
ASSESSORATO
DEL TERRITORIO E DELL'AMBIENTE
CIRCOLARE 20 luglio 1992, n 2/92 D.R.U.
G.U.R.S. 19 settembre 1992, n. 44
Direttive in ordine all'applicazione degli articoli 5, 6 e 36 della legge regionale n. 37/85 e dell'articolo 14 della legge regionale n. 30/90. Disciplinare tipo per studio agricolo-forestale ex art. 3, legge regionale n. 15/91.
Ai sindaci dei comuni della Regione
Ai capi degli Uffici tecnici dei comuni
della Regione
e, p.c.
Alla Presidenza della Regione
Agli Assessorati regionali
Alla Corte dei conti
Al Consiglio di giustizia amministrativa
per la Regione Siciliana
Al Tribunale amministrativo regionale,
Sez. di Palermo
Al Tribunale amministrativo regionale,
Sez. di Catania
Alle Prefetture
Alle Preture
Al Provveditorato OO.PP.
All'Azienda autonoma delle strade statali
Alle Amministrazioni provinciali
Agli Ispettorati ripartimentali delle foreste
Alle Soprintendenze ai beni culturali ed ambientali
Alle Commissioni provinciali di controllo
Agli Uffici del Genio civile
Premessa
Da parte di alcuni comuni dell'Isola sono pervenuti a questo Assessorato quesiti vari, fra i quali assumono particolare rilevanza quelli relativi all'ambito di applicazione delle "deroghe" ex art. 36, 1° e 3° comma della legge regionale n. 37/85, del tipo di prefabbricati e di recinzioni da consentire in applicazione, rispettivamente, degli artt. 5 e 6 stessa legge n. 37/85, e dell'ambito di applicazione del disposto ex art. 14 della legge regionale n. 30/90.
Questo Assessorato ritiene che, su quanto forma oggetto dei quesiti precedentemente citati, sia necessario fornire ai comuni direttive d'ordine generale per una corretta applicazione delle disposizioni legislative anzidette, che consentono "deroghe", nei confronti degli strumenti urbanistici comunali, o di altre norme urbanistiche vigenti.
1) Applicazione deroga ex art. 36, comma 1°, della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37
Alcuni comuni costieri hanno chiesto chiarimenti in ordine all'applicazione della deroga prevista dal 1° comma dell'art. 36 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37, riferita alle industrie alberghiere, con riguardo all'ambito di applicazione ed alle modalità di computo dell'ampliamento consentito.
Com'è noto, con l'art. 18 della legge regionale 26 maggio 1986, n. 26, il disposto di cui all'art. 36 soprarichiamato viene esteso anche alle "industrie alberghiere", che possono pertanto "effettuare ampliamenti degli immobili strettamente necessari alle esigenze produttive... in deroga alle disposizioni contenute negli strumenti urbanistici".
Dal tenore letterale della norma adesso citata, risulta chiaro che il legislatore abbia voluto porre in maniera rigorosa l'ammissibilità della deroga in questione, limitandola cioè ai soli casi in cui questa si rende indispensabile.
Al riguardo, va osservato che l'aggettivazione "produttive", debba correlarsi in prima istanza alla capacità ricettiva degli impianti alberghieri, e pertanto gli ampliamenti richiesti dovranno riguardare prioritariamente l'aumento, in termini quantitativi, della ricettività degli stessi. In termini qualitativi, potranno, altresì riguardare le proposte di ampliamento che attengano ad un miglioramento del servizio alberghiero.
Considerato che la norma in esame si riferisce anche alle "industrie alberghiere", al fine di determinare l'esatto campo di applicazione della deroga in questione, si ritiene ci si debba necessariamente riferire alle tipologie ricettive oggetto di classificazione in disposizioni normative sia statali che regionali, relative al settore turistico.
In particolare, si evidenzia che la deroga consentita dall'art. 36, riguarda esclusivamente le disposizioni contenute negli strumenti urbanistici, e non anche quelle direttamente discendenti da disposizioni di legge. Di conseguenza, non potrà consentirsi alcun ampliamento - in applicazione dell'art. 36 - allorquando gli insediamenti alberghieri esistenti (o produttivi in genere, ai sensi della stessa norma) ricadano in zone non edificabili in virtù di disposizioni di legge e non per scelta delle amministrazioni in sede di formazione ed approvazione degli strumenti urbanistici.
In tal caso, non sarà ad esempio possibile fruire della deroga anzidetta nelle fasce di rispetto dei 150 metri dalla battigia del mare di cui all'art. 15 lettera a) della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78, così come del resto nelle fasce di rispetto dei laghi, dei boschi e dei parchi archeologici previste dallo stesso articolo 15, nelle fasce di rispetto stradali ex art. 4 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1404, ecc...
