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DECRETO PRESIDENZIALE 28 maggio 1987

SUPPLEMENTO ORDINARIO G.U.R.S. 18 luglio 1987, n. 31

Regolamento-tipo sull'organizzazione dei servizi socio-assistenziali

IL PRESIDENTE DELLA REGIONE

Visto lo Statuto della Regione;

Visto il D.P.R 30 agosto 1975, n. 636, recante norme di attuazione in materia di pubblica beneficenza ed opere pie;

Vista la legge regionale 9 maggio 1986, n. 22 sul riordino dei servizi socio-assistenziali in Sicilia;

Considerato che l'art. 53 della legge sopracitata demanda all'Assessorato regionale degli enti locali, con l'ausilio del Gruppo di consulenza di cui all'art. 52 della legge medesima, la predisposizione di uno schema di regolamento-tipo ad orientamento dell'attività dei comuni singoli od associati;

Visto l'art. 54 della legge di riordino che autorizza il Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, ad emanare direttive ai comuni, contenenti indirizzi generali per l'attuazione della legge "al fine di realizzare un migliore collegamento funzionale delle attività";

Considerato che le direttive di cui sopra sono preordinate all'uniforme esercizio delle funzioni da parte degli enti locali, nonchè da parte degli organi provinciali preposti al riscontro degli atti;

Visto lo schema di regolamento-tipo apprestato dall'Assessore regionale per gli enti locali pro-tempore, trasmesso con nota n. 102 del 26 marzo 1987;

Ritenuto che le direttive in esso contenute corrispondono alle esigenze suindicate e, pertanto, vanno emanate quali atti di indirizzo generale per l'attuazione della legge di riordino;

Rilevato che lo schema di regolamento-tipo si compone di n. 31 paragrafi qui di seguito riportati afferenti alla tipologia degli interventi e dei servizi socio-assistenziali:

1 - principi generali e criteri informatori dei servizi;

2 - soggetti destinatari;

3 - l'ufficio di servizio sociale;

4 - gli interventi socio-assistenziali;

5 - segretariato sociale;

6 - il servizio sociale professionale;

7 - assistenza economica;

8 - assistenza domiciliare;

9 - prestazioni integrative della famiglia. Interventi in favore di gestanti, puerpere e nuclei familiari in stato di bisogno e di abbandono;

10 - prestazioni sostitutive della famiglia. Affidamento familiare e sostegno economico agli affidatari;

11 - assistenza ai minori nei rapporti con l'autorità giudiziaria;

12 - interventi di ricovero volti a garantire l'assistenza di tipo continuativo a persone fisicamente non autosufficienti o aventi necessità di interventi diversi da quelli esplicitamente previsti;

13 - assegni personali per dimissioni di minori, anziani, inabili, già ricoverati;

14 - assistenza economica a famiglie di detenuti e di vittime del delitto;

15 - assistenza post-penitenziaria per il recupero ed il reinserimento di minori ed adulti sottoposti a provvedimenti della autorità giudiziaria;

16 - iniziative volte alla prevenzione del disadattamento e della criminalità minorile mediante la realizzazione di servizi ed interventi finalizzati al trattamento ed al sostegno di adolescenti e giovani in difficoltà;

17 - altre forme di assistenza anche integrative degli interventi indicati dalla legge 22/86, idonee a sostenere il cittadino in ogni situazione temporanea o permanente di insufficienza di mezzi economici e di inadeguata assistenza familiare;

18 - centri diurni di assistenza e di incontro per minori, inabili ed anziani;

19 - comunità alloggio per minori, anziani, inabili;

20 - case albergo per minori, anziani, inabili;

21 - case protette per minori, anziani, inabili;

22 - centri di accoglienza per ospitalità diurna e residenziale temporanea;

23 - soggiorni di vacanze;

24 - assistenza abitativa;

25 - gratuità dei servizi e concorso al costo degli interventi;

26 - la vigilanza, il coordinamento, il controllo e la verifica degli interventi gestiti in forma diretta;

27 - gli operatori e la loro funzione;

28 - il coordinamento con gli altri servizi ed interventi attuati sul territorio;

29 - servizi, analisi dei bisogni e sistema informativo socio-assistenziale;

30 - ruolo della provincia;

31 - orientamenti finali, ruolo della Regione, rinvio al piano triennale (art. 48) ed alla promulgazione degli standards;

Su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali pro-tempore, espressa con nota n. 102 del 26 marzo 1987, le cui considerazioni si fanno proprie;

Con riserva di emanare ulteriori direttive ove successivamente se ne ravvisi l'opportunità per la completa attuazione della legge regionale n. 22/1986;

Decreta:

Art. 0

Articolo Unico

Lo schema di regolamento-tipo predisposto dall'Assessore regionale per gli enti locali pro-tempore e da questi vistato quale Assessore proponente viene confermato e costituisce direttiva per i comuni singoli od associati, ai fini della istituzione dei servizi previsti dalla legge regionale sul riordino della materia socio-assistenziale in Sicilia n. 22 del 9 maggio 1986. Lo schema di regolamento-tipo costituisce parte integrante del presente decreto quale allegato A.

Il presente decreto sarà pubblicato integralmente nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana.

Palermo, 28 maggio 1987.

NICOLOSI

Allegato A

SCHEMA DI REGOLAMENTO - TIPO SULL'ORGANIZZAZIONE DEI SERVIZI SOCIO-ASSISTENZIALI

Premessa

In assenza della legge-quadro nazionale sull'assistenza, la Regione ha inteso - in forza delle proprie competenze - affrontare una materia tanto rilevante quanto tuttora "disarticolata" e complessa nell'intento di provvedere da una parte al riordino normativo della materia stessa e dall'altra a definire criteri operativi che mettano i Comuni, istituzionalmente detentori di tali funzioni, in grado di provvedere, in forma singola od associata, alla gestione dei servizi socio-assistenziali.

In tale prospettiva si ritiene che la legge n. 22/86 abbia le potenzialità per far fare un salto di qualità a tali servizi, pur nella consapevolezza di condizionamenti derivanti sia dalla situazione più generale attuale degli Enti Locali, sia dalla mancanza del necessario apporto finanziario che potrebbe provenire dalla auspicata istituzione del fondo nazionale in tale settore.

Significativa diviene dunque, per l'attuazione della legge, l'elaborazione del regolamento-tipo, peraltro previsto dalla stessa legge, che vuole costituire un modello orientativo e quindi uno strumento di riferimento per i Comuni, chiamati a loro volta ad adottare un proprio regolamento.

Il presente schema di regolamento-tipo sull'organizzazione degli interventi socio-assistenziali definisce quindi, seppure in linea generale, a norma dell'art. 53 della legge n. 22/86:

a) le finalità cui i servizi socio-assistenziali devono rispondere;

b) la struttura di base, l'articolazione "minimale" ed il relativo personale del "nucleo" centrale dell'ufficio di "servizio sociale" afferente ad ogni Comune cui fanno capo le funzioni di cui all'art. 5 della predetta legge e gli interventi e le attività conseguenti istituite nell'ambito del territorio di riferimento, sia che vengano gestiti direttamente, sia che vengano attivati con apposite "convenzioni";

c) i soggetti destinatari di tali servizi;

d) le definizioni, i criteri di accessibilità, la struttura, gli operatori e la localizzazione relativi agli interventi socio-assistenziali previsti dalla legge n. 22/86 e che, oltre alle prestazioni che potremmo definire di "base", individuano quelle rivolte a determinate fasce di utenza, nonchè quelle afferenti a specifiche strutture di accoglienza.

Il richiamo caratterizzante la fascia di utenza cui sono dirette consente di considerare i singoli interventi posti in essere come elementi contingenti di un più generale e complessivo approccio ai problemi di ciascuna fascia di popolazione che non deve mai essere dimenticato e che non può non informare anche la scelta che si opera circa i servizi da attivare e le successive azioni da prevedersi anche a fini di verifica;

e) i livelli di reddito che definiscono l'accesso gratuito o meno ai sopra citati interventi;

f) il coordinamento necessario fra gli interventi socio-assistenziali gestiti dai Comuni singoli od associati ed i servizi socio-sanitari dell'U.S.L.;

g) i riferimenti essenziali per la programmazione della formazione permanente degli operatori e per la costituzione e l'avvio del sistema informativo socio-assistenziale;

h) il ruolo delle Province e della Regione in tale contesto.

Si chiarisce fin da ora, comunque, che il presente regolamento-tipo rinvia, per una sua completa applicazione, sia alla definizione degli standards, sia al piano triennale, così come stabilito dagli articoli 19 e 51 della legge regionale n. 22/86.

Ogni Comune (o associazione di Comuni) dovrà poi adottare e rendere più specifici i presenti orientamenti attraverso la formulazione di un proprio regolamento cui annettere eventualmente anche regolamenti-tipo per singoli interventi e/o strutture.

