
Legge 11 marzo 1953, n. 87
G.U.R.I. 14 marzo 1953, n. 62
Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale.
TESTO COORDINATO (alla legge 5 giugno 2003, n. 131 e con annotazioni alla data 16 aprile 2021)
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
PROMULGA
la seguente legge:
La Corte costituzionale è composta di quindici giudici nominati, in ordine successivo, cinque dalle supreme magistrature ordinaria e amministrativa, cinque dal Parlamento in seduta comune, cinque dal Presidente della Repubblica.
I giudici della Corte la cui nomina spetta alle supreme magistrature ordinaria ed amministrativa, sono eletti:
a) tre da un collegio del quale fanno parte il presidente della Corte di cassazione, che lo presiede, il procuratore generale, i presidenti di sezione, gli avvocati generali, i consiglieri e i sostituti procuratori generali della Cassazione;
b) uno da un collegio del quale fanno parte il Presidente del Consiglio di Stato, che lo presiede, i presidenti di sezione ed i consiglieri del Consiglio di Stato;
c) uno da un collegio del quale fanno parte il presidente della Corte dei conti che lo presiede, i presidenti di sezione, i consiglieri, il procuratore generale ed i viceprocuratori generali della Corte dei conti.
I componenti di ciascun collegio possono votare per un numero di candidati pari a quello dei giudici che il collegio deve eleggere. Si considerano non iscritti i nomi eccedenti tale numero.
I nomi degli eletti vengono immediatamente comunicati, dal presidente di ciascun collegio, al Presidente della Corte costituzionale, ai Presidenti delle due Camere del Parlamento ed al Presidente della Repubblica.
[I giudici che nomina il Parlamento sono eletti da questo in seduta comune delle due Camere, a scrutinio segreto e con maggioranza di tre quinti dell'Assemblea.] (comma abrogato) (1)
[Per gli scrutini successivi al secondo è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti.] (comma abrogato) (1)
Dopo ogni scrutinio saranno gradualmente proclamati eletti coloro che avranno riportato la maggioranza preveduta, rispettivamente, nei commi precedenti.
I nomi dei giudici eletti dal Parlamento vengono immediatamente comunicati dal Presidente della Camera dei deputati al Presidente della Repubblica e al Presidente della Corte costituzionale.
Comma abrogato dall'art. 7, comma 1, della legge cost. 22 novembre 1967, n. 2.
I giudici della Corte costituzionale, la cui nomina spetta al Presidente della Repubblica, sono nominati con suo decreto.
Il decreto è controfirmato dal Presidente del Consiglio dei Ministri.
I giudici della Corte, prima di assumere le funzioni, prestano giuramento di osservare la Costituzione e le leggi, nelle mani del Presidente della Repubblica, alla presenza dei Presidenti delle due Camere del Parlamento.
La Corte elegge a maggioranza dei suoi componenti il Presidente. Nel caso che nessuno riporti la maggioranza si procede ad una nuova votazione e, dopo di questa, eventualmente, alla votazione di ballottaggio tra i candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti e si proclama eletto chi abbia riportato la maggioranza.
In caso di parità è proclamato eletto il più anziano di carica e, in mancanza, il più anziano di età.
Della nomina è data immediata comunicazione dallo stesso Presidente eletto al Presidente della Repubblica, ai Presidenti delle due Camere del Parlamento ed al Presidente del Consiglio dei Ministri.
[Il Presidente rimane in carica quattro anni ed è rieleggibile.] (comma abrogato) (1)
Il Presidente, subito dopo l'insediamento nella carica, designa un giudice destinato a sostituirlo per il tempo necessario in caso di impedimento.
Comma abrogato dall'art. 7, comma 1, della legge cost. 22 novembre 1967, n. 2.
(modificato dall'art. dall'art. 27 della legge 18 marzo 1958, n. 311)
I giudici della Corte costituzionale non possono assumere o conservare altri uffici o impieghi pubblici o privati, né esercitare attività professionali, commerciali o industriali, funzioni di amministratore, o sindaco in società che abbiano fine di lucro.
Durante il periodo di appartenenza alla Corte costituzionale i giudici che siano magistrati in attività di servizio, o professori universitari, non potranno continuare nell'esercizio delle loro funzioni.
Essi saranno collocati fuori ruolo per tutto il periodo in cui restano in carica e fino a quando non raggiungano i limiti di età per essere collocati a riposo.
All'atto della cessazione dalla carica di giudici della Corte costituzionale i professori universitari ordinari vengono riammessi in ruolo in soprannumero, nella sede già occupata. Entro tre mesi dalla avvenuta riammissione in ruolo universitario possono, tuttavia, essere chiamati in soprannumero da altra Facoltà della medesima o di altra sede. In ogni caso le Facoltà possono chiedere, con il consenso degli interessati, che i professori stessi siano assegnati ad insegnamento di materia diversa ai sensi dell'art. 93, terzo e quarto comma, del testo unico sull'istruzione superiore approvato con regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592. In tal caso il Ministero della pubblica istruzione è tenuto a sentire la sezione prima del Consiglio superiore della pubblica istruzione.
I giudici della Corte costituzionale non possono far parte di commissioni giudicatrici di concorso, né ricoprire cariche universitarie e non possono essere Candidati in elezioni amministrative o politiche.
I giudici della Corte non possono svolgere attività inerente ad una associazione o partito politico.
Le domande dell'autorità competente per sottoporre a procedimento penale o procedere all'arresto di un giudice della Corte costituzionale sono trasmesse alla Corte stessa per il tramite del Ministero della giustizia.
La Corte, con il solo intervento dei giudici ordinari, pronuncia la decadenza dei cittadini eletti dal Parlamento ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 135 della Costituzione qualora gli stessi, dopo la loro elezione, vengano a perdere i requisiti per l'eleggibilità o si rendano incompatibili.
La decisione della Corte è comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento per la sostituzione.
Tutti i provvedimenti che la Corte adotta nei confronti dei giudici ordinari e dei giudici aggregati sono deliberati in Camera di consiglio ed a maggioranza dei suoi componenti. Essi devono essere motivati e sono resi pubblici nei modi disposti dall'art. 19.
(modificato dall'articolo 37, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289)
I giudici della Corte costituzionale hanno tutti egualmente una retribuzione corrispondente al più elevato livello tabellare che sia stato raggiunto dal magistrato della giurisdizione ordinaria investito delle più alte funzioni, aumentato della metà. Al Presidente è inoltre attribuita una indennità di rappresentanza pari ad un quinto della retribuzione.
Tale trattamento sostituisce ed assorbe quello che ciascuno, nella sua qualità di funzionario di Stato o di altro ente pubblico, in servizio o a riposo, aveva prima della nomina a giudice della Corte.
Ai giudici eletti a norma dell'ultimo comma dell'art. 135 della Costituzione è assegnata una indennità giornaliera di presenza pari ad un trentesimo della retribuzione mensile spettante ai giudici ordinari.
La Corte può disporre l'audizione di testimoni e, anche in deroga ai divieti stabiliti da altre leggi, il richiamo di atti o documenti.
(sostituito dall'art. 4 della legge 18 marzo 1958, n. 265)
La Corte può disciplinare l'esercizio delle sue funzioni con regolamento approvato a maggioranza dei suoi componenti. Il regolamento è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
La Corte, nei limiti di un fondo stanziato a tale scopo con legge del Parlamento, provvede alla gestione delle spese, dei servizi e degli uffici, e stabilisce, in apposita pianta organica, il numero, la qualità e gli assegni, nonché le attribuzioni, i diritti ed i doveri dei funzionari addetti a ciascun ufficio.
La Corte è competente in via esclusiva a giudicare sui ricorsi dei suoi dipendenti. (1)
Nell'ambito dei propri ordinamenti la Corte determinerà, tenendo presenti le norme vigenti per le Amministrazioni dello Stato, la composizione del Gabinetto del Presidente e delle Segreterie dei giudici, ai quali potrà essere addetto anche personale appartenente alle Amministrazioni dello Stato.
Per il Regolamento per i ricorsi in materia di impiego del personale della Corte costituzionale, si rimanda alla delibera Corte Costituzionale 24 gennaio 2018.
Le udienze della Corte costituzionale sono pubbliche, ma il Presidente può disporre che si svolgano a porte chiuse quando la pubblicità può nuocere alla sicurezza dello Stato o all'ordine pubblico o alla morale, ovvero quando avvengono, da parte del pubblico, manifestazioni che possano turbare la serenità.
I membri della Corte hanno obbligo di intervenire alle udienze quando non siano legittimamente impediti.
La Corte funziona con l'intervento di almeno undici giudici.
Le decisioni sono deliberate in camera di consiglio dai giudici presenti a tutte le udienze in cui si è svolto il giudizio e vengono prese con la maggioranza assoluta dei votanti. Nel caso di parità di voto prevale quello del Presidente, salvo quanto è stabilito nel secondo comma dell'art. 49.
Il cancelliere assiste alle sedute della Corte e stende il processo verbale sotto la direzione del Presidente.
Il processo verbale è sottoscritto da chi presiede la udienza e dal cancelliere; di esso non si dà lettura, salvo espressa istanza di parte.
La Corte giudica in via definitiva con sentenza. Tutti gli altri provvedimenti di sua competenza sono adottati con ordinanza.
I provvedimenti del Presidente sono adottati con decreto.
Le sentenze sono pronunciate in nome del popolo italiano e debbono contenere, oltre alla indicazione dei motivi di fatto e di diritto, il dispositivo, la data della decisione e la sottoscrizione dei giudici e del cancelliere.
Le ordinanze sono succintamente motivate.
Le decisioni della Corte costituzionale sono depositate nella Cancelleria della Corte e chiunque può prenderne visione ed ottenerne copia.
Nei procedimenti dinanzi alla Corte costituzionale la rappresentanza e la difesa delle parti può essere affidata soltanto ad avvocati abilitati al patrocinio innanzi alla Corte di cassazione.
Gli organi dello Stato e delle Regioni hanno diritto di intervenire in giudizio.
Il Governo, anche quando intervenga nella persona del Presidente del Consiglio dei ministri o di un Ministro a ciò delegato, è rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato o da un suo sostituto.
Gli atti del procedimento davanti alla Corte costituzionale sono esenti da tasse di ogni specie.
Nel procedimento davanti alla Corte costituzionale, salvo che per i giudizi sulle accuse di cui agli artt. 43 e seguenti, si osservano, in quanto applicabili, anche le norme del regolamento per la procedura innanzi al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale.
Norme integrative possono essere stabilite dalla Corte nel suo regolamento.
Nel corso di un giudizio dinanzi ad una autorità giurisdizionale una delle parti o il pubblico ministero possono sollevare questione di legittimità costituzionale mediante apposita istanza, indicando:
a) le disposizioni della legge o dell'atto avente forza di legge dello Stato o di una Regione, viziate da illegittimità costituzionale;
b) le disposizioni della Costituzione o delle leggi costituzionali, che si assumono violate.
L'autorità giurisdizionale, qualora il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale o non ritenga che la questione sollevata sia manifestamente infondata, emette ordinanza con la quale, riferiti i termini ed i motivi della istanza con cui fu sollevata la questione, dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso.
La questione di legittimità costituzionale può essere sollevata, di ufficio, dall'autorità giurisdizionale davanti alla quale verte il giudizio con ordinanza contenente le indicazioni previste alle lettere a) e b) del primo comma e le disposizioni di cui al comma precedente.
L'autorità giurisdizionale ordina che a cura della Cancelleria l'ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sia notificata, quando non se ne sia data lettura nel pubblico dibattimento, alle parti in causa ed al pubblico ministero quando il suo intervento sia obbligatorio, nonché al Presidente del Consiglio dei ministri od al Presidente della Giunta regionale a seconda che sia in questione una legge o un atto avente forza di legge dello Stato o di una Regione. L'ordinanza viene comunicata dal cancelliere anche ai Presidenti delle due Camere del Parlamento o al Presidente del Consiglio regionale interessato.
L'ordinanza che respinga la eccezione di illegittimità costituzionale per manifesta irrilevanza o infondatezza, deve essere adeguatamente motivata.
L'eccezione può essere riproposta all'inizio di ogni grado ulteriore del processo.
Il Presidente della Corte costituzionale, appena è pervenuta alla Corte l'ordinanza con la quale l'autorità giurisdizionale promuove il giudizio di legittimità costituzionale, ne dispone la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e, quando occorra, nel "Bollettino Ufficiale" delle Regioni interessate.
