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LEGGE 4 luglio 1967, n. 580

G.U.R.I. 29 luglio 1967, n. 189

Disciplina per la lavorazione e commercio dei cereali, degli sfarinati, del pane e delle paste alimentari.

TESTO COORDINATO (al D.P.R. 9 febbraio 2001, n. 187 e con annotazioni alla data 30 novembre 1998)

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

PROMULGA

la seguente legge:

TITOLO I

CEREALI

Art. 1

E' vietato passare in macinazione cereali avariati per eccesso di umidità o per altra causa.

Art. 2

Possono essere passati in macinazione soltanto se sottoposti a prepulitura in impianti dotati di attrezzatura che consenta di liberarli dalle impurezze allo scopo di renderli idonei alla alimentazione umana, i cereali che presentano una delle seguenti caratteristiche:

a) contenenti sostanze estranee che ne alterino le caratteristiche o semi di specie che rendano le farine nocive alla salute o che diano prodotti di odore o sapore cattivo, come: il loglio (Lolium temulentum), il gittaione (Agrostemma Githago), il melampiro (Melampyrum pratense seu arvense), la trigonella (Trigonella foenum graecum);

b) invasi da crittogame, come: la carie (Tilletia spp.), il carbone (Ustilago spp.), la segale cornuta (Claviceps purpurea);

c) invasi da parassiti animali.

Art. 3

I cereali di cui all'articolo 1, nonchè quelli non idonei all'alimentazione umana, ove non possano essere utilizzati per l'alimentazione del bestiame, possono essere destinati a scopi industriali diversi dalla macinazione, a giudizio dell'autorità sanitaria competente per territorio, che provvederà al controllo delle operazioni di trasferimento e di utilizzazione.

Art. 4

I locali adibiti a deposito di cereali destinati alla produzione di sfarinati o ad altri scopi alimentari devono garantire la buona conservazione dei cereali stessi. Le caratteristiche alle quali devono corrispondere i vari tipi di depositi, anche ai fini del rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 2 della legge 30 aprile 1962, n. 283, verranno stabilite con il regolamento di esecuzione della presente legge, previsto dal successivo articolo 53.

Art. 5

Il trattamento dei cereali allo scopo di prevenire od eliminare le infestazioni dei parassiti animali o vegetali può essere fatto soltanto con prodotti all'uopo autorizzati dal Ministero della sanità, ai sensi dell'articolo 4 della legge 26 febbraio 1963, n. 441, e con l'osservanza di quanto per ognuno di essi è stabilito dall'articolo 5, lettera h), della legge 30 aprile 1962, n. 283.

TITOLO II

SFARINATI

Art. 6

(sostituito dall'art. 22 del D.L.vo 27 gennaio 1992, n. 109 e abrogato dall'art. 14, comma 1, lett. a), del D.P.R. 9 febbraio 2001, n. 187)

[1. E' denominata "farina di grano tenero" il prodotto ottenuto dalla macinazione e conseguente abburattamento del grano tenero liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità.]

Art. 7

(abrogato dall'art. 14, comma 1, lett. a), del D.P.R. 9 febbraio 2001, n. 187)

[Le farine di grano tenero destinate al commercio possono essere prodotte soltanto nei tipi e con le caratteristiche seguenti:

                                       Su cento parti di sostanza secca
                          Umidità                                Glutine
TIPO E DENOMINAZIONE      massima     Ceneri      Cellulosa       secco
                         per cento    massimo      massimo        minimo
Farina tipo 00             14,50       0,50             -             7
Farina tipo 0              14,50       0,65          0,20             9
Farina tipo 1              14,50       0,80          0,30            10

La "farina tipo 00" può essere prodotta anche sotto forma di sfarinato granulare (granito).

Nella "farina tipo 1" le ceneri non possono contenere più dello 0,3 per cento di parte insolubile in acido cloridrico.

E' consentita la produzione di farina denominata "farina integrale", avente le seguenti caratteristiche: umidità massima per cento 14,50 e, su cento parti di sostanza secca, ceneri minimo 1,40, ceneri massimo 1,60, cellulosa massimo 1,60, glutine secco minimo 10.

E', altresì, consentita la produzione di farina denominata "farina tipo 2", purchè ottenuta nel molino con miscela di prodotti della macinazione del grano tenero, avente le seguenti caratteristiche: umidità massima per cento 14,50 e, su cento parti di sostanza secca, ceneri massimo 0,95, cellulosa massimo 0,50, glutine secco minimo 10.

E' tollerata l'immissione al consumo di farine con tenore di umidità fino al massimo del 15,50 per cento, con diminuzione proporzionale del prezzo, sempre che il maggior grado di umidità, rispetto al limite massimo del 14,50 per cento stabilito nella tabella, risulti indicato sul cartellino o sugli involucri di cui al successivo articolo 13.]

Art. 8

(abrogato dall'art. 14, comma 1, lett. a), del D.P.R. 9 febbraio 2001, n. 187)

[E' denominato "semola di grano duro", o semplicemente "semola", il prodotto granulare a spigolo vivo ottenuto dalla macinazione e conseguente abburattamento del grano duro, liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità.

E' denominato "semolato di grano duro", o semplicemente "semolato", il prodotto ottenuto dalla macinazione e conseguente abburattamento del grano duro liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità, dopo l'estrazione della semola.]