Per l'avvio di quanto previsto dalla legge sono definite le seguenti direttive generali:

1) considerata la complessità degli interventi i Comuni devono privilegiare una gradualità nella attivazione dei servizi a partire da quelli più essenziali per le singole collettività di riferimento;

2) l'attivazione dei servizi, quindi, dovendo corrispondere alle esigenze prioritarie della popolazione, dovrà fondarsi su adeguate e permanenti analisi e indagini a ciò finalizzate;

3) si ritiene, tuttavia, che in via generale alcuni interventi rivestano criteri di priorità oggettiva, configurandosi come interventi di base fra quelli previsti dalla legge 22/86. Si riconosce allora rivestano carattere di priorità, pur sempre entro una logica di gradualità:

A) il segretariato sociale;

B) l'intervento sociale professionale;

C) gli interventi di assistenza economica allargati a tutti i cittadini in stato di bisogno;

D) gli interventi di assistenza domiciliare;

E) la gestione dei centri diurni;

4) tutto ciò, ovviamente, implica che i Comuni si diano un nucleo minimale organizzativo e quindi predispongano la modifica della pianta organica in ordine alla costituzione dell'ufficio di servizio sociale e delle altre unità operative che - per riferimento ai singoli territori - si ritiene rivestano carattere di priorità;

5) tuttavia, poichè i tempi che renderanno esecutive le modifiche delle piante organiche risulteranno non brevi, i Comuni potranno avviare i servizi fondandosi su opportuni convenzionamenti, anche per poter acquisire tutte quelle professionalità e conoscenze derivanti dalla sperimentazione che consentano poi un avvio più certo dei servizi stessi;

6) l'orientamento che i Comuni di media o piccola dimensione (in quanto a numero di abitanti) devono comunque perseguire, al fine di rendere efficienti e attivabili alcuni servizi (soprattutto quelli residenziali), è quello di ricercare una associazione fra Comuni limitrofi in grado di gestire, per un bacino di utenza utile, gli interventi con un personale professionalmente qualificato e fattivamente impegnato a livello funzionale;

7) a differenza dei sopradetti Comuni, gli Enti Locali di grandi dimensioni, per i quali è già prevista l'istituzione dei quartieri, potranno decentrare, con delega ai quartieri stessi, quegli interventi riconducibili ai servizi di base prima citati e il cui bacino di utenza sia utilmente riferibile ai medesimi quartieri;

8) l'ottica, infine, che deve presiedere alla attivazione delle varie iniziative da parte dei Comuni singoli od associati, non può non fondarsi sulla massima integrazione sia con le attività socio-sanitarie delle U.S.L., sia con tutte le altre iniziative locali nel campo della scuola e del tempo libero, anche se gestite da altre strutture territoriali ovvero da associazioni ed enti privati o su base volontaristica.

1) Principi generali e criteri informatori dei servizi

Nel quadro dello spirito e dei criteri informatori della legge n. 22/86, i servizi socio-assistenziali debbono tendere a realizzare condizioni in materia di prestazioni assistenziali conformi e coerenti, in grado di contribuire in maniera sostanziale a rimuovere e prevenire gli ostacoli che, a livelli diversi, individuale, familiare, sociale impediscono la libera e autonoma realizzazione della persona umana.

Per perseguire tali obiettivi, una politica generale dei servizi deve essere orientata a superare gli squilibri economici e sociali esistenti sul territorio. Gli interventi assistenziali, che si configurano in prestazioni economiche e non economiche, sono dunque rivolti in particolare a:

a) garantire al cittadino in stato di bisogno adeguati mezzi di sussistenza al fine di risolvere gravi condizioni di insufficienza di reddito, mediante erogazioni economiche capaci di evitare il deterioramento di situazioni personali e/o familiari che possano sfociare in esiti emarginanti o segreganti;

b) promuovere l'uniformità degli interventi nell'ambito dell'intero territorio attraverso il superamento delle "categorie" di assistiti, assicurando parità di prestazioni a parità di bisogno e fornendo altresì prestazioni differenziate in rapporto alla specificità delle esigenze, nel rispetto della personalità dell'assistito;

c) superare il concetto di istituzionalizzazione, privilegiando servizi ed interventi che consentano il mantenimento, l'inserimento od il reinserimento dei soggetti nel loro ambiente di vita, familiare, sociale, scolastico e lavorativo, anche attraverso il concorso di iniziative espresse dalla società nella varietà delle sue libere articolazioni;

d) stimolare o recuperare l'autosufficienza delle persone o delle famiglie, evitando il permanere in situazioni "cronicizzanti" di dipendenza dalla assistenza pubblica, pur non rifiutando l'intervento continuativo, se necessario;

e) integrare i servizi socio-assistenziali con i servizi sanitari, educativi, scolastici e con tutti gli altri servizi del territorio, al fine di concorrere a fornire una risposta globale che consenta di limitare il ricorso non strettamente necessario al ricovero in istituto od in ospedale (ricovero "improprio"), mantenendo la persona nell'ambiente familiare o sociale che le è abituale;

f) richiamare e responsabilizzare quanti sono tenuti, secondo gli obblighi di legge, a prestare i mezzi di sussistenza (alimenti) alle persone in stato di bisogno.

2) I soggetti destinatari

Le prestazioni e gli interventi assistenziali, secondo le modalità di cui al presente regolamento, sono rivolti ai cittadini, singoli o nuclei familiari, residenti sul territorio del Comune o dei Comuni di riferimento che si trovino in particolari condizioni e stati di bisogno, come più avanti specificato.

Gli orientamenti che seguono sono applicabili anche ai cittadini ed agli stranieri non residenti nel territorio del Comune interessato limitatamente alle prestazioni di carattere urgente.

I servizi si intendono aperti a tutti i cittadini e non solo a quelli in stato di bisogno dal punto di vista economico.

Tuttavia, in relazione alla diversa tipologia di servizi, ai titolari di reddito superiore ai limiti fissati in via di prima applicazione del presente regolamento e successivamente dal piano triennale, è richiesto il concorso al costo secondo procedure che verranno specificatamente definite con apposito provvedimento.

3) L'ufficio di servizio sociale

La legge n. 22/86 identifica nell'Ufficio di servizio sociale quella struttura finalizzata all'intervento, al coordinamento e alla programmazione di tutte le iniziative di carattere socio-assistenziale previste dalla legge stessa. Fra le numerose definizioni che in varie parti sono state attribuite a tale struttura, la caratterizzazione in ufficio intende significare che al suo interno potranno essere previste diversificate competenze per gli interventi alla persona, interventi per fasce di età e/o per aree omogenee (es. quartieri e distretti).

Dal punto di vista della pianta organica comunale ciò implica la costituzione di un Ufficio di servizio sociale che, dopo aver riaccorpato tutte le deleghe afferenti agli interventi di cui alla legge n. 22/86, risulti una struttura tecnica che si configuri come servizio di un settore più ampio nei piccoli/medi Comuni, o come settore autonomo nei grandi Comuni.

I compiti di tale Ufficio sono:

1) la conoscenza della realtà in termini di bisogni, di utenza e di strutture esistenti, attraverso l'elaborazione di studi, ricerche e indagini ai fini della costituzione di un sistema informativo socio-assistenziale;

2) la programmazione e il coordinamento dell'insieme degli interventi attivi fra quelli previsti dalla legge 22/86, anche se svolti in convenzione (o delegati ai quartieri);

3) il coordinamento di tutte le strutture di accoglienza e residenziali operanti sul territorio;

4) la progettazione e l'attivazione, secondo la regolamentazione regionale, di nuovi interventi sia in forma diretta, sia in forma convenzionata;

5) la gestione, tramite proprio personale, articolato opportunamente per settori di intervento, di quelle attività che si ritengano non efficientemente ed efficacemente delegabili all'esterno;

6) il coordinamento e la vigilanza dei servizi o degli interventi, come parte di essi, svolti mediante convenzione o gestiti da privati ed il controllo e la verifica degli stessi;

7) il "raccordo" e la definizione di strategie operative comuni ed integrate con gli interventi di carattere socio-sanitario attuati dalle UU.SS.LL. operanti sul medesimo territorio.

Dell'Ufficio di servizio sociale possono individuarsi differenti "modelli" strutturali:

a) primo obiettivo dei Comuni fino a 10.000 abitanti deve poter risultare la definizione di un Ufficio di servizio sociale con una pianta organica che comprenda almeno un assistente sociale ogni 5.000 abitanti, un impiegato amministrativo, un archivista-dattilografo e un usciere (anche non in forma esclusiva);

b) l'Ufficio di servizio sociale dei Comuni di media/grande dimensione, tuttavia, per attendere ai compiti più sopra individuati deve poter disporre di ulteriori competenze:

- statistico-informative;

- urbanistiche;

- pedagogico-educative.

Per usufruire di tali competenze, l'Ufficio potrà avvalersi di professionalità già presenti nella pianta organica del Comune ovvero utilizzare esperti o consulenti esterni sotto forma di prestazioni professionali specifiche.

Qualora, oltre alla struttura centralizzata di servizio sociale, siano presenti strutture decentrate, ovvero la struttura centrale risulti formata da più operatori sociali, si deve prevedere un assistente sociale coordinatore.

4) Gli interventi socio-assistenziali

Tutti gli interventi socio-assistenziali previsti dalla legge 22/86 possono, per maggiore chiarezza e funzionalità, articolarsi nelle seguenti attività fondamentali:

- servizi di base (alla persona od alla famiglia) che rivestano carattere di priorità;

- servizi rivolti a specifiche fasce di utenza (minori, gestanti, puerpere, ecc.);

- servizi residenziali (non solo rivolti agli anziani ma anche ad altre fasce di cittadini).

Di questi interventi si delineano le caratteristiche, le finalità, le specificità organizzative e di personale in termini essenziali ed orientativi al fine della formulazione dei regolamenti specifici di ogni singolo Comune in base all'art. 53 della predetta legge.

L'articolazione regolamentare che segue è definita per servizi rispettando la strutturazione sopra individuata; tuttavia è da tenere presente che l'avere previsto per alcune fasce di utenza la determinazione di interventi specifici non esclude le predette fasce di utenza dall'usufruire dei servizi di base.

Per quanto concerne il costo dei servizi, per la cui determinazione la legge 22/86 demandava in via di prima applicazione al presente regolamento, è bene precisare che, allo stato attuale, non è possibile definire costi unitari generalizzati per tutti i singoli servizi in quanto intervengono una serie di variabili (dal contesto in cui si attuano, al differente bacino di utenza, alla disponibilità o meno di locali ed attrezzature, al numero di operatori, ecc.) che incidono in forma determinante e diversificata nella definizione dei costi stessi. Pertanto si ritiene indispensabile un adeguato periodo di sperimentazione dei servizi stessi ed una accurata acquisizione di dati a ciò finalizzata.

5) Segretariato sociale

Il servizio di segretariato sociale, o servizio di base per l'informazione sociale, costituisce la risposta istituzionale al bisogno, presente a tutti i livelli, di informazioni esatte, aggiornate, controllate e verificate, alla formazione delle quali concorrono, a vario titolo, tutti i soggetti presenti in un territorio.

Il servizio ha le seguenti caratteristiche:

- di rivolgersi all'intera comunità;

- di essere gratuito;

- di riferirsi ad una vasta gamma di esigenze informative;

- di essere compresente ed interdipendente con gli altri servizi sociali di base;

- di essere orientato alle esigenze e alla specificità del territorio;

- di essere assicurato da un operatore "ad hoc", anche se l'informazione deve essere un impegno diffuso e costante per tutto il personale dei servizi;

- di essere dotato di una sede e di una attrezzatura propria.

Le funzioni ed i limiti entro i quali il servizio deve esplicare la propria attività sono strettamente collegati alla presenza di altri servizi di base con i quali il segretariato sociale deve raccordare il proprio intervento.

Essenzialmente deve:

a) dare notizie sulla esistenza, sulla natura e sulle procedure per accedere alle varie risorse esistenti, nonchè sulla legislazione pertinente;

b) fornire aiuto personale agli utenti diretto a facilitare l'espletamento delle prassi e procedure necessarie per ottenere le prestazioni e/o accedere ai servizi;

c) smistare e/o segnalare le richieste di prestazioni ai servizi ed agli enti competenti;

d) collaborare con i servizi territoriali esistenti per fornire supporti di assistenza tecnica;

e) svolgere attività di osservatorio sociale sulla situazione globale della zona, fornendo un panorama preciso dei servizi presenti, una valutazione costante del loro funzionamento, l'individuazione di determinate carenze e delle rispettive cause e garantendo notizie sui bisogni oggettivamente emergenti nella zona in base alle richieste;

f) effettuare analisi e sintesi quantitative e qualitative dei dati rilevati concernenti la situazione locale nella sua globalità al fine di contribuire al processo di programmazione e di organizzazione degli interventi.

Sono da considerarsi destinatari del servizio:

- i cittadini, senza discriminazione di sorta;

- la comunità nel suo complesso;

- i servizi, e relativi operatori, presenti sul territorio;

- gli amministratori locali;

- i rappresentanti dei gruppi formali e informali.

Il servizio si attua in forme diverse:

- ricevimento in ufficio;

- informazioni telefoniche;

- informazioni epistolari;

- informazioni domiciliari;

- diffusione di notizie d'interesse generale.

Il servizio è esplicato da:

- operatori opportunamente qualificati per la diretta realizzazione del servizio almeno in possesso della licenza di scuola media superiore;

- operatori, con compiti esecutivi connessi al servizio.

La funzionalità, la razionalità e la tempestività del servizio dipende in buona parte anche dalla disponibilità di una adeguata strumentazione tecnico-amministrativa.

Bisogna prevedere vari supporti:

- strumenti per il reperimento di notizie (questionari, quotidiani, periodici, notiziari vari, manuali);

- strumenti per la catalogazione dei dati emersi (cataloghi, elenchi di risorse, indici);

- strumenti per l'organizzazione interna, la verifica e l'amministrazione del servizio (registri, schedari e modelli vari);

- strumenti per la divulgazione delle notizie (manifesti, volantini, opuscoli, stampe);

- strumenti per la pubblicizzazione del servizio (locandine, notiziari radiofonici).

Un livello di collocazione che risulti conseguenziale ad un corretto rapporto costi/benefici, efficienza/efficacia, oltre che al criterio di facile accesso per l'utenza, sembra possa individuarsi nell'ambito del quartiere o del distretto.

La sperimentazione di tale servizio dovrebbe gradatamente stimolare l'ente locale all'attivazione di un sistema informativo tale che faciliti il processo di programmazione dei servizi, permetta il controllo delle attività e promuova la partecipazione dei cittadini.

6) Il servizio sociale professionale

Il servizio sociale professionale è un'attività, attuata da assistenti sociali, rivolta alla globalità dei problemi di carattere sociale riguardanti i cittadini residenti in un determinato territorio e che mira a realizzare una soddisfacente integrazione delle persone nel loro ambiente sociale, mediante una mobilitazione di risorse personali, ambientali e istituzionali.

E' uno dei servizi sociali di base che ha come scopi:

- favorire la socializzazione dell'individuo;

- aiutare individui e gruppi a identificare, risolvere o ridurre i problemi che nascono nei soggetti o da uno squilibrio tra questi ed il loro ambiente;

- documentare la rispondenza dei servizi sociali in relazione ai problemi che si presentano ed ai nuovi bisogni emergenti, ricercando altresì le cause di natura psicologica e sociale che li determinano;

- promuovere la realizzazione di servizi quantitativamente e qualitativamente rispondenti ai bisogni evidenziati;

- contribuire alla elaborazione di indirizzi di politica sociale atti a prevenire i suddetti problemi ed a creare migliori condizioni per lo sviluppo delle risorse umane e comunitarie;

- realizzare forme di aiuto a carattere preventivo che tengano conto delle esigenze globali delle persone, delle famiglie, della comunità.

Le funzioni del servizio sociale professionale possono così articolarsi:

a) azione diretta con le persone e i gruppi;

b) promozione di nuovi servizi;

c) coordinamento delle risorse e dei programmi sul territorio, così da evitare l'approccio settoriale ai problemi e il ricorso a soluzioni assistenziali che favoriscano l'emarginazione;

d) stimolo alla partecipazione democratica dei cittadini nella promozione, programmazione e controllo degli interventi.

Si tratta quindi di realizzare un programma che tenda a trasformare la "tradizionale assistenza" in organizzazione di "servizi", a superare le prestazioni assistenziali caratterizzate da categorie giuridiche e quindi dal frazionamento e dalla molteplicità degli interventi ed a presentare risposte alternative per la soluzione dei bisogni e delle istanze delle persone, delle famiglie, della comunità.

Possono valersi gratuitamente del servizio tutti i cittadini del Comune, nonchè le persone presenti sul territorio, anche se non residenti, i gruppi, gli enti e le istituzioni.

Il servizio è a disposizione di tutti coloro che, avendo problemi di qualsiasi genere, desiderano l'intervento dell'assistente sociale; pertanto il servizio affronterà tutte quelle problematiche che richiedono l'apporto specifico del servizio sociale professionale.

Il servizio avrà sede presso l'apposito ufficio di servizio sociale previsto a livello comunale e nelle strutture decentrate a livello di quartiere e di distretto.

All'occorrenza gli assistenti sociali potranno effettuare visite a domicilio o comunque presso servizi residenziali a carattere terapeutico od assistenziali.

Nelle strutture decentrate, il servizio sociale professionale dovrà operare in stretta collaborazione con il servizio di segretariato sociale, il servizio di assistenza economica ed il servizio di assistenza domiciliare. Anche nelle strutture decentrate deve operare un coordinamento, assicurato da un assistente sociale, anche se impegnato in uno dei servizi.

Per l'organizzazione, l'amministrazione e l'attuazione del servizio, gli assistenti sociali utilizzeranno le metodologie e gli strumenti specifici della professione (diario, schede personali, cartelle degli utenti, agenda per impegni, verbali, relazioni di lavoro, ecc.).

7) Assistenza economica

Per assistenza economica si intende l'intervento assistenziale esplicato in favore di persone e di nuclei familiari che versano, per qualsiasi causa, in condizioni di disagio economico al fine di aiutarli a soddisfare i propri bisogni essenziali, assicurando loro un livello di autosufficienza economica.

L'assistenza economica è uno dei servizi di base le cui prestazioni, erogate in denaro, sono commisurate alle esigenze fondamentali, normali ed impreviste di tutti i cittadini.

Trattandosi di un intervento teso a garantire a tutti un livello minimo di assistenza si ritiene indispensabile la definizione del "minimo vitale" onde consentire il superamento di alcune specifiche inadeguatezze, determinate anche da insufficienze e discrezionalità.

Per "minimo vitale" dunque si intende il livello minimo di soddisfazione delle esigenze fondamentali di vita, individuale e familiare, sia di carattere biofisico che sociale. In questo senso il livello minimo può essere concepito come soglia minima di reddito ritenuto indispensabile per corrispondere a dette esigenze. Lo stato di bisogno quindi si definisce come la condizione di chi si trova al di sotto di tale minimo ed il fabbisogno assistenziale si ricava dalla differenza fra il minimo vitale e le risorse del singolo o del nucleo.

L'adozione del minimo vitale:

- rappresenta un riferimento generale cui ogni singola situazione è rapportabile;

- consente, quando ricorrano le condizioni oggettive, di rispondere ai bisogni fondamentali;

- è un metodo facilmente aggiornabile;

- tende ad eliminare o a ridurre al minimo la discrezionalità dell'erogazione.

Dalle analisi più diffuse si è rilevato che è possibile prendere in considerazione per la definizione del minimo vitale, le seguenti voci sufficientemente generalizzate:

1) alimentazione;

2) abbigliamento;

3) governo della casa;

4) vita di relazione;

5) spese sanitarie;

6) affitto dell'alloggio.

Il "minimo vitale" del nucleo familiare viene calcolato applicando la sottoindicata tabella:


- capo famiglia                         75% della quota base
- coniuge a carico                      25%   "     "     "
- familiare a carico da 0 a 14 anni     35%   "     "     "
- altri familiari a carico              15%   "     "     "
Per quota mensile base del minimo vitale atta a ricoprire le spese necessarie, ad eccezione dell'affitto, si intende la quota corrispondente alla pensione minima I.N.P.S. dei lavoratori dipendenti, periodicamente rivalutata.