L'ampliamento consentito non potrà eccedere il 30 per cento della superficie coperta degli impianti esistenti, da intendersi questa, comprensiva di tutte le costruzioni che ricadono nell'area di pertinenza di detti impianti. Ovviamente, gli ampliamenti consentiti comporteranno un incremento in termini volumetrici, che potranno realizzarsi anche su più elevazioni, nel rispetto però di tutti gli altri parametri edilizi prescritti dalle norme di attuazione degli strumenti urbanistici comunali (altezze massime, distanze dai confini o dai fabbricati, prescrizioni particolari, ecc...).
2) Applicazione deroga art. 36, comma 3°, della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37
Da parte di alcuni comuni, sono state chieste direttive in ordine ai limiti di applicabilità del disposto ex art. 36, ultimo comma, della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37, relativo alla possibilità di poter demolire e ricostruire con la medesima volumetria, fabbricati esistenti in verde agricolo.
Da parte di alcune Soprintendenze ai beni culturali ed ambientali è stata, peraltro, evidenziata la necessità che, ai fini dell'applicazione della norma anzidetta, i progetti di ricostruzione dovessero rispettare - nel medesimo sito - gli impianti planivolumetrici esistenti e le destinazioni d'uso originarie di edifici vetusti o ruderali (questo è stato ritenuto, in linea generale, il campo di applicazione della norma), al fine di non pregiudicare l'architettura del paesaggio rurale.
Com'è noto, nella disciplina urbanistica costituisce principio fondamentale quello che prescrive l'edificabilità nelle varie zone territoriali omogenee in conformità alla normativa urbanistico - edilizia degli strumenti urbanistici vigenti alla data del rilascio della concessione edilizia, anche nel caso di una preventiva demolizione del manufatto edilizio da ricostruire. Poichè in verde agricolo, ai sensi dell'art. 7 del D.I. n. 1444/68 e dell'art. 2 della legge regionale n. 71/78, la densità edilizia per la residenza - in relazione alla destinazione per usi agricoli della zona omogenea E - è contenuta nel limite massimo di 0,03 mc/mq e gli strumenti urbanistici comunali pongono spesso limiti di volumetria anche per manufatti edilizi aventi destinazione diversa dalla residenza, l'aver consentito la ricostruzione con la medesima cubatura preesistente dei fabbricati agricoli, costituisce certamente una disposizione agevolativa di rilievo, stante che questa consente di poter derogare sia alle prescrizioni di legge surrichiamate, sia alle prescrizioni dei piani urbanistici.
Ciò premesso, si ritiene innanzitutto indispensabile chiarire che detta disposizione non può riguardare in senso lato tutti i fabbricati esistenti in verde agricolo, ma solamente i "fabbricati agricoli"; quegli edifici, cioè, che in relazione alle destinazioni d'uso compatibili con gli usi agricoli della zona E, abbiano un rapporto di strumentalità diretta con l'attività relativa all'agricoltura (ad esempio gli edifici rurali ad uso abitativo, le stalle, i magazzini per il ricovero attrezzi, i locali per la conservazione e/o lavorazione di prodotti agricoli, ecc...).
Tanto si desume non tanto dal tenore letterale della norma in disamina, quanto dal titolo dell'art. 36 surrichiamato che così recita: "Deroghe in favore di insediamenti produttivi, turistici e fabbricati agricoli". Detto titolo indica chiaramente il campo di applicazione di tutto l'art. 36, che attiene a tre settori fondamentali dell'economia: quello industriale e artigianale, quello turistico - ricettivo e quello dell'agricoltura. L'individuazione del campo di applicazione del disposto in esame, non può pertanto che tener conto, sia dell'aggettivazione posta dal legislatore nella locuzione "fabbricati agricoli", sia della collocazione sistematica di detta deroga all'interno di una serie di agevolazioni relative tutte a settori produttivi. Conseguentemente è da escludere un'applicazione generalizzata, in conformità del resto all'unico precedente sull'argomento presente nella legislazione urbanistica della nostra Regione, costituito dall'art. 23 della citata legge n. 71/78, che consente l'aumento della cubatura esistente dei fabbricati relativi alle aziende agricole gestite da imprenditori agricoli a titolo principale.
Stante quanto sopra, i fabbricati agricoli ricostruiti dovranno ovviamente mantenere la medesima destinazione d'uso originaria e, comunque, la loro eventuale modifica di destinazione dovrà essere compatibile con gli usi agricoli cui sono destinate le zone E, nel rispetto delle norme di attuazione degli strumenti urbanistici comunali; ciò in quanto la deroga consentita attiene, si evindenzia, solamente alla cubatura assentibile.
Al riguardo, corre l'obbligo precisare, che non sarà ammissibile, nei casi di demolizione e ricostruzione di aggregazioni edilizie rurali costituite da volumi edilizi aventi destinazioni d'uso differenziati al loro interno (abitazioni, stalle, magazzini, ecc...), mutare la destinazione d'uso di detti aggregati rurali per fini abitativi (o ad essi assimilabili), se non nei limiti della cubatura precedentemente esistenti per detti usi. Nè sarà ammissibile, in linea generale, ripartite in varie unità immobiliari (creando ad esempio mini - alloggi) volumi residenziali di notevole consistenza, quali ad esempio quelli relativi ad antiche ville rurali od alle tipiche "masserie" siciliane. Tanto si evidenzia, al fine di evitare che la modifica di destinazione d'uso di fabbricati rurali di ragguardevole cubatura, ricostruiti in virtù della deroga in argomento, possa di fatto consentire la costituzione di veri e propri nuclei di insediamento residenziale, ponendosi di conseguenza in contrasto con quelle che sono le precipue destinazioni d'uso del verde agricolo, in relazione sia alle prescrizioni di cui al D.I. n. 1444/68, che a quelle fissate dagli strumenti urbanistici generali. Per i fabbricati agricoli presenti nelle fasce di rispetto di cui al 1° comma dell'art. 15, lettera a (150 metri dalla battigia del mare), lettera d (100 metri dalla battigia dei laghi), lettera e (200 metri dal limite dei boschi, delle fasce forestali e dai confini dei parchi archeologici), della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78, non si ritiene ammissibile la loro demolizione e ricostruzione all'interno di detti limiti di arretramento.
In linea generale, la norma in disamina dovrebbe riguardare quei fabbricati agricoli, vetusti e ruderali che siano, per i quali risulti tecnicamente ed economicamente non conveniente il loro recupero, ma può invece rivelarsi vantaggiosa la loro ricostruzione, allorquando questa consenta di recuperare la originaria volumetria, nonostante la non sufficiente estensione del fondo in relazione alla cubatura assentibile in applicazione della densità edilizia fissata dagli strumenti urbanistici generali.
Non si ritiene però che con detta norma, possa essere imposta la ricostruzione nel medesimo sito e nel rigoroso rispetto del preesistente impianto planivolumelrico, se non per i fini di tutela paesaggistica per gli immobili sottoposti al vincolo ex legge n. 1497/39. Si ritiene invece, che anche il sito d'impianto dell'edificio da ricostruire possa cambiare, per motivi ad esempio, che attengono ad una migliore collocazione nel fondo, per motivi produttivi, motivi igienici o di sicurezza (eccessiva vicinanza a viabilità di traffico intenso o a linee ferrate), per motivi di esproprio ai fini della realizzazione di strade (o loro ampliamenti) o di altre opere pubbliche, ecc.; fermo restando l'obbligo del rispetto delle distanze (dai confini, dalle strade, ecc...) previsti per legge. Inoltre, si evidenzia, i caratteri tradizionali degli insediamenti rurali, in quanto concorrono alla conformazione del territorio, cosi come storicamente definito, debbono costituire motivo di attenzione al fine di verificare la compatibilità "formale", delle scelte progettuali degli edifici da ricostruire. Ciò in quanto la disciplina urbanistica, che si pone come momento di confluenza e di contemperamento di tutti gli interessi che investono l'utilizzazione del territorio, è anche la sede dove si colloca la tutela del paesaggio, ogni qualvolta le relative esigenze non si presentino con quei caratteri particolari che giustificano il ricorso allo strumento speciale del vincolo di cui alla legge n. 1497 e 1089 del giugno 1939. La tutela del paesaggio, che costituisce motivo di esplicito interesse nei principi fondamentali del dettato costituzionale (vedi art. 9) e della legge urbanistica fondamentale (vedi art. 10, comma 2°, della legge n. 1150/42), si trova infatti a dover conciliare le esigenze contrapposte della conservazione - senza di che si cancellerebbero le testimonianze del passato - e della trasformazione che è insita nella dinamicità del paesaggio. Pertanto, indipendentemente dal fatto che la ricostruzione dei fabbricati agricoli interessi o meno aree sottoposte ai vincoli anzidetti, l'esame di merito dei relativi progetti di ricostruzione deve essere effettuato con riguardo anche agli aspetti che attengono alla tutela del paesaggio, al fine di non comprometterne irrimediabilmente gli elementi costitutivi.
3) Autorizzazione prefabbricati ex art. 5 della legge regionale 15 maggio 1986, n. 26
Com'è noto, l'art. 36 della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71, prevede il rilascio della concessione edilizia ("subordinata alla corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza delle spese di urbanizzazione primaria e secondaria, nonchè del costo di costruzione") per 1'"esecuzione di qualsiasi attività comportante trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio comunale, nonchè il mutamento della destinazione d'uso". Nell'art. 5 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37, vengono elencate una serie di opere (relative, ad esempio, ai lavori di manutenzione straordinaria, alle pertinenze, alle recinzioni, ecc...) ed "interventi", (relativi alle demolizioni, alle occupazioni di suolo mediante deposito di materiali od esposizioni di merci, ecc...) per i quali l'"autorizzazione del sindaco sostituisce la concessione", e viene altresì regolamentata la relativa procedura per il rilascio della stessa, da effettuarsi, si evidenzia, a titolo gratuito. Con il successivo art. 6, vengono elencate le opere (fatta eccezione per quelle relative alla manutenzione ordinaria, queste attengono tutte ai fondi agricoli) ammissibili senza che queste siano soggette ad alcuna concessione, autorizzazione o comunicazione preventiva. L'art. 5 della legge regionale 15 maggio 1986, n. 26, inserisce tra le opere oggetto di autorizzazione ex art. 5 della citata legge n. 37, anche 1'"impianto di prefabbricati ad una sola elevazione non adibiti ad uso abitativo".
Questo l'ambito normativo regionale, cui riferirsi in via primaria al fine di individuare il "tipo" di prefabbricati da approvare a mezzo di autorizzazione, che ha costituito motivo di perplessità da parte di alcuni comuni, con particolare riguardo, sia alle volumetrie che alle destinazioni d'uso per essi assentibili.
In merito, si evidenzia innanzitutto, come l'art. 5 della legge regionale n. 37/85, da un lato contribuisce allo snellimento delle procedure amministrative comunali pel il rilascio delle autorizzazioni (il sindaco infatti può pronunciarsi dopo aver acquisito il parere del tecnico comunale e dell'ufficiale sanitario, senza dover acquisire il parere della commissione edilizia comunale), dall'altro individua una serie di opere edilizie e lavori che hanno certamente una minore o trascurabile incidenza nel contesto delle trasformazioni edilizie ed urbanistiche assentibili, che pertanto, non comportando di fatto alcun carico urbanistico, non necessitano della corresponsione degli oneri concessori ex art. 3 della citata legge n. 10/77. La norma in argomento non si pone pertanto come vera e propria norma derogatoria nei confronti di quanto disposto dall'art. 36 della legge regionale n. 71/78 sopra citata, bensì si denota come disposizione agevolativa, in quanto le categorie di opere e lavori elencati nello stesso art. 5, non comportando sostanziali trasformazioni urbanistiche e/o edilizie, possono assentirsi a mezzo di autorizzazione da rilasciarsi da parte del sindaco con una procedura, sì abbreviata, ma con la quale comunque dovrà pur sempre verificarsi la compatibilità urbanistico - edilizia di detti interventi. Nè peraltro, in particolare, l'autorizzazione per l'impianto di prefabbricati può assumere portata generale (nel senso di ritenere ammissibile qualsiasi tipo di prefabbricato a mezzo di autorizzazione) ed autonoma rispetto al disposto ex art. 5 della legge n. 37/85, stante che il disposto ex art. 5 della legge n. 26/86 si prefigge esclusivamente lo scopo di "integrare" quell'insieme di opere ed interventi sopra accennati.
Considerato che, con il disposto in disamina, il legislatore si è certamente posto l'obiettivo di facilitare l'assenso di modesti volumi "già prefabbricati" in stabilimento (aventi quindi facilità di "impianto" ed eventualmente di disimpianto), si ritiene che, al fine di autorizzare i prefabbricati ai sensi della norma in argomento, necessiti avere riguardo all'entità ed alla dimensione delle opere in relazione alla loro destinazione d'uso. Di conseguenza, potranno essere autorizzate costruzioni di modeste dimensioni per usi che non comportino oneri di rilievo in termini strettamente urbanistici e conseguentemente economici per il comune, quali: chioschi ed edicole, baracche, impianti di cantiere, piccoli depositi, servizi igienici in luoghi pubblici, cabine telefoniche, manufatti al servizio dell'agricoltura (piccoli depositi per attrezzi agricoli, piccoli silos, apiari, ecc..) ed altro. Non potranