitario o di un medico militare, dal quale risulti che il richiedente non è affetto da malattie mentali oppure da vizi che ne diminuiscono, anche temporaneamente, la capacità di intendere e di volere.

Il contravventore è punito con l'arresto da nove mesi a tre anni e con l'ammenda non inferiore a lire cinquantamila . (3)

Gli obblighi di registrazione delle operazioni giornaliere e di comunicazione mensile all'ufficio di polizia competente per territorio non si applicano alle materie esplodenti di Vª categoria, gruppo D e gruppo E.

L'acquirente o cessionario di materie esplodenti in violazione delle norme del presente articolo è punito con l'arresto sino a diciotto mesi e con l'ammenda sino a lire cinquantamila. (3)

(1)

Per la proroga dei termini di validità dei contratti di assicurazione obbligatoria dei titolari di licenza per la produzione, il deposito o la vendita di fuochi artificiali di cui all'articolo annotato, si rimanda all'art. 33-bis, comma 1, del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla legge 17 luglio 2020, n. 77.

(2)

Le modifiche apportate dal D.L.vo 26 ottobre 2010, n. 204 entrano in vigore il 1° luglio 2011, per effetto dell'art. 8, comma 1, dello stesso D.L.vo n. 204/2010.

(3)

Per le sanzioni di cui al comma annotato, vedi la legge 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 56

(Art. 55 T.U. 1926)

L'autorità di pubblica sicurezza ha facoltà di ordinare la distruzione o la rimozione degli esplosivi che si trovano nelle fabbriche, nei depositi e nei magazzini di vendita, quando essi possono costituire un pericolo per l'incolumità pubblica o per l'ordine pubblico.

Art. 57

(Art. 56 T.U. 1926)

(integrato dall'art. 3, comma 1, lett. h), del D.L.vo 26 ottobre 2010, n. 204) (1)

Senza licenza della autorità locale di pubblica sicurezza non possono spararsi armi da fuoco né lanciarsi razzi, accendersi fuochi di artificio, innalzarsi aerostati con fiamme, o in genere farsi esplosioni o accensioni pericolose in un luogo abitato o nelle sue adiacenze o lungo una via pubblica o in direzione di essa.

E' vietato sparare mortaletti e simili apparecchi.

La licenza è altresì richiesta per l'apertura o la gestione di campi di tiro o poligoni privati.

Il sindaco deve essere, comunque, sentito per gli aspetti di competenza dell'ente locale, quando non è lo stesso a rilasciare la licenza.

Nel regolamento sono definite le modalità di attuazione del presente comma e la relativa disciplina transitoria.

(1)

Le modifiche apportate dal D.L.vo 26 ottobre 2010, n. 204 entrano in vigore il 1° luglio 2011, per effetto dell'art. 8, comma 1, dello stesso D.L.vo n. 204/2010.

Art. 58

(Art. 57 T.U. 1926)

E' vietato l'impiego di gas tossici a chi non abbia ottenuto la preventiva autorizzazione.

Il contravventore è punito con l'arresto fino a tre mesi e con l'ammenda fino a lire 400.000 (1) se il fatto non costituisce un più grave reato.

Le prescrizioni da osservarsi nell'impiego dei gas predetti sono determinate dal regolamento.

(1)

Per le sanzioni di cui al comma annotato, vedi la legge 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 59

(Art. 58 T.U. 1926)

(integrato dall'art. 9, comma 1, della legge 7 ottobre 2024, n. 152)

E' vietato di dar fuoco nei campi e nei boschi alle stoppie fuori del tempo e senza le condizioni stabilite dai regolamenti locali e a una distanza minore di quella in essi determinata.

In mancanza di regolamenti è vietato di dare fuoco nei campi o nei boschi alle stoppie prima del 15 agosto e ad una distanza minore di cento metri dalle case, dagli edifici, dai boschi, dalle piantagioni, dalle siepi, dai mucchi di biada, di paglia, di fieno, di foraggio e da qualsiasi altro deposito di materia infiammabile o combustibile.

Le norme di cui al presente articolo e gli eventuali regolamenti locali in materia non si applicano in occasione di manifestazioni di rievocazione storica e ricorrenze della tradizione popolare.

Anche quando è stato acceso il fuoco nel tempo e nei modi ed alla distanza suindicati, devono essere adottate le cautele necessarie a difesa delle proprietà altrui, e chi ha acceso il fuoco deve assistere di persona e col numero occorrente di persone fino a quando il fuoco sia spento.

Art. 60

(Art. 59 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 20, del D.P.R. 30 aprile 1999, n. 162)

[Nessun ascensore per trasporto di persone o di materiali accompagnati da persone può essere impiantato e tenuto in esercizio senza licenza del prefetto.]

Art. 61

(Art. 60 T.U. 1926)

L'autorità locale di pubblica sicurezza, d'accordo con l'autorità comunale, può prescrivere che nelle ore di notte non si lasci aperto nelle case più di un accesso sulla pubblica via; che tale accesso sia illuminato fino a una data ora, e nelle altre resti chiuso se manca il custode.

Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa fino a lire 100.000. (1)

(1)

Per le sanzioni di cui al comma annotato, vedi la legge 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 62

(Art. 61 T.U. 1926)

I portieri di case di abitazione o di albergo, i custodi di magazzini, stabilimenti di qualsiasi specie, uffici e simili, quando non rivestono la qualità di guardia particolare giurata, devono ottenere l'iscrizione in apposito registro presso l'autorità locale di pubblica sicurezza.

L'iscrizione deve essere rinnovata ogni anno. E' rifiutata o revocata a chi non risulta di buona condotta od è sfornito della carta di identità.

Il contravventore all'obbligo stabilito dalla prima parte di questo articolo è punito con l'arresto da uno a tre mesi e con l'ammenda da lire 200.000 a 1.000.000. (1)

I proprietari o gli amministratori delle case, alberghi, magazzini, stabilimenti o uffici sopra indicati, e coloro che ne rispondono a qualsiasi titolo, qualora adibiscano o tengano al servizio di portiere o custode chi non è iscritto nel registro dell'autorità locale di pubblica sicurezza, sono puniti con la sanzione amministrativa da lire 400.000 a lire 1.200.000. (1) (2)

(1)

Per le sanzioni di cui al comma annotato, vedi la legge 24 novembre 1981, n. 689.

(2)

Per effetto dell'Allegato B, n. 1, della legge 24 novembre 2000, n. 340, il procedimento previsto dall'articolo annotato è stato abrogato.

CAPO VI

DELLE INDUSTRIE PERICOLOSE E DEI MESTIERI RUMOROSI E INCOMODI

Art. 63

(Art. 62 T.U. 1926)

Salvo quanto sarà disposto con legge speciale circa l'impianto e l'esercizio dei depositi di olii minerali, loro derivati e residui, sarà provveduto con regolamento speciale da approvarsi con decreto del Ministro dell'interno, alla classificazione delle sostanze che presentano pericolo di scoppio o di incendio e saranno stabilite le norme da osservarsi per l'impianto e l'esercizio dei relativi opifici, stabilimenti e depositi, e per il trasporto di tali sostanze, compresi gli olii minerali, loro derivati e residui.

Art. 64

(Art. 63 T.U. 1926)

Salvo quanto è stabilito dall'articolo precedente, le manifatture, le fabbriche e i depositi di materie insalubri o pericolose possono essere impiantati ed esercitati soltanto nei luoghi e con le condizioni determinate dai regolamenti locali.

In mancanza di regolamenti il Podestà (1) provvede sulla domanda degli interessati.

Gli interessati possono ricorrere al Prefetto che provvede, sentito il Consiglio provinciale sanitario, e, se occorre, l'ufficio del genio civile.

(1)

Ora, Sindaco.

Art. 65

(Art. 64 T.U. 1926)

Il prefetto, sentito il parere del consiglio provinciale sanitario o dell'ufficio del genio civile, può, anche in mancanza di ricorso, annullare il provvedimento del podestà (1) che ritenga contrario alla sanità o alla sicurezza pubblica.

(1)

Ora, Sindaco.

Art. 66

(Art. 65 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 13, comma 1, lett. b), del D.L.vo 13 luglio 1994, n. 480)

[L'esercizio di professioni o mestieri rumorosi o incomodi deve essere sospeso nelle ore determinate dai regolamenti locali o dalle ordinanze podestarili.]

Art. 67

(Art. 66 T.U. 1926)

I provvedimenti del prefetto rispetto alle materie indicate negli articoli 60, 61, 62, 64 e 65 sono definitivi.

TITOLO III

DISPOSIZIONI RELATIVE AGLI SPETTACOLI, ESERCIZI PUBBLICI, AGENZIE TIPOGRAFIE, AFFISSIONI, MESTIERI GIROVAGHI, OPERAI E DOMESTICI

CAPO I

DEGLI SPETTACOLI E TRATTENIMENTI PUBBLICI

Art. 68

(1)

(Art. 67 T.U. 1926)

(integrato dall'art. 7, comma 8-bis, lett. a), del D.L. 8 agosto 2013, n. 91, convertito dalla legge 7 ottobre 2013, n. 112)

Senza licenza del questore non si possono dare in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico [rappresentazioni teatrali o cinematografiche,] (parole soppresse) (2) accademie, feste da ballo, corse di cavalli, nè altri simili spettacoli o trattenimenti, e non si possono aprire o esercitare circoli, scuole di ballo e sale pubbliche di audizione. Per eventi fino ad un massimo di 200 partecipanti e che sì svolgono entro le ore 24 del giorno di inizio, la licenza è sostituita dalla segnalazione certificata di inizio attività di cui all'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, presentata allo sportello unico per le attività produttive o ufficio analogo.

Per le gare di velocità di autoveicoli e per le gare aeronautiche si applicano le disposizioni delle leggi speciali. (3)

(1)

La Corte costituzionale, con sentenza 12-15/12/1967, n. 142, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo annotato, per contrasto all'art. 17 della Costituzione, nella parte in cui vieta di dare feste da ballo in luogo esposto al pubblico, senza la licenza del Questore.

Successivamente, la stessa Corte, con sentenza 9-15/04/1970, n. 56, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo annotato, nella parte in cui prescrive che per i trattenimenti da tenersi in luoghi aperti al pubblico e non indetti nell'esercizio di attività imprenditoriali, occorre la licenza del Questore.

(3)

In ordine ai trasferimenti di funzioni e compiti amministrativi da parte dello Stato agli enti locali, vedi l'art. 163 del D.L.vo 31 marzo 1998, n. 112.

Art. 69

(Art. 68 T.U. 1926)

(integrato dall'art. 7, comma 8-bis, lett. b), del D.L. 8 agosto 2013, n. 91, convertito dalla legge 7 ottobre 2013, n. 112)

Senza licenza della autorità locale di pubblica sicurezza è vietato dare, anche temporaneamente, per mestiere, pubblici trattenimenti, esporre alla pubblica vista rarità, persone, animali, gabinetti ottici o altri oggetti di curiosità, ovvero dare audizioni all'aperto. Per eventi fino ad un massimo di 200 partecipanti e che si svolgono entro le ore 24 del giorno di inizio, la licenza è sostituita dalla segnalazione certificata di inizio attività di cui all'articolo 19 della legge n. 241 del 1990, presentata allo sportello unico per le attività produttive o ufficio analogo.

Art. 70

(Art. 69 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 13, comma 1, lett.b), del D.L.vo 13 luglio 1994, n. 480)

[Sono vietati gli spettacoli o trattenimenti pubblici che possono turbare l'ordine pubblico o che sono contrari alla morale o al buon costume o che importino strazio o sevizie di animali.]

Art. 71

(Art. 70 T.U. 1926)

(integrato dall'art. 7, comma 8-bis, lett. c), del D.L. 8 agosto 2013, n. 91, convertito dalla legge 7 ottobre 2013, n. 112)

Le licenze e le segnalazioni certificate di inizio attività, di cui negli articoli precedenti, sono valide solamente per il locale e per il tempo in esse indicati.

Art. 72

(Art. 71 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 164, comma 1, lett. e), del D.L.vo 31 marzo 1998, n. 112)

[Per le rappresentazioni di opere drammatiche, musicali, cinematografiche, coreografiche, pantomimiche e simili, la licenza dell'autorità di pubblica sicurezza è subordinata alla tutela dei diritti di autore, in conformità alle leggi speciali.]

Art. 73

(sostituito dall'art. 6 del R.D.L. 1° aprile 1935, n. 327 e abrogato dall'art. 13, comma 1, lett. b), del D.L.vo 13 luglio 1994, n. 480)

Non possono darsi o recitarsi in pubblico opere, drammi o ogni altra produzione teatrale che siano, dal sottosegretariato di Stato per la stampa e la propaganda, a cui devono essere comunicati per l'approvazione, ritenuti contrari all'ordine pubblico, alla morale o ai buoni costumi.

Il sottosegretariato può sentire il parere di una commissione presieduta dal sottosegretario di Stato per la stampa e la propaganda, o per sua delega, dall'ispettore per il teatro, e composta:

a) da un rappresentante del partito nazionale fascista;

b) dal vice-presidente della corporazione dello spettacolo;

c) dal capo dell'ufficio censura presso l'ispettorato del teatro;

d) da un funzionario di gruppo A non inferiore al grado 6° del ministero dell'interno, designato dal ministero stesso;

e) da un funzionario di gruppo A non inferiore al grado 6° del ministero dell'educazione nazionale, designato dal ministero stesso;

f) da un rappresentante dei gruppi universitari fascisti, designato dal segretario del partito nazionale fascista;

g) da un rappresentante del sindacato nazionale fascista autori e scrittori. (1)

(1)

Per il riordino degli organismi operanti presso il Ministero dell'interno, vedi il Regolamento adottato con D.P.R. 14 maggio 2007, n. 85.

Art. 74

(abrogato dall'art. 164, comma 1, lett. e), del D.L.vo 31 marzo 1998, n. 112)

[La concessione della licenza prevista dall'art. 68, per quanto concerne le produzioni teatrali, è subordinata al deposito presso il questore di un esemplare della produzione, che si intende rappresentare munito del provvedimento ministeriale di approvazione.]

[Il prefetto può, per locali circostanze, vietare la rappresentazione di qualunque produzione teatrale, anche se abbia avuta l'approvazione del ministero dell'interno.] (comma abrogato) (1)

[L'autorità locale di pubblica sicurezza può sospendere la rappresentazione di qualunque produzione, che, per locali circostanze, dia luogo a disordini.

Della sospensione deve subito essere dato avviso al prefetto e al ministero.]

(1)

Comma abrogato dall'art. 11 della legge 21 aprile 1962, n. 161.

Art. 75

(Art. 73 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 164, comma 1, lett. e), del D.L.vo 31 marzo 1998, n. 112)

[Chiunque fabbrica, anche senza carattere di continuità e senza scopo di speculazione commerciale, pellicole cinematografiche deve darne preventivo avviso scritto al questore che ne rilascia ricevuta, attestando della eseguita iscrizione del fabbricante in apposito registro.

L'iscrizione deve essere rinnovata ogni anno.

Lo stesso obbligo ha chi intende introdurre nel territorio dello Stato o esportare o fare comunque commercio di pellicole cinematografiche.]

Art. 75

(introdotto dall'art. 8 della legge 18 agosto 2000, n. 248)

1. Chiunque intenda esercitare, a fini di lucro, attività di produzione, di duplicazione, di riproduzione, di vendita, di noleggio o di cessione a qualsiasi titolo di nastri, dischi, videocassette, musicassette o altro supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento, ovvero intenda detenere tali oggetti ai fini dello svolgimento delle attività anzidette, deve darne preventivo avviso al questore che ne rilascia ricevuta, attestando l'eseguita iscrizione in apposito registro. [L'iscrizione deve essere rinnovata ogni anno.] (periodo soppresso) (1)

Art. 76

(Art. 74 T.U. 1926)

Chi intende fare eseguire in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico azioni destinate a essere riprodotte col cinematografo deve darne preventivo avviso scritto all'autorità locale di pubblica sicurezza. (1)

[E' vietato l'impiego dei fanciulli minori di quindici anni, come attori o comparse, o in qualsiasi altro modo, nella preparazione di spettacoli cinematografici, eccettuati quelli aventi scopo educativo.] (comma abrogato) (2)

[Il prefetto può, in via eccezionale, autorizzare l'impiego di uno o più fanciulli nella preparazione di determinati spettacoli cinematografici, subordinando, però, tale autorizzazione all'osservanza di quelle condizioni che valgano a garantire la salute e la moralità dei fanciulli medesimi, e sempre quando vi sia il consenso scritto del genitore esercente la patria potestà o del tutore.] (comma abrogato) (2)

(1)

Per effetto dell'art. 164, comma 1, lett. b), del D.L.vo 31 marzo 1998, n. 112, il comma annotato è abrogato, fermo restando l'obbligo di informazione preventiva all'autorità di pubblica sicurezza.

(2)

Comma abrogato dall'art. 25 della legge 26 aprile 1934, n. 653.

Art. 77

(Art. 75 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 13, comma 1, lett. a) del D.L.vo 7 dicembre 2017, n. 203 a decorrere dalla data ivi prevista)

[Le pellicole cinematogratiche, prodotte all'interno oppure importate dall'estero tanto se destinate ad essere rappresentate all'interno dello Stato, quanto se destinate ad essere esportate, devono essere sottoposte a preventiva revisione da parte dell'autorità di pubblica sicurezza.]

Art. 78

(Art. 76 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 13, comma 1, lett. a) del D.L.vo 7 dicembre 2017, n. 203 a decorrere dalla data ivi prevista)

[L'autorità competente ad eseguire la revisione delle pellicole per spettacoli cinematografici decide a quali di questi possono assistere i minori di anni sedici.

Qualora decida di escluderli, il concessionario o il direttore della sala cinematografica deve pubblicarne l'avviso sul manifesto dello spettacolo e provvedere rigorosamente alla esecuzione del divieto.

Salve le sanzioni prevedute dal codice penale, i concessionari o direttori delle sale cinematografiche, i quali contravvengono agli obblighi predetti sono puniti con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da lire 20.000 a 120.000.] (1)

(1)

Per le sanzioni di cui al comma annotato, vedi la legge 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 79

(Art. 77 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 25 della legge 26 aprile 1934, n. 653)

[E' vietato l'impiego di fanciulli minori di anni quindici in spettacoli di varietà, nei circhi equestri e in qualunque altro spettacolo pubblico, tranne che in rappresentazioni di opere liriche o drammatiche.

Il divieto è esteso ai minori di anni sedici per gli esercizi di acrobatismo, per i giuochi di forza e per ogni altro esercizio pericoloso.]

Art. 80

(Art. 78 T.U. 1926)

L'autorità di pubblica sicurezza non può concedere la licenza per l'apertura di un teatro o di un luogo di pubblico spettacolo, prima di aver fatto verificare da una commissione tecnica la solidità e la sicurezza dell'edificio e l'esistenza di uscite pienamente adatte a sgombrarlo prontamente nel caso di incendio.

Le spese dell'ispezione e quelle per i servizi di prevenzione contro gli incendi sono a carico di chi domanda la licenza. (1)

(1)

Per il riordino degli organismi operanti presso il Ministero dell'interno, vedi il Regolamento adottato con D.P.R. 14 maggio 2007, n. 85.

Art. 81

(Art. 79 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 164, comma 1, lett. e), del D.L.vo 31 marzo 1998, n. 112)

[L'autorità di pubblica sicurezza deve assistere per mezzo dei suoi ufficiali o agenti ad ogni rappresentazione, dal principio alla fine, per vigilare nell'interesse dell'ordine, della sicurezza pubblica, della morale e del buon costume. Essa ha diritto, a spese del concessionario, ad un palco, o, in mancanza di palchi, ad un posto distinto, dal quale possa attendere agevolmente all'esercizio delle sue funzioni.]

Art. 82

(Art. 80 T.U. 1926)

Nel caso di tumulto o di disordini o di pericolo per la incolumità pubblica o di offese alla morale o al buon costume, gli ufficiali o gli agenti di pubblica sicurezza ordinano la sospensione o la cessazione dello spettacolo e, se occorre, lo sgombro del locale.

Qualora il disordine avvenga per colpa di chi dà o fa dare lo spettacolo, gli ufficiali o gli agenti possono ordinare che sia restituito agli spettatori il prezzo d'ingresso.

Art. 83

(Art. 81 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 164, comma 1, lett. e), del D.L.vo 31 marzo 1998, n. 112)

[Non possono sospendersi o variarsi gli spettacoli già incominciati senza il consenso dell'ufficiale di pubblica sicurezza che vi assiste.]

Art. 84

(Art. 82 T.U. 1926)

I prefetti provvedono, con regolamenti da tenersi costantemente affissi in luogo visibile, al servizio d'ordine e di sicurezza nei teatri e negli altri luoghi di pubblico spettacolo. (1)

(1)

Articolo abrogato dall'art. 6, comma 1, lett. b), del D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311, limitatamente alla previsione che richiede, per l'esercizio delle attività ivi indicate, la preventiva dichiarazione all'autorità di pubblica sicurezza.

Art. 85

(Art. 83 T.U. 1926)

E' vietato comparire mascherato in luogo pubblico.

Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa da lire 20.000 a lire 200.000. (1)

E' vietato l'uso della maschera nei teatri e negli altri luoghi aperti al pubblico, tranne nelle epoche e con l'osservanza delle condizioni che possono essere stabilite dall'autorità locale di pubblica sicurezza con apposito manifesto.

Il contravventore e chi, invitato, non si toglie la maschera, è punito con la sanzione amministrativa da lire 20.000 a lire 200.000. (1)

(1)

Per le sanzioni di cui al comma annotato, vedi la legge 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 85

(introdotto dall'art. 21, comma 1, del D.L.vo 16 marzo 2006, n. 140 e integrato dall'art. 3, comma 4-ter, del D.L. 28 giugno 2019, n. 59, convertito dalla legge 8 agosto 2019, n. 81)

1. E' vietato introdurre, installare o comunque utilizzare abusivamente nei luoghi di pubblico spettacolo, dispositivi od apparati che consentono la registrazione, la riproduzione, la trasmissione o comunque la fissazione su supporto audio, video od audiovideo, in tutto od in parte, delle opere dell'ingegno che vengono ivi realizzate o diffuse.

2. Il concessionario od il direttore del luogo di pubblico spettacolo deve dare avviso del divieto di cui al primo comma mediante affissione, all'interno del luogo ove avviene la rappresentazione, di un numero idoneo di cartelli che risultino ben visibili a tutto il pubblico. L'installazione di sistemi di videosorveglianza all'interno della sala destinata al pubblico spettacolo da parte dei soggetti di cui al periodo precedente deve essere autorizzata dal Garante per la protezione dei dati personali, nel rispetto della disciplina vigente in materia di protezione dei dati personali di cui al regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, anche con provvedimento di carattere generale ai sensi dell'articolo 2-quinquiesdecies del codice di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. In ogni caso, tale autorizzazione può essere concessa esclusivamente al fine di individuare chi abusivamente registra in locali di pubblico spettacolo, in tutto o in parte, un'opera cinematografica o audiovisiva, con le modalità di cui al comma 1, dandone avviso e comunicazione adeguata agli utenti. I dati acquisiti per effetto della citata autorizzazione sono criptati e conservati per un periodo massimo di trenta giorni, decorrenti dalla data della registrazione, con modalità atte a garantirne la sicurezza e la protezione da accessi abusivi. Decorso il termine di cui al periodo precedente i dati devono essere distrutti. L'accesso alle registrazioni dei sistemi di cui al presente comma è vietato, salva la loro acquisizione su iniziativa della polizia giudiziaria o del pubblico ministero.

3. Restano comunque ferme le norme poste a tutela dei diritti di autore, in conformità alle leggi speciali che regolamentano la materia.

CAPO II

DEGLI ESERCIZI PUBBLICI

Art. 86

(Art. 84 T.U. 1926)

(integrato dall'art. 37, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, modificato dall'art. 1, comma 534, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 e integrato dall'art. 2-bis, comma 1, del D.L. 20 giugno 2012, n. 79, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 131)

Non possono esercitarsi, senza licenza del questore, alberghi, compresi quelli diurni, locande, pensioni, trattorie, osterie, caffè o altri esercizi in cui si vendono al minuto o si consumano vino, birra, liquori od altre bevande anche non alcooliche, né sale pubbliche per bigliardi o per altri giuochi leciti o stabilimenti di bagni, [esercizi di rimessa di autoveicoli o di vetture,] (parole soppresse) (1) ovvero locali di stallaggio e simili.

Per la somministrazione di bevande alcooliche presso enti collettivi o circoli privati di qualunque specie, anche se la vendita o il consumo siano limitati ai soli soci, è necessaria la comunicazione al questore e si applicano i medesimi poteri di controllo degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza previsti per le attività di cui al primo comma.

[La licenza è necessaria anche per lo spaccio al minuto o il consumo di vino, di birra o di qualsiasi bevanda alcoolica presso enti collettivi o circoli privati di qualunque specie, anche se la vendita o il consumo siano limitati ai soli soci.] (comma abrogato) (2)

Relativamente agli apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici di cui all'articolo 110, commi 6 e 7, la licenza è altresì necessaria:

a) per l'attività di produzione o di importazione;

b) per l'attività di distribuzione e di gestione, anche indiretta;

c) per l'installazione in esercizi commerciali o pubblici diversi da quelli già in possesso di altre licenze di cui al primo o secondo comma o di cui all'articolo 88 ovvero per l'installazione in altre aree aperte al pubblico od in circoli privati.

Art. 87

(Art. 85 T.U. 1926)

E' vietata la vendita ambulante di bevande alcooliche di qualsiasi gradazione.

Art. 88

(1)

(Art. 86 T.U. 1926)

(modificato dall'art. 9 della legge 13 dicembre 1989, n. 401 e sostituito dall'art. 37, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388)

1. La licenza per l'esercizio delle scommesse può essere concessa esclusivamente a soggetti concessionari o autorizzati da parte di Ministeri o di altri enti ai quali la legge riserva la facoltà di organizzazione e gestione delle scommesse, nonché a soggetti incaricati dal concessionario o dal titolare di autorizzazione in forza della stessa concessione o autorizzazione.

(1)

Per l'interpretazione dell'articolo annotato, vedi dall'art. 2, comma 2-ter, del D.L. 25 marzo 2010, n. 40, convertito dalla legge 22 maggio 2010, n. 73.

Art. 89

(Art. 87 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 1 della legge 14 ottobre 1974, n. 520)

[E' vietata, senza speciale autorizzazione del prefetto, la vendita nei pubblici esercizi delle bevande alcooliche che abbiano un contenuto in alcool superiore al 21 per cento del volume.]

Art. 90

(Art. 88 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 1 della legge 14 ottobre 1974, n. 520)

[Le domande di licenza e di autorizzazione sono presentate al podestà e devono essere sottoposte al parere dell'ufficiale sanitario comunale.]

Art. 91

(Art. 89 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 1 della legge 14 ottobre 1974, n. 520)

[Senza il parere di una speciale commissione provinciale, non possono essere concedute licenze per l'esercizio di vendita al minuto o il consumo di bevande alcooliche di qualsiasi gradazione, né possono essere concedute le speciali autorizzazioni prevedute dall'art. 89.]

Art. 92

(Art. 90 T.U. 1926)

Oltre a quanto è preveduto dall'art. 11, la licenza di esercizio pubblico e l'autorizzazione di cui all'art. 89 non possono essere date a chi sia stato condannato per reati contro la moralità pubblica e il buon costume, o contro la sanità pubblica o per giuochi d'azzardo, o per delitti commessi in istato di ubriachezza o per contravvenzioni concernenti la prevenzione dell'alcoolismo, o per infrazioni alla legge sul lotto, o per abuso di sostanze stupefacenti.

Art. 93

(Art. 91 T.U. 1926)

La licenza e l'autorizzazione durano fino al 31 dicembre di ogni anno e valgono esclusivamente per i locali in esse indicati. (1)

Si può condurre l'esercizio per mezzo di rappresentante.

(1)

Per effetto dell'art. 6, comma 1, lett. b), del D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311, il comma annotato è abrogato, limitatamente alla previsione che richiede, per l'esercizio delle attività ivi indicate, la preventiva dichiarazione all'autorità di pubblica sicurezza.

Art. 94

(Art. 92 T.U. 1926)

L'autorizzazione di cui all'art. 89 non può essere conceduta per Ie cantine delle caserme, per gli spacci di cibi o bevande esistenti negli stabilimenti di qualsiasi specie, dipendenti dalle pubbliche amministrazioni, né per gli esercizi temporanei. (1)

(1)

Articolo abrogato dall'art. 6, comma 1, lett. b), del D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311, limitatamente alla previsione che richiede, per l'esercizio delle attività ivi indicate, la preventiva dichiarazione all'autorità di pubblica sicurezza.

Art. 95

(Art. 93 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 1 della legge 14 ottobre 1974, n. 520)

[In ciascun comune o frazione di comune il numero degli esercizi di vendita o di consumo di qualsiasi bevanda alcoolica non può superare il rapporto di uno per quattrocento abitanti.

Il numero degli esercizi di vendita o di consumo di bevande alcooliche che abbiano un contenuto in alcool superiore al 4,½% del volume, non può superare, per ciascun comune o frazione di comune, il rapporto di uno per mille abitanti.

Le predette disposizioni non si applicano al proprietario che vende al minuto il vino dei propri fondi.

Le limitazioni stabilite in questo articolo non impediscono che possa essere conceduta la licenza all'avente causa, per atto tra vivi o a causa di morte, da un esercente debitamente autorizzato, purché l'avente causa provi l'effettivo trapasso dell'azienda.

In ciascun comune o in ciascuna frazione di comune il numero delle autorizzazioni prevedute dall'art. 89 non può superare il rapporto stabilito nel primo capoverso di questo articolo.]

Art. 96

(Art. 94 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 1 della legge 14 ottobre 1974, n. 520)

[L'orario di apertura e di chiusura degli esercizi publici è stabilito per ciascun comune dal questore, sentito il podestà.

Senza speciale autorizzazione del prefetto, l'ora di apertura degli esercizi destinati esclusivamente alla vendita o al consumo di bevande alcooliche non può essere fissata prima delle ore 10 per i giorni feriali e delle ore 11 per i giorni festivi e l'ora di chiusura non può essere fissata oltre le ore 23 per il tempo compreso tra il 15 maggio e il 31 ottobre, nè oltre le ore 22 per il tempo compreso tra il 1° novembre e il 14 maggio.

Prima delle ore di apertura e dopo le ore di chiusura sopra indicate, è vietata la vendita di bevande alcooliche in ogni altro esercizio di caffè, bar, ristorante, albergo e simili.]

Art. 97

(Art. 95 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 1 della legge 14 ottobre 1974, n. 520)

[La vendita delle bevande alcooliche aventi un contenuto di alcool superiore al 21% del volume è vietata nei giorni festivi e in quelli in cui hanno luogo operazioni elettorali.]

Art. 98

(Art. 96 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 1 della legge 14 ottobre 1974, n. 520)

[Per la concessione di licenze, la commissione provinciale determina le distanze minime tra gli esercizi nei quali si vendono o si consumano bevande alcooliche di qualsiasi specie e tra tali esercizi e gli ospedali, i cantieri, le officine, le scuole, le caserme, le chiese e altri luoghi destinati al culto.]

Art. 99

(Art. 97 T.U. 1926)

(modificato dall'art. 13, comma 1, lett. e), del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito dalla legge 4 aprile 2012, n. 35)

Nel caso di chiusura dell'esercizio per un tempo superiore ai trenta giorni, senza che sia dato avviso all'autorità locale di pubblica sicurezza, la licenza è revocata.

La licenza è, altresì, revocata nel caso in cui sia decorso il termine di chiusura comunicato all'autorità di pubblica sicurezza, senza che l'esercizio sia stato riaperto.

Tale termine non può essere superiore a tre mesi, salvo il caso di forza maggiore.

Art. 100

(Art. 98 T.U. 1926)

(integrato dall'art. 12-bis, comma 1, del D.L. 20 febbraio 2017, n. 14, convertito dalla legge 18 aprile 2017, n. 48)

Oltre i casi indicati dalla legge, il Questore può sospendere la licenza di un esercizio

, anche di vicinato,

nel quale siano avvenuti tumulti o gravi disordini, o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque, costituisca un pericolo per l'ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini.

Qualora si ripetano i fatti che hanno determinata la sospensione, la licenza può essere revocata.

Art. 101

(Art. 99 T.U. 1926)

E' vietato di adibire il locale di un pubblico esercizio a ufficio di collocamento o di pagamento delle mercedi agli operai.

Art. 102

(Art. 100 T.U. 1926)

E' vietata la concessione, sotto qualsiasi forma e denominazione, di licenze o di autorizzazioni provvisorie, salvo quanto è disposto dall'articolo seguente. (1)

(1)

Articolo abrogato dall'art. 6, comma 1, lett. b), del D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311, limitatamente alla previsione che richiede, per l'esercizio delle attività ivi indicate, la preventiva dichiarazione all'autorità di pubblica sicurezza.

Art. 103

(1)

(Art. 101 T.U. 1926)

In occasione di fiere, feste, mercati o di altre riunioni straordinarie di persone, l'autorità locale di pubblica sicurezza può concedere licenze temporanee di pubblico esercizio.

La validità di tali licenze deve essere limitata ai soli giorni delle predette riunioni.

[Nelle stazioni climatiche o di cura, il questore, qualora non si tratti di esercizi destinati esclusivamente alla vendita di bevande alcooliche, può concedere licenze temporanee di durata limitata a tutto il periodo della stagione in cui si verifica lo straordinario concorso di persone, esclusa, in ogni caso, la somministrazione di alcoolici ad alta gradazione.] (comma abrogato) (2)

[Il numero delle licenze temporanee non può superare il limite stabilito dall'art. 95, tenuto conto dell'aumento straordinario della popolazione.] (comma abrogato) (2)

(1)

Articolo abrogato dall'art. 6, comma 1, lett. b), del D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311, limitatamente alla previsione che richiede, per l'esercizio delle attività ivi indicate, la preventiva dichiarazione all'autorità di pubblica sicurezza.

(2)

Comma abrogato dall'art. 1 della legge 14 ottobre 1974, n. 520.

Art. 104

(Art. 102 T.U. 1926)

E' vietato corrispondere, in tutto o in parte, mercedi o salari in bevande alcooliche di qualsiasi specie.

Art. 105

(Art. 103 T.U. 1926)

Sono vietate la fabbricazione, l'importazione nello Stato, la vendita in qualsiasi quantità ed il deposito per la vendita del liquore denominato in commercio "assenzio".

Salvo quanto è stabilito dalle leggi sanitarie, sono esclusi da tale proibizione le bevande che, avendo un contenuto alcoolico inferiore al 21 per cento del volume, contengono infuso di assenzio come sostanza aromatica.

Art. 106

(Art. 104 T.U. 1926)

Con decreto [reale], su proposta dei Ministri della sanità e delle finanze, e sentito il parere del consiglio superiore di sanità, sarà provveduto alla formazione e alla pubblicazione dell'elenco delle sostanze ed essenze nocive alla salute, che è vietato adoperare, o che si possono adoperare soltanto in determinate proporzioni, nella preparazione delle bevande alcoliche.

Tale elenco deve essere riveduto ogni biennio. (1)

(1)

Per il riordino degli organismi operanti presso il Ministero dell'interno, vedi il Regolamento adottato con D.P.R. 14 maggio 2007, n. 85.

Art. 107

(Art. 105 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 13, comma 1, lett. g), del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito dalla legge 4 aprile 2012, n. 35)

[I fabbricanti e gli esportatori di essenze per la confezione delle bevande alcooliche devono denunciare al Prefetto l'apertura e la chiusura delle fabbriche o dei depositi e uniformarsi, oltre al disposto dell'art. 105, alle altre norme e prescrizioni che saranno stabilite con decreto [reale], sentito il consiglio superiore di sanità.

Nel caso di trasgressione, il Prefetto ordina la chiusura della fabbrica o del deposito.]

Art. 108

(Art. 106 T.U. 1926)

Non si può esercitare l'industria di affittare camere o appartamenti mobiliati, o altrimenti dare alloggio per mercede, anche temporaneamente o a periodi ricorrenti, senza preventiva dichiarazione all'autorità locale di pubblica sicurezza. (1)

La dichiarazione è valida esclusivamente per i locali in essa indicati.

Il Questore, di sua iniziativa o su proposta dell'autorità locale, può vietare, in qualsiasi tempo, l'esercizio delle attività indicate in questo articolo se il dichiarante sia nel novero delle persone di cui all'art. 92 o se abbia ragione di ritenere che nel locale si eserciti o si intenda esercitare la prostituzione clandestina o il giuoco d'azzardo, o si faccia uso di sostanze stupefacenti. (2)

(1)

Per effetto dell'art. 6, comma 1, lett. b), del D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311, il comma annotato è abrogato, limitatamente alla previsione che richiede, per l'esercizio delle attività ivi indicate, la preventiva dichiarazione all'autorità di pubblica sicurezza.

(2)

In ordine ai trasferimenti di funzioni e compiti amministrativi da parte dello Stato agli enti locali, vedi l'art. 163 del D.L.vo 31 marzo 1998, n. 112.

Art. 109

(1) (2)

(integrato dall'art. 16, commi 1 e 2, della legge 30 settembre 1993, n. 388, modificato dall'art. 4 del D.L.vo 13 luglio 1994, n. 480, dall'art. 7, commi 2, 3 e 4, del D.L. 29 marzo 1995, n. 97, convertito dalla legge 30 maggio 1995, n. 203, sostituito dall'art. 8, comma 1, della legge 29 marzo 2001, n. 135 e modificato dall'art. 40, comma 1, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214)

1. I gestori di esercizi alberghieri e di altre strutture ricettive, comprese quelle che forniscono alloggio in tende, roulotte, nonché i proprietari o gestori di case e di appartamenti per vacanze e gli affittacamere, ivi compresi i gestori di strutture di accoglienza non convenzionali, ad eccezione dei rifugi alpini inclusi in apposito elenco istituito dalla regione o dalla provincia autonoma, possono dare alloggio esclusivamente a persone munite della carta d'identità o di altro documento idoneo ad attestarne l'identità secondo le norme vigenti.

2. Per gli stranieri extracomunitari è sufficiente l'esibizione del passaporto o di altro documento che sia considerato ad esso equivalente in forza di accordi internazionali, purché munito della fotografia del titolare.

3. Entro le ventiquattro ore successive all'arrivo, i soggetti di cui al comma 1 comunicano alle questure territorialmente competenti, avvalendosi di mezzi informatici o telematici o mediante fax, le generalità delle persone alloggiate, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno, sentito il Garante per la protezione dei dati personali. (3) (4)

(1)

Si rimanda al D.M. Interno 7 gennaio 2013, recante disposizioni concernenti la comunicazione alle autorità di pubblica sicurezza dell'arrivo di persone alloggiate in strutture ricettive.

(2)

Per l'interpretazione dell'articolo annotato si rimanda all'art. 19-bis, comma 1, del D.L. 4 ottobre 2018, n. 113, convertito dalla legge 1 dicembre 2018, n. 132.

(3)

Per le modifiche al comma annotato si rimanda all'art. 5, commi 1 e 1-ter, del D.L. 14 giugno 2019, n. 53, convertito dalla legge 8 agosto 2019, n. 77.

(4)

In attuazione del comma annotato si rimanda al D.M. Economia e Finanze 11 novembre 2020.

Art. 110

(modificato dall'art. 1 della legge 20 maggio 1965, n. 507, dall'art. 1 della legge 17 dicembre 1986, n. 904, dall'art. 1 della legge 6 ottobre 1995, n. 425, modificato e integrato dall'art. 37, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, sostituito dall'art. 22, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, modificato dall'art. 39, comma 6, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, modificato e integrato dall'art. 1, commi 540, 541, 542, 543, 543, 544, 545, 546, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, integrato dall'art. 1, commi 85 e 86, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, modificato e integrato dall'art. 1, comma 282, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, integrato dall'art. 1, comma 74, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, dall'art. 10, comma 9-quinquies, del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, convertito dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, dall'art. 1, comma 475, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dall'art. 27, comma 7, del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, integrato e modificato dall'art. 104, comma 1, del D.L. 14 agosto 2020, n. 104, convertito dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126 e integrato dall'art. 18-ter, comma 2, del D.L. 30 aprile 2022, n. 36, convertito dalla legge 29 giugno 2022, n. 79)

1. In tutte le sale da biliardo o da gioco e negli altri esercizi, compresi i circoli privati, autorizzati alla pratica del gioco o all'installazione di apparecchi da gioco, è esposta in luogo visibile una tabella, predisposta ed approvata dal questore e vidimata dalle autorità competenti al rilascio della licenza, nella quale sono indicati, oltre ai giochi d'azzardo, anche quelli che lo stesso questore ritenga di vietare nel pubblico interesse, nonché le prescrizioni ed i divieti specifici che ritenga di disporre. Nelle sale da biliardo deve essere, altresì, esposto in modo visibile il costo della singola partita ovvero quello orario.

2. Nella tabella di cui al comma 1 è fatta espressa menzione del divieto delle scommesse.

3. L'installazione degli apparecchi di cui ai commi 6 e 7 è consentita esclusivamente negli esercizi commerciali o pubblici o nelle aree aperte al pubblico ovvero nei circoli privati ed associazioni autorizzati ai sensi degli articoli 86 o 88 ovvero, limitatamente agli apparecchi di cui al comma 7, alle attività di spettacolo viaggiante autorizzate ai sensi dell'articolo 69, nel rispetto delle prescrizioni tecniche ed amministrative vigenti.

4. L'installazione e l'uso di apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici da gioco d'azzardo sono vietati nei luoghi pubblici o aperti al pubblico e nei circoli ed associazioni di qualunque specie.

5. Si considerano apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici per il gioco d'azzardo quelli che hanno insita la scommessa o che consentono vincite puramente aleatorie di un qualsiasi premio in denaro o in natura o vincite di valore superiore ai limiti fissati al comma 6, escluse le macchine vidimatrici per i giochi gestiti dallo Stato e gli apparecchi di cui al comma 6.

6. Si considerano apparecchi idonei per il gioco lecito:

a) quelli che, dotati di attestato di conformità alle disposizioni vigenti rilasciato dal Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e obbligatoriamente collegati alla rete telematica di cui all'articolo 14-bis, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni, si attivano con l'introduzione di moneta metallica ovvero con appositi strumenti di pagamento elettronico definiti con provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, nei quali insieme con l'elemento aleatorio sono presenti anche elementi di abilità, che consentono al giocatore la possibilità di scegliere, all'avvio o nel corso della partita, la propria strategia, selezionando appositamente le opzioni di gara ritenute più favorevoli tra quelle proposte dal gioco, il costo della partita non supera 1 euro, la durata minima della partita è di quattro secondi e che distribuiscono vincite in denaro, ciascuna comunque di valore non superiore a 100 euro, erogate dalla macchina. [in monete metalliche] (parole soppresse) (1) Le vincite, computate dall'apparecchio in modo non predeterminabile su un ciclo complessivo di non più di 140.000 partite, devono risultare non inferiori al 75 per cento delle somme giocate. In ogni caso tali apparecchi non possono riprodurre il gioco del poker o comunque le sue regole fondamentali; (2) (3) (4) (5)

a-bis) con provvedimento del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato può essere prevista la verifica dei singoli apparecchi di cui alla lettera a);

b) quelli, facenti parte della rete telematica di cui all'articolo 14-bis, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni, che si attivano esclusivamente in presenza di un collegamento ad un sistema di elaborazione della rete stessa. Per tali apparecchi, con regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro dell'interno, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definiti, tenendo conto delle specifiche condizioni di mercato: 

1) il costo e le modalità di pagamento di ciascuna partita;

2) la percentuale minima della raccolta da destinare a vincite;

3) l'importo massimo e le modalità di riscossione delle vincite;

4) le specifiche di immodificabilità e di sicurezza, riferite anche al sistema di elaborazione a cui tali apparecchi sono connessi;

5) le soluzioni di responsabilizzazione del giocatore da adottare sugli apparecchi;

6) le tipologie e le caratteristiche degli esercizi pubblici e degli altri punti autorizzati alla raccolta di giochi nei quali possono essere installati gli apparecchi di cui alla presente lettera. (6) (7) (4) (5)

7. Si considerano, altresì, apparecchi e congegni per il gioco lecito:

a) quelli elettromeccanici privi di monitor attraverso i quali il giocatore esprime la sua abilità fisica, mentale o strategica, attivabili unicamente con l'introduzione di monete metalliche, di valore complessivo non superiore, per ciascuna partita, a un euro, che distribuiscono, direttamente e immediatamente dopo la conclusione della partita, premi consistenti in prodotti di piccola oggettistica, non convertibili in denaro o scambiabili con premi di diversa specie. In tal caso il valore complessivo di ogni premio non è superiore a venti volte il costo della partita;

[b) quelli automatici, semiautomatici ed elettronici da trattenimento o da gioco di abilità che si attivano solo con l'introduzione di moneta metallica, di valore non superiore per ciascuna partita a 50 centesimi di euro, nei quali gli elementi di abilità o trattenimento sono preponderanti rispetto all'elemento aleatorio, che possono consentire per ciascuna partita, subito dopo la sua conclusione, il prolungamento o la ripetizione della partita, fino a un massimo di dieci volte. Dal 1º gennaio 2003, gli apparecchi di cui alla presente lettera possono essere impiegati solo se denunciati ai sensi dell'articolo 14-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni, e se per essi sono state assolte le relative imposte. Dal 1º gennaio 2004, tali apparecchi non possono consentire il prolungamento o la ripetizione della partita e, ove non ne sia possibile la conversione in uno degli apparecchi per il gioco lecito, essi sono rimossi. Per la conversione degli apparecchi restano ferme le disposizioni di cui all'articolo 38 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni;] (lettera abrogata) (8)

c) quelli, basati sulla sola abilità fisica, mentale o strategica, che non distribuiscono premi, per i quali la durata della partita può variare in relazione all'abilità del giocatore e il costo della singola partita può essere superiore a 50 centesimi di euro; (9)

c-bis) quelli, meccanici ed elettromeccanici differenti dagli apparecchi di cui alle lettere a) e c), attivabili con moneta, con gettone ovvero con altri strumenti elettronici di pagamento e che possono distribuire tagliandi direttamente e immediatamente dopo la conclusione della partita;

c-ter) quelli, meccanici ed elettromeccanici, per i quali l'accesso al gioco è regolato senza introduzione di denaro ma con utilizzo a tempo o a scopo.

7.1. Con provvedimento del direttore generale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, da adottare entro il 15 novembre di ogni anno, sono individuati gli apparecchi meccanici ed elettromeccanici di cui alla lettera c-bis) del comma 7 che non distribuiscono tagliandi e di cui alla lettera c-ter) dello stesso comma, basati sulla sola abilità, fisica, mentale o strategica, o che riproducono esclusivamente audio e video o siano privi di interazione con il giocatore, ai quali non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 38, commi 3 e 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Per tali apparecchi resta fermo, comunque, l'obbligo di versamento dell'imposta sugli intrattenimenti di cui all'articolo 14-bis, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640. A tal fine, con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di cui al comma 7-ter, sono previsti specifici obblighi dichiarativi.

7-bis. Gli apparecchi e congegni di cui al comma 7 non possono riprodurre il gioco del poker o, comunque, anche in parte, le sue regole fondamentali nonchè tutti i giochi che, per modalità similari con quelle consentite ai sensi del comma 6, possano indurre una medesima aspettativa di vincita. Per gli apparecchi a congegno di cui alla lettera b) dello stesso comma e per i quali entro il 31 dicembre 2003 è stato rilasciato il nulla osta di cui all' articolo 14-bis, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni, tale disposizione si applica dal 1° maggio 2004.

7-ter. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze è determinata la base imponibile forfetaria dell'imposta sugli intrattenimenti di cui all'articolo 14-bis, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, da emanare entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, al fine di garantire la prevenzione dei rischi connessi al gioco d'azzardo sono definite le regole tecniche finalizzate alla produzione degli apparecchi di cui al comma 7 nonchè la regolamentazione amministrativa dei medesimi, ivi compresi i parametri numerici di apparecchi installabili nei punti di offerta, così come definiti dalla normativa vigente.

7-quater. Gli apparecchi di cui al comma 7 non sono utilizzabili per manifestazioni a premio disciplinate dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 2001, n. 430; i premi ammissibili sono soltanto oggetti di modico valore ovvero tagliandi, le cui regole tecniche sono definite con il decreto di cui al comma Iter, utilizzabili esclusivamente, anche in forma cumulata, per l'acquisizione di premi di modico valore non convertibili in alcun modo in denaro o per nuove partecipazioni al gioco all'interno del medesimo punto di vendita.

[7-quinquies. Gli apparecchi di cui al comma 7, utilizzati nel corso dell'anno 2012 come veicoli di manifestazioni a premio, sono regolarizzabili con modalità definite con il decreto di cui al comma 7-ter, dietro pagamento di una somma una tantum di euro 500, ovvero di euro 400 nel caso di comprovato utilizzo stagionale, oltre al pagamento a titolo di imposta sugli intrattenimenti di cui all'articolo 14-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni.] (comma abrogato) (10)

8. L'utilizzo degli apparecchi e dei congegni di cui al comma 6 è vietato ai minori di anni 18.

8-bis. Con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro e con la chiusura dell'esercizio per un periodo non superiore a quindici giorni è punito chiunque, gestendo apparecchi di cui al comma 6, ne consente l'uso in violazione del divieto posto dal comma 8.

9. In materia di apparecchi e congegni da intrattenimento di cui ai commi 6 e 7, si applicano le seguenti sanzioni:

a) chiunque produce od importa, per destinarli all'uso sul territorio nazionale, apparecchi e congegni di cui ai commi 6 e 7 non rispondenti alle caratteristiche ed alle prescrizioni indicate nei commi 6 o 7 e nelle disposizioni di legge ed amministrative attuative di detti commi, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 6.000 euro per ciascun apparecchio;

b) chiunque produce od importa, per destinarli all'uso sul territorio nazionale, apparecchi e congegni di cui ai commi 6 e 7 sprovvisti dei titoli autorizzatori previsti dalle disposizioni vigenti, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro per ciascun apparecchio;

c) chiunque sul territorio nazionale distribuisce od installa o comunque consente l'uso in luoghi pubblici od aperti al pubblico od in circoli ed associazioni di qualunque specie di apparecchi o congegni non rispondenti alle caratteristiche ed alle prescrizioni indicate nei commi 6 o 7 e nelle disposizioni di legge ed amministrative attuative di detti commi, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 6.000 euro per ciascun apparecchio. La stessa sanzione si applica nei confronti di chiunque, consentendo l'uso in luoghi pubblici od aperti al pubblico o in circoli ed associazioni di qualunque specie di apparecchi e congegni conformi alle caratteristiche e prescrizioni indicate nei commi 6 o 7 e nelle disposizioni di legge ed amministrative attuative di detti commi, corrisponde a fronte delle vincite premi in danaro o di altra specie, diversi da quelli ammessi;

d) chiunque, sul territorio nazionale, distribuisce od installa o comunque consente l'uso in luoghi pubblici o aperti al pubblico o in circoli ed associazioni di qualunque specie di apparecchi e congegni per i quali non siano stati rilasciati i titoli autorizzatori previsti dalle disposizioni vigenti, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro per ciascun apparecchio;

e) nei casi di reiterazione di una delle violazioni di cui alle lettere a), b), c) e d), e preclusa all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato la possibilità di rilasciare all'autore delle violazioni titoli autorizzatori concernenti la distribuzione e l'installazione di apparecchi di cui al comma 6 ovvero la distribuzione e l'installazione di apparecchi di cui al comma 7, per un periodo di cinque anni. Se la violazione è commessa dal rappresentante o dal dipendente di una persona giuridica o di un ente privo di personalità giuridica, la sanzione si applica alla persona giuridica o all'ente;

f) nei casi in cui i titoli autorizzatori per gli apparecchi o i congegni non siano apposti su ogni apparecchio, si applica la sanzione amministrativa da 500 a 3.000 euro per ciascun apparecchio.

f-bis) chiunque, sul territorio nazionale, distribuisce o installa apparecchi e congegni di cui al presente articolo o comunque ne consente l'uso in luoghi pubblici o aperti al pubblico o in circoli e associazioni di qualunque specie non muniti delle prescritte autorizzazioni, ove previste, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 a 15.000 euro per ciascun apparecchio;

f-ter) chiunque, sul territorio nazionale, distribuisce o installa o comunque consente l'uso in luoghi pubblici o aperti al pubblico o in circoli ed associazioni di qualunque specie di apparecchi videoterminali non rispondenti alle caratteristiche e alle prescrizioni indicate nel comma 6, lettera b), e nelle disposizioni di legge e amministrative attuative di detta disposizione, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro per ciascun apparecchio videoterminale;

f-quater) chiunque, sul territorio nazionale, produce, distribuisce o installa o comunque mette a disposizione, in luoghi pubblici o aperti al pubblico o in circoli o associazioni di qualunque specie, apparecchi destinati, anche indirettamente, a qualunque forma di gioco, anche di natura promozionale, non rispondenti alle caratteristiche di cui ai commi 6 e 7, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro per ciascun apparecchio e con la chiusura dell'esercizio da trenta a sessanta giorni.

9-bis. Per gli apparecchi per i quali non siano stati rilasciati i titoli autorizzatori previsti dalle disposizioni vigenti ovvero che non siano rispondenti alle caratteristiche ed alle prescrizioni indicate nei commi 6 o 7 e nelle disposizioni di legge ed amministrative attuative di detti commi, è disposta la confisca ai sensi dell'articolo 20, quarto comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689. Nel provvedimento di confisca è disposta la distruzione degli apparecchi e dei congegni, con le modalità stabilite dal provvedimento stesso.

9-ter. Per la violazione del divieto di cui al comma 8 il rapporto è presentato al prefetto territorialmente competente in relazione al luogo in cui è stata commessa la violazione. Per le violazioni previste dal comma 9 il rapporto è presentato al direttore dell'ufficio regionale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato competente per territorio. Per le cause di opposizione all'ordinanza-ingiunzione emessa per le violazioni di cui al comma 9 è competente il giudice del luogo in cui ha sede l'ufficio dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato che ha emesso l'ordinanza-ingiunzione.

9-quater. Ai fini della ripartizione delle somme riscosse per le pene pecuniarie di cui al comma 9 si applicano i criteri stabiliti dalla legge 7 febbraio 1951, n. 168.

10. Se l'autore degli illeciti di cui al comma 9 è titolare di licenza ai sensi dell'articolo 86, ovvero di autorizzazione ai sensi dell'articolo 3 della legge 25 agosto 1991, n. 287, le licenze o autorizzazioni sono sospese per un periodo da uno a trenta giorni e, in caso di reiterazione delle violazioni ai sensi dell'articolo 8-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689, sono revocate dal sindaco competente, con ordinanza motivata e con le modalità previste dall'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e successive modificazioni. I medesimi provvedimenti sono disposti dal questore nei confronti dei titolari della licenza di cui all'articolo 88.

11. Oltre a quanto previsto dall'articolo 100, il questore, quando sono riscontrate violazioni di rilevante gravità in relazione al numero degli apparecchi installati ed alla reiterazione delle violazioni, sospende la licenza dell'autore degli illeciti per un periodo non superiore a quindici giorni, informandone l'autorità competente al rilascio. Il periodo di sospensione, disposto a norma del presente comma, è computato nell'esecuzione della sanzione accessoria.

(2)

La misura del prelievo erariale unico sugli apparecchi di cui alla lettera annotata, è fissata:

- in misura pari al 12 per cento dell'ammontare delle somme giocate dall'art. 1, comma 531, della legge 23 dicembre 2005, n. 266;

- in misura pari al 17,5 per cento dall'art. 1, comma 918, della legge 28 dicembre 2015, n. 208;

- in misura pari al 19 per cento dall'art. 6, comma 1, del D.L. 24 aprile 2017, n. 50, convertito dalla legge 21 giugno 2017, n. 96;

- in misura pari al 19,25 per cento a decorrere dal 1° settembre 2018, al 19,6 per cento a decorrere dal 1° maggio 2019, al 19,68 per cento a decorrere dal 1° gennaio 2020, al 19,75 per cento a decorrere dal 1° gennaio 2021 ed al 19,6 per cento a decorrere dal 1° gennaio 2023 dall'art. 9, comma 6, del D.L. 12 luglio 2018, n. 87, convertito dalla legge 9 agosto 2018, n. 96. Inoltre, con l'art. 1, comma 1051, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, come mod., la misura del prelievo prevista dall'art. 9, comma 6, del D.L. 12 luglio 2018, n. 87/2018, è incrementata del 2 per cento, a decorrere dal 1° gennaio 2019;

- in misura pari al 23 per cento dall'art. 26, comma 1, del D.L. 26 ottobre 2019, n. 124, convertito dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157.

Inoltre, a decorrere dal 1° gennaio 2020, la predetta misura del prelievo erariale è incrementata e fissata, rispettivamente, al 23,85 per cento sino al 31 dicembre 2020 e al 24,00 per cento a decorrere dal 1° gennaio 2021, dall'art. 1, comma 731, della legge 27 dicembre 2019, n. 160.