Entro venti giorni dall'avvenuta notificazione della ordinanza, ai sensi dell'art. 23, le parti possono esaminare gli atti depositati nella cancelleria e presentare le loro deduzioni.
Entro lo stesso termine, il Presidente del Consiglio dei Ministri ed il Presidente della Giunta regionale possono intervenire in giudizio e presentare le loro deduzioni.
Trascorso il termine indicato nell'articolo precedente il Presidente della Corte nomina un giudice per la istruzione e la relazione e convoca entro i successivi venti giorni la Corte per la discussione.
Qualora non si costituisca alcuna parte o in caso di manifesta infondatezza la Corte può decidere in camera di consiglio.
Le sentenze devono essere depositate in Cancelleria nel termine di venti giorni dalla decisione.
La Corte costituzionale, quando accoglie una istanza o un ricorso relativo a questioni di legittimità costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge, dichiara, nei limiti dell'impugnazione, quali sono le disposizioni legislative illegittime. Essa dichiara altresì, quali sono le altre disposizioni legislative, la cui illegittimità deriva come conseguenza dalla decisione adottata.
Il controllo di legittimità della Corte costituzionale su una legge o un atto avente forza di legge esclude ogni valutazione di natura politica e ogni sindacato sull'uso del potere discrezionale del Parlamento.
La sentenza con la quale la Corte si pronunzia sulla questione di illegittimità costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge o l'ordinanza con la quale è dichiarata la manifesta infondatezza dell'eccezione di incostituzionalità, vengono trasmesse, entro due giorni dal loro deposito in Cancelleria, unitamente agli atti, all'autorità giurisdizionale, che ha promosso il giudizio, a cura del cancelliere della Corte.
La sentenza che dichiara l'illegittimità costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge dello Stato o di una Regione, entro due giorni dal suo deposito in cancelleria, è trasmessa, di ufficio, al Ministro della giustizia od al Presidente della Giunta regionale affinché si proceda immediatamente e, comunque, non oltre il decimo giorno, alla pubblicazione del dispositivo della decisione nelle medesime forme stabilite per la pubblicazione dell'atto dichiarato costituzionalmente illegittimo.
La sentenza, entro due giorni dalla data del deposito viene, altresì, comunicata alle Camere e ai Consigli regionali interessati, affinché, ove lo ritengano necessario adottino i provvedimenti di loro competenza.
Le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione.
Quando in applicazione della norma dichiarata incostituzionale è stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, ne cessano la esecuzione e tutti gli effetti penali. (1)
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 68 del 28 gennaio - 16 aprile 2021, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma annotato, in quanto interpretato nel senso che la disposizione non si applica in relazione alla sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, disposta con sentenza irrevocabile ai sensi dell'art. 222, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada).
(sostituito dall'articolo 9, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n.131)
1. La questione di legittimità costituzionale di uno statuto regionale può, a norma del secondo comma dell'articolo 123 della Costituzione, essere promossa entro il termine di trenta giorni dalla pubblicazione.
2. Ferma restando la particolare forma di controllo delle leggi prevista dallo statuto speciale della Regione siciliana, il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della Regione, può promuovere, ai sensi dell'articolo 127, primo comma, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale della legge regionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione. (1)
3. La questione di legittimità costituzionale è sollevata, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, anche su proposta della Conferenza Stato-Città e autonomie locali, dal Presidente del Consiglio dei ministri mediante ricorso diretto alla Corte costituzionale e notificato, entro i termini previsti dal presente articolo, al Presidente della Giunta regionale.
4. Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della Corte costituzionale entro il termine di dieci giorni dalla notificazione.
La Corte costituzionale, con sentenza n. 255 del 3-13 novembre 2014, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma annotato, come sostituito dall'art. 9, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, limitatamente alle parole "Ferma restando la particolare forma di controllo delle leggi prevista dallo statuto speciale della Regione siciliana".
(modificato dall'art. 9, comma 2, della legge 5 giugno 2003, n.131)
La questione della legittimità costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge dello Stato può essere promossa dalla Regione che ritiene dalla legge o dall'atto invasa la sfera della competenza assegnata alla Regione stessa dalla Costituzione e da leggi costituzionali.
La questione di legittimità costituzionale, previa deliberazione della Giunta regionale, anche su proposta del Consiglio delle autonomie locali, è promossa dal Presidente della Giunta mediante ricorso diretto alla Corte costituzionale e notificato al Presidente del Consiglio dei ministri entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell'atto impugnati.
Si applica l'ultimo comma dell'articolo precedente.
(modificato dall'art. 9, comma 3, della legge 5 giugno 2003, n.131)
La questione di legittimità costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge di una Regione può essere, a norma dell'articolo 127, secondo comma, della Costituzione, promossa da un'altra Regione che ritenga da quella legge invasa la sfera della sua competenza.
La questione, previa deliberazione della Giunta regionale, è promossa dal Presidente della Giunta mediante ricorso diretto alla Corte costituzionale e notificato, entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione della legge, al Presidente della Giunta della Regione di cui si impugna la legge ed al Presidente del Consiglio dei Ministri.
Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della Corte costituzionale entro il termine di dieci giorni dall'ultima notificazione.
I ricorsi che promuovono le questioni di legittimità costituzionale, a norma degli articoli 31, 32 e 33 devono contenere le indicazioni di cui al primo comma dell'art. 23.
Si osservano, per quanto applicabili, le disposizioni contenute negli articoli 23, 25 e 26.
(sostituito dall'art. 9, comma 4, della legge 5 giugno 2003, n.131)
1. Quando è promossa una questione di legittimità costituzionale ai sensi degli articoli 31, 32 e 33, la Corte costituzionale fissa l'udienza di discussione del ricorso entro novanta giorni dal deposito dello stesso. Qualora la Corte ritenga che l'esecuzione dell'atto impugnato o di parti di esso possa comportare il rischio di un irreparabile pregiudizio all'interesse pubblico o all'ordinamento giuridico della Repubblica, ovvero il rischio di un pregiudizio grave ed irreparabile per i diritti dei cittadini, trascorso il termine di cui all'articolo 25, d'ufficio può adottare i provvedimenti di cui all'articolo 40. In tal caso l'udienza di discussione è fissata entro i successivi trenta giorni e il dispositivo della sentenza è depositato entro quindici giorni dall'udienza di discussione.
Le disposizioni del presente capo, come pure quelle dell'art. 20, si osservano anche, per quanto applicabili nei casi di impugnazione previsti dagli articoli 82 e 83 della legge costituzionale 28 febbraio 1948, n. 5, concernente lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige.
Quanto vi è disposto riguardo alla Regione ed ai suoi organi, vale analogamente per la Provincia ed i suoi organi quando sia interessata una delle due Province nella Regione.
Il conflitto tra poteri dello Stato è risoluto dalla Corte costituzionale se insorge tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono e per la delimitazione della sfera di attribuzioni determinata per i vari poteri da norme costituzionali.
Restano ferme le norme vigenti per le questioni di giurisdizione.
La Corte decide con ordinanza in camera di consiglio sulla ammissibilità del ricorso.
Se la Corte ritiene che esiste la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza dichiara ammissibile il ricorso e ne dispone la notifica agli organi interessati.
Si osservano in quanto applicabili le disposizioni degli articoli 23, 25 e 26.
Salvo il caso previsto nell'ultimo comma dell'art. 20, gli organi interessati, quando non compaiano personalmente, possono essere difesi e rappresentati da liberi professionisti abilitati al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori.
La Corte costituzionale risolve il conflitto sottoposto al suo esame dichiarando il potere al quale spettano le attribuzioni in contestazione e, ove sia stato emanato un atto viziato da incompetenza, lo annulla.
Vedi l'art. 9, commi 5 e 6 della legge 5 giugno 2003, n. 131: "Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3".
Se la Regione invade con un suo atto la sfera di competenza assegnata dalla Costituzione allo Stato ovvero ad un'altra Regione, lo Stato o la Regione rispettivamente interessata possono proporre ricorso alla Corte costituzionale per il regolamento di competenza. Del pari può produrre ricorso la Regione la cui sfera di competenza costituzionale sia invasa da un atto dello Stato.
Il termine per produrre ricorso è di sessanta giorni a decorrere dalla notificazione o pubblicazione ovvero dall'avvenuta conoscenza dell'atto impugnato. (1)
Il ricorso è proposto per lo Stato dal Presidente del Consiglio dei ministri o da un Ministro da lui delegato e per la Regione dal Presidente della Giunta regionale in seguito a deliberazione della Giunta stessa.
Il ricorso per regolamento di competenza deve indicare come sorge il conflitto di attribuzione e specificare l'atto dal quale sarebbe stata invasa la sfera di competenza, nonché le disposizioni della Costituzione e delle leggi costituzionali che si ritengono violate.
La Corte costituzionale, con sentenza 12-15/12/1967, n. 154, ha stabilito che il termine per produrre ricorso per conflitto di attribuzione, decorre dalla comunicazione o conoscenza della richiesta governativa di riesame di una legge regionale.
L'esecuzione degli atti che hanno dato luogo al conflitto di attribuzione fra Stato e Regione ovvero fra Regioni può essere in pendenza del giudizio, sospesa per gravi ragioni, con ordinanza motivata, dalla Corte.
Si osservano per i ricorsi per regolamento di competenza indicati nei precedenti articoli le disposizioni degli articoli 23, 25, 26 e 38, in quanto applicabili.
Le disposizioni di questa sezione che riguardano la Regione ed i suoi organi si osservano anche, in quanto applicabili, per le due Province della Regione Trentino-Alto Adige.
CAPO IV
GIUDIZI SULLE ACCUSE CONTRO IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI ED I MINISTRI (1)
Il Capo annotato è stato abrogato dall'art. 35 della legge 25 gennaio 1962, n. 20.
(abrogato dall'art. 35 della legge 25 gennaio 1962, n. 20)
[La deliberazione con la quale il Parlamento mette in stato d'accusa il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio dei Ministri, o i Ministri, è presa a norma dell'art. 90 della Costituzione e a scrutinio segreto.
L'atto di accusa deve contenere l'indicazione degli addebiti e delle prove su cui l'accusa si fonda.
Il Presidente della Camera dei deputati, entro due giorni dalla deliberazione del Parlamento, trasmette l'atto di accusa al Presidente della Corte costituzionale.
Il Presidente della Corte dispone che entro due giorni dalla ricezione dell'atto esso sia notificato all'accusato.
La Corte può conoscere per connessione i reati non compresi nell'atto di accusa da chiunque commessi, salva la facoltà di ordinare la separazione dei procedimenti.]
(abrogato dall'art. 35 della legge 25 gennaio 1962, n. 20)
[Il Presidente della Corte costituzionale nomina un giudice per la istruzione e per la relazione; provvede, altresì, alla nomina del difensore di ufficio ove l'imputato non abbia un difensore di fiducia.
Quando è in stato di accusa il Presidente della Repubblica, all'interrogatorio e all'istruzione provvede il Presidente della Corte costituzionale.]
(abrogato dall'art. 35 della legge 25 gennaio 1962, n. 20)
[La Corte può, di ufficio, adottare i provvedimenti cautelari personali o reali che riterrà opportuni.
La Corte dispone, altresì, la sospensione dalla carica.]
(abrogato dall'art. 35 della legge 25 gennaio 1962, n. 20)
[Chiusa l'istruttoria, il Presidente fissa nel termine non inferiore a venti giorni la data del dibattimento e dispone che per quella data siano convocati i giudici ordinari aggregati e ordina che il decreto sia notificato all'accusato e al suo difensore.]
(abrogato dall'art. 35 della legge 25 gennaio 1962, n. 20)
[I giudici aggregati prestano, nelle mani del Presidente della Corte costituzionale, giuramento con la formula prescritta dall'art. 5.
Il giuramento non è ripetuto se sia stato già prestato in occasione di un precedente giudizio.
Prima dell'inizio delle formalità di apertura del dibattimento i giudici ordinari ed aggregati possono presentare istanza motivata con la quale chiedono di astenersi dal giudizio e possono essere ricusati con istanza motivata dell'accusato o del suo difensore ovvero dei commissari nominati dal Parlamento per sostenere la accusa.
La Corte decide immediatamente sulla richiesta di astensione o sulla ricusazione senza l'intervento dei giudici, cui la astensione o la ricusazione si riferiscono.]
(abrogato dall'art. 35 della legge 25 gennaio 1962, n. 20)
[Ai giudizi di accusa contro il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri partecipano tutti i giudici della Corte, ordinari e aggregati, che non siano legittimamente impediti.
Il collegio giudicante deve, in ogni caso, essere costituito da almeno ventuno giudici, dei quali i giudici aggregati devono essere in maggioranza.
Il giudice, che non sia intervenuto ad una udienza, non può partecipare alle udienze successive.
Chiuso il dibattimento, la Corte si riunisce in Camera di consiglio senza interruzione con la presenza dei giudici ordinari ed aggregati presenti a tutte le udienze in cui si è svolto il giudizio.]
(abrogato dall'art. 35 della legge 25 gennaio 1962, n. 20)
[Il Presidente formula separatamente per ogni accusato e per ogni capo d'imputazione le questioni di fatto e di diritto; dopo che queste sono state discusse e votate, formula, ove ne sia il caso, le questioni sulla applicazione della pena; le mette in discussione e le fa votare. Nelle votazioni, il Presidente raccoglie i voti cominciando dal giudice meno anziano e vota per ultimo. Nessuno dei votanti può esprimere per iscritto i motivi del proprio voto. Non sono ammesse astensioni dal voto.
In caso di parità di voti prevale l'opinione più favorevole all'accusato.
Il dispositivo della sentenza è letto dal Presidente in pubblica udienza.
La sentenza è depositata in cancelleria ed è trasmessa al Ministero di grazia e giustizia per la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.]
(abrogato dall'art. 35 della legge 25 gennaio 1962, n. 20)
[La sentenza è irrevocabile, ma può essere sottoposta a revisione con ordinanza della Corte se dopo la condanna sopravvengono o si scoprono nuovi fatti o nuovi elementi di prove che rendono evidente che il fatto non sussiste o che il condannato non lo ha commesso.]
(abrogato dall'art. 35 della legge 25 gennaio 1962, n. 20)
[L'azione civile derivante dal fatto che forma oggetto del giudizio di accusa è esercitata davanti all'autorità giudiziaria ordinaria dopo la definizione del giudizio dinanzi alla Corte costituzionale.]
(abrogato dall'art. 35 della legge 25 gennaio 1962, n. 20)
[Nei giudizi di accusa contro il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri si osservano, in quanto non è diversamente disposto, le norme dei Codici penale e di procedura penale.]
(abrogato dall'art. 35 della legge 25 gennaio 1962, n. 20)
[La Presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.]
DISPOSIZIONI TRANSITORIE
I.
La Corte si costituisce per la prima volta entro due mesi dalla pubblicazione della presente legge. A tal fine le supreme magistrature ordinaria ed amministrativa, il Parlamento ed il Presidente della Repubblica procedono alle nomine dei giudici di rispettiva competenza. Le nomine dei giudici di competenza delle supreme magistrature ordinaria ed amministrativa, devono essere fatte entro un mese e quelle di competenza del Parlamento entro quarantacinque giorni dalla pubblicazione della presente legge. I nomi degli eletti delle supreme magistrature ordinaria ed amministrativa vengono immediatamente comunicati dal presidente di ciascun collegio ai Presidenti delle due Camere del Parlamento ed al Presidente della Repubblica. I nomi degli eletti dal Parlamento vengono immediatamente comunicati al Presidente della Repubblica. Il Presidente della Repubblica, con suo decreto da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, convoca i giudici.
Nello stesso termine stabilito dal comma precedente il Parlamento elegge i membri della Corte preveduti dall'ultimo comma dell'art. 135 della Costituzione.
II.
Per promuovere l'azione di legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge e per impugnare atti pubblicati anteriormente alla formazione della Corte costituzionale i termini stabiliti decorrono dalla data del decreto del Presidente della Repubblica, che fissa la prima adunanza della Corte.
III.
La Corte, fino all'approvazione della pianta organica di cui all'art. 14, si avvale di funzionari messi a disposizione dall'Amministrazione dello Stato.
IV.
Il Ministro per il tesoro è autorizzato a provvedere, con suo decreto, alle variazioni di bilancio occorrenti per l'attuazione della presente legge.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica Italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addì 11 marzo 1953
EINAUDI
DE GASPERI - ZOLI -
PELLA
Visto, il Guardasigilli: ZOLI