Per quanto concerne le spese del canone di locazione, per l'oggettiva rilevanza che esse rivestono, vengono tenute separate considerate a se stanti e riferite, in via generale, alle norme in vigore per l'equo canone.

La quota parte del canone di locazione non dovrà comunque superare il 50% della somma definita dalla normativa dell'equo canone per l'alloggio abitato dal richiedente o dal relativo nucleo familiare.

Le spese sanitarie fanno già parte di apposite normative che ne prevedono specifiche esenzioni.

Definito il minimo vitale ed in presenza di uno stato di bisogno, è necessario un adeguato intervento in grado di far fronte alle conseguenti esigenze specifiche.

Per poter stabilire il "fabbisogno assistenziale" degli utenti gli operatori del servizio di assistenza economica potranno trovarsi nella condizione di dovere accertare il livello di reddito degli individui o dei nuclei familiari. Pertanto dovranno fare una analisi della condizione familiare, determinare ogni forma di reddito, soprattutto i redditi da lavoro, accertare altri interventi assistenziali già in corso. Il fabbisogno sarà allora calcolato tenendo conto, da un lato del reddito e delle prestazioni assistenziali e, dall'altro, del minimo vitale; la differenza potrà evidenziare un "fabbisogno aggiuntivo di assistenza".

L'assistenza economica si articola in continuativa, temporanea e straordinaria.

Per assistenza continuativa si intende l'erogazione di un contributo mensile, pari alla differenza fra la quota-base del minimo vitale, maggiorata di quota-parte del canone di locazione di un alloggio, e le risorse di cui dispone la persona che fa domanda.

Ovviamente per nuclei familiari con più di una persona bisognerà tenere conto delle quote da aggiungere secondo la tabella definita nonchè della totalità delle risorse di cui dispongono i nuclei.

L'assistenza in forma continuativa è concessa a tempo indeterminato, con revisione semestrale, ai cittadini residenti, da oltre un anno, nel Comune al quale avanzano la richiesta sempre che non sussistano almeno uno dei seguenti motivi di esclusione:

a) reddito superiore al minimo vitale;

b) presenza di persone tenute agli alimenti;

c) rifiuto da parte dell'utente di soluzioni alternative all'assistenza economica;

d) la proprietà di beni immobili, tenuto conto della loro commerciabilità.

Per assistenza economica in forma temporanea si intende l'erogazione di un contributo mensile per un periodo non superiore a mesi tre ed in presenza di situazioni personali o familiari contigenti tali da incidere in forma determinante sulle risorse di cui il richiedente od il relativo nucleo familiare normalmente dispongono.

L'entità del contributo è commisurata all'eccezionalità dell'evento; non può essere comunque superiore al doppio della quota-base del minimo vitale ed è finalizzata al superamento della situazione problematica.

Detto contributo viene erogato ai cittadini che ne hanno titolo, sempre che residenti da oltre un anno nel Comune al quale avanzano richiesta.

Per assistenza economica straordinaria si intende l'erogazione di un contributo "una tantum" finalizzato al superamento di una situazione imprevista ed eccezionale, incidente sulle condizioni di vita normali del nucleo familiare e tale da richiedere un intervento urgente, di entità rilevante e comunque non configurabile nella precedente casistica.

Per quanto concerne gli aspetti organizzativi, il servizio di assistenza economica, gestito dalle amministrazioni comunali, risulta articolato in diversi momenti ed aspetti: rispettivamente di accertamento, valutazione e proposta ed attuativo dal punto di vista dell'azione amministrativa.

Resta inteso che spettano all'assistente sociale le funzioni valutative e propositive ed all'unità amministrativa quelle attuative.

Per casi urgenti e comprovati, su proposta dell'ufficio di servizio sociale, il responsabile dell'assistenza economica può disporre, a gravare sui fondi di economato, l'erogazione di sussidi straordinari nei limiti fissati annualmente dal Consiglio comunale.

Pur conservando il servizio di assistenza economica la necessaria autonomia organizzativa, va precisato che tutti i servizi sociali di base dovrebbero essere coordinati e le rispettive linee di azione essere fra loro interdipendenti; pertanto i collegamenti tra amministrativi ed operatori sociali devono essere funzionali ed istituzionalizzati.

Per lo svolgimento del servizio di assistenza economica, le unità addette svolgeranno funzioni di accertamento degli assistibili, funzioni decisionali e funzioni di controllo e pertanto adotteranno procedure preordinate e utilizzeranno strumenti specifici che consentano una semplificazione del lavoro ed una maggiore rapidità di esecuzione.

Il servizio, perchè sia accessibile al massimo ed organizzato in forma capillare, dovrebbe essere allocato a livello di quartiere o di distretto.

Tra i possibili interventi, l'assistenza economica assume particolare rilievo in quanto si concretizza nella erogazione dei contributi finanziari atti a soddisfare i bisogni essenziali sopra definiti.

Tuttavia l'assistenza economica deve considerarsi come uno dei servizi, e neppure il più efficace, in grado di rimuovere le cause che determinano situazioni di bisogno e di emarginazione individuale e familiare.

Detto servizio, forse per troppo tempo a torto ritenuto come l'unica modalità di intervento, deve quindi essere attivato contemporaneamente ad altri interventi, ai quali va data dunque la giusta rilevanza.

Il contributo finanziario, infatti, pur non essendo sempre risolutivo, dovrebbe potere comunque essere orientato ad aggredire almeno alcuni aspetti della condizione di bisogno del singolo o del nucleo familiare.

Di qui l'esigenza e la essenzialità di rendere disponibile e fungibile una vera e propria rete di altri servizi socio-assistenziali attraverso i quali mettere in condizione il cittadino di fronteggiare la situazione, individuando sbocchi per lui positivi.

8) Assistenza domiciliare

Il servizio di assistenza domiciliare ha l'obiettivo di fornire prestazioni di carattere socio-assistenziale, infermieristico e medico all'utente presso il suo domicilio.

Attraverso l'adozione di forme di assistenza a carattere domiciliare, si intende dare una risposta concreta a bisogni temporanei, eccezionali e contingenti del cittadino solo ed in difficoltà o del nucleo familiare di appartenenza del cittadino stesso.

E ciò per favorire, quanto più possibile, la permanenza del soggetto, dell'anziano, dell'ammalato, del minore, nel proprio ambiente naturale, evitando di turbare determinati equilibri familiari o di ricorrere a forme di ricovero o di spedalizzazione, ove queste non siano strettamente indispensabili; ovvero nell'intento di assicurare la continuità delle mansioni domestiche in occasione di taluni determinati eventi (es. malattia di un componente il nucleo) affiancando, integrando e rafforzando l'azione della famiglia.

L'assistenza domiciliare si articola in prestazioni di varia natura, in rapporto alle esigenze degli utenti ed alle risorse disponibili:

- disbrigo delle faccende domestiche;

- preparazione o fornitura dei pasti;

- lavori di bucato o raccolta e riconsegna di biancheria;

- acquisto di alimenti o altri generi;

- espletamento di eventuali pratiche;

- sostegno psicologico;

- prelievi per analisi cliniche;

- assistenza infermieristica;

- riabilitazione fisio-motoria.

Per quanto concerne i destinatari del servizio di assistenza domiciliare bisogna rilevare che la casistica è piuttosto varia; comunque gli utenti che più frequentemente possono beneficiare delle prestazioni suddette sono:

- persone anziane che vivono sole o che sono parzialmente autosufficienti;

- handicappati minori o adulti che richiedono cure e assistenza che i familiari non riescono ad assicurare;

- madri di famiglia che, per contingenze le più varie (es. periodi di gestazione, malattie etc.), non possono accudire personalmente agli obblighi domestici;

- minori che, per esigenze particolari, possono avere bisogno di prestazioni domiciliari;

- altri soggetti in difficoltà per situazioni o condizioni contingenti.

Il servizio di assistenza domiciliare ha però come oggetto primo il nucleo familiare nel suo complesso o singoli membri di esso ai quali vengono fornite prestazioni specifiche, sempre nel contesto familiare, dove questo esiste, e integrandone le funzioni proprie.

Determinanti, ai fini dell'accesso al servizio, sono il livello di autosufficienza, l'età e la situazione familiare mentre il livello di reddito sarà preso in particolare considerazione solo per stabilire la eventuale quota di contributo al costo del servizio a carico dell'ente.

La tipologia degli operatori ipotizzabili per realizzare il servizio di assistenza domiciliare consegue necessariamente alle prestazioni che si intendono realizzare. Comunque in linea di massima si possono prevedere:

- l'assistente sociale;

- l'assistente domiciliare;

- l'infermiere o l'assistente sanitaria;

- l'autista.

Nei casi in cui occorra, si potrà prevedere l'intervento del medico e di eventuale personale specialistico a carico del servizio sanitario nazionale.

All'assistente sociale compete una funzione fondamentale di diagnosi psico-sociale, di organizzazione delle varie prestazioni fornite a livello domiciliare, di coordinamento di queste tra loro e con altre risorse presenti a livello territoriale.

La natura e la finalità del servizio implica che sia collocato ad un livello il più possibile capillarizzato. Pertanto, come gli altri servizi di base, dovrebbe essere - quando decentrato - presente a livello di quartiere o di distretto.

Ciò faciliterebbe il coordinamento tra i vari servizi, necessario per la interdipendenza che si viene a stabilire fra di loro.

Per l'organizzazione e la realizzazione del servizio sarà necessario disporre di un locale attrezzato o di strumenti tecnico-amministrativi per la documentazione dell'attività relativa.

9) Prestazioni in favore della famiglia. Interventi in favore di gestanti, puerpere e nuclei familiari in stato di bisogno e di abbandono

Sono prestazioni in favore della famiglia le seguenti:

- assistenza domiciliare;

- assistenza economica;

- invio in case d'accoglienza per gestanti e ragazze madri;

- istituzione di comunità di tipo familiare per nuclei familiari in difficoltà.

Sono assistibili con le prestazioni di cui al comma precedente le gestanti, le puerpere o i nuclei in condizione di bisogno non in grado di soddisfare tali bisogni con proprie risorse, fisiche o economiche, nel quadro di una più ampia tutela della maternità e della famiglia volta ad assicurare ad essa adeguate condizioni materiali e sociali.

Per l'accesso alle prestazioni di cui sopra è richiesta una situazione di disagio familiare o sociale della persona o del nucleo ovvero uno stato di salute fisica o psichica tale da giustificare le necessità della prestazione.

Chiaramente in questo caso la fascia di popolazione interessata deve essere individuata, nello specifico, dagli operatori perchè anche se più sopra definita, in realtà complesse e molte sono le cause che, di fatto, possono condurre in stato di bisogno gestanti, puerpere e nuclei familiari, laddove per bisogno non vanno intese solo esigenze economiche ma anche di convivenza sociale più generale.

Un caso, quindi, in cui individuati i soggetti e definito normativamente l'obiettivo, resta ampio lo spettro dei possibili interventi e dunque alta la responsabilità professionale degli operatori.

Ovviamente per i servizi qui esemplificativamente citati si dovrà poi fare riferimento - per la relativa applicazione - a quanto disposto dal presente regolamento nell'articolato relativo ai servizi stessi (si veda così l'assistenza domiciliare, l'assistenza economica e le case di accoglienza delle quali è necessario tenere presente la dovuta disponibilità a tal fine). Ulteriori riferimenti dovranno, comunque, essere fatti a tutte le disposizioni previste negli articoli seguenti circa anche i potenziali interventi nei confronti dei minori.

In tale ottica gli operatori sociali dovranno dedicare particolare attenzione a possibili interventi preventivi sia per riferimento ai minori (centri d'incontro, strutture socio-scolastiche, attività del tempo libero, formazione professionale inserimento lavorativo, ecc.), sia per riferimento ai nuclei familiari in stato di bisogno (assistenza abitativa, interventi nei confronti del capo famiglia, ecc.).

10) Prestazioni sostitutive della famiglia. Affidamento familiare e sostegno economico agli affidatari

Sono prestazioni sostitutive della famiglia gli affidamenti presso famiglie o persone o comunità di tipo familiare.

Sono assistibili con le prestazioni di cui al comma precedente i minori in stato di difficoltà psicologica, morale od ambientale ovvero temporaneamente privi di adeguata assistenza familiare.

Per quanto concerne l'affidamento di minori privi temporaneamente di idoneo ambiente familiare che deve essere disposto dal Comune su proposta dell'Ufficio di servizio sociale, esso avverrà prioritariamente presso famiglie, ovvero persone singole o comunità di tipo familiare riconosciute idonee allo scopo. Anche per tale ragione l'Ufficio di servizio sociale potrà tenere, in forma ovviamente oltre modo riservata, un elenco dei nuclei disponibili ad accogliere tali minori. Per l'affidamento è necessario il consenso dei genitori esercenti la patria potestà o del tutore nonchè sentire il minore che abbia compiuto il 12° anno di età ovvero nella osservanza delle norme vigenti (artt. 4 e 5 della legge 184 del 4 aprile 1983) qualora in attuazione di un provvedimento dell'autorità giudiziaria minorile.

Di norma ogni nucleo familiare o singolo affidatario non potrà vedersi affidati più di due minori, solo che non si tratti di minori provenienti dal medesimo nucleo familiare. E' comunque opportuno privilegiare l'affido a nuclei familiari con figli, al fine di non determinare forme di legame di tipo parentale di grave pregiudizio ai minori stessi allorchè dovranno rientrare nelle famiglie d'origine. Ulteriori normative ed adempimenti sia riguardo agli affidatari, sia riguardo alle famiglie di origine nonchè agli aspetti di sorveglianza e vigilanza così come quelli inerenti ai rapporti con l'autorità giudiziaria minorile che ha emesso il provvedimento, saranno emanate dal Comune interessato.

Ovviamente a tali nuclei affidatari va garantito, quando necessario, il sostegno economico finalizzato all'inserimento del minore nell'ambiente di vita in cui è stato accolto; di qui eventuali provvedimenti di assistenza economica che potranno essere deliberati ed a ciò finalizzati nel rispetto, in via generale, di quanto definito per la fruizione di tale prestazione, salvo quanto diversamente disposto dalla specifica normativa regionale.

Poichè tuttavia il provvedimento di affidamento viene riconosciuto come oltremodo complesso, delicato e di non facile realizzazione, nell'ambito delle proprie funzioni di "supporto tecnico", l'Assessore regionale agli enti locali provvederà, a latere del presente regolamento generale ma quale necessario completamento, all'emanazione di normative per quanto concerne la peculiare misura e la modalità di erogazione del contributo economico di cui al precedente capoverso, nonchè alla definizione di uno speciale regolamento-tipo del servizio affidamento sulla cui base i Comuni dovranno adottarne uno specifico che regoli tutte le procedure di cui al penultimo capoverso del presente articolo.

Proprio per questa ragione, del tutto particolare, l'affidamento - che riguarda peraltro una fascia di utenza ben specifica - non trova ulteriore trattazione nell'ambito della definizione dei servizi socio-assistenziali qui esposta.

11) Assistenza ai minori nei rapporti con l'autorità giudiziaria

Se ai minori in specifiche situazioni è già stata dedicata attenzione in altri articoli, particolari interventi non possono non prevedersi per una fascia "a rischio" individuabile nei minori che possono essere oggetto di tutela da parte dell'autorità giudiziaria. Detti interventi, nel nostro caso, non richiedono necessariamente un utilizzo di servizi; per questa ragione e relativamente a tale fascia di utenza sono previsti per il servizio sociale del Comune compiti di:

- prevenzione;

- vigilanza;

- accertamento;

- collaborazione con l'autorità giudiziaria.

Infatti il servizio sociale, secondo quanto disposto dall'art. 19 della legge 22/86 cui il presente regolamento fa costante riferimento, è tenuto a:

a) segnalare all'autorità giudiziaria tutti i casi di abbandono, di maltrattamento, di disadattamento di minori e di cattivo esercizio delle potestà parentali sia dal punto di vista materiale sia dal punto di vista morale, nonchè tutte quelle situazioni pregiudizievoli per la integrità del minore cui si debba dunque far fronte con un provvedimento specifico;

b) vigilare sull'osservanza dell'obbligo che hanno gli enti di assistenza, ospitanti minori con pernottamento, di inoltrare semestralmente al Giudice tutelare competente l'elenco dei minori ricoverati o assistiti corredato dalle notizie richieste dall'art. 9, IV comma, della legge n. 184 del 4 maggio 1983;

c) svolgere, se richiesti dall'autorità giudiziaria, una serie di indagini e di accertamenti di natura psico-sociale finalizzati dall'autorizzazione al matrimonio dei minori, all'affidamento della prole nei casi di separazione dei coniugi o di scioglimento o di dichiarazione di nullità del matrimonio, all'esercizio della patria potestà dei genitori e alla pronunzia di decadenza della patria potestà o di reintegrazione di essa;

d) collaborare, sempre con l'autorità giudiziaria, per gli accertamenti ai fini dello stato di adottabilità, dell'affidamento preadottivo e della adozione, ai sensi del II titolo della legge n. 184 del 4 maggio 1983.

Ulteriore collaborazione, sempre con l'autorità giudiziaria, nell'ambito delle competenze amministrative e civili dell'ente locale, è prevista da parte del Comune nei confronti dei minori soggetti a provvedimenti dell'autorità giudiziaria stessa attraverso la necessaria assistenza, anche con prestazioni specifiche di carattere psicologico (si veda: il servizio sociale professionale) e di sostegno economico (si veda: l'assistenza economica) sia alle famiglie di origine sia agli affidatari.

Gli interventi da privilegiarsi in tutti questi casi devono rivestire un carattere preventivo, almeno fino a quando ciò sia ritenuto possibile ed ancora efficace. L'azione, infatti, del servizio sociale non deve confondersi con quella spettante all'autorità giudiziaria; anzi, nei casi di affiancamento e collaborazione, le distinte funzioni e i diversi obiettivi, seppure coordinati, devono permanere chiari.

Un'ultima norma dell'art. 10 stabilisce, infine, che il recupero delle spese per il ricovero e l'affidamento familiare deve attuarsi esclusivamente nei confronti dei Comuni non siciliani in base a quanto previsto dall'art. 72 e seguenti della legge n. 6972 del 17 luglio 1890 e successive modifiche e integrazioni.

12) Interventi di ricovero volti a garantire l'assistenza di tipo continuativo a persone fisicamente non autosufficienti o aventi necessità di interventi diversi da quelli esplicitamente previsti

La fascia di popolazione, e potenzialmente di utenza, qui individuata fa riferimento a persone di ogni età fisicamente non autosufficienti o aventi necessità di interventi specifici e particolari, che richiedono sia garantita una assistenza di tipo continuativo, vale a dire a tempo pieno (temporanea o meno) ed una collocazione in ambiti sociali adatti. Risulta chiaro anche dai termini definitori che, nel caso presente, l'intervento di ricovero, definito e scelto in base alle caratteristiche dei soggetti (giovani, adulti, ecc.), farà riferimento alle norme dell'articolato di quelle strutture residenziali più oltre individuate purchè in grado di garantire una assistenza adeguata e continuativa (es.: casa protetta, ecc.).