(3)

Per il rilascio di nulla osta per gli apparecchi di cui alla lettera annotata si rimanda all'art. 1, commi 922 e 943, della legge 28 dicembre 2015, n. 208.

Inoltre, si rimanda all'art. 1, comma 727, della legge 27 dicembre 2019, n. 160.

(4)

A decorrere dal 1° gennaio 2020, per la fissazione della misura della percentuale delle somme giocate destinata alle vincite, si rimanda all'art. 1, comma 732, della legge 27 dicembre 2019, n. 160.

(5)

Per la proroga dei termini per il versamento del prelievo erariale unico sugli apparecchi di cui alla lettera annotata, si rimanda all'art. 69, comma 1, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, all'art. 18, comma 8-bis, del D.L. 8 aprile 2020, n. 23, convertito dalla legge 5 giugno 2020, n. 40 e all'art. 13- novies, comma 1, del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176.

(6)

La misura del prelievo erariale unico sugli apparecchi di cui alla lettera annotata, è fissata:

- in misura pari al 5 per cento dell'ammontare delle somme giocate dall'art. 1, comma 479, della legge 24 dicembre 2012, n. 228;

- in misura pari al 5,5 per cento dall'art. 1, comma 919, della legge 28 dicembre 2015, n. 208;

- in misura pari al 6 per cento dall'art. 6, comma 1, del D.L. 24 aprile 2017, n. 50, convertito dalla legge 21 giugno 2017, n. 96;

- in misura pari al 6,25 per cento a decorrere dal 1° settembre 2018, al 6,65 per cento a decorrere dal 1° maggio 2019, al 6,68 per cento a decorrere dal 1° gennaio 2020, al 6,75 per cento a decorrere dal 1° gennaio 2021 ed al 6,6 per cento a decorrere dal 1° gennaio 2023 dall'art. 9, comma 6, del D.L. 12 luglio 2018, n. 87, convertito dalla legge 9 agosto 2018, n. 96. Inoltre, con l'art. 1, comma 1051, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, la misura del prelievo prevista dall'art. 9, comma 6, del D.L. 12 luglio 2018, n. 87/2018, è incrementata dell'1,25 per cento, a decorrere dal 1° gennaio 2019;

- in misura pari al 9 per cento dall'art. 26, comma 1, del D.L. 26 ottobre 2019, n. 124, convertito dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157.

Inoltre, a decorrere dal 1° gennaio 2020, la predetta misura del prelievo erariale è incrementata e fissata, rispettivamente, all'8,50 per cento sino al 31 dicembre 2020 e all'8,60 per cento, a decorrere dal 1° gennaio 2021, dall'art. 1, comma 731, della legge 27 dicembre 2019, n. 160.

(7)

Vedi i seguenti provvedimenti:

- D.M. Economia e Finanze 18 gennaio 2007;

- art. 1, commi 526, 530 e 531 della legge 23 dicembre 2005, n. 266;

- Provvedimento del Ministero dell'economia e delle finanze 1 luglio 2004: "Modalità di rilascio dei nulla osta per la messa in esercizio degli apparecchi, di cui all'art. 110, comma 6, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (T.U.L.P.S.), nel periodo intercorrente tra la data di individuazione dei candidati selezionati, 30 giugno 2004, e la data ultima di stipula delle convenzioni di concessione con i soggetti affidatari", pubblicato nella G.U.R.I. 08 luglio 2004, n. 158;

- D.M. Economia e Finanze 6 agosto 2009, in materia di avvio dei giochi;

- D.M. Economia e Finanze 10 agosto 2009, relativo alla determinazione dei poteri di controllo dei concessionari della rete telematica per la gestione degli apparecchi;

- D.M. Economia e Finanze 10 agosto 2009, relativo alla determinazione dei poteri di controllo dei concessionari della rete telematica per la gestione degli apparecchi, pubblicato nella G.U.R.I. 29/09/2009, n. 226;

- D.M. Economia e Finanze 1° luglio 2010, relativo alle modalità di assolvimento del prelievo erariale unico dovuto sui sistemi di gioco (VLT);

- D.M. Economia e Finanze 27 luglio 2011, relativo alla deteminazione dei criteri e dei parametri quantitativi per l'installabilità di apparecchi;

- D.M. Economia e Finanze 12 marzo 2012.

(9)

Vedi il D.M. Economia e Finanze 18 gennaio 2007: "Individuazione del numero massimo di apparecchi da intrattenimento di cui all'articolo 110, commi 6 e 7, del T.U.L.P.S. che possono essere installati per la raccolta di gioco presso punti di vendita aventi come attività principale la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici".

CAPO III

DELLE TIPOGRAFIE E ARTI AFFINI E DELLE ESPOSIZIONI DI MANIFESTI E AVVISI AL PUBBLICO

Art. 111

(Art. 111 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 16, comma 2, del D.L.vo 31 marzo 1998, n. 112)

[Non si può esercitare senza licenza del questore l'arte tipografica, litografica, fotografica, o un'altra qualunque arte di stampa o di riproduzione meccanica o chimica in molteplici esemplari.

La licenza vale esclusivamente per i locali in essa indicati.

E' ammessa la rappresentanza.]

Art. 112

(Art. 112 e 113 T.U. 1926)

E' vietato fabbricare, introdurre nel territorio dello Stato, acquistare, detenere, esportare, allo scopo di farne commercio o distribuzione, o mettere in circolazione scritti, disegni, immagini od altri oggetti di qualsiasi specie contrari agli ordinamenti politici, sociali od economici costituiti nello Stato o lesivi del prestigio dello Stato o dell'autorità o offensivi del sentimento nazionale, del pudore o della pubblica decenza, o che divulgano, anche in modo indiretto o simulato o sotto pretesto terapeutico o scientifico, i mezzi rivolti a impedire la procreazione o a procurare l'aborto o che illustrano l'impiego dei mezzi stessi o che forniscono, comunque, indicazioni sul modo di procurarseli o di servirsene. (1)

E' pure vietato far commercio, anche se clandestino, degli oggetti predetti o distribuiti o esporli pubblicamente.

L'autorità locale di pubblica sicurezza ha facoltà di ordinare il sequestro in via amministrativa dei predetti scritti, disegni e oggetti figurati. (2)

(1)

La Corte costituzionale, con sentenza 10-16/03/1971, n. 49, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma annotato, limitatamente alle parole "a impedire la procreazione".

(2)

La Corte costituzionale, con sentenza 14-29/12/1972, n. 199, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo annotato, nella parte relativa al divieto di pubblicazioni contrarie agli ordinamenti dello Stato o al prestigio delle autorità e lesive del sentimento nazionale.

Art. 113

(Art. 114 T.U. 1926)

Salvo quanto è disposto per la stampa periodica e per la materia ecclesiastica, è vietato, senza licenza dell'autorità locale di pubblica sicurezza, distribuire o mettere in circolazione, in luogo pubblico o aperto al pubblico scritti o disegni. (1)

E' altresì vietato, senza la predetta licenza, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, affiggere scritti o disegni, o fare uso di mezzi luminosi o acustici per comunicazione al pubblico, o comunque collocare iscrizioni anche se lapidarie. (1)

I predetti divieti non si applicano agli scritti o disegni delle autorità e delle pubbliche amministrazioni, a quelli relativi a materie elettorali, durante il periodo elettorale, e a quelli relativi a vendite o locazioni di fondi rustici o urbani o a vendite all'incanto. (1)

La licenza è necessaria anche per affiggere giornali, ovvero estratti o sommari di essi. (1)

Le affissioni non possono farsi fuori dei luoghi destinati dall'autorità competente.

La concessione della licenza prevista da questo articolo non è subordinata alle condizioni stabilite dall'art. 11, salva sempre la facoltà dell'autorità locale di pubblica sicurezza di negarla alle persone che ritenga capaci di abusarne. Essa non può essere data alle persone sfornite di carta di identità. (1)

Gli avvisi, i manifesti, i giornali e gli estratti o sommari di essi, affissi senza licenza, sono tolti a cura dell'autorità di pubblica sicurezza. (1)

(1)

La Corte costituzionale, con sentenza 5-14/06/1956, n. 1, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma annotato, quando la violazione del medesimo comporta l'applicazione della sanzione penale prevista all'art. 663 c.p.

Art. 114

(Art. 115 T.U. 1926)

E' vietata l'inserzione, nei giornali o in altri scritti periodici, di avvisi o corrispondenze di qualsiasi genere che, anche in modo indiretto o simulato, o con un pretesto terapeutico o scientifico, si riferiscano ai mezzi diretti a impedire la procreazione o a procurare l'aborto. (1)

E' altresì vietata l'inserzione di corrispondenze o di avvisi amorosi. (2)

E', inoltre, vietato di pubblicare, nei giornali o in altri scritti periodici, ritratti dei suicidi o di persone che abbiano commesso delitti.

I giornali o gli scritti periodici, con cui si contravviene alle disposizioni di questo articolo, sono sequestrati in via amministrativa dall'autorità locale di pubblica sicurezza.

(1)

La Corte costituzionale, con sentenza 10-16/03/1971, n. 49, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma annotato, limitatamente alle parole "a impedire la procreazione".

(2)

La Corte costituzionale, con sentenza 21-28/11/1968, n. 120, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma annotato, limitatamente alla parte in cui vieta l'inserzione di corrispondenze e di avvisi amorosi che non siano contrari al buon costume.

CAPO IV

DELLE AGENZIE PUBBLICHE

Art. 115

(Art. 116 T.U. 1926)

(integrato dall'art. 4, comma 1, lett. a), del D.L. 8 aprile 2008, n. 59, convertito dalla legge 6 giugno 2008, n. 101 e modificato dall'art. 13, comma 1, lett. f), del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito dalla legge 4 aprile 2012, n. 35)

Non possono aprirsi o condursi agenzie di prestiti su pegno o altre agenzie di affari, quali che siano l'oggetto e la durata, anche sotto forma di agenzie di vendita, di esposizioni, mostre o fiere campionarie e simili, senza darne comunicazione al Questore.

La comunicazione è necessaria anche per l'esercizio del mestiere di sensale o di intromettitore.

[Tra le agenzie indicate in questo articolo sono comprese le agenzie per la raccolta di informazioni a scopo di divulgazione mediante bollettini od altri simili mezzi.] (comma abrogato) (1)

La comunicazione vale esclusivamente pei locali in essa indicati.

E' ammessa la rappresentanza. (2)

Le attività di recupero stragiudiziale dei crediti per conto di terzi sono soggette alla licenza del Questore. A esse si applica il quarto comma del presente articolo e la licenza del questore abilita allo svolgimento delle attività di recupero senza limiti territoriali, osservate le prescrizioni di legge o di regolamento e quelle disposte dall'autorità.

Per le attività previste dal sesto comma del presente articolo, l'onere di affissione di cui all'articolo 120 può essere assolto mediante l'esibizione o comunicazione al committente della licenza e delle relative prescrizioni, con la compiuta indicazione delle operazioni consentite e delle relative tariffe.

Il titolare della licenza è, comunque, tenuto a comunicare preventivamente all'ufficio competente al rilascio della stessa l'elenco dei propri agenti, indicandone il rispettivo ambito territoriale, ed a tenere a disposizione degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza il registro delle operazioni. I suoi agenti sono tenuti ad esibire copia della licenza ad ogni richiesta degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza ed a fornire alle persone con cui trattano compiuta informazione della propria qualità e dell'agenzia per la quale operano.

(2)

In ordine ai trasferimenti di funzioni e compiti amministrativi da parte dello Stato agli enti locali, vedi l'art. 163 del D.L.vo 31 marzo 1998, n. 112.

Art. 116

(Art. 117 T.U. 1926)

Il questore, sentito il consiglio provinciale dell'economia corporativa (1), può subordinare il rilascio della licenza, di cui all'articolo precedente, al deposito di una cauzione, determinandone la misura e la forma in cui deve essere prestata.

La cauzione è a garanzia di tutte le obbligazioni inerenti all'esercizio e dell'osservanza delle condizioni a cui è subordinata la licenza. Nel caso di inosservanza di tali condizioni, il prefetto, su proposta del questore, dispone con decreto che la cauzione sia devoluta, in tutto o in parte, all'erario dello Stato.

Lo svincolo della cauzione non può essere ordinato dal questore se non quando, decorsi almeno tre mesi dalla cessazione dell'esercizio, il concessionario abbia provato di non avere obbligazioni da adempiere in conseguenza dell'esercizio medesimo.

(1)

Ora, Camera di commercio industria, artigianato e agricoltura.

Art. 117

(Art. 118 T.U. 1926)

Nei Comuni in cui esistono Monti di pietà (1) od uffici da essi dipendenti, non possono essere concedute dal questore licenze per l'esercizio di agenzie di prestiti su pegno, senza il parere dell'Amministrazione del Monte di pietà. (1)

Le stesse disposizioni si applicano alle agenzie di commissioni presso i monti di pietà. (1)

Il parere dell'amministrazione predetta non vincola l'autorità di pubblica sicurezza.

E' vietato l'acquisto abituale delle polizze del monte di pietà (1) e concedere, per professione, sovvenzioni supplementari su pegni delle polizze stesse.

(1)

Ora, Monti di credito su pegno.

Art. 118

(Art. 119 T.U. 1926)

L'osservanza delle norme del Codice di commercio, alle quali sono soggette le aziende pubbliche, comprese le agenzie di spedizione e di trasporto e gli uffici pubblici di affari non dispensa dalla osservanza delle disposizioni stabilite da questo testo unico.

Sono eccettuate le imprese di spedizione e di trasporto a norma di regolamento.

Art. 119

(Art. 120 T.U. 1926)

Le persone che compiono operazioni di pegno e che danno commissioni in genere alle agenzie pubbliche o agli uffici pubblici di affari sono tenute a dimostrare la propria identità, mediante la esibizione della carta di identità o di altro documento, fornito di fotografia, proveniente dall'amministrazione dello Stato.

Art. 120

(Art. 121 T.U. 1926)

Gli esercenti le pubbliche agenzie indicate negli articoli precedenti sono obbligati a tenere un registro giornale degli affari, nel modo che sarà determinato dal regolamento, ed a tenere permanentemente affissa nei locali dell'agenzia, in modo visibile, la tabella delle operazioni alle quali attendono, con la tariffa delle relative mercedi.

Tali esercenti non possono fare operazioni diverse da quelle indicate nella tabella predetta, ricevere mercedi maggiori di quelle indicate nella tariffa né compiere operazioni o accettare commissioni da persone non munite della carta di identità o di altro documento, fornito di fotografia, proveniente dall'Amministrazione dello Stato.

CAPO V

DEI MESTIERI GIROVAGHI E DI ALCUNE CLASSI DI RIVENDITORI

Art. 121

(Art. 122 T.U. 1926)

[Salve le disposizioni di questo testo unico circa la vendita ambulante delle armi, degli strumenti atti ad offendere e delle bevande alcooliche, non può essere esercitato il mestiere ambulante di venditore o distributore di merci, generi alimentari o bevande, di scritti o disegni, di cenciaiolo, saltimbanco, cantante, suonatore, servitore di piazza, facchino, cocchiere, conduttore di autoveicoli di piazza, barcaiuolo, lustrascarpe e mestieri analoghi, senza previa iscrizione in un registro apposito presso l'autorità locale di pubblica sicurezza. Questa rilascia certificato della avvenuta iscrizione.] (comma abrogato) (1)

[L'iscrizione non è subordinata alle condizioni prevedute dall'art. 11 né a quella preveduta dal capoverso dell'art. 12, salva sempre la facoltà dell'autorità di pubblica sicurezza di negarla alle persone che ritiene capaci di abusarne.] (comma abrogato) (1)

E' vietato il mestiere di ciarlatano. (2)

(1)

Comma abrogato dall'art. 6, comma 1, lett. b), del D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311.

(2)

L'articolo annotato è stato abrogato dall'art. 14 della legge 19 maggio 1976, n. 398, nella parte relativa all'obbligo della iscrizione in apposito registro presso le autorità di pubblica sicurezza per l'esercizio del commercio ambulante; successivamente dall'art. 5 del D.P.R. 18 aprile 1994, n. 342, nella parte in cui si riferisce all'attività di facchino.

Art. 122

(Art. 123 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 6, comma 1, lett. b), del D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311)

[L'iscrizione deve essere ricusata alle persone sfornite di carta di identità e può essere ricusata ai minori degli anni diciotto, idonei ad altri mestieri, ed alle persone pregiudicate o pericolose.]

Art. 123

(Art. 124 T.U. 1926)

(modificato dall'articolo unico della legge 1° dicembre 1971, n. 1051 e abrogato dall'art. 46, comma 3, lett. b), del D.L.vo 31 marzo 1998, n. 112)

[Per l'esercizio del mestiere di guida, interprete, corriere, guida o portatore alpino e per l'abilitazione all'insegnamento dello sci è necessario ottenere la licenza del questore.

Oltre quanto è disposto dall'art. 11, la licenza può essere negata a chi ha riportato condanna per reati contro la moralità pubblica o il buon costume.

La concessione della licenza è subordinata all'accertamento della capacità tecnica del richiedente.]

Art. 124

(Art. 125 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 6, comma 1, lett. b), del D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311)

[Gli stranieri, eccettuati gli italiani non regnicoli, non possono esercitare alcuno dei mestieri indicati nell'art. 121 senza licenza del questore.

In occasione di feste, fiere, mercati od altre pubbliche riunioni, la licenza agli stranieri può essere conceduta dall'autorità locale di pubblica sicurezza.]

Art. 125

(Art. 126 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 6, comma 1, lett. b), del D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311)

[Le persone indicate negli articoli precedenti sono obbligate a portare sempre con loro il certificato o la licenza di cui devono essere munite, e ad esibirli a ogni richiesta degli ufficiali od agenti di pubblica sicurezza.]

Art. 126

(Art. 127 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 6, comma 1, del D.L.vo 25 novembre 2016, n. 222)

[Non può esercitarsi il commercio di cose antiche o usate senza averne fatta dichiarazione preventiva all'autorità locale di pubblica sicurezza.]

Art. 127

(Art. 128 T.U. 1926)

I fabbricanti, i commercianti, i mediatori di oggetti preziosi, [i cesellatori, gli orafi, gli incastratori di pietre prezione e gli esercenti industrie o arti affini] (parole soppresse) (1) hanno l'obbligo di munirsi di licenza del questore.

Chi domanda la licenza deve provare d'essere iscritto, per l'industria o il commercio di oggetti preziosi, nei ruoli della imposta di ricchezza mobile ed in quelli delle tasse di esercizio e rivendita ovvero deve dimostrare il motivo della mancata iscrizione in tali ruoli.

La licenza dura fino al 31 dicembre dell'anno in cui è stata rilasciata.

Essa è valida per tutti gli esercizi di vendita di oggetti preziosi appartenenti alla medesima persona o alla medesima ditta, anche se si trovino in località diverse.

L'obbligo della licenza spetta, oltreché ai commercianti, fabbricanti ed esercenti stranieri, che intendono fare commercio, nel territorio dello Stato, degli oggetti preziosi da essi importati, anche ai loro agenti, rappresentanti, commessi viaggiatori e piazzisti. Questi debbono provare la loro qualità mediante certificato rilasciato dall'autorità politica del luogo ove ha sede la ditta, vistato dall'autorità consolare italiana.

Art. 128

(Art. 129 T.U. 1926)

(integrato dall'art. 10, comma 1, lett. a), della legge 28 novembre 2005, n. 246)

I fabbricanti, i commercianti, gli esercenti e le altre persone indicate negli artt. 126 e 127 non possono compiere operazioni su cose antiche o usate se non con le persone provviste della carta di identità di altro documento munito di fotografia, proveniente dall'amministrazione dello Stato. (1)

Essi devono tenere un registro delle operazioni che compiono giornalmente, in cui sono annotate le generalità di coloro con i quali le operazioni di cui al primo comma stesse sono compiute e le altre indicazioni prescritte dal regolamento. (1)

Tale registro deve essere esibito agli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza, ad ogni loro richiesta. (1)

Le persone che compiono operazioni di cui al primo comma con gli esercenti sopraindicati, sono tenute a dimostrare la propria identità nei modi prescritti. (1)

L'esercente, che ha comprato cose preziose, non può alterarle o alienarle se non dieci giorni dopo l'acquisto, tranne che si tratti di oggetti comprati presso i fondachieri o i fabbricanti ovvero all'asta pubblica. (2)

(1)

La Corte costituzionale, prima della modifica apportata al presente articolo dalla legge 246/2005, con sentenza 28/06-9/07/1963, n. 121, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale delle norme contenute nei primi quattro commi dell'articolo annotato, nella parte in cui tali norme riguardano operazioni su oggetti preziosi nuovi nel senso esposto nella parte motiva della medesima pronuncia, in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione.

(2)

Per il Regolamento recante indirizzi, criteri e modalità per l'annotazione nel registro di cui all'articolo annotato, vedi il D.M. Beni e attività culturali 15 maggio 2009, n. 95.

CAPO VI

DEGLI OPERAI DOMESTICI E DEI DIRETTORI DI STABILIMENTI

Art. 129

(Art. 130 T.U. 1926)

L'autorità locale di pubblica sicurezza rilascia agli operai e ai domestici, a loro richiesta o a richiesta dei rispettivi direttori di stabilimenti, capi officina, impresari o padroni, un libretto nel quale costoro hanno l'obbligo di dichiarare, in occasione del licenziamento o alla fine dell'anno, il servizio prestato, la durata di esso e la condotta tenuta dagli operai e domestici. (1)

(1)

Articolo superato.

Art. 130

(Art. 131 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 13, comma 1, lett. b), del D.L.vo 13 luglio 1994, n. 480)

[I direttori di stabilimenti, i capi officina, gli impresari, i proprietari di cave e gli esercenti di esse devono trasmettere all'autorità locale di pubblica sicurezza l'elenco dei loro operai, entro cinque giorni dall'assunzione, col nome, cognome, età e comune di origine, e comunicare, nei primi cinque giorni di ogni mese, le variazioni verificatesi.

I direttori, capi officina, impresari, proprietari ed esercenti predetti non possono assumere operai sforniti della carta di identità.]

CAPO VII

DISPOSIZIONI FINALI DEL TITOLO III

Art. 131

(Art. 132 T.U. 1926)

Le autorizzazioni di polizia prevedute in questo titolo, fatta eccezione per quelle indicate dagli artt. 113, 121, 123 e 124, non possono essere concedute a chi è incapace di obbligarsi.

Art. 132

(Art. 133 T.U. 1926)

I provvedimenti del Prefetto nelle materie prevedute in questo titolo sono definitivi.

TITOLO IV

DELLE GUARDIE PARTICOLARI E DEGLI ISTITUTI DI VIGILANZA E DI INVESTIGAZIONE PRIVATA

Art. 133

(Art. 134 T.U. 1926)

Gli enti pubblici, gli altri enti collettivi e i privati possono destinare guardie particolari alla vigilanza o custodia delle loro proprietà mobiliari od immobiliari.

Possono anche, con l'autorizzazione del Prefetto, associarsi per la nomina di tali guardie da destinare alla vigilanza o custodia in comune delle proprietà stesse.

Art. 134

(Art. 135 T.U. 1926)

(integrato dall'art. 33, comma 1, lett. a) e b), della 1° marzo 2002, n. 39 e dall'art. 4, comma 1, lett. b), del D.L. 8 aprile 2008, n. 59, convertito dalla legge 6 giugno 2008, n. 101)

Senza licenza del Prefetto è vietato ad enti o privati di prestare opere di vigilanza o custodia di proprietà mobiliari od immobiliari e di eseguire investigazioni o ricerche o di raccogliere informazioni per conto di privati.

Salvo il disposto dell'art. 11, la licenza non può essere conceduta alle persone che non abbiano la cittadinanza italiana ovvero di uno Stato membro dell'Unione europea o siano incapaci di obbligarsi o abbiano riportato condanna per delitto non colposo. (1)

I cittadini degli Stati membri dell'Unione europea possono conseguire la licenza per prestare opera di vigilanza o custodia di beni mobiliari o immobiliari alle stesse condizioni previste per i cittadini italiani.

Il regolamento di esecuzione individua gli altri soggetti, ivi compreso l'institore, o chiunque eserciti poteri di direzione, amministrazione o gestione anche parziale dell'istituto o delle sue articolazioni, nei confronti dei quali sono accertati l'assenza di condanne per delitto non colposo e gli altri requisiti previsti dall'articolo 11 del presente testo unico, nonchè dall'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575.

La licenza non può essere conceduta per operazioni che importano un esercizio di pubbliche funzioni o una menomazione della libertà individuale.

(1)

La Corte costituzionale, con sentenza 23-27/05/1961, n. 26, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo annotato nei limiti in cui esso attribuisce ai Prefetti il potere di emettere ordinanze senza il rispetto dei principi dell'ordinamento giuridico.

Art. 134

Disciplina delle attività autorizzate in altro Stato dell'Unione europea

(introdotto dall'art. 4, comma 1, lett. c), del D.L. 8 aprile 2008, n. 59, convertito dalla legge 6 giugno 2008, n. 101 e integrato dall'art. 5, comma 1, della legge 30 ottobre 2014, n. 161)

1. Le imprese di vigilanza privata o di investigazione privata stabilite in un altro Stato membro dell'Unione europea possono stabilirsi nel territorio della Repubblica italiana in presenza dei requisiti, dei presupposti e delle altre condizioni richiesti dalla legge e dal regolamento per l'esecuzione del presente testo unico, tenuto conto degli adempimenti, degli obblighi e degli oneri già assolti nello Stato di stabilimento, attestati dall'autorità del medesimo Stato o, in mancanza, verificati dal prefetto.

2. I servizi transfrontalieri e quelli temporanei di vigilanza e custodia da parte di imprese stabilite in un altro Stato membro dell'Unione europea sono svolti alle condizioni e con le modalità indicate nel regolamento per l'esecuzione del presente testo unico.

2-bis. Ai fini dello svolgimento dei servizi transfrontalieri e di quelli temporanei di investigazione privata e di informazioni commerciali, le imprese stabilite in un altro Stato membro dell'Unione europea notificano al Ministero dell'interno - Dipartimento della pubblica sicurezza le attività che intendono svolgere nel territorio nazionale, specificando le autorizzazioni possedute, la tipologia dei servizi, l'ambito territoriale nel quale i servizi dovranno essere svolti e la durata degli stessi. I relativi servizi hanno inizio decorsi dieci giorni dalla notifica, salvo il caso che entro detto termine intervenga divieto del Ministero dell'interno, motivato per ragioni di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

3. Il Ministro dell'interno è autorizzato a sottoscrivere, in materia di vigilanza privata, accordi di collaborazione con le competenti autorità degli Stati membri dell'Unione europea, per il reciproco riconoscimento dei requisiti, dei presupposti e delle condizioni necessari per lo svolgimento dell'attività, nonchè dei provvedimenti amministrativi previsti dai rispettivi ordinamenti.

Art. 135

(Art. 136 T.U. 1926)

I direttori degli uffici di informazioni, investigazioni o ricerche, di cui all'articolo precedente, sono obbligati a tenere un registro degli affari che compiono giornalmente, nel quale sono annotate le generalità delle persone con cui gli affari sono compiuti e le altre indicazioni prescritte dal regolamento.

Tale registro deve essere esibito ad ogni richiesta degli ufficiali o agenti di pubblica sicurezza.

Le persone, che compiono operazioni con gli uffici suddetti, sono tenute a dimostrare la propria identità, mediante la esibizione della carta di identità o di altro documento, fornito di fotografia, proveniente dall'amministrazione dello Stato.

I direttori suindicati devono inoltre tenere nei locali del loro ufficio permanentemente affissa in modo visibile la tabella delle operazioni alle quali attendono, con la tariffa delle relative mercedi.

Essi non possono compiere operazioni diverse da quelle indicate nella tabella [o ricevere mercedi maggiori di quelle indicate nella tariffa] (parole soppresse) (1) o compiere operazioni o accettare commissioni con o da persone non munite della carta di identità o di altro documento fornito di fotografia, proveniente dall'amministrazione dello Stato.

[La tabella delle operazioni deve essere vidimata dal Prefetto.] (comma abrogato) (2)

(1)

Parole soppresse dall'art. 4, comma 1, lett. d), del D.L. 8 aprile 2008, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2008, n. 101.

(2)

Comma abrogato dall'art. 4, comma 1, lett. e), del D.L. 8 aprile 2008, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2008, n. 101.

Art. 136

(Art. 137 T.U. 1926)

La licenza è ricusata a chi non dimostri di possedere la capacità tecnica ai servizi che intende esercitare.

[Può, altresì, essere negata in considerazione del numero o della importanza degli istituti già esistenti.] (comma abrogato) (1)

La revoca della licenza importa l'immediata cessazione dalle funzioni delle guardie che dipendono dall'ufficio.

L'autorizzazione può essere negata o revocata per ragioni di sicurezza pubblica o di ordine pubblico.

(1)

Comma abrogato dall'art. 4, comma 1, lett. f), del D.L. 8 aprile 2008, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2008, n. 101.

Art. 137

(Art. 138 T.U. 1926)

Il rilascio della licenza è subordinato al versamento nella cassa depositi e prestiti di una cauzione nella misura da stabilirsi dal Prefetto.

La cauzione sta a garanzia di tutte le obbligazioni inerenti all'esercizio dell'ufficio e della osservanza delle condizioni imposte dalla licenza.

Il Prefetto, nel caso di inosservanza, dispone con decreto che la cauzione, in tutto o in parte, sia devoluta all'erario dello Stato.

Lo svincolo e la restituzione della cauzione non possono essere ordinati dal Prefetto, se non quando, decorsi almeno tre mesi dalla cessazione dell'esercizio, il concessionario abbia provato di non avere obbligazioni da adempiere in conseguenza del servizio al quale l'ufficio era autorizzato.

Art. 138

(Art. 139 T.U. 1926)

(integrato dall'art. 33, comma 1, lett. c) e d), della 1° marzo 2002, n. 39, dall'art. 4, comma 1, lett. g), del D.L. 8 aprile 2008, n. 59, convertito dalla legge 6 giugno 2008, n. 101, dall'art. 11, comma 3, del D.L.vo 28 gennaio 2014, n. 8 e dall'art. 37-quinquies, comma 1, del D.L. 14 agosto 2020, n. 104, convertito dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126)

Le guardie particolari devono possedere i requisiti seguenti:

1° essere cittadino italiano o di uno Stato membro dell'Unione europea;

2°  avere raggiunto la maggiore età ed avere adempiuto agli obblighi di leva;

3° sapere leggere e scrivere;

4° non avere riportato condanna per delitto;

5° essere persona di ottima condotta politica e morale; (1)

6° essere munito della carta di identità;

7° essere iscritto alla cassa nazionale delle assicurazioni sociali e a quella degli infortuni sul lavoro.

Il Ministro dell'interno con proprio decreto, da adottarsi con le modalità individuate nel regolamento per l'esecuzione del presente testo unico, sentite le regioni, provvede all'individuazione dei requisiti minimi professionali e di formazione delle guardie particolari giurate. Costituisce requisito minimo, di cui al primo periodo, l'avere prestato servizio per almeno un anno, senza demerito, quale volontario di truppa delle Forze armate.

La nomina delle guardie particolari giurate deve essere approvata dal prefetto, previa verifica dell'esistenza di un rapporto di lavoro dipendente con un istituto di vigilanza autorizzato ai sensi dell'articolo 134 ovvero con uno dei soggetti che è legittimato a richiedere l'approvazione della nomina a guardia giurata ai sensi dell'articolo 133. Con l'approvazione, che ha validità biennale, il prefetto rilascia altresì, se ne sussistono i presupposti, la licenza per il porto d'armi, a tassa ridotta, con validità di pari durata.

Ai fini dell'approvazione della nomina a guardia particolare giurata di cittadini di altri Stati membri dell'Unione europea il prefetto tiene conto dei controlli e delle verifiche effettuati nello Stato membro d'origine per lo svolgimento della medesima attività. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 134-bis, comma 3.

Le guardie particolari giurate, cittadini di Stati membri dell'Unione europea, possono conseguire la licenza di porto d'armi secondo quanto stabilito dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 527, e dal relativo regolamento di esecuzione, di cui al decreto del Ministro dell'interno 30 ottobre 1996, n. 635. Si osservano, altresì, le disposizioni degli articoli 71 e 256 del regolamento di esecuzione del presente testo unico.

Salvo quanto diversamente previsto, le guardie particolari giurate nell'esercizio delle funzioni di custodia e vigilanza dei beni mobili ed immobili cui sono destinate rivestono la qualità di incaricati di un pubblico servizio.

(1)

La Corte costituzionale, con sentenza 25 luglio 1996, n. 311, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del numero annotato, nella parte in cui, "stabilendo i requisiti che devono possedere le guardie particolari giurate: a) consente di valutare la condotta "politica" dell'aspirante; b) richiede una condotta morale "ottima" anziché "buona"; c) consente di valutare la condotta "morale" per aspetti non incidenti sull'attuale attitudine ed affidabilità dell'aspirante ad esercitare le relative funzioni".

Art. 139

(Art. 140 T.U. 1926)

Gli uffici di vigilanza e di investigazione privata sono tenuti a prestare la loro opera a richiesta dell'autorità di pubblica sicurezza e i loro agenti sono obbligati ad aderire a tutte le richieste ad essi rivolte dagli ufficiali o dagli agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria.

Art. 140

(Art. 141 T.U. 1926)

I contravventori alle disposizioni di questo titolo sono puniti con l'arresto fino a due anni e con l'ammenda da lire 400.000 a lire 1.200.000. (1)

(1)

Vedi l'art. 113 della legge 24 novembre 1981, n. 689, recante modifiche al sistema penale.

Art. 141

(Art. 142 T.U. 1926)

I provvedimenti del prefetto nelle materie prevedute in questo titolo sono definitivi.

TITOLO V

DEGLI STRANIERI (1)

(1)

Si vedano le seguenti disposizioni:

- il D.L.vo 25 luglio 1998, n. 286: "Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero";

- il D.P.R. 31 agosto 1999,  n. 394: "Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell'articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286";

- la legge 6 marzo 1998, n. 40, recante la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.

CAPO I

DEL SOGGIORNO DEGLI STRANIERI DEL REGNO

Art. 142

(Art. 143 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 13 del D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, convertito dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39)

[Gli stranieri hanno l'obbligo di presentarsi, entro tre giorni dal loro ingresso nel territorio dello Stato, all'autorità di pubblica sicurezza del luogo ove si trovano, per dare contezza di sé e fare la dichiarazione di soggiorno.

Lo stesso obbligo spetta agli stranieri, ogni qualvolta trasferiscono la loro residenza da uno ad altro comune dello Stato.

Gli stranieri di passaggio che si trattengono per diporto nel territorio dello Stato, per un tempo non superiore a due mesi, devono fare soltanto la prima dichiarazione d'ingresso.]

Art. 143

(Art. 144 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 13 del D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, convertito dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39)

[Nel regolamento per la esecuzione di questa legge sono determinati i casi nei quali gli stranieri possono essere dispensati dall'obbligo di presentarsi personalmente all'autorità di pubblica sicurezza.]

Art. 144

(Art. 145 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 47, comma 1, lett. a), del D.L.vo 25 luglio 1998, n. 286)

[L'autorità di pubblica sicurezza ha facoltà di invitare, in ogni tempo, lo straniero ad esibire i documenti di identificazione di cui è provvisto, e a dare contezza di sé.

Qualora siavi motivo di dubitare della identità personale dello straniero, questi può essere sottoposto a rilievi segnaletici.]

Art. 145

(Art. 146 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 13 del D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, convertito dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39)

[Chiunque assume alla sua dipendenza, per qualsiasi causa, uno straniero, è tenuto a comunicare, entro cinque giorni da quello dell'assunzione, all'autorità di pubblica sicurezza, le generalità, specificando a quale servizio lo straniero è adibito.

Deve, altresì, comunicare, entro ventiquattro ore, all'autorità predetta, la cessazione del rapporto di dipendenza, l'allontanamento dello straniero e il luogo verso cui si è diretto.

Quando l'assuntore è un ente collettivo, l'obbligo della comunicazione spetta a chi ne ha la rappresentanza; o, se si tratta di province o comuni, l'obbligo spetta altresì al segratario o a chi ne fa le veci.]

Art. 146

(Art. 147 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 13 del D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, convertito dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39)

[L'osservanza delle disposizioni dell'articolo precedente non dispensa i singoli stranieri dall'obbligo della presentazione e della dichiarazione di cui all'art. 142.]

Art. 147

(Art. 148 T.U. 1926)

(sostituito dall'art. 5 del D.Lgs. 13 luglio 1994, n. 480 e abrogato dall'art. 47, comma 1, lett. a), del D.L.vo 25 luglio 1998, n. 286)

[1. Fermo quanto previsto dalla normativa comunitaria, chiunque, a qualsiasi titolo, dà alloggio ovvero ospita uno straniero o apolide, anche se parente o affine, o lo assume per qualsiasi causa alle proprie dipendenze ovvero cede allo stesso la proprietà o il godimento di beni immobili, rustici o urbani, posti nel territorio dello Stato, è tenuto a darne comunicazione scritta, entro quarantotto ore, all'autorità locale di pubblica sicurezza.

2. La comunicazione comprende, oltre alle generalità del denunciante, quelle dello straniero o apolide, gli estremi del passaporto o del documento di identificazione che lo riguardano, l'esatta ubicazione dell'immobile ceduto o in cui la persona è alloggiata, ospitata o presta servizio ed il titolo per il quale la comunicazione è dovuta.]

Art. 148

(Art. 149 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 47, comma 1, lett. a), del D.L.vo 25 luglio 1998, n. 286)

[Salvo quanto è stabilito nelle leggi militari, il prefetto può vietare agli stranieri il soggiorno in comuni o in località che comunque interessano la difesa militare dello Stato.

Tale divieto è comunicato agli stranieri per mezzo della autorità locale di pubblica sicurezza o col mezzo di pubblici avvisi.

Gli stranieri, che trasgrediscono al divieto, possono essere allontanati per mezzo della forza pubblica.]

Art. 149

(Art. 150 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 47, comma 1, lett. a), del D.L.vo 25 luglio 1998, n. 286)

[Le disposizioni di questo capo non si applicano ai componenti del sacro collegio e del corpo diplomatico e consolare.]

CAPO II

DEGLI STRANIERI DA ESPELLERE E DA RESPINGERE DAL REGNO

Art. 150

(Art. 151 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 13 del D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, convertito dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39)

[Salvo quanto è stabilito dal codice penale, gli stranieri condannati per delitto possono essere espulsi dal regno e accompagnati alla frontiera.

Il Ministro dell'interno, per motivi di ordine pubblico, può disporre la espulsione e l'accompagnamento alla frontiera dello straniero di passaggio o residente nel territorio dello Stato.

Le predette disposizioni non si applicano agli italiani non regnicoli.

Possono altresì essere espulsi gli stranieri denunciati per contravvenzione alle disposizioni del capo precedente.

L'espulsione per motivo di ordine pubblico, preveduta dal primo capoverso di questo articolo, è pronunciata con decreto del ministro dell'interno, di concerto con il Ministro degli affari esteri e con l'assenso del Capo del Governo.]

Art. 151

(Art. 152 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 46, comma 1, lett. a), della legge 6 marzo 1998, n. 40 e dall'art. 47, comma 2, lett. a), del D.L.vo 25 luglio 1998, n. 286)

[Lo straniero espulso a norma dell'articolo precedente non può rientrare nel territorio dello Stato, senza una speciale autorizzazione del Ministro dell'interno.

Nel caso di trasgressione è punito con l'arresto da due mesi a sei.

Scontata la pena, lo straniero è nuovamente espulso.]

Art. 152

(Art. 153 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 13 del D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, convertito dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39)

[I prefetti delle province di confine possono, per motivi di ordine pubblico, allontanare, mediante foglio di via obbligatorio, dai comuni di frontiera, nel caso di urgenza, riferendone al ministro, gli stranieri di cui all'art. 150 e respingere dalla frontiera gli stranieri che non sappiano dare contezza di sé o siano sprovvisti di mezzi.

Per gli stessi motivi, i prefetti hanno facoltà di avviare alla frontiera, mediante foglio di via obbligatorio, gli stranieri che si trovano nelle rispettive province.

Gli stranieri muniti di foglio di via obbligatorio non possono allontanarsi dall'itinerario ad essi tracciato. Qualora se ne allontanino, sono arrestati e puniti con l'arresto da uno a sei mesi.

Scontata la pena, sono tradotti alla frontiera.]

TITOLO VI

DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE PERSONE PERICOLOSE PER LA SOCIETA'

CAPO I

DEI MALATI DI MENTE, DEGLI INTOSSICATI E DEI MENDICANTI (1)

(1)

Vedi la legge 13 maggio 1978, n. 180: "Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori".

Art. 153

(Art. 154 T.U. 1926)

Agli effetti della vigilanza dell'autorità di pubblica sicurezza, gli esercenti una professione sanitaria sono obbligati a denunciare all'autorità locale di pubblica sicurezza, entro due giorni, le persone da loro assistite o esaminate che siano affette da malattia di mente o da grave infermità psichica, le quali dimostrino o diano sospetto di essere pericolose a sé o agli altri.

L'obbligo si estende anche per le persone che risultano affette da cronica intossicazione prodotta da alcool o da sostanze stupefacenti.

Art. 154

(Art. 155 T.U. 1926)

E' vietato mendicare in luogo pubblico o aperto al pubblico.

Le persone riconosciute dall'autorità locale di pubblica sicurezza inabili a qualsiasi proficuo lavoro e che non abbiano mezzi di sussistenza né parenti tenuti per legge agli alimenti e in condizione di poterli prestare sono proposte dal prefetto, quando non sia possibile provvedere con la pubblica beneficenza, al Ministro dell'interno per il ricovero in un istituto di assistenza o beneficenza del luogo o di altro comune.

Il Ministro può autorizzare il prefetto a disporre il ricovero dell'inabile in un istituto di assistenza o beneficenza.

Per il rimborso delle spese di ricovero si applicano le norme stabilite per il domicilio di soccorso.

Quando il comune e le istituzioni pubbliche di assistenza o beneficenza del domicilio di soccorso non sono in condizione di provvedere in tutto o in parte, le spese sono in tutto o in parte a carico dello Stato.

Art. 155

(Art. 156 T.U. 1926)

I congiunti di un mendicante inabile al lavoro e privo di mezzi di sussistenza, tenuti per legge agli alimenti e in condizione di poterli prestare, sono diffidati dall'autorità locale di pubblica sicurezza ad adempiere al loro obbligo.

Decorso il termine all'uopo stabilito nella diffida, l'inabile al lavoro è ammesso di diritto al beneficio del gratuito patrocinio per promuovere il giudizio per gli alimenti.

Art. 156

(Art. 157 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 3 della legge 18 novembre 1981, n. 659)

[Salvo quanto è disposto in materia ecclesiastica, non possono essere fatte, senza licenza del questore, raccolte di fondi o di oggetti, collette o questue, nemmeno col mezzo della stampa o con liste di sottoscrizione.

La licenza può essere conceduta soltanto nel caso in cui la questua, colletta o raccolta di fondi o di oggetti, abbia scopo patriottico o scientifico ovvero di beneficienza o di sollievo da pubblici infortuni.

Nella licenza sono determinate le condizioni e la durata di essa.

La licenza stessa vale solamente per i comuni nell'àmbito della provincia in cui è rilasciata.]

CAPO II

DELLE PERSONE SOSPETTE, DEI LIBERATI DAL CARCERE O DAGLI STABILIMENTI PER MISURE DI SICUREZZA, DEL RIMPATRIO E DEGLI ESPATRI ABUSIVI

Art. 157

(Art. 158 T.U. 1926)

[Chi, fuori del proprio comune, desta sospetti con la sua condotta e, alla richiesta degli ufficiali o agenti di pubblica sicurezza, non può o non vuol dare contezza di sé mediante l'esibizione della carta d'identità o con altro mezzo degno di fede, è condotto dinanzi l'autorità locale di pubblica sicurezza. Questa, qualora trovi fondati i sospetti, può farlo rimpatriare con foglio di via obbligatorio o anche, secondo le circostanze, per traduzione.

Questa disposizione si applica anche alle persone pericolose per l'ordine e la sicurezza pubblica o per la pubblica moralità.

L'autorità di pubblica sicurezza può vietare a chi è rimpatriato con foglio di via obbligatorio o per traduzione di ritornare nel comune dal quale è allontanato, senza preventiva autorizzazione dell'autorità stessa.

I contravventori sono puniti con l'arresto da uno a sei mesi. Scontata la pena, sono tradotti al luogo di rimpatrio.] (1)

(1)

La Corte costituzionale, con sentenza 14-23/06/1956, n. 2, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del primo comma dell'articolo annotato, nella parte relativa al rimpatrio obbligatorio o per traduzione di persone sospette; dei commi secondo e terzo dello stesso articolo nelle parti relative al rimpatrio per traduzione, salva l'ulteriore disciplina legislativa della materia.

Art. 158

(Art. 160 T.U. 1926)

Chiunque, senza essere munito di passaporto o di altro documento equipollente a termini di accordi internazionali, espatrii o tenti di espatriare, quando il fatto sia stato determinato, in tutto o in parte, da motivi politici, è punito con la reclusione da due a quattro anni e con la multa non inferiore a lire 20.000. (1)

In ogni altro caso, chiunque espatrii o tenti di espatriare senza essere munito di passaporto è punito con l'arresto da tre mesi a un anno e con l'ammenda da lire 400.000 a lire 1.200.000. (2)

E' autorizzato l'uso delle armi, quando sia necessario, per impedire i passaggi abusivi attraverso i valichi di frontiera non autorizzati.

(1)

La Corte costituzionale, con sentenza 5-18/03/1959, n. 19, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma annotato in riferimento con l'art. 16 della Costituzione.

(2)

Vedi l'art. 113 della legge 24 novembre 1981, n. 689, recante modifiche al sistema penale.

Art. 159

(Art. 161 T.U. 1926)

Il Ministro dell'interno, o, per sua delegazione, le autorità di pubblica sicurezza, possono, per motivi di pubblica sicurezza o in casi eccezionali di pubbliche o private sventure, fornire i mezzi di viaggio gratuito agli indigenti a fine di rimpatrio.

Art. 160

(sostituito dall'art. 27, comma 1, del D.L. 4 ottobre 2018, n. 113, convertito dalla legge 1 dicembre 2018, n. 132)

Per le finalità di prevenzione generale di reati e per l'esercizio del potere di proposta di cui all'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, le cancellerie dei tribunali e delle corti di appello hanno l'obbligo di trasmettere ogni quindici giorni, anche per via telematica, il dispositivo delle sentenze di condanne irrevocabili a pene detentive al questore della provincia in cui il condannato ha la residenza o l'ultima dimora e al direttore della Direzione investigativa antimafia. Analogo obbligo sussiste per le cancellerie presso la sezione misure di prevenzione e presso l'ufficio G.I.P. del tribunale in relazione alla comunicazione di copia dei provvedimenti ablativi o restrittivi, emessi nell'ambito delle rispettive attribuzioni, alle questure competenti per territorio e alla Direzione investigativa antimafia.

Art. 161

(Art. 163 T.U. 1926)

I direttori degli stabilimenti carcerari o degli stabilimenti per misure di sicurezza detentiva hanno l'obbligo di segnalare per iscritto, quindici giorni prima, la liberazione di ogni condannato al questore, che ne informa, nei tre giorni successivi, quello della provincia alla quale il liberando è diretto.

Art. 162

(Art. 164 T.U. 1926)

I condannati per delitto a pena detentiva o per contravvenzione all'ammonizione o che debbono essere sottoposti alla libertà vigilata hanno l'obbligo, appena dimessi dal carcere o dagli stabilimenti indicati nell'articolo precedente, di presentarsi all'autorità di pubblica sicurezza locale, che li provvede del foglio di via obbligatorio, se necessario. (1)

[I pregiudicati pericolosi possono essere tradotti in istato di arresto davanti all'autorità predetta.] (2)

(1)

La Corte costituzionale, con sentenza 24-30/05/1963, n. 72, ha dichiarato, in riferimento agli articoli 13 e 16 della Costituzione, l'illegittimità costituzionale delle norme contenute nel comma annotato, limitatamente alle parole: "che li provvede del foglio di via obbligatorio, se necessario".

(2)

La Corte costituzionale, con sentenza 24-30/05/1963, n. 72, ha dichiarato, in riferimento agli articoli 13 e 16 della Costituzione, l'illegittimità costituzionale del comma annotato.

Art. 163

(Art. 165 T.U. 1926)

Le persone rimpatriate con foglio di via obbligatorio non possono allontanarsi dall'itinerario ad esse tracciato.

Nel caso di trasgressione esse sono punite con l'arresto da uno a sei mesi.

Scontata la pena, sono fatte proseguire per traduzione.

La stessa pena si applica alle persone che non si presentano, nel termine prescritto, all'autorità di pubblica sicurezza indicata nel foglio di via.

CAPO III

DELL'AMMONIZIONE (1)

(1)

Vedi la legge 27 dicembre 1956, n. 1423: "Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità".

Art. 164

(Art. 166 T.U. 1926)

[Il questore, con rapporto scritto, motivato e documentato, denuncia al prefetto, per l'ammonizione, gli oziosi, i vagabondi abituali validi al lavoro non provveduti di mezzi di sussistenza o sospetti di vivere col ricavato di azioni delittuose e le persone designate dalla pubblica voce come pericolose socialmente [o per gli ordinamenti politici dello Stato] (parole soppresse) (1)

Sono altresì denunciati per l'ammonizione i diffamati per delitti di cui all'articolo seguente.

La denuncia può essere preceduta da una diffida alle persone suindicate, da parte del questore.] (2)

(1)

Parole soppresse dall'art. 1, comma 1, del D.L.vo Lgt. 10 dicembre 1944, n. 419.

(2)

La Corte costituzionale, con sentenza 19/06-3/07/1956, n. 11, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo annotato, salva la ulteriore necessaria disciplina della materia.

Art. 165

(Art. 167 T.U. 1926)

[E' diffamata la persona la quale è designata dalla voce pubblica come abitualmente colpevole:

1° dei delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico e di minaccia, violenza o resistenza alla pubblica autorità;

2° del delitto di strage;

3° dei delitti di commercio clandestino o fraudolento di sostanze stupefacenti e di agevolazione dolosa dell'uso di stupefacenti;

4° dei delitti di falsità in monete e in carte di pubblico credito;

5° dei delitti di sfruttamento di prostitute o di tratta di donne o di minori, di istigazione alla prostituzione o favoreggiamento, di corruzione di minorenni;

6° dei delitti contro la integrità e la sanità della stirpe commessi da persone esercenti l'arte sanitaria;

7° dei delitti non colposi di omicidio, incendio, lesione personale;

8° dei delitti di furto, rapina, estorsione, sequestro di persone a scopo di estorsione o rapina, truffa, circonvenzione di persone incapaci, usura;

9° della contravvenzione di abuso di sostanze stupefacenti;

quando per tali reati sia stata sottoposta a procedimento penale terminato con sentenza di proscioglimento per insufficienza di prove.] (1)

(1)

La Corte costituzionale, con sentenza 19/06-3/07/1956, n. 11, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo annotato, salva la ulteriore necessaria disciplina della materia.

Art. 166

(Art. 168 e 176 T.U. 1926)

(sostituito dall'art. 2, D.L.vo.Lgt. 10 dicembre 1944, n. 419)

[L'ammonizione ha la durata di due anni ed è pronunciata da una Commissione provinciale composta del prefetto, del procuratore del Re, di un giudice - designato dal presidente del tribunale - del questore, del comandante l'Arma dei carabinieri reali nella provincia e di un cittadino di specchiata probità nominato dal sindaco del Comune capoluogo di provincia. Un funzionario di gruppo A di grado non inferiore al 10° designato dal prefetto, assisterà come segretario.

La Commissione è convocata e presieduta dal prefetto, e, in caso di assenza od impedimento, dal vice prefetto. Essa delibera a maggioranza di voti; in caso di parità, prevale quello del presidente.] (1)

(1)

La Corte costituzionale, con sentenza 19/06-3/07/1956, n. 11, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo annotato, salva la ulteriore necessaria disciplina della materia.

Art. 167

(Art. 169 T.U. 1926)

[Entro cinque giorni dalla comunicazione della denuncia alla commissione di cui all'articolo precedente, questa intima al denunciato atto di comparizione con invito a presentare le sue difese.

L'atto di comparizione deve contenere una succinta esposizione dei fatti sui quali la denuncia è fondata.] (1)

(1)

La Corte costituzionale, con sentenza 19/06-3/07/1956, n. 11, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo annotato, salva la ulteriore necessaria disciplina della materia.

Art. 168

(Art. 170 T.U. 1926)

(modificato dall'art. 3 del D.L.vo Lgt. 10 dicembre 1944, n. 419)

[Il termine a comparire non è minore di giorni tre né maggiore di dieci da quello della notificazione dell'invito. Questo deve essere redatto in due copie, una delle quali con la relazione dell'eseguita notificazione da parte dell'agente incaricato è allegata agli atti del procedimento.

Qualora il denunziato non si presenti nel giorno e nella ora indicati nell'invito e non giustifichi la non comparizione, la Commissione, accertata la regolarità della notificazione, ne ordina l'accompagnamento davanti ad essa per mezzo della forza pubblica.

Se l'ordine di accompagnamento non può avere esecuzione per la irreperibilità del denunziato, la Commissione, quando ritenga di avere elementi sufficienti, può pronunciare in merito.] (1)

(1)

La Corte costituzionale, con sentenza 19/06-3/07/1956, n. 11, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo annotato, salva la ulteriore necessaria disciplina della materia.

Art. 169

(Art. 171 T.U. 1926)

(sostituito dall'art. 4 del D.L.vo Lgt. 10 dicembre 1944, n. 419)

[Il denunziato che si presenta al procedimento può farsi assistere da un difensore e, se contesta il fondamento della denuncia, è ammesso a presentare le prove a sua difesa.

La Commissione, proceduto all'interrogatorio del denunziato ed all'esame delle prove e tenute presenti le conclusioni della difesa, pronuncia in merito con ordinanza.

Contro di questa è ammesso ricorso solo per motivi d'incompetenza o violazione di legge, nel termine di dieci giorni dalla pronuncia del provvedimento, alla Commissione di appello, avente sede presso il Ministero dell'interno e di cui all'art. 2.

Il ricorso non ha effetto sospensivo.] (1)

(1)

La Corte costituzionale, con sentenza 19/06-3/07/1956, n. 11, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo annotato, salva la ulteriore necessaria disciplina della materia.

Art. 170

(Art. 172 T.U. 1926)

[Se si tratta di ozioso, di vagabondo, di persona sospetta di vivere col provento di reati, la commissione gli prescrive, nell'ordinanza di ammonizione, di darsi in un congruo termine al lavoro, di fissare stabilmente la propria dimora, di farla conoscere, nel termine stesso, all'autorità locale di pubblica sicurezza e di non allontanarsene senza preventivo avviso all'autorità medesima.

Se si tratta di persone designate dalla pubblica voce come pericolose socialmente o per gli ordinamenti politici dello Stato, la commissione, oltre alle prescrizioni suindicate può imporre tutte quelle altre che ravvisi necessarie, avuto riguardo alle particolari condizioni sociali e familiari dell'ammonito e alle speciali esigenze di difesa sociale o politica.] (1)

(1)

La Corte costituzionale, con sentenza 19/06-3/07/1956, n. 11, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo annotato, salva la ulteriore necessaria disciplina della materia.

Art. 171

(Art. 173 T.U. 1926)

[Se si tratta di persona diffamata a termini dell'art. 165, la commissione prescrive ad essa, nell'ordinanza di ammonizione, di vivere onestamente, di rispettare le leggi, di non dare ragione a sospetti e di non allontanarsi dalla sua dimora senza preventivo avviso all'autorità locale di pubblica sicurezza.] (1)

(1)

La Corte costituzionale, con sentenza 19/06-3/07/1956, n. 11, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo annotato, salva la ulteriore necessaria disciplina della materia.

Art. 172

(Art. 174 T.U. 1926)

[La Commissione prescrive, inoltre, all'ammonito, di non associarsi a persone pregiudicate o sospette, di non rincasare la sera più tardi e di non uscire la mattina più presto di una data ora, di non portare armi, di non trattenersi abitualmente nelle osterie, bettole o in case di prostituzione e di non partecipare a pubbliche riunioni.] (1)

(1)

La Corte costituzionale, con sentenza 19/06-3/07/1956, n. 11, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo annotato, salva la ulteriore necessaria disciplina della materia.

Art. 173

(Art. 175 e 177 T.U. 1926)

[Contro le decisioni della commissione non è ammesso ricorso.

Su istanza dell'interessato o su proposta del questore, o anche d'ufficio, la commissione può: a) revocare l'ammonizione quando sono cessate le cause per le quali fu pronunciata o per errore di fatto; b) modificare le prescrizioni imposte e sospendere l'ammonizione per un periodo di tempo non superiore a quello della sua durata.] (1)

(1)

La Corte costituzionale, con sentenza 19/06-3/07/1956, n. 11, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo annotato, salva la ulteriore necessaria disciplina della materia.

Art. 174

(Art. 176 e 178 T.U. 1926)

[Il contravventore alle prescrizioni dell'ordinanza di ammonizione è punito con l'arresto da tre mesi a un anno. Salvo quanto è prescritto da altre disposizioni di legge, l'ammonito che per un reato commesso dopo l'ordinanza di ammonizione, abbia riportato condanna a pena detentiva può essere sottoposto a libertà vigilata per un tempo non inferiore a due anni.] (1)

(1)

La Corte costituzionale, con sentenza 19/06-3/07/1956, n. 11, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo annotato, salva la ulteriore necessaria disciplina della materia.

Art. 175

(Art. 179 T.U. 1926)

[Quando sia stata applicata una misura di sicurezza detentiva o la libertà vigilata, durante la loro esecuzione non si può far luogo all'ammonizione; se questa sia stata pronunciata, ne cessano gli effetti.] (1)

(1)

La Corte costituzionale, con sentenza 19/06-3/07/1956, n. 11, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo annotato, salva la ulteriore necessaria disciplina della materia.

Art. 176

(Art. 176 T.U. 1926)

[L'ammonizione comincia a decorrere dal giorno della ordinanza e cessa di diritto allo scadere del biennio se l'ammonito non abbia nel frattempo commesso un reato.

Se nel corso del biennio l'ammonito commetta un reato, per il quale riporti successivamente condanna e l'ammonizione non debba cessare, il biennio ricomincia a decorrere dal giorno nel quale è scontata la pena.] (1)

(1)

La Corte costituzionale, con sentenza 19/06-3/07/1956, n. 11, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo annotato, salva la ulteriore necessaria disciplina della materia.

CAPO IV

DEI PROVVEDIMENTI RELATIVI AI MINORI DEGLI ANNI DICIOTTO (1)

(1)

Vedi il D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448: "Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni", e le norme di attuazione contenute nel D.L.vo 28 luglio 1989, n. 272.

Art. 177

(1)

(Art. 180 e 182 T.U. 1926)

Il minore degli anni diciotto, ozioso, vagabondo, diffamato a termini di questo unico o che esercita abitualmente la mendicità o il meretricio è denunciato dal questore al presidente del Tribunale.

Il presidente, eseguiti gli opportuni accertamenti, ordina che il denunciato sia consegnato al padre, all'ascendente, o al tutore, con la intimazione di provvedere alla sua educazione e di invigilare la condotta di lui; sotto comminatoria del pagamento di una somma fino a lire 2000 a favore della Cassa delle ammende.

Nel caso di persistente trascuranza può essere pronunciata la perdita dei diritti di patria potestà e di tutela.

(1)

Articolo superato dalla novella contenuta nel D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448: "Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni" e successive modifiche.

Art. 178

(1)

(Art. 181 T.U. 1926)

Se il minore degli anni diciotto è privo di genitori, ascendenti o tutori o se costoro non possono provvedere alla sua educazione e sorveglianza, il presidente del tribunale ordina che sia ricoverato, non oltre il termine della minore età, presso qualche famiglia onesta che consenta di accettarlo, ovvero in un istituto di correzione.

I genitori o gli ascendenti sono tenuti al pagamento della retta o di quella parte di essa che sarà di volta in volta determinata.

(1)

Articolo superato dalla novella contenuta nel D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448: "Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni" e successive modifiche.

Art. 179

(1)

(Art. 183 T.U. 1926)

Contro il provvedimento del presidente del tribunale è ammesso ricorso al primo presidente della corte di appello.

Il ricorso può essere proposto tanto da chi esercita la patria potestà o la tutela sul minore, quanto dal pubblico ministero.

Il primo presidente della corte di appello, prima di provvedere sul ricorso, deve sentire il procuratore generale.

(1)

Articolo superato dalla novella contenuta nel D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448: "Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni" e successive modifiche.

CAPO V

DEL CONFINO DI POLIZIA

Art. 180

(1)

(Art. 185 T.U. 1926)

Il confino di polizia si estende da uno a cinque anni e si sconta, con l'obbligo del lavoro, in una colonia o in un comune del regno diverso dalla residenza del confinato.

(1)

Vedi la legge 27 dicembre 1956, n. 1423: "Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità".

Art. 181

(1)

(Art. 184 T.U. 1926)

Possono essere assegnati al confino di polizia, qualora siano pericolosi alla sicurezza pubblica:

1° gli ammoniti;

2° le persone diffamate ai termini dell'art. 165;

3° coloro che svolgono o abbiano manifestato il proposito di svolgere un'attività rivolta a sovvertire violentemente gli ordinamenti politici, economici o sociali costituiti nello Stato o a contrastare o a ostacolare l'azione dei poteri dello Stato, [o un'attività comunque tale da recare nocumento agli interessi nazionali.] (parole soppresse) (2)

L'assegnazione al confino fa cessare l'ammonizione.

L'assegnazione al confino di polizia non può essere ordinata quando, per lo stesso fatto, sia stato iniziato procedimento penale e, se sia stata disposta l'assegnazione al confino, questa è sospesa.

(1)

Vedi la legge 27 dicembre 1956, n. 1423: "Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità".

(2)

Parole soppresse dall'art. 1, comma 2, del D.L.vo Lgt. 10 dicembre 1944, n. 419.

Art. 182

(1)

(Art. 186 T.U. 1926)

(integrato dall'art. 5 del D.L.vo L.gt. 10 dicembre 1944, n. 419)

L'assegnazione al confino di polizia è pronunciata con ordinanza dalla commissione provinciale di cui all'art. 166, su rapporto motivato del questore.

Nell'ordinanza è determinata la durata.

La Commissione può ordinare l'immediato arresto delle persone proposte per l'assegnazione al confino.

Il denunziato che si presenta alla Commissione o è tradotto dinanzi ad essa in istato di arresto per l'interrogatorio, può farsi assistere dal difensore.

(1)

Vedi la legge 27 dicembre 1956, n. 1423: "Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità".

Art. 183

(1)

(Art. 187 T.U. 1926)

(sostituito dall'art. 5 del D.L.vo L.gt. 10 dicembre 1944, n. 419)

Contro l'ordinanza di assegnazione al confino di polizia è ammesso ricorso, nel termine di giorni dieci dalla comunicazione di essa, ad una Commissione di appello avente sede presso il Ministero dell'interno. Il ricorso non ha efficacia sospensiva. Il ricorrente può farsi rappresentare da un difensore, munito di mandato speciale.

La Commissione di appello è composta del Sottosegretario di Stato per l'interno che la convoca e la presiede, del capo della polizia, dell'avvocato generale presso una Corte d'appello, di un presidente di Corte d'appello o consigliere di Cassazione, designati dal Ministro per la grazia e giustizia, di un ufficiale generale dell'Arma dei carabinieri reali, designato dal proprio Comando generale e di un cittadino di specchiata probità, inscritto nelle liste dei giudici popolari e nominato dal Ministro per la grazia e giustizia. Essa delibera a maggioranza di voti; in caso di parità, prevale quello del presidente.

Un funzionario della Direzione generale di pubblica sicurezza di grado non inferiore all'8° assisterà come segretario.

Le decisioni della Commissione di appello sono comunicate al Ministero dell'interno per l'esecuzione.

(1)

Vedi la legge 27 dicembre 1956, n. 1423: "Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità".

Art. 184

(1)

(Art. 188 T.U. 1926)

(sostituito dall'art. 2, D.L.vo.Lgt. 10 dicembre 1944, n. 419)

Contro l'ordinanza di assegnazione al confino di polizia è ammesso ricorso, nel termine di giorni dieci dalla comunicazione di essa, ad una Commissione di appello avente sede presso il Ministero dell'interno. Il ricorso non ha efficacia sospensiva. Il ricorrente può farsi rappresentare da un difensore, munito di mandato speciale.

La Commissione di appello è composta del Sottosegretario di Stato per l'interno che la convoca e la presiede, del capo della polizia, dell'avvocato generale presso una corte d'appello, di un presidente di corte d'appello o consigliere di cassazione, designati dal Ministro per la grazia e giustizia, di un ufficiale generale dell'Arma dei carabinieri reali, designato dal proprio Comando generale e di un cittadino di specchiata probità, inscritto nelle liste dei giudici popolari e nominato dal Ministro per la grazia e giustizia. Essa delibera a maggioranza di voti; in caso di parità, prevale quello del presidente.

Un funzionario della Direzione generale di pubblica sicurezza di grado non inferiore all'8° assisterà come segretario.

Le decisioni della Commissione di appello sono comunicate al Ministero dell'interno per l'esecuzione.

(1)

Vedi la legge 27 dicembre 1956, n. 1423: "Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità".

Art. 185

(1)

(Art. 189 T.U. 1926)

Tanto nel caso di confino in un comune del regno, quanto nel caso di confino in una colonia, il confinato ha l'obbligo di darsi a stabile lavoro nei modi stabiliti dall'autorità di pubblica sicurezza preposta alla sua sorveglianza.

L'autorità predetta, nel prescrivere al confinato di darsi a stabile lavoro, terrà conto delle necessità locali e della natura dei lavori pubblici da eseguire, secondo le determinazioni delle competenti autorità.

L'assegnato al confino deve, inoltre, osservare tutte le altre prescrizioni dell'autorità di pubblica sicurezza.

Le prescrizioni predette sono trascritte sopra una carta di permanenza che è consegnata al confinato.

Della consegna è redatto processo verbale.

(1)

Vedi la legge 27 dicembre 1956, n. 1423: "Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità".

Art. 186

(1)

(Art. 190 T.U. 1926)

All'assegnato al confino può essere, fra l'altro, prescritto:

1° di non allontanarsi dall'abitazione scelta, senza preventivo avviso all'autorità preposta alla sorveglianza;

2° di non rincasare la sera più tardi e di non uscire il mattino più presto di una determinata ora;

3° di non detenere o portare armi proprie od altri strumenti atti ad offendere;

4° di non frequentare postriboli, osterie od altri esercizi pubblici;

5° di non frequentare pubbliche riunioni, spettacoli o trattenimenti pubblici;

6° di tenere buona condotta e di non dar luogo a sospetti;

7° di presentarsi all'autorità di pubblica sicurezza, preposta alla sorveglianza, nei giorni che gli sono indicati, e ad ogni chiamata di essa;

8° di portare sempre con sé la carta di permanenza e di esibirla ad ogni richiesta degli ufficiali o degli agenti di pubblica sicurezza.

(1)

Vedi la legge 27 dicembre 1956, n. 1423: "Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità".

Art. 187

(1)

(Art. 191 T.U. 1926)

Qualora il confinato tenga buona condotta, il ministro dell'interno può liberarlo condizionalmente, prima del termine stabilito nell'ordinanza di assegnazione.

(1)

Vedi la legge 27 dicembre 1956, n. 1423: "Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità".

Art. 188

(1)

(Art. 192 T.U. 1926)

Se il confinato liberato condizionalmente tiene cattiva condotta, il ministro dell'interno può rinviarlo al confino fino al compimento del termine, non computato il tempo trascorso in libertà condizionale o in espiazione di pena.

(1)

Vedi la legge 27 dicembre 1956, n. 1423: "Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità".

Art. 189

(1)

(Art. 193 T.U. 1926)

Il confinato non può allontanarsi dalla colonia o dal comune assegnatogli.

Il confinato che contravviene alle disposizioni di questo capo è punito con l'arresto da tre mesi ad un anno.

Il tempo trascorso in carcerazione preventiva seguìta da una condanna o in espiazione di pena detentiva, anche se per effetto di conversione di pena pecuniaria, non è computato nella durata del confino.

Il confino cessa di diritto se il confinato è sottoposto a misura di sicurezza detentiva. Se al confinato è ordinata la libertà vigilata, il confinato vi è sottoposto dopo la cessazione del confino.

(1)

Vedi la legge 27 dicembre 1956, n. 1423: "Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità".

TITOLO VII

DEL MERETRICIO (1)

(1)

Il Titolo annotato si intende abrogato per effetto dell'entrata in vigore della legge 20 febbraio 1958, n. 75: "Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui".

Art. 190

(Art. 194 T.U. 1926)

[Le case, i quartieri e qualsiasi altro luogo chiuso dove si esercita abitualmente la prostituzione sono dall'autorità locale di pubblica sicurezza, a richiesta dell'esercente o d'ufficio, dichiarati locali di meretricio.] (1)

(1)

L'articolo annotato si intende abrogato a seguito dell'entrata in vigore della legge 20 febbraio 1958, n. 75, recante norme sull'abolizione della regolamentazione della prostituzione.

Art. 191

(Art. 195 T.U. 1926)

[Nessun locale di meretricio può essere posto in esercizio prima della dichiarazione di cui all'articolo precedente.

Il locale abusivamente aperto è fatto chiudere dall'autorità di pubblica sicurezza entro le 24 ore.

Tale disposizione si applica anche ai locali occupati da una sola persona che eserciti abitualmente il meretricio.

Il contravventore è punito con l'arresto da sei mesi a un anno e con l'ammenda da lire mille a cinquemila.] (1)

(1)

L'articolo annotato si intende abrogato a seguito dell'entrata in vigore della legge 20 febbraio 1958, n. 75, recante norme sull'abolizione della regolamentazione della prostituzione.

Art. 192

(Art. 196 T.U. 1926)

[Oltre a quanto è disposto dall'articolo precedente, l'autorità locale di pubblica sicurezza ha facoltà di impedire che un locale possa essere adibito ad uso di meretricio, ogni qualvolta lo ritenga opportuno nell'interesse della moralità pubblica, del buon costume o dell'ordine pubblico.

Nessun locale può essere adibito ad uso di meretricio contro la volontà del proprietario o di chiunque altro abbia diritto di disporre del locale stesso.

Non può neppure essere adibito a tale uso un locale che per la sua speciale ubicazione e particolarmente perché vicino ad edifizi destinati all'istruzione, o all'educazione o al culto, oppure a caserme, a mercati o ad altri luoghi di pubblica riunione può offrire, a giudizio dell'autorità di pubblica sicurezza, occasione a scandalo.

Quando un locale, già dichiarato di meretricio, viene a trovarsi nelle condizioni suddette, ne è ordinata la chiusura.] (1)

(1)

L'articolo annotato si intende abrogato a seguito dell'entrata in vigore della legge 20 febbraio 1958, n. 75, recante norme sull'abolizione della regolamentazione della prostituzione.

Art. 193

(Art. 198 T.U. 1926)

[Chi intende adibire un locale a uso di meretricio deve sottoscrivere, nei modi indicati dal regolamento, un atto di sottomissione davanti all'autorità di pubblica sicurezza, nel quale sono determinate le condizioni e gli obblighi a cui l'esercizio del locale deve essere subordinato.

La inosservanza di tali obblighi importa l'immediata chiusura del locale, senza pregiudizio dell'applicazione della legge penale.] (1)

(1)

L'articolo annotato si intende abrogato a seguito dell'entrata in vigore della legge 20 febbraio 1958, n. 75, recante norme sull'abolizione della regolamentazione della prostituzione.

Art. 194

(Art. 199 T.U. 1926)

[Chi esercita un locale dichiarato di meretricio, quando modifica il locale stesso o i suoi accessi senza permesso dell'autorità locale di pubblica sicurezza, è punito con l'arresto da tre mesi a un anno e con l'ammenda da lire 500 a 5000 ed è obbligato a ridurre le cose in pristino.

Alla stessa pena soggiace l'esercente che non notifica all'autorità di pubblica sicurezza le generalità delle persone ammesse all'esercizio del meretricio ovvero scientemente, o per incuria della vigilanza sanitaria, ammette nel locale o permette che vi rimangano, anche temporaneamente, donne affette da malattie celtiche che diano luogo al pericolo di contagio.] (1)

(1)

L'articolo annotato si intende abrogato a seguito dell'entrata in vigore della legge 20 febbraio 1958, n. 75, recante norme sull'abolizione della regolamentazione della prostituzione.

Art. 195

(Art. 200 T.U. 1926)

[I locali di meretricio possono rimanere aperti solo nelle ore stabilite dall'autorità di pubblica sicurezza.

Il trasgressore a questa prescrizione è punito con l'arresto da un mese a un anno e con l'ammenda da lire 500 a 3000.] (1)

(1)

L'articolo annotato si intende abrogato a seguito dell'entrata in vigore della legge 20 febbraio 1958, n. 75, recante norme sull'abolizione della regolamentazione della prostituzione.

Art. 196

(Art. 201 T.U. 1926)

[Nei locali di meretricio sono vietati:

a ) i giuochi, i balli, le feste di qualunque sorta;

b ) lo spaccio di cibi e bevande;

c ) l'accesso dei minori degli anni diciotto.

E' altresì vietato di accedervi con armi di qualunque specie o con strumenti da punta o da taglio atti ad offendere, ovvero in stato di ubbriachezza.

Le contravvenzioni a queste disposizioni sono punite con l'arresto fino a sei mesi e con l'ammenda da lire 500 a 3000.] (1)

(1)

L'articolo annotato si intende abrogato a seguito dell'entrata in vigore della legge 20 febbraio 1958, n. 75, recante norme sull'abolizione della regolamentazione della prostituzione.

Art. 197

(Art. 202 T.U. 1926)

[Gli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza hanno facoltà di procedere in qualsiasi tempo a perquisizioni nei locali di meretricio e sulle persone che vi si trovano.

Quando in un locale di meretricio si formano riunioni troppo numerose e tali da potersi ritenere pericolose per l'ordine pubblico o per sicurezza pubblica, gli ufficiali e gli agenti di pubblica sicurezza possono ordinarne lo sgombro.] (1)

(1)

L'articolo annotato si intende abrogato a seguito dell'entrata in vigore della legge 20 febbraio 1958, n. 75, recante norme sull'abolizione della regolamentazione della prostituzione.

Art. 198

(Art. 203 T.U. 1926)

[E' vietato all'esercente locali di meretricio di richiedere o accettare, sotto qualsiasi forma o pretesto, dalle donne accolte nei locali stessi, danaro o altra cosa mobile, neppure a titolo di cauzione per garantire l'impegno assunto dalle meretrici di prostituirsi per un dato periodo di tempo.

L'infrazione a tale divieto è punita con l'arresto fino a tre mesi e con l'ammenda da lire 1000 a 5000.] (1)

(1)

L'articolo annotato si intende abrogato a seguito dell'entrata in vigore della legge 20 febbraio 1958, n. 75, recante norme sull'abolizione della regolamentazione della prostituzione.

Art. 199

(Art. 204 T.U. 1926)

[L'esercente un locale di meretricio, il quale impedisce a una donna di lasciare il locale stesso, anche se essa vi sia entrata spontaneamente e vi abbia esercitato il meretricio, e abbia contratto qualunque promessa, obbligazione o debito, è punito, quando il fatto non costituisce un più grave reato, con l'arresto da tre mesi a un anno e con l'ammenda fino a lire 5000.] (1)

(1)

L'articolo annotato si intende abrogato a seguito dell'entrata in vigore della legge 20 febbraio 1958, n. 75, recante norme sull'abolizione della regolamentazione della prostituzione.

Art. 200

(Art. 205 T.U. 1926)

[Oltre quanto è disposto dagli articoli precedenti l'autorità di pubblica sicurezza ordina la chiusura dei locali di meretricio nei seguenti casi:

1° quando risulta che i locali sono divenuti fomiti d'infezione di malattie celtiche;

2° quando vi si esercita il meretricio di minorenni;

3° quando risulta che nei locali sono sottratte donne alle ispezioni o alle visite ordinate dall'autorità di pubblica sicurezza o sanitaria o che una donna allontanata per malattia è stata nuovamente ivi accolta senza certificato medico di guarigione;

4° quando si è impedito o tentato di impedire o in qualsiasi modo si è ostacolato l'accesso agli ufficiali o agli agenti di pubblica sicurezza o ai sanitari incaricati della visita o si è impedito o si è tentato di impedire o in qualunque modo ostacolato l'esercizio delle loro funzioni;

5° nel caso di recidiva nelle contravvenzioni prevedute dagli articoli 195 e 196;

6° quando chi ha diritto di disporre del locale dichiara di non volere che sia ulteriormente destinato al meretricio, tranne che la concessione del locale a tale uso sia stata fatta in iscritto da chi poteva disporre del locale medesimo. In questo caso non può essere ritirata l'autorizzazione prima del termine stabilito se questo fu fissato, e, quando non sia stato fissato, prima del termine all'uopo stabilito dall'autorità di pubblica sicurezza.] (1)

(1)

L'articolo annotato si intende abrogato a seguito dell'entrata in vigore della legge 20 febbraio 1958, n. 75, recante norme sull'abolizione della regolamentazione della prostituzione.

Art. 201

(Art. 206 T.U. 1926)

[Oltre quanto è disposto dagli articoli precedenti, l'autorità di pubblica sicurezza può ordinare di ufficio la chiusura di qualsiasi locale di meretricio, abituale od occasionale, notorio o clandestino o sospetto, quando ragioni di ordine pubblico, di igiene, di moralità o sicurezza pubblica la consigliano.] (1)

(1)

L'articolo annotato si intende abrogato a seguito dell'entrata in vigore della legge 20 febbraio 1958, n. 75, recante norme sull'abolizione della regolamentazione della prostituzione.

Art. 202

(Art. 208 T.U. 1926)

[Quando, nonostante l'ordinanza di chiusura, il locale continua a essere tenuto aperto o in esercizio, o è riaperto senza il preventivo permesso dell'autorità di pubblica sicurezza, chi esercisce il locale è punito con la reclusione da tre mesi a un anno e con la multa da lire 1000 a 5000, salva l'applicazione dei provvedimenti d'ufficio per la chiusura.] (1)

(1)

L'articolo annotato si intende abrogato a seguito dell'entrata in vigore della legge 20 febbraio 1958, n. 75, recante norme sull'abolizione della regolamentazione della prostituzione.

Art. 203

(Art. 209 T.U. 1926)

[Chi ha esercitato un locale dichiarato o non dichiarato di meretricio, del quale sia stata ai termini degli articoli precedenti, ordinata la chiusura, per fatti a lui imputabili anche a titolo di colpa, ovvero sia incorso in più condanne per contravvenzione alle disposizioni di questo capo, non può condurre lo stesso o altro locale di meretricio per la durata di anni cinque.] (1)

(1)

L'articolo annotato si intende abrogato a seguito dell'entrata in vigore della legge 20 febbraio 1958, n. 75, recante norme sull'abolizione della regolamentazione della prostituzione.

Art. 204

(Art. 210 T.U. 1926)

[L'autorità locale di pubblica sicurezza può impedire che un locale, del quale è stata ordinata la chiusura, sia riaperto allo stesso scopo, prima che sia trascorso un anno dalla data della relativa ordinanza.

Deve essere sempre ordinata la chiusura definitiva di quei locali di meretricio, nei quali si somministrano o si detengono sostanze stupefacenti o nei quali si accolgono persone dedite all'uso delle sostanze stesse o comunque si permette o favorisce l'uso di esse.] (1)

(1)

L'articolo annotato si intende abrogato a seguito dell'entrata in vigore della legge 20 febbraio 1958, n. 75, recante norme sull'abolizione della regolamentazione della prostituzione.

Art. 205

(Art. 211 T.U. 1926)

[L'autorità di pubblica sicurezza può far sottoporre a visita sanitaria le donne che esercitano il meretricio anche fuori dei locali dichiarati o inviarle nelle sale di cura, quando vi è sospetto che sono affette da malattie contagiose.

Sono sospette di malattia contagiosa le donne esercenti il meretricio anche fuori dei llocali dichiarati quando si rifiutano di sottoporsi alla visita.] (1)

(1)

L'articolo annotato si intende abrogato a seguito dell'entrata in vigore della legge 20 febbraio 1958, n. 75, recante norme sull'abolizione della regolamentazione della prostituzione.

Art. 206

(Art. 212 T.U. 1926)

[La dichiarazione di locale di meretricio è revocata, su domanda degli interessati, quando nel locale è cessato l'esercizio del meretricio.] (1)

(1)

L'articolo annotato si intende abrogato a seguito dell'entrata in vigore della legge 20 febbraio 1958, n. 75, recante norme sull'abolizione della regolamentazione della prostituzione.

Art. 207

(Art. 197 e 207 T.U. 1926)

[Contro qualsiasi provvedimento dell'autorità locale di pubblica sicurezza, nelle materie disciplinate in questo capo, gli interessati possono ricorrere nei modi stabiliti dal regolamento.

Sul reclamo decide una Commissione presieduta dal prefetto o da chi ne fa le veci, composta dal podestà o da un suo delegato e da un rappresentante del pubblico ministero presso il Tribunale.

Il Ministero dell'interno ha facoltà, nell'interesse della moralità pubblica, del buon costume o dell'ordine pubblico di annullare le deliberazioni della commissione predetta con le quali si autorizza l'esercizio di un locale di meretricio.

Contro tale provvedimento non è ammesso ricorso nemmeno per motivi di illegittimità.] (1)

(1)

L'articolo annotato si intende abrogato a seguito dell'entrata in vigore della legge 20 febbraio 1958, n. 75, recante norme sull'abolizione della regolamentazione della prostituzione.

Art. 208

(Art. 213 T.U. 1926)

[E' vietato ogni invito o eccitamento al libertinaggio fatto anche in modo indiretto in luoghi pubblici o aperti al pubblico.

E' parimente proibito:

a) seguire per via le persone, adescandole con atti o parole al libertinaggio, o sostare in luoghi pubblici in attitudine di adescamento;

b) affacciarsi alle finestre e trattenersi sulla soglia delle case dichiarate locali di meretricio;

c) fare pubblica indicazione di locali di meretricio o fare, in qualsiasi modo, offerta di lenocinio.

Le contravvenzioni alle disposizioni di questo articolo, quando non costituiscono un più grave reato, sono punite con l'arreto fino a sei mesi.] (1)

(1)

L'articolo annotato si intende abrogato a seguito dell'entrata in vigore della legge 20 febbraio 1958, n. 75, recante norme sull'abolizione della regolamentazione della prostituzione.

TITOLO VIII

DELLE ASSOCIAZIONI, ENTI ED ISTITUTI

Art. 209

(1)

(Art. 214 T.U. 1926)

Le associazioni, gli enti e gli istituti costituiti od operanti nel regno e nelle colonie sono obbligati a comunicare all'autorità di pubblica sicurezza l'atto costitutivo, lo statuto e i regolamenti interni, l'elenco nominativo delle cariche sociali e dei soci, e ogni altra notizia intorno alla loro organizzazione ed attività, tutte le volta che ne vengono richiesti dall'autorità predetta per ragioni di ordine pubblico o di sicurezza pubblica.

L'obbligo della pubblicazione spetta a tutti coloro che hanno funzioni direttive o di rappresentanza delle associazioni, degli enti o degli istituti, nelle sedi centrali e locali, e deve essere adempiuto entro due giorni dalla notifica della richiesta.

I contravventori sono puniti con l'arresto da tre mesi a due anni e con l'ammenda da lire 2000 a 6000.

Qualora siano state date scientemente notizie false od incomplete, la pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da lire 5000 a 30.000, oltre l'interdizione dai pubblici uffici per anni cinque.

In tutti i casi di omessa, falsa e incompleta dichiarazione, le associazioni possono essere sciolte con decreto del prefetto.

(1)

Articolo annotato è stato abrogato dall'art. 6 della legge 25 gennaio 1982, n. 17: "Norme di attuazione dell'art. 18 della Costituzione in materia di associazioni segrete e scioglimento della associazione denominata Loggia P2"; tuttavia le disposizioni del presente articolo continuano ad applicarsi nei confronti di coloro che risultano aderenti all'associazione di cui all'art. 5 della citata legge n. 17/1982, e comunque ai fatti compiuti prima dell'entrata in vigore della stessa.

Art. 210

(Art. 215 T.U. 1926)

[Salvo quanto è disposto nell'articolo precedente, il Prefetto può disporre, con decreto, lo scioglimento delle associazioni, enti o istituti costituiti od operanti nel regno che svolgono una attività contraria agli ordinamenti politici costituiti nello Stato.

Nel decreto può essere ordinata la confisca dei beni sociali.

Contro il provvedimento del prefetto si può ricorrere al Ministro dell'interno.

Contro il provvedimento del Ministro non è ammesso ricorso nemmeno per motivi di illegittimità.] (1)

(1)

La Corte costituzionale, con sentenza 26/06-12/07/1967, n. 114, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo annotato.

Art. 211

[E' vietato promuovere, costituire, organizzare o dirigere nel territorio dello Stato associazioni, enti o istituti di carattere internazionale senza l'autorizzazione del ministro dell'interno.

E' altresì vietato al cittadino, residente nel territorio dello Stato, partecipare ad associazioni, enti o istituti di carattere internazionale senza la autorizzazione del ministro dell'interno.] (1)

(1)

La Corte costituzionale, con sentenza del 28/06-3/07/1985, n. 193, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo annotato.

Art. 212

(1)

Senza pregiudizio delle sanzioni di cui all'art. 209, i funzionari, impiegati ed agenti civili e militari di ogni ordine e grado dello Stato, ed i funzionari, impiegati ed agenti delle province e dei comuni o di istituti sottoposti per legge alla tutela dello Stato, delle province e dei comuni, che appartengano anche in qualità di semplice socio ad associazioni, enti od istituti costituiti nel regno o fuori, ed operanti, anche solo in parte, in modo clandestino od occulto, o i cui soci sono comunque vincolati dal segreto, sono destituiti o rimossi dal grado e dall'impiego o comunque licenziati.

I funzionari, impiegati, agenti civili e militari suddetti, sono tenuti a dichiarare se appartengono anche in qualità di semplici soci ad associazioni, enti ed istituti di qualunque specie costituiti od operanti nel regno o fuori, al Ministro nel caso di dipendenti dello Stato ed al Prefetto della provincia in tutti gli altri casi, qualora ne siano specificatamente richiesti.

I funzionari, impiegati, agenti civili e militari suddetti, che non ottemperino a tale richiesta entro due giorni dalla notificazione, incorrono nella sospensione dallo stipendio per un tempo non inferiore a quindici giorni e non superiore a tre mesi. Quando siano date scientemente notizie false od incomplete, la sospensione dallo stipendio è non inferiore a sei mesi.

Per l'applicazione delle sanzioni previste in questo articolo si osservano le leggi sullo stato giuridico dei funzionari, degli impiegati e degli agenti.

(1)

Articolo annotato è stato abrogato dall'art. 6 della legge 25 gennaio 1982, n. 17: "Norme di attuazione dell'art. 18 della Costituzione in materia di associazioni segrete e scioglimento della associazione denominata Loggia P2"; tuttavia le disposizioni del presente articolo continuano ad applicarsi nei confronti di coloro che risultano aderenti all'associazione di cui all'art. 5 della citata legge n. 17/1982, e comunque ai fatti compiuti prima dell'entrata in vigore della stessa.

Art. 213

(Art. 217 T.U. 1926)

(abrogato dall'art. 13, comma 1, lett.b), del D.L.vo 13 luglio 1994, n. 480)

[Chiunque porta indebitamente e pubblicamente la divisa o i distintivi di una associazione, di un ente o di un istituto, costituiti ed operanti nello Stato, è punito con l'ammenda da lire 100 a 1000. (1)

Se il fatto è determinato da un motivo politico contrario agli ordinamenti politici costituiti nello Stato, la pena è della reclusione da tre mesi a cinque anni e della multa da lire 3000 a 10.000. (2)]

(1)

Per effetto dell'art. 113, comma. 1, della legge 24 novembre 1981, n. 689, gli importi di cui al comma annotato, sono rispettivamente di lire 20.000 e lire 200.000.

(2)

Per effetto dell'art. 113, comma. 1, della legge 24 novembre 1981, n. 689, gli importi di cui al comma annotato, sono rispettivamente di lire 600.000 e lire 2.000.000.

TITOLO IX

DELLO STATO DI PERICOLO PUBBLICO E DELLO STATO DI GUERRA

Art. 214

(Art. 219 T.U. 1926)

Nel caso di pericolo di disordini il Ministro dell'interno con l'assenso del Capo del Governo (1), o i Prefetti, per delegazione, possono dichiarare, con decreto, lo stato di pericolo pubblico.

(1)

Ora, Presidente del Consiglio dei Ministri.

Art. 215

(Art. 220 T.U. 1926)

Durante lo stato di pericolo pubblico il Prefetto può ordinare l'arresto o la detenzione di qualsiasi persona, qualora ciò ritenga necessario per ristabilire o per conservare l'ordine pubblico.

Art. 216

(Art. 221 T.U. 1926)

Oltre quanto è disposto dall'art. 2, qualora la dichiarazione di pericolo pubblico si estenda all'intero territorio del regno, il Ministro dell'interno può emanare ordinanze, anche in deroga alle leggi vigenti, sulle materie che abbiano comunque attinenza all'ordine pubblico o alla sicurezza pubblica.

I contravventori alle ordinanze predette sono puniti con l'arresto non inferiore a un anno, salvo le maggiori pene stabilite dalle leggi.

La disposizione precedente si applica anche a coloro che contravvengono alle ordinanze del Prefetto emesse durante lo stato di dichiarato pericolo pubblico, in forza dei poteri che gli sono conferiti dall'art. 2.

Art. 217

(Art. 222 T.U. 1926)

Qualora sia necessario affidare all'autorità militare la tutela dell'ordine pubblico, il Ministro dell'interno, con l'assenso del Capo del Governo (1), o i Prefetti, per delegazione, possono dichiarare, con decreto, lo stato di guerra.

Sono applicabili, in tal caso, le disposizioni degli articoli precedenti. La facoltà di emanare ordinanze spetta all'autorità che ha il comando delle forze militari.

I contravventori sono puniti a termini del primo capoverso dell'articolo precedente.

(1)

Ora, Presidente del Consiglio dei Ministri.

Art. 218

(Art. 223 T.U. 1926)

Durante il dichiarato stato di guerra le autorità civili continuano a funzionare per tutto quanto non si riferisce all'ordine pubblico.

Per ciò che riguarda l'ordine pubblico le autorità civili esercitano quei poteri che l'autorità militare ritiene di delegare ad esse.

Art. 219

(Art. 224 T.U. 1926)

(sostituito dall'art. 1 del R.D.L. 6 dicembre 1943, n. 22-B)

Durante il dichiarato stato di guerra sono giudicate dai Tribunali militari le persone imputate di delitti contro la personalità dello Stato previsti nel titolo primo del libro secondo del codice penale.

Gli imputati di delitti contro l'ordine pubblico, la pubblica amministrazione, le persone e il patrimonio sono giudicati dall'Autorità giudiziaria ordinaria.

TITOLO X

DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE

Art. 220

(Art. 18, 23, 83, 114, 158, 160, 165, 221 T.U. 1926)

Gli ufficiali e gli agenti della polizia giudiziaria e della forza pubblica devono arrestare chi è colto in flagranza dei reati preveduti dagli artt. 19, 24, 85, 113, 157, 158, 163, 216 e 217 di questo testo unico. (1)

(1)

La Corte costituzionale, con sentenza 11-20/03/1970, n. 39, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo annotato, nella parte in cui, richiamando l'art. 85 del presente T.U., impone l'arresto in flagranza di chi contravvenga al divieto di comparire mascherato in luogo pubblico o aperto al pubblico.

Art. 221

(Art. 225 T.U. 1926)

(modificato dall'art. 6, del D.L.vo 13 luglio 1994, n. 480)

Con decreto reale, su proposta del Ministro dell'interno, saranno pubblicati il regolamento generale per l'esecuzione di questo testo unico e i regolamenti speciali necessari per determinare materie da esso regolate.

Salvo quanto previsto dall'art. 221-bis, le contravvenzioni alle disposizioni di tali regolamenti sono punite con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda fino a lire duecentomila.

Fino a quando non saranno emanati i regolamenti suindicati, rimangono in vigore le disposizioni attualmente esistenti sulle materie regolate in questo testo unico, in quanto non siano incompatibili con le norme in esso contenute.

Art. 221

(introdotto dall'art. 7, comma 1, del D.L.vo 13 luglio 1994, n. 480)

1. Le violazioni alle disposizioni di cui agli articoli 156, 187 e 225 del regolamento di esecuzione del presente testo unico, approvato con R.D. 6 maggio 1940, n. 635, sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire un milione a lire sei milioni.

2. Le violazioni alle disposizioni di cui agli articoli 121, 131, 146, 149, 180, 181, 185, 186, 192, 196, 199, 211, 219, 220, 221, 222, 229, 230, commi da 1 a 3, 240, 241, 242, limitatamente alle attività previste dall'art. 126 del presente testo unico, e 260 del regolamento di esecuzione, approvato con R.D. 6 maggio 1940, n. 635, sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire trecentomila a lire due milioni.

Art. 222

Entro un quinquennio dall'entrata in vigore di questo testo unico, le opere, i drammi, le rappresentazioni coreografiche e le altre produzioni teatrali, già date o declamate in pubblico nel regno, potranno essere ulteriormente rappresentate, senza ottemperare al disposto dell'art. 73.

Esse saranno comunicate al prefetto della provincia - dove per la prima volta verranno rappresentate o declamate, dopo la entrata in vigore di questo testo unico - il quale ha facoltà di vietarle per ragioni di morale o di ordine pubblico.

Quando il prefetto ne autorizzi la rappresentazione, l'autorizzazione è valida per tutto il regno.

Contro il divieto del Prefetto è ammesso ricorso al Ministro dell'interno, che decide, sentita la commissione di cui all'art. 73.

Il Ministro dell'interno può, in qualunque momento, procedere a nuovo esame delle produzioni teatrali di cui nella prima parte di questo articolo.

Anche per queste produzioni si applica il disposto dell'art. 74.

Art. 223

(Art. 227 T.U. 1926)

Le assegnazioni al domicilio coatto, pronunciate ai termini del capo V, titolo III del testo unico della legge di pubblica sicurezza 30 giugno 1889, n. 6144, s'intendono commutate in assegnazioni al confino di polizia, ai termini di questo testo unico.

Art. 224

(Art. 229 T.U. 1926)

L'art. 2 del testo unico delle leggi relative alle attribuzioni della Giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale, approvato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1058, è abrogato.

I ricorsi, che all'atto di pubblicazione del testo unico approvato col regio decreto 6 novembre 1926, n. 1848, fossero stati già presentati alla Giunta provinciale amministrativa e non fossero ancora decisi, sono considerati come ricorsi gerarchici e sottoposti alle decisioni del prefetto.

Visto, d'ordine di Sua Maestà il Re:

Il Capo del Governo, Primo Ministro, Ministro per l'interno:

MUSSOLINI