Art. 9

(abrogato dall'art. 14, comma 1, lett. a), del D.P.R. 9 febbraio 2001, n. 187)

[Gli sfarinati di grano duro destinati al commercio possono essere prodotti soltanto nei tipi e con le caratteristiche seguenti:

 Su cento parti di sostanza secca TIPO E Umidità Ceneri Cellulosa Sostanze DENOMI- massima azotate NAZIONE per cento minimo massimo minimo massimo (azoto x 5,70) mimino Semola (*) 14,50 0,70 0,85 0,20 0,45 10,50 Semolato 14,50 0,90 1,20 - 0,85 11,50
(*) Valore granulometrico alla prova di stacciatura:

Passaggio staccio con maglie di millimetri 0,187 di luce, massimo 10 per cento.

La prova di stacciatura per la rilevazione del valore granulometrico previsto nella tabella per la semola, è eseguita secondo le modalità da stabilirsi con il regolamento.

E' consentita la produzione di semola e semolato rimacinati, da destinare esclusivamente alla panificazione; tale produzione non è soggetta al rispetto del valore granulometrico di cui sopra.

E' consentita altresì la produzione di farina di grano duro, da destinare esclusivamente alla panificazione, avente un contenuto in ceneri minimo 1,35 e massimo 1,60, cellulosa massimo 1, sostanze azotate (azoto x 5,70) minimo 11,50, su cento parti di sostanza secca.

E' tollerata l'immissione al consumo di sfarinati di grano duro con tenore di umidità fino al massimo del 15,50 per cento, con diminuzione proporzionale del prezzo, sempre che il maggiore grado di umidità, rispetto al limite massimo del 14,50 per cento stabilito nella tabella, risulti indicato sul cartellino o sugli involucri di cui al successivo articolo 13.]

Art. 10

(abrogato dall'art. 14, comma 1, lett. a), del D.P.R. 9 febbraio 2001, n. 187)

[E' vietata l'aggiunta di sostanze organiche ed inorganiche di qualsiasi natura, nonchè qualsiasi trattamento degli sfarinati con agenti fisici o chimici, salvi i competenti provvedimenti del Ministero della sanità, emanati a norma della legge 30 aprile 1962, n. 283.]

Art. 11

(abrogato dall'art. 14, comma 1, lett. a), del D.P.R. 9 febbraio 2001, n. 187)

[Le farine di cereali diversi dal grano, se miscelate con sfarinati di grano in qualsiasi proporzione, devono essere poste in vendita con la chiara indicazione della denominazione di cereale da cui proviene la farina miscelata con quella di grano.]

Art. 12

(abrogato dall'art. 14, comma 1, lett. a), del D.P.R. 9 febbraio 2001, n. 187)

[E' vietato vendere, detenere per vendere, nonchè impiegare per la panificazione, pastificazione, o altri usi alimentari, sfarinati aventi caratteristiche diverse da quelle stabilite con la presente legge.

E' altresì vietato vendere, detenere per vendere, nonchè impiegare per la panificazione, pastificazione o altri usi alimentari, sfarinati comunque alterati, adulterati, sofisticati o invasi da parassiti animali o vegetali.]

Art. 13

(abrogato dall'art. 14, comma 1, lett. a), del D.P.R. 9 febbraio 2001, n. 187)

[Gli sfarinati, da chiunque prodotti e commerciati, devono, all'atto dell'immissione in commercio, essere contenuti in sacchi recanti un sigillo, che identifichi l'impresa molitrice ed un cartellino che ne indichi il nome o la ragione sociale e la sede, la sede dello stabilimento e il tipo dello sfarinato, indicandolo con le sole denominazioni di cui agli articoli 7, 9 e 11, nonchè la data di macinazione.

Gli sfarinati di grano duro, destinati alla panificazione, previsti al terzo e quarto comma del precedente articolo 9, devono essere posti in commercio con l'indicazione suppletiva sul cartellino "solo per panificazione".

Qualora si adoperino, per contenimento degli sfarinati, sacchi di carta o di altro materiale rispondente alle norme igienico-sanitarie, con chiusura automatica a valvola che corrisponde a sigillo, è consentito di sostituire il cartellino di cui al primo comma del presente articolo, con l'apposizione a stampa sui sacchi stessi delle indicazioni prescritte. La consegna delle farine o delle semole in carri cisterna alla rinfusa e il loro deposito e conservazione presso gli utilizzatori avranno luogo con l'osservanza delle disposizioni che saranno emanate dal Ministro per l'agricoltura e foreste, di concerto con il Ministro per l'industria, per il commercio e per l'artigianato e con il Ministro per la sanità.

Gli sfarinati acquistati in sacchi originali possono essere riconfezionati e posti in commercio, sempre che le nuove confezioni rechino all'esterno, con scritte a stampa, oltre al peso netto, le indicazioni del tipo previste dalla presente legge, il nome e l'indirizzo del confezionatore.]

TITOLO III

PANE

Art. 14

(sostituito dall'art. 22, comma 2, del D.L.vo 27 gennaio 1992, n. 109 e dall'art. 44 della legge 22 febbraio 1994, n. 146)

1. E' denominato "pane" il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta convenientemente lievitata, preparata con sfarinati di grano, acqua e lievito, con o senza aggiunta di sale comune (cloruro di sodio).

2. Il prodotto di cui al comma 1 ottenuto da una cottura parziale, se destinato al consumatore finale deve essere contenuto in imballaggi singolarmente preconfezionati recanti in etichetta le indicazioni previste dalle disposizioni vigenti e, in modo evidente, la denominazione "pane" completata dalla menzione "parzialmente cotto" o altra equivalente, nonchè l'avvertenza che il prodotto deve essere consumato previa ulteriore cottura e l'indicazione delle relative modalità della stessa.

3. Nel caso di prodotto surgelato, oltre a quanto previsto dal comma 2, l'etichetta dovrà riportare le indicazioni previste dalla normativa vigente in materia di prodotti alimentari surgelati, nonchè la menzione "surgelato".

4. Il pane ottenuto mediante completamento di cottura di pane parzialmente cotto, surgelato o non, deve essere distribuito e messo in vendita, previo confezionamento ed etichettature riportanti le indicazioni previste dalla normativa vigente in materia di prodotti alimentari, in comparti separati dal pane fresco e con le necessarie indicazioni per informare il consumatore sulla natura del prodotto.

5. Per il prodotto non destinato al consumatore finale si applicano le norme stabilite dall'art. 17 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109. (1)

(1)

Vedi gli artt. 1, 2, 3 e 4 del D.P.R. 30 novembre 1998, n. 502: "Regolamento recante norme per la revisione della normativa in materia di lavorazione e di commercio del pane, a norma dell'articolo 50 della legge 22 febbraio 1994, n. 146".

Art. 15

Gli sfarinati impiegati per la produzione del pane destinato alla vendita al pubblico devono corrispondere ai tipi ed alle caratteristiche di cui agli articoli 7, 9 e 11.

Art. 16

(modificato dall'art. 22, comma 3, del D.L.vo 27 gennaio 1992, n. 109)

Il contenuto in acqua del pane a cottura completa, qualunque sia il tipo di sfarinato impiegato nella produzione del medesimo, con la sola eccezione del pane prodotto con farina integrale, per il quale è consentito un aumento del 2 per cento, è stabilito come appresso:


pezzature      sino    a     70 grammi, massimo 29%
    "          da 100  a    250 grammi, massimo 31%
    "          da 300  a    500 grammi, massimo 34%
    "          da 600  a  1.000 grammi, massimo 38%
    "          oltre i    1.000 grammi, massimo 40%

Per le pezzature di peso intermedio tra quelle sopra indicate il contenuto massimo in acqua è quello che risulta dalla interpolazione fra i due valori-limite.

Le altre caratteristiche analitiche del pane devono identificarsi con quelle degli sfarinati con i quali il pane è stato prodotto. E' tollerata una maggiorazione di 0,05 sul contenuto in ceneri, rispetto a quello degli sfarinati impiegati nella produzione del pane. (1)

Art. 17

Il pane prodotto con farina di grano tenero avente le caratteristiche del tipo 00 è denominato "pane di tipo 00".

Il pane prodotto con farina di grano tenero avente le caratteristiche del tipo 0 è denominato "pane di tipo 0".

Il pane prodotto con farina di grano tenero avente le caratteristiche del tipo 1 è denominato "pane di tipo 1".

Il pane prodotto con farina di grano tenero avente le caratteristiche del tipo 2 è denominato "pane di tipo 2".

Il pane prodotto con farina integrale è denominato "pane di tipo integrale".

Il pane prodotto con semola o con semolato di grano duro, ovvero con rimacine di semola o semolato, è denominato rispettivamente "pane di semola" e "pane di semolato".

Nei locali di vendita i vari tipi di pane devono essere collocati in scomparti o recipienti separati, recanti un cartellino con l'indicazione del tipo di pane e del relativo prezzo.

Art. 18

[Nella produzione del pane è vietato aggiungere ingredienti estranei, salvo quanto disposto negli articoli seguenti e salvi i competenti provvedimenti del Ministro per la sanità, emanati a norma della legge 30 aprile 1962, n. 283.] (comma abrogato) (1)

E' altresì vietata, nella produzione del pane, l'utilizzazione nell'impasto di residui di pane.

(1)

Comma abrogato dall'art. 10, comma 1, lett. a), del D.P.R. 30 novembre 1998, n. 502.

Art. 19

(abrogato dall'art. 10, comma 1, lett. a), del D.P.R. 30 novembre 1998, n. 502)

[Nella produzione del pane è altresì consentito l'impiego di:

a) farina di cereali maltati, che abbiano un potere diastasico, determinato secondo il metodo Pollak, non inferiore a 6.500 unità su sostanza secca;

b) estratti di malto, che abbiano un potere diastasico, determinato secondo il metodo Pollak, non inferiore a 4.500 unità, ed abbiano le caratteristiche che verranno precisate nel regolamento;

c) alfa amilasi e beta amilasi.

Per esigenze tecniche di produzione di particolari forme di pane normale, è ammessa la spalmatura con uno dei grassi previsti dal primo comma del successivo articolo 20.

L'esercizio degli stabilimenti o laboratori di produzione delle sostanze di cui al presente articolo è subordinato all'autorizzazione prevista dall'articolo 2 della legge 30 aprile 1962, n. 283.

Le sostanze stesse debbono essere poste in commercio in confezioni originali chiuse.]

Art. 20

(abrogato dall'art. 10, comma 1, lett. a), del D.P.R. 30 novembre 1998, n. 502)

[Nella confezione dei pani speciali è consentito l'impiego di burro, olio di oliva - in tutti i tipi ammessi dalle leggi vigenti, escluso l'olio di sansa di oliva rettificato - e strutto, sia come tali che sotto forma di emulsionati, nonchè latte e polvere di latte, mosto d'uva, zibibbo ed altre uve passe, fichi, olive, anice, origano, cumino, sesamo, malto, saccarosio e destrosio.

Il pane speciale con l'aggiunta di grassi deve contenere non meno del 4,5 per cento di sostanza grassa totale riferita a sostanza secca.

Il pane speciale al malto deve contenere non meno del 7 per cento di zuccheri riduttori, espressi in maltosio, riferito a sostanza secca.

Il pane speciale deve essere posto in vendita con diciture che indichino l'ingrediente aggiunto. Nel caso che più ingredienti siano stati aggiunti, le diciture devono indicare questi in ordine decrescente di quantità presente riferita a peso. E' vietata la vendita di pane speciale con la generica denominazione di pane condito, ingrassato o migliorato.

Il pane speciale deve essere tenuto, nei locali di vendita, in scaffali separati, forniti di cartelli recanti la dicitura di cui al precedente comma.

L'impiego di ingredienti diversi da quelli indicati nel presente articolo deve essere autorizzato con decreto del Ministro per la sanità, di concerto con i Ministri per l'agricoltura e foreste e per l'industria, il commercio e per l'artigianato; nel decreto sono stabilite le norme e le modalità per l'impiego e, al caso, per la produzione ed il commercio degli ingredienti autorizzati.]

Art. 21

I prodotti ottenuti dalla cottura di impasti preparati con farine alimentari, anche se miscelate con sfarinati di grano, devono essere posti in vendita con l'aggiunta alla denominazione "pane" della specificazione del vegetale da cui proviene la farina impiegata.

Nella produzione dei tipi di pane di cui al precedente comma possono essere aggiunti gli ingredienti indicati nell'articolo 20. (1)

(1)

Vedi gli artt. 1, 2, 3 e 4 del D.P.R. 30 novembre 1998, n. 502: "Regolamento recante norme per la revisione della normativa in materia di lavorazione e di commercio del pane, a norma dell'articolo 50 della legge 22 febbraio 1994, n. 146".

Art. 22

(abrogato dall'art. 10, comma 1, lett. a), del D.P.R. 30 novembre 1998, n. 502)

[E' denominato "grissino" il pane a forma di bastoncino ottenuto dalla cottura di una pasta lievitata, preparata con farina di grano tenero di tipo 0 o di tipo 00, acqua e lievito con o senza sale.

E' consentita la produzione di grissini speciali, preparati con gli stessi ingredienti previsti per il pane speciale dal precedente articolo 20, nonchè con i grassi alimentari industriali ammessi dalla legge.

Le caratteristiche degli ingredienti aggiunti devono corrispondere a quelle previste dagli articoli 19, 20 e 21 ed i grissini preparati con detti ingredienti devono essere posti in vendita secondo le modalità indicate nel precedente articolo 20.

Sulle confezioni sigillate devono essere indicati gli ingredienti, in ordine decrescente di quantità presente riferita a peso.

In caso di vendita allo stato sfuso, tali indicazioni devono essere riportate sul contenitore con apposito cartellino indicante il prodotto.]

Art. 23

Il pane deve essere venduto a peso.

Art. 24

La vendita al pubblico del pane di qualsiasi tipo e specie può essere esercitata solo dagli esercizi che abbiano ottenuto la prescritta licenza di commercio, nella quale la voce "pane" sia indicata in modo specifico.

Fanno eccezione i grissini confezionati all'origine in involucri chiusi e sigillati e venduti in tali confezioni al consumatore.

[Le imprese con rivendita di pane non annessa al panificio sono tenute a farsi rilasciare dai produttori una distinta per ogni quantitativo e tipo di pane fornito, con l'indicazione dell'indirizzo della ditta produttrice, della data di consegna, del tipo e della quantità del pane consegnato.] (comma abrogato)

[Tali distinte debbono essere tenute nella rivendita a disposizione degli agenti di sorveglianza fino ad esaurimento della vendita del pane cui si riferiscono.] (comma abrogato)

Art. 25

Gli esercizi, che vendono il pane promiscuamente ad altri generi, devono disporre, per il pane, di apposite attrezzature, distinte da quelle adibite alla vendita degli altri generi.

[Gli esercizi di cui al precedente comma sono sottoposti alle prescrizioni igienico-sanitarie che saranno stabilite dal regolamento.] (comma abrogato)

Art. 26

Il trasporto del pane dal luogo di lavorazione all'esercizio di vendita, a pubblici esercizi o a comunità deve essere effettuato in recipienti lavabili e muniti di copertura a chiusura, in modo che il pane risulti al riparo dalla polvere e da ogni altra causa di insudiciamento.

E' vietata la vendita del pane in forma ambulante e nei pubblici mercati, fatta eccezione per quelli coperti, purchè vi siano le garanzie di cui agli articoli precedenti.

Art. 27

E' vietato vendere o detenere per vendere pane alterato, adulterato, sofisticato o infestato da parassiti animali o vegetali.

TITOLO IV

PASTA

Art. 28

(abrogato dall'art. 14, comma 1, lett. a), del D.P.R. 9 febbraio 2001, n. 187)

[Sono denominati "pasta di semola di grano duro" e "pasta di semolato di grano duro" i prodotti ottenuti dalla trafilazione, laminazione e conseguente essiccamento di impasti preparati rispettivamente ed esclusivamente: a) con semola di grano duro ed acqua; b) con semolato di grano duro ed acqua.]