Ma, mentre nel primo caso citato (persone fisicamente non autosufficienti) non sono prevedibili altre soluzioni successive al ricovero se non l'inserimento o il reinserimento o l'affidamento (in caso di minori) in un nucleo familiare atto a garantire quanto necessario al soggetto, nel secondo caso (persone aventi necessità di interventi diversi da quelli esplicitamente previsti) l'intervento di ricovero può anche essere temporaneamente definito, e quindi "strumentale" all'attivazione e messa in essere dei necessari interventi risolutivi (inabilità temporanea di persone sole, ecc.).

13) Assegni personali per dimissioni di minori, anziani, inabili, già ricoverati

La fascia di popolazione, e quindi, di potenziale utenza, qui individuata si riferisce a tutte le persone che, a causa della condizione peculiare che li rende maggiormente esposti ad emarginazione (minori, anziani, inabili, ma anche handicappati, ex tossicodipendenti, ecc. ), e dunque fasce "deboli" nel contesto sociale, appena usciti da un ricovero, soprattutto se grave e/o prolungato, potrebbero incontrare difficoltà nel reinserimento pieno e reale nella collettività, da cui sono stati "assenti".

L'obiettivo, dunque, in questo caso della politica socio-assistenziale dovrà essere quello del rapido reinserimento a pieno titolo nella comunità originaria. Se ne deduce, quindi, che per il perseguimento di detto obiettivo le scelte di intervento che un operatore dovrà e potrà compiere possono essere molteplici. Prevedendo difficoltà non lievi, la legge individua espressamente la opportunità di una deliberazione di assegni personali per tutto il tempo necessario ad un pieno reinserimento. Per il loro ammontare e per le procedure da attivarsi si rinvia a quanto definito nell'articolato sulla assistenza economica, servizio di riferimento obbligato in questo caso.

Si ritiene, tuttavia, opportuno sottolineare come, nella ottica dell'obiettivo sopra specificato da perseguire, l'orientamento dell'operatore dovrà potersi indirizzare anche verso tutti gli altri interventi funzionali allo scopo, in particolare l'inserimento lavorativo, il reinserimento nella famiglia di origine, quando esistente, e l'inserimento nella comunità attraverso le sue espressioni di tempo libero ed amicali (centro diurno, gruppi di amici, ecc.).

14) Assistenza economica a famiglie di detenuti e di vittime del delitto

La fascia di popolazione, e di potenziale utenza, in questo caso individuata, si riferisce ai nuclei familiari che abbiano dovuto lamentare perdite di vite umane, afferenti al nucleo stesso, a seguito di azioni violente o delittuose, ovvero che si trovino a dover registrare la detenzione di un proprio membro, specie se capofamiglia.

E' chiara, in tal caso, la condizione di particolare difficoltà e di esposizione a rischi di "devianza" che afferisce ai componenti del nucleo familiare citato. Per periodi determinati, dunque, e fino a quando il nucleo stesso non si sia reso autonomo ed autosufficiente, può essere previsto un intervento di assistenza economica seguendo peraltro le norme esplicitate nell'articolato di tale servizio.

Anche per quanto attiene questa fascia di utenza si evidenzia, comunque, che i tipi di intervento potenzialmente necessari possono risultare ben più ampi rispetto a quelli qui definiti e che l'orientamento dell'operatore non dovrà mai perdere di vista queste possibilità per coglierne l'utilità e la conseguente potenziale attivazione (es.: inserimento lavorativo di eventuali membri della famiglia in età e condizione lavorativa; avvio in centri di formazione professionale, sostegno scolastico; interventi di socializzazione; ecc.).

15) Assistenza post penitenziaria per il recupero ed il reinserimento di minori ed adulti sottoposti a provvedimenti dell'autorità giudiziaria

Anche se la legge ha, per semplicità, accomunato in un unico articolo differenti soggetti, è chiaro che le fasce di utenza in questo caso, pur essendo comune l'obiettivo (il recupero ed il reinserimento nella vita sociale) e la condizione (soggetti sottoposti a provvedimenti dell'autorità giudiziaria), risultano ben distinte:

- minori;

- adulti.

Si fa presente e si sottolinea ciò con forza in quanto, seppur la normativa individua interventi e servizi da utilizzare allo scopo, l'orientamento alla soluzione dei problemi da parte degli operatori deve potersi mantenere differenziato per le due fasce di utenza.

Se, infatti, per i servizi e gli interventi esplicitamente citati (l'assistenza economica, l'assistenza abitativa, i servizi residenziali di pronto intervento, di ospitalità e per trattamenti eventualmente necessari) si può fare riferimento per la loro applicazione a quanto disposto negli articoli appositi, particolare e differenziato deve essere l'approccio ai problemi che il minore o l'adulto presentano e le modalità in base alla quale ci si orienta a risolverli.

In tale ottica pure gli ulteriori interventi possibili (dall'inserimento lavorativo anche attraverso cooperative, esplicitamente nominato dalla legge 22/86, all'inserimento in comunità locali o gruppi primari) devono essere comunque adeguati al soggetto cui gli stessi sono diretti e finalizzati.

16) Iniziative volte alla prevenzione del disadattamento e della criminalità minorile mediante la realizzazione di servizi ed interventi finalizzati al trattamento ed al sostegno di adolescenti e giovani in difficoltà

E' questo il caso più evidente in cui la legge ha individuato la fascia di popolazione e di utenza potenziale (gli adolescenti e i giovani in difficoltà) senza peraltro predeterminare i servizi e le iniziative per essa attivabili ma individuando invece l'obiettivo da perseguire: quello di prevenire la devianza e la criminalità minorile, realizzando opportuni inserimenti e soddisfacenti socializzazioni nel contesto territoriale più complessivo.

Alcuni di questi servizi sono senza dubbio qui menzionati (dall'assistenza economica, ai centri di accoglienza, al centro diurno, ecc.) ed andranno attentamente valutati dall'operatore nella loro capacità o meno di consentire il raggiungimento dell'obiettivo. Altri, comunque, andranno tenuti presenti anche se implicano la collaborazione con differenti strutture; si ricorda qui l'inserimento lavorativo perchè, sapendo appunto quanto possa rappresentare l'occupazione per una persona, se ne riconoscono anche le potenzialità preventive.

Un ulteriore intervento è senza dubbio rappresentato, in presenza di evasione dall'obbligo scolastico ovvero in presenza di difficoltà rilevanti incontrate dai soggetti, da quel complesso di azioni che possono essere attivate onde ottenere gradualmente una normalizzazione per quanto attiene la condizione educativo-formativa e le relative implicazioni socializzanti.

In tali casi particolare attenzione va dedicata alla famiglia del minore in difficoltà in quanto certamente coinvolta (o comunque da coinvolgere) per raggiungere gli obiettivi preventivi in termini significativi e consolidati.

17) Altre forme di assistenza anche integrative degli interventi indicati dalla legge 22/86, idonee a sostenere il cittadino in ogni situazione temporanea o permanente di insufficienza di mezzi economici e di inadeguata assistenza familiare

In questa formulazione si intendono ricomprendere tutti i cittadini quali potenziali utenti, sottolineando così l'universalità dell'intervento socio-assistenziale ed i suoi obiettivi, "emancipatori", civili ed umani.

L'attenzione, dunque, dovrà sempre essere orientata a cogliere con idonee rilevazioni e con la definizione di mappe di rischio quei cittadini che, per ragioni temporanee o permanenti, cadano in situazioni di bisogno (in quanto a condizione economica e di assistenza). L'intervento, in questi casi, è poco predefinibile o pre-determinabile; l'operatore saprà nella sua autonomia e competenza professionale individuare di volta in volta le iniziative opportune, anche se qui non citate, avendo presente tutte le risorse sociali disponibili ed operanti sul territorio.

18) Centri diurni di assistenza e di incontro per minori, inabili ed anziani

Il centro diurno è una struttura a carattere territoriale articolata e flessibile, che accoglie vari servizi aperti alla comunità e particolarmente destinati per corrispondere alle diverse esigenze della popolazione. In esso vengono organizzate varie attività con lo scopo di favorire processi di socializzazione, nonchè erogate eventuali prestazioni che rispondano a specifici bisogni dell'utenza.

Gli utenti sono in specifico minori, inabili, anziani e handicappati fisici e/o sensoriali non gravi.

Le attività consistono in attività ricreative, culturali e sociali che rendano il centro un luogo di incontro o di iniziative che possono estendersi anche sul territorio nonchè sede di emanazione di altri servizi.

Le iniziative possono essere:

- cineforum;

- conferenze/dibattiti;

- attività manuali ed artigianali;

- attività musicali;

- attività di carattere filatelico;

- programmazione di visite guidate;

- organizzazione di gite;

- attività sportive.

In relazione ai bisogni dell'utenza e delle risorse e strutture disponibili possono prevedersi anche specifiche attività di carattere assistenziale (es.: mensa).

Il Centro dovrà prevedere locali e attrezzature adeguate alle attività da realizzare e restare aperto almeno sette ore giornaliere in orari adatti all'accoglimento dell'utenza cui è diretto.

Si deve prevedere la presenza dell'assistente sociale, di animatori socio-culturali, di ausiliari generici e dell'infermiere professionale (anche in convenzione).

Il servizio bar, quando previsto, potrà essere esercitato in gestione diretta oppure appaltato.

La localizzazione della struttura deve essere centrale rispetto alla vita associativa comunale e quindi risultare facilmente raggiungibile nel caso di piccoli/medi Comuni; in tutti i casi, in cui sia prevista la istituzione dei quartieri, il centro deve essere presente possibilmente in ognuno di essi.

Il Centro deve avere un proprio regolamento interno, che preveda la partecipazione degli utenti alla gestione dell'attività.

19) Comunità alloggio per minori, inabili ed anziani

Le Comunità alloggio sono appartamenti dove vivono insieme un piccolo numero di persone che non hanno la possibilità di rimanere nel proprio domicilio per motivi di carattere economico - familiare - alloggiativo. Possono avere funzioni di pronto intervento e/o di permanenza prolungata e devono essere ubicate in zone del territorio cittadino che consentano l'effettiva partecipazione alla vita sociale, evitando ogni forma di emarginazione.

Questo servizio si pone come soluzione alternativa al ricovero in Istituti assistenziali per minori, in case di riposo per anziani e in case di cura per handicappati fisici.

In ogni Comunità devono essere previsti un operatore responsabile della conduzione della Comunità stessa, una cuoca nonchè ausiliari utilizzati per la pulizia dei locali.

Per le comunità alloggio si dovrà fare riferimento anche all'assistente sociale ed alle eventuali figure sanitarie presenti nel territorio.

I raccordi fra le Comunità alloggio ed i servizi territoriali di base devono essere coordinati dall'assistente sociale.

Le comunità alloggio dovranno preferibilmente essere inserite in normali strutture abitative con alloggi adeguatamente costruiti o ristrutturati.

Per la costruzione di tali strutture, i Comuni all'atto dell'assegnazione delle aree agli I.A.C.P. per l'attuazione di specifici programmi di competenza degli Istituti predetti, potranno chiedere che nei suddetti programmi vengano inclusi edifici di tipologia residenziale a ciò destinati.

20) Case albergo per minori, inabili ed anziani

La casa-albergo è un complesso di appartamenti minimi, di diversa tipologia, dotati di tutti gli accessori necessari per consentire una vita autonoma, destinati a giovani, anziani, nuclei familiari, nonchè adulti inabili ma autosufficienti.

Gli alloggi, raggruppati in unità residenziali, sono dotati di servizi collettivi così da consentire la scelta tra un tipo di vita prevalentemente autonoma e un tipo di vita prevalentemente comunitaria.

Le case-albergo devono essere ubicate in seno ad agglomerati urbani o comunque in centri di vita attiva, dotati cioè degli elementi essenziali per una vita completa ed organizzata (punti di vendita, luoghi di culto, centri culturali e ricreativi, verde attrezzato, servizi sanitari, trasporti pubblici).

Devono essere previsti una unità responsabile per la conduzione del complesso, un cuoco, ausiliari per la pulizia dei locali nonchè un portiere addetto anche ai lavori di manutenzione, all'impianto di riscaldamento, al giardinaggio, ecc.

Anche per la casa-albergo si dovrà fare riferimento all'assistente sociale e alle eventuali figure sanitarie presenti sul territorio.

I raccordi tra le case-albergo ed i servizi territoriali di base devono essere coordinati dall'assistente sociale.

21) Case protette per minori ed anziani inabili

La casa protetta ospita persone non autosufficienti e scarsamente autosufficienti in alloggi con un servizio di assistenza continua di carattere sanitario, domestico e sociale. Deve altresì essere localizzata nel centro urbano.

La casa protetta deve prevedere un operatore sociale responsabile della direzione, un cuoco, ausiliari per la pulizia dei locali, nonchè un assistente sociale (part-time).

Il personale infermieristico e di riabilitazione deve di norma essere garantito dall'U.S.L.

22) Centri di accoglienza per ospitalità diurna o residenziale temporanea

Sono costituiti da strutture che accolgono persone sufficientemente autonome e in grado di autogestirsi ma con problemi familiari, sociali ed economici.

La permanenza nel centro è normalmente limitata nel tempo, essendo un intervento di tipo assistenziale non prioritario nella scala delle risposte da dare ai cittadini.

In ogni caso valgono per tali strutture tutte le normative e gli orientamenti definiti per il "Centro diurno" già previsto nel presente regolamento; essendo previsto il pernottamento, se pur limitato nel tempo, sotto il profilo strutturale occorrerà includere adeguati ambienti da destinare ai residenti e sotto il profilo organizzativo individuare il personale necessario a garantire una eventuale sorveglianza notturna.

23) Soggiorni di vacanza

E' un servizio sociale destinato a minori, anziani ed eventualmente nuclei familiari, inteso quale strumento di socializzazione, di crescita culturale e sociale. Per quanto concerne i minori sono da privilegiare i soggetti provenienti da nuclei familiari in condizioni economico-sociali precarie oppure minori portatori di handicaps.

Il personale da prevedersi per tale servizio è costituito da animatori socio-culturali, da un infermiere professionale e da ausiliari di assistenza.

24) Assistenza abitativa

L'assistenza abitativa prevede l'assegnazione di alloggi in uso gratuito o in locazione con canoni ridotti, possibilmente nel quartiere di residenza, a persone e nuclei familiari temporaneamente privi di alloggi e in chiare difficoltà economiche, nel rispetto delle norme previste dalle vigenti leggi.

25) Gratuità dei servizi e concorso al costo degli interventi

Gli interventi ed i servizi socio-assistenziali attuati a livello comunale o sovra-comunale si distinguono in:

- servizi con accesso gratuito all'intera popolazione, quali il segretariato sociale, il servizio sociale professionale, iniziative risocializzanti dei centri diurni e d'incontro;

- servizi per i quali l'accesso gratuito è subordinato al possesso di un reddito familiare non superiore al limite stabilito per l'esenzione sanitaria, relativamente però ai redditi previsti per nuclei familiari il cui capo famiglia è di età inferiore ai 65 anni.

In via di prima applicazione con decreto dell'Assessore regionale per gli enti locali vengono determinate le quote di compartecipazione al costo dei servizi da parte degli utenti il cui reddito familiare supera la fascia esente ai fini dell'accesso gratuito.

Per servizi di tipo residenziale che, avuto riguardo alle prestazioni erogate, comportano elevati costi gestionali, possono, altresì, prevedersi, in sede di prima applicazione ovvero di piano triennale, forme di partecipazione al costo dei servizi anche da parte degli utenti il cui reddito familiare è inferiore al limite della fascia esente per l'accesso gratuito; detta partecipazione non deve comunque comportare l'assorbimento dell'intero reddito goduto dal soggetto beneficiario, allo scopo di garantirgli la disponibilità di una quota finanziaria.

Rimane ferma comunque l'esigenza che non si debba operare alcuna discriminazione per l'accesso ai servizi essendo questi destinati a tutti i cittadini, e tenuto conto dell'insufficienza dei mezzi finanziari degli enti locali garantire prioritariamente coloro che non dispongono di risorse economiche.

26) La vigilanza, il coordinamento, il controllo e la verifica degli interventi non gestiti in forma diretta

Come è noto non tutti i servizi possono essere gestiti direttamente dal Comune, anzi laddove i tempi per l'adeguamento delle piante organiche risultino non brevi, ovvero un conto economico dimostri la non convenienza di una gestione diretta (anche se in forma associata fra più Comuni, associazione che comunque deve sempre e prioritariamente ricercarsi sia nella gestione diretta che in quella in convenzione), si dovrà procedere ad un convenzionamento con le associazioni e le istituzioni socio-assistenziali nonchè con associazioni di volontariato iscritte all'albo regionale previsto dall'art. 26 della legge 22/86.

Le convenzioni dovranno prevedere: il tipo, l'ampiezza e la natura delle prestazioni da erogare, l'utenza cui devono essere dirette, i costi unitari per i servizi resi ed i limiti minimi e massimi di erogazione dei medesimi, nonchè le professionalità necessarie ed atte a svolgere le prestazioni.

Poichè il rapporto formale e sostanziale deve risultare con un ente di fatto o di diritto, ogni direttiva o disposizione deve essere inviata all'ente convenzionato e mai ai singoli operatori o soggetti erogatori delle prestazioni.

Ciò non indebolisce, anzi esalta il ruolo di verifica e di controllo che lo stesso Comune dovrà esercitare, inoltrando ogni conseguente rapporto all'ente con il quale è stata contratta la convenzione.

Coordinamento e controllo specifici dovranno essere attuati anche nei confronti delle strutture diurne e residenziali gestite da privati, non interessati alle convenzioni, secondo quanto previsto dall'art. 27 della stessa legge 22/86.

27) Gli operatori e la loro formazione

Anche se sono molti i fattori che vanno ad influire sulla efficienza e sulla efficacia degli interventi, non c'è dubbio che il ruolo degli operatori assume rilevanza fondamentale e pregiudiziale in quanto il rapporto bisogni/servizi è sempre mediato, in forma altamente qualificante, dall'intervento e dalla professionalità degli operatori stessi.

Per questa ragione si considera la formazione degli operatori un momento non solo di acquisizione conoscitiva ma anche di orientamento alla modifica organizzativa degli interventi. Pur avvertendo che il problema è molto complesso (nelle sue articolazioni di formazione di base, all'entrata e sul lavoro), si ritiene di sottolineare particolarmente il significato che viene ad assumere un aggiornamento professionale sul lavoro al momento dell'avvio o della riorganizzazione dei servizi. Anche per tali iniziative si raccomanda una adeguata programmazione sia per figure professionali (assistenti sociali, assistenti domiciliari, ecc.) sia per aree di intervento (tutti gli operatori impegnati nei servizi per gli anziani, ecc.), con il concorso determinante, in termini finanziari e di coordinamento, delle singole province regionali.

28) Il coordinamento con gli altri servizi ed interventi attuati sul territorio

Elemento caratterizzante della legge 22/86 è l'orientamento volto a garantire interventi coordinati ed integrati (art. 17) fra servizi socio-assistenziali ed altri interventi territoriali, in particolare sanitari; a tal fine la legge prevede opportunamente sia strumenti e momenti operativi, sia strumenti e momenti politico-programmatori.

Prioritaria rilevanza in tale ottica viene ad assumere il coordinamento con i servizi dell'U.S.L. a partire dall'area distrettuale.

Unità sanitarie locali da un lato e servizi socio-assistenziali dall'altro garantiscono dunque i reciproci interventi integrativi e tutte quelle iniziative che risultano in connessione con il settore socio-assistenziale o sanitario. Il Comune e l'Ufficio di direzione dell'U.S.L., a tal fine, promuovono gli interventi di propria competenza o li richiedono, se ritenuti necessari, ai fini della integrazione.

Riunioni operative fra ufficio di direzione della U.S.L. e responsabili degli Uffici di servizio sociale dei Comuni interessati rendono possibile tale orientamento e collaborazione e sono promosse per l'attuazione delle direttive in questo senso emanate dagli Assessori regionali competenti (art. 54) e per la attuazione e la verifica del piano triennale.

Interventi coordinati andranno predisposti in specie per alcune fasce di utenza: i dimessi dagli ospedali psichiatrici ed i malati di mente; i tossicodipendenti; gli handicappati; gli anziani non autosufficienti, nonchè gli utenti relativi all'area della maternità, dell'infanzia e dell'età evolutiva.

I rapporti organici tra i Comuni e le UU.SS.LL. vengono gestiti negli aspetti politico-programmatori da un Comitato di coordinamento della gestione integrata, costituito dai sindaci facenti parte dell'associazione costitutiva dell'U.S.L. (ovvero dal Consiglio comunale se l'U.S.L. coincide con il territorio di un solo Comune) al quale sono affidati i compiti di cui all'art. 18. Le sue deliberazioni devono essere formalmente verbalizzate e quindi recepite negli atti deliberativi dell'U.S.L. e dei Comuni interessati.

Il Comitato istituzionalmente si riunisce - avendo per segretario un dipendente dell'U.S.L. - due volte l'anno su convocazione del sindaco del Comune sede dell'U.S.L. stessa ed, in via straordinaria, quando ne faccia richiesta almeno un terzo dei Comuni associati (ovvero almeno un terzo dei consiglieri comunali se l'U.S.L. coincide con il territorio di un solo Comune).

Si vuole in questa sede porre in particolare evidenza il ruolo fondamentale ed innovativo (anche rispetto alla legislazione nazionale) che vengono ad assumere da un lato il Comitato e dall'altro le riunioni operative.

Il primo dovrà verificare che:

1) il programma triennale risulti coerente con gli obiettivi di una gestione integrata;

2) le scelte e le priorità definite nei programmi annuali dall'U.S.L. e dagli Uffici di servizio sociale, comprendano interventi integrati e coordinati nei settori dove più intensa è l'urgenza con particolare riferimento alle fasce d'utenza prima ricordate;

Dovrà inoltre:

3) esprimere pareri sulle risorse finanziarie destinate all'attività integrata e stabilire annualmente le quote di partecipazione dei Comuni agli oneri della gestione integrata;

4) risolvere o comunque affrontare ogni problema politico-programmatico che dovesse insorgere fra Comuni e U.S.L. prima che questo possa indebolire o porre in discussione e non fare sentire i Comuni stessi estranei ma soggetti agenti in prima persona in tutte le decisioni di gestione integrata.

Risulta chiaro dunque come i Comuni non solo dovranno sostenere e partecipare attivamente a tale organismo, ma ne devono divenire e ne possono divenire membri attivi in grado il qualificare ed orientare le scelte integrate ai bisogni ed alle esigenze specifiche di ciascun territorio anche se gestite, per esigenze di efficienza e funzionalità, a livello sovracomunale.

Le riunioni operative, infine, rivestono grande importanza per la gestione concreta degli interventi integrati e per l'attuazione delle direttive che emergeranno dal Comitato. Tali riunioni, di fatto, dovranno operativamente appunto avviare, consolidare e verificare detti interventi cercando di risolvere i problemi e le difficoltà concrete e specifiche che insorgeranno in gestioni tanto importanti quanto non semplici.

Da ultimo si raccomanda che un analogo, anche se più snello coordinamento operativo, ma ugualmente programmatico, vada perseguito:

a) con tutte le iniziative inerenti la scuola, il tempo libero e lo sport gestite dai Comuni stessi;

b) con tutte le iniziative che sono presenti sul territorio e gestite da associazioni, cooperative e privati ed istituzioni anche su base volontaristica.

29) Servizi, analisi dei bisogni e sistema informativo socio-assistenziale

Fondamento delle scelte e delle priorità che devono trovare immediata risposta con interventi ed azioni idonee, risulta - come anticipato - una analisi sistematica dei bisogni e della domanda.

Tale esigenza va poi completata con quella, pure indispensabile, di poter disporre di statistiche ed informazioni su cosa si fa, chi lo fa, come viene fatto e quali siano i risultati di efficienza e di efficacia.

Su tale prospettiva si viene a configurare la necessità di un vero e proprio sistema informativo socio-assistenziale, poi interfacciabile anche con quello sanitario, che vede oggi le regioni impegnate alla sua definizione ed al suo avvio.

Il sistema informativo si articola in: S.I. di esercizio e S.I. di governo. Il primo deve acquisire informazioni e dati sulle singole attività, sulle risorse, sul personale e sulla utenza al fine di un migliore orientamento degli interventi effettuati; il S.I. di governo è quello finalizzato ad offrire elementi conoscitivo-interpretativi per la decisione, la programmazione e il controllo.

In questo quadro, essenziale risulta che le rilevazioni di sintesi (e mai nominative) richieste dai diversi livelli di Governo nazionale e regionale possano via via ottenersi dal bagaglio informativo degli operatori e che gli stessi usano per la propria prassi quotidiana.

Tutto ciò spinge ad auspicare che, contemporaneamente alla definizione di un quadro di riferimento regionale (sistema informativo e banca-dati regionali), che emergerà con il piano triennale, a livello locale i singoli addetti al segretariato sociale avviino la sistematizzazione almeno, ed "in primis", dei dati di attività e delle statistiche di utenza, oltre ad indagini "ad hoc" per la rilevazione dei bisogni, inerenti ai servizi considerati di base e/o prioritari.

Si dovrà fare tuttavia attenzione a non raccogliere autonomamente tutti quei dati di natura socio-economica e territoriale, indispensabili per fare scelte sui servizi socio-assistenziali, ma rintracciabili già presso altri Enti o reparti della stessa Amministrazione comunale.

Per tutte le esigenze di indagini "ad hoc" di un certo rilievo, quali quelle che si richiedono per l'avvio o l'impianto di un servizio ovvero quelle che investono più territori comunali, l'Ufficio di servizio sociale potrà richiedere il supporto tecnico della Provincia, il parere anche degli uffici regionali e, se del caso, l'intervento di istituiti di ricerca specializzati.

30) Ruolo della Provincia

Secondo quanto previsto dagli artt. 13 e 15 della legge 9/86, ed oltre quanto stabilito dall'art. 49 della legge n. 22/86 relativamente all'affidamento in convenzione ai Comuni singoli od associati dei servizi di loro competenza in favore di minori, gestanti e madri, il ruolo della Provincia nel quadro di una politica programmatica ed organica degli interventi socio-assistenziali trova una qualificazione ed una funzione fondamentali:

a) nella realizzazione e gestione di strutture assistenziali di interesse sovracomunale;

b) nella promozione ed attuazione di iniziative ed attività di formazione professionale per gli operatori socio-assistenziali nel quadro di programmi organici di aggiornamento e formazione sul lavoro rispondenti alle esigenze delle diverse figure professionali operanti nei differenti territori;

c) nel ruolo di "supporto tecnico" per le esigenze che i Comuni, singoli od associati, dovessero far emergere e che richiedono interventi di ampio respiro;

d) nella funzione promozionale che ne deriva, aderendo ed incoraggiando iniziative gestionali congiunte da parte dei Comuni sulle materie previste dall'art. 15 della legge n. 9/86.

31) Orientamenti finali, ruolo della Regione, rinvio al piano triennale ed alla promulgazione degli standards

Nel quadro di una politica organica dei servizi socio-assistenziali e per un avvio e gestione degli stessi sempre più rispondente alle esigenze dei differenti territori, la Regione - e per essa l'Assessorato regionale degli enti locali - svolge attività di programmazione, controllo, assistenza tecnica ed incentivazione e promozione anche finanziaria.

In tale ottica provvede:

1) alla predisposizione del piano triennale e degli standards dei servizi socio-assistenziali;

2) attraverso decreti dell'Assessore per gli enti locali, alla normativa ed al regolamento-tipo relativo all'affidamento, nonchè - in via di prima applicazione - alla definizione delle fasce di reddito per le quali è previsto un contributo ai servizi;

3) alla promozione, attraverso incentivi finanziari, di piani di servizi socio-assistenziali in aree di maggiore rischio sociale;

4) alla predeterminazione della consistenza numerica degli operatori sociali in rapporto al territorio e relativa promozione di piani formativi;

5) alla stipula di convenzioni con istituti universitari, enti ed organismi qualificati per iniziative di studio, ricerca, formazione, aggiornamento e riqualificazione degli operatori;

6) alla definizione dell'albo regionale delle istituzioni socio-assistenziali articolate in sezioni a secondo la natura della attività, finalizzato alla stipula delle convenzioni da parte dei comuni;

7) alla predisposizione di schemi di convenzione che i comuni potranno adottare per la gestione dei servizi;

8) al controllo sugli enti locali, all'adozione di interventi di assistenza tecnica nonchè ad interventi sostitutivi a carico di enti inadempienti.