Art. 29

(abrogato dall'art. 14, comma 1, lett. a), del D.P.R. 9 febbraio 2001, n. 187)

[La pasta destinata al commercio può essere prodotta soltanto nei tipi e con le caratteristiche seguenti:

 Umidità Su cento parti di sostanza secca Acidità TIPO E massima Ceneri Cellulosa Sostanze espressa DENOMINAZIONE per azotate in gradi cento minimo massimo minimo massimo (azoto massimo x 5,70) (*) mimino Pasta di semola di grano duro 12,50 0,70 0,85 0,20 0,45 10,50 4 Pasta di semola- to di grano duro 12,50 0,90 1,20 - 0,85 11,50 5

(*) Il grado di acidità è espresso dal numero di centimetri cubici di soluzione alcalina normale occorrente per neutralizzare grammi 100 di sostanza secca.]

Art. 30

(abrogato dall'art. 14, comma 1, lett. a), del D.P.R. 9 febbraio 2001, n. 187)

[E' consentita la produzione di paste speciali contenenti vari ingredienti alimentari. Tali ingredienti debbono essere autorizzati con decreto del Ministro per la sanità, di concerto con i Ministri per l'agricoltura e foreste e per l'industria, per il commercio e per l'artigianato. Nel decreto sono stabilite le norme e le modalità per l'impiego e, al caso, per la produzione, il commercio, la conservazione e, ove necessario, la prescrizione della data di fabbricazione e la durata di conservabilità degli ingredienti autorizzati.

Le paste speciali devono essere prodotte esclusivamente con semola; tali paste devono essere poste in commercio con la denominazione "pasta di semola di grano duro", seguita dalla specificazione degli ingredienti aggiunti.

Sulle confezioni devono essere indicati gli ingredienti in ordine decrescente di quantità presente riferita a peso e gli estremi del decreto di autorizzazione degli ingredienti stessi.

Per le paste con l'aggiunta di carne devono essere indicate sull'involucro o recipiente che le contiene anche la data di fabbricazione, la durata di conservabilità e le modalità di conservazione.]

Art. 31

(abrogato dall'art. 14, comma 1, lett. a), del D.P.R. 9 febbraio 2001, n. 187)

[La pasta con l'impiego di uova deve essere prodotta esclusivamente con semola e con l'aggiunta di almeno 4 uova intere di gallina, prive di guscio, per un peso complessivo non inferiore a grammi 200 di uova per ogni chilogrammo di semola.

La pasta prodotta con impiego di uova deve essere posta in commercio con la sola denominazione di "pasta all'uovo" e deve avere le seguenti caratteristiche:

                 Su cento parti in sostanza secca              Acidità
UMIDITA'     Ceneri         Cellulosa         Sostanze         espressa
MASSIMA                                       azotate          in gradi
PER       minimo massimo  minimo massimo   (azoto x 5,70)      massimo
CENTO                                          mimino            (*)
 12,50     0,85   1,05     0,20     0,45        12,50             5

(*) Il grado di acidità è espresso dal numero di centimetri cubici di soluzione alcalina normale, occorrente per neutralizzare grammi 100 di sostanza secca.

L'estratto etereo e l'estratto alcoolico non devono risultare inferiori rispettivamente a grammi 2,80 e a grammi 4,00, riferiti a cento parti di sostanza secca. Il contenuto degli steroli non deve risultare inferiore a grammi 0,15, sempre riferiti a cento parti di sostanza secca.]

Art. 32

(abrogato dall'art. 14, comma 1, lett. a), del D.P.R. 9 febbraio 2001, n. 187)

[E' consentita la produzione di paste dietetiche autorizzata ai sensi della legge 29 marzo 1951, n. 327, e del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1953, n. 578, concernenti la produzione e il commercio dei prodotti dietetici.]

Art. 33

(abrogato dall'art. 14, comma 1, lett. a), del D.P.R. 9 febbraio 2001, n. 187)

[E' consentita la produzione di paste alimentari fresche.

Nella produzione di tali paste devono essere osservate le prescrizioni stabilite nei precedenti articoli per le paste alimentari secche, salvo che per l'umidità. L'acidità non deve superare il limite di gradi 6; per la pasta alimentare fresca con l'aggiunta di carne il limite massimo di acidità è stabilito in gradi 7.

E' consentito l'uso delle farine di grano tenero.

La pasta fresca all'uovo deve essere prodotta esclusivamente con uova fresche.

Il limite di umidità è stabilito nel 30 per cento per le paste alimentari fresche, poste in vendita in confezioni sigillate, che siano realizzate sotto vuoto o sterilizzate, in banda stagnata o formata di materia plastica.]

Art. 34

(abrogato dall'art. 14, comma 1, lett. a), del D.P.R. 9 febbraio 2001, n. 187)

[E' vietato qualsiasi trattamento della pasta di ogni tipo e specie con agenti chimici e l'aggiunta di sostanze organiche od inorganiche di qualsiasi natura, salvo il disposto dei precedenti articoli e salvi i poteri del Ministro per la sanità a norma della legge 30 aprile 1962, n. 283.]

Art. 35

(abrogato dall'art. 14, comma 1, lett. a), del D.P.R. 9 febbraio 2001, n. 187)

[Le paste secche destinate al commercio non possono essere vendute sfuse, ma contenute in confezioni originali, chiuse e munite di sigillo, del peso netto di grammi 100 o 250 o 500 o 1.000 o multipli di 1.000 e solamente in tali confezioni devono essere vendute al consumatore.

Gli imballaggi od involucri devono recare, in lingua italiana, il nome o la ragione sociale della ditta produttrice, la sua sede, la sede dello stabilimento, la denominazione ed il tipo della pasta ed il peso netto, con caratteri indelebili e ben leggibili.

E' tollerata una differenza, non superiore al 2 per cento, tra il peso netto indicato sull'involucro e quello effettivo al momento della vendita.

Le denominazioni della pasta, da apporre sull'imballaggio od involucro, devono essere quelle previste dagli articoli 28, 29, 30, 31, 32 e 33, devono essere apposte consecutivamente e non possono essere accompagnate da altre denominazioni o qualificazioni. E' altresì vietato apporre raffigurazioni idonee ad indurre in errore l'acquirente. Per involucri di materiale trasparente è vietato l'uso di altro colore al di fuori del neutro.

Gli imballaggi od involucri, di qualsiasi specie, non possono essere reimpiegati per la confezione delle paste.]

Art. 36

(abrogato dall'art. 14, comma 1, lett. a), del D.P.R. 9 febbraio 2001, n. 187)

[E' vietato vendere o detenere per vendere pasta avente caratteristiche diverse da quelle stabilite dalla presente legge.

E' altresì vietato vendere o detenere per vendere pasta alterata, adulterata, sofisticata o infestata da parassiti animali o vegetali.]

TITOLO V

LIEVITO

Art. 37

(abrogato dall'art. 10, comma 1, lett. a), del D.P.R. 30 novembre 1998, n. 502)

[Il lievito impiegabile nella panificazione deve essere costituito da cellule in massima parte viventi, senza aggiunta di amido e fecole, con umidità non superiore al 75 per cento, con ceneri non superiori al 2,5 per cento riferito a sostanza tale quale e con acidità non superiore a 5 gradi.

L'anidride carbonica svolta nella determinazione del potere fermentativo con il metodo di Hayduck deve raggiungere almeno una media di centimetri cubici 250 (ridotti a 0º e 760 millimetri).]

Art. 38

(abrogato dall'art. 10, comma 1, lett. a), del D.P.R. 30 novembre 1998, n. 502)

[La produzione dei lieviti selezionati, destinati alla panificazione di farine provenienti da cereali maltati, e di estratto di malto, è soggetta ad autorizzazione del Ministero della sanità, presso il quale deve essere depositata la formula di composizione del prodotto.

Gli stabilimenti nei quali si producono lieviti selezionati sono soggetti alla vigilanza da parte dell'autorità sanitaria e delle altre autorità competenti, sia centrali che periferiche, nelle forme che saranno prescritte nel regolamento di esecuzione della presente legge.

Sulle confezioni dei lieviti selezionati posti in commercio devono essere riportati il nome o la ragione sociale e la sede legale della ditta, la sede dello stabilimento di produzione, le caratteristiche del prodotto e gli estremi dell'autorizzazione rilasciata dal Ministero della sanità.]

TITOLO VI

LOCALI DI PRODUZIONE

Art. 39

I locali dei molini, panifici e pastifici devono avere adatte condizioni di struttura muraria e di ubicazione, devono essere areati ed illuminati ed avere cubatura, superficie ed attrezzature adeguate ai quantitativi della materia da lavorare, secondo le norme che saranno stabilite nel regolamento. Essi, inoltre, devono corrispondere a tutte le prescrizioni delle leggi e dei regolamenti.

Art. 40

E' vietato conservare o comunque detenere nei locali adibiti alla macinazione, panificazione e pastificazione, nonchè nei locali con essi comunicanti, sostanze il cui impiego non sia consentito dalla presente legge, salvo che i locali siano adibiti anche alla produzione della pasticceria o alla vendita di tali sostanze.

TITOLO VII

PRELEVAMENTO DEI CAMPIONI E CONTROLLI

Art. 41

Le modalità per il prelevamento dei campioni di cereali, di sfarinati, di pane e di pasta alimentare saranno stabilite con il regolamento.

Art. 42

I campioni devono immediatamente essere inviati per le analisi ai laboratori di igiene provinciali e comunali ovvero agli istituti di vigilanza per la repressione delle frodi dipendenti dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste.

Quando dall'analisi risulti che i prodotti non corrispondono ai requisiti fissati dalla legge, il capo del laboratorio trasmetterà denuncia al medico provinciale, unendovi il verbale di prelevamento e il certificato di analisi. Contemporaneamente, entro il termine perentorio di 20 giorni dal prelevamento dei campioni, a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, comunicherà all'esercente presso cui è stato fatto il prelievo stesso il risultato dell'analisi. Entro lo stesso termine perentorio, analoga comunicazione sarà fatta al produttore, nel caso che il prelievo riguardi campioni in confezioni originali o la merce sia stata consegnata con distinta resa obbligatoria dall'articolo 24.

Entro 15 giorni dalla data del ricevimento della comunicazione, gli interessati potranno presentare al medico provinciale istanza di revisione, in carta da bollo, unendovi la ricevuta del versamento effettuato presso la Tesoreria provinciale della somma che sarà indicata nel regolamento per ogni singola voce.

Le analisi di revisione saranno eseguite presso l'Istituto superiore di sanità entro il termine di 90 giorni dalla data di presentazione della domanda di revisione.

Per la comunicazione agli interessati si provvederà nei modi e nei termini previsti dal secondo comma del presente articolo.

In caso di mancata presentazione nei termini dell'istanza di revisione o nel caso che l'analisi di revisione confermi quella di prima istanza, il medico provinciale trasmetterà, entro il termine di 15 giorni dall'una o dall'altra scadenza, le denunce al medico provinciale del luogo ove ha sede la ditta per i provvedimenti di cui al successivo articolo 44.

Il medico provinciale, qualora si tratti di delitti previsti dal Capo II e dal Capo III del Titolo VI del Libro II del Codice penale, trasmetterà immediatamente le denunce all'autorità giudiziaria.

In tal caso l'istanza di analisi revisionale dovrà essere presentata direttamente all'autorità giudiziaria competente, la quale provvederà alternativamente a disporre la revisione nelle forme indicate dai commi precedenti o ad ordinare perizie ai sensi degli articoli 314, 391 e 398 del Codice di procedura penale.

Le spese relative all'analisi di revisione sono a carico del richiedente, tanto nel caso di condanna, quanto nei casi di definizione in via amministrativa o di condono.

Per l'esecuzione dell'analisi di revisione si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni dell'articolo 2 della legge 27 febbraio 1958, n. 190. (1)

(1)

La Corte costituzionale con sentenza n. 149 del 3 dicembre 1969 dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo annotato, nella parte in cui per la revisione delle analisi esclude l'applicazione degli articoli 390, 304-bis, ter e quater del codice di procedura penale.

Art. 43

La vigilanza per l'applicazione delle norme della presente legge, nonchè di quelle che verranno stabilite con il regolamento e con i provvedimenti dell'autorità amministrativa previsti dalla legge medesima è affidata al Ministero della sanità ed al Ministero dell'agricoltura e delle foreste.

A tal fine le autorità preposte alla vigilanza possono procedere in qualunque momento ad ispezione e prelievo di campioni nei locali di produzione, di deposito e di vendita, nonchè sugli scali e sui mezzi di trasporto. Esse possono, altresì, procedere al sequestro delle merci. Il medico provinciale, ove dagli accertamenti eseguiti risulti necessario per la tutela della pubblica salute, può ordinare la distruzione delle merci sequestrate.

Le persone incaricate del servizio di vigilanza sono ufficiali o agenti di polizia giudiziaria e possono, in ogni caso, richiedere, ove occorra, l'assistenza della forza pubblica.

TITOLO VIII

VIGILANZA E SANZIONI

Art. 44

Salvo che il fatto costituisca più grave reato:

a) la violazione delle disposizioni di cui agli articoli 1, 2, 3, 5, 10, 12 (secondo comma), 18, 27, 34, 36 (secondo comma), è punita con l'ammenda sino a lire 2.000.000;

b) la violazione delle disposizioni di cui agli articoli 7 e 9 (ultimi commi), 16, 17, 20 (secondo, terzo e quarto comma), 21, 22 (ultimo comma), 24 (secondo e terzo comma), 26, 33 (ultimo comma) è punita con l'ammenda sino a lire 200.000;

c) la violazione delle norme della presente legge diverse da quelle indicate nelle precedenti lettere a) e b) e del regolamento per l'esecuzione della presente legge nonchè dei provvedimenti amministrativi previsti dalla legge medesima è punita con l'ammenda sino a lire 1.000.000.

In ogni caso il contravventore è tenuto al pagamento della tassa di analisi. Al personale preposto al servizio di vigilanza competono i diritti previsti dalla legge 5 aprile 1961, n. 322.

Ai sensi dell'articolo 15 del Codice penale, le disposizioni della presente legge sono speciali rispetto a quelle contenute nelle leggi 30 aprile 1962, n. 283 e 26 febbraio 1963, n. 441.

Art. 45

Fuori dei casi previsti dal settimo comma dell'articolo 42, il medico provinciale del luogo ove ha sede l'impresa a carico della quale si procede, invita il legale rappresentante della stessa a definire il contesto in via amministrativa.

Il medico provinciale stabilisce la somma da versarsi da parte del trasgressore, a norma delle disposizioni contenute nel precedente articolo 44, ed applicando la diminuzione di due terzi rispetto alle pene massime ivi indicate.

Qualora il trasgressore non provveda al versamento, da effettuarsi presso la Tesoreria provinciale nel termine di 15 giorni dalla ricezione dell'invito, il medico provinciale trasmette gli atti all'autorità giudiziaria competente per territorio.

Art. 46

Nel caso di condanna irrevocabile per i reati previsti dal precedente articolo 44, l'autorità giudiziaria trasmette copia della sentenza con l'annotazione del passaggio in giudicato al medico provinciale del luogo ove ha sede l'impresa.

Nei casi di particolare gravità, per le infrazioni previste dal settimo comma dell'articolo 42 il medico provinciale può disporre il ritiro della licenza di esercizio a carico del trasgressore.

L'imprenditore, al quale sia stata ritirata la licenza di esercizio a norma del presente articolo, non può ottenere il rilascio di nuova licenza per la medesima attività prima che sia decorso un anno dalla data del provvedimento di ritiro.

Il medico provinciale del luogo ove ha sede l'impresa può disporre, altresì, la sospensione della licenza fino a sei mesi, quando il trasgressore abbia riportato, per infrazioni nello spazio di due anni, almeno quattro condanne irrevocabili per contravvenzioni punibili con l'ammenda fino a lire 1.000.000 o due condanne irrevocabili per contravvenzioni punibili con l'ammenda fino a lire 2.000.000 o tre condanne irrevocabili, di cui due per contravvenzioni punibili con l'ammenda fino a lire 1.000.000 e una per contravvenzione punibile con l'ammenda fino a lire 2.000.000.

Alla condanna irrevocabile, ai soli effetti del comma precedente, è equiparata la definizione in via amministrativa.

Le disposizioni contenute nel presente articolo derogano a quelle di cui all'articolo 35 del Codice penale.

Il provvedimento del medico provinciale è vincolante per le autorità designate dalla legge alla concessione delle licenze.

Art. 47

Nei casi previsti dal settimo comma dell'articolo 42, il medico provinciale può ordinare la chiusura dell'esercizio fino alla definizione del procedimento penale.

Il provvedimento di chiusura può essere revocato in ogni tempo, allorquando il titolare dell'impresa offra, adeguata garanzia di avere eliminato le cause e le ragioni in base alle quali era stata disposta la chiusura.

Contro il provvedimento del medico provinciale è ammesso ricorso al Ministro per la sanità nel termine di giorni trenta dalla notifica.

Il provvedimento di chiusura previsto dal presente articolo non preclude l'esercizio del potere conferito al medico provinciale dal precedente articolo 46.

Tuttavia, in questo caso, il periodo di chiusura preventivo sarà computato ai fini del decorso dei termini massimi previsti dallo stesso articolo 46.

Art. 48

Eccettuate le contravvenzioni punite con l'ammenda fino a lire 200.000, in tutti gli altri casi il giudice, nel pronunciare la condanna, dispone la pubblicazione della sentenza.

Art. 49

Le sanzioni previste dalla presente legge non si applicano al commerciante che vende, detiene per vendere o comunque distribuisce per il consumo prodotti in confezioni originali, qualora la non corrispondenza alle previsioni della legge stessa riguardi i requisiti intrinseci o la composizione dei prodotti o le condizioni interne dei recipienti e sempre che il commerciante non sia a conoscenza della violazione e la confezione originale non presenti segni di alterazione.

TITOLO IX

DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

Art. 50

(modificato dall'art. 14, comma 2, del D.P.R. 9 febbraio 2001, n. 187)

[E' consentita la produzione di sfarinati, pane e paste alimentari aventi requisiti diversi da quelli prescritti dalle norme della presente legge, del regolamento di esecuzione e dei provvedimenti dell'autorità amministrativa previsti dalla legge medesima, purchè si tratti di prodotti destinati all'esportazione e non nocivi alla salute umana, previa autorizzazione da concedersi con le modalità che verranno fissate dal regolamento.] (comma abrogato) (1)

Salvo quanto previsto dall'articolo 48 della legge 24 aprile 1998, n. 128, e dall'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 30 novembre 1998, n. 502, è vietata l'importazione di pane avente requisiti diversi da quelli prescritti dalle norme della presente legge, del regolamento di esecuzione e dei provvedimenti dell'autorità amministrativa previsti dalla legge medesima.

(1)

Comma abrogato dall'art. 14, comma 1, lett. a), del D.P.R. 9 febbraio 2001, n. 187.

Art. 51

(modificato dall'art. 2 della legge 17 maggio 1969, n. 272)

Sino al 31 dicembre 1967 è consentita la produzione di pasta comune confezionata con semolato miscelato con farine o granito di grano tenero, avente le caratteristiche seguenti:

            Umidità     Su cento parti di sostanza secca            Acidità
  TIPO      massima     Ceneri        Cellulosa      Sostanze       espressa
E DENOMI-     per                                    azotate        in gradi
 NAZIONE     cento  minimo massimo  minimo massimo   (azoto          massimo
                                                      x 5,70)          (*)
                                                      minimo
Pasta comune 12,50   0,86       1      -     0,80       11              5

(*) Il grado di acidità è espresso dal numero di centimetri cubici di soluzione alcalina normale occorrente per neutralizzare grammi 100 di sostanza secca.

La vendita di detto tipo di pasta è consentita sino al 30 giugno 1969.

Art. 52

La presente legge, salvo quanto previsto ai successivi commi, entra in vigore il primo giorno del terzo mese successivo a quello della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica.

Il termine per lo smaltimento delle paste alimentari prodotte secondo le disposizioni vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge, è fissato in sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge medesima.

Le disposizioni dell'articolo 35 diventano obbligatorie al compimento di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 53

Con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro per l'agricoltura e foreste, di concerto con i Ministri per la sanità e per l'industria, per il commercio e per l'artigianato, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, saranno emanate le norme regolamentari occorrenti per l'esecuzione della presente legge, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge medesima.

Art. 54

Sono abrogate le leggi 17 marzo 1932, n. 368; 22 giugno 1933, n. 874; 2 agosto 1948, n. 1036; il decreto dell'Alto Commissario per l'alimentazione del 10 ottobre 1949, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 235 del 12 ottobre 1949; il decreto dell'Alto Commissario per l'alimentazione del 18 novembre 1953, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 271 del 25 novembre 1953, e ogni altra disposizione incompatibile con la presente legge.

La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserta nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Data a Roma, addì 4 luglio 1967

SARAGAT

MORO - MARIOTTI

ANDREOTTI - RESTIVO

Visto, il Guardasigilli: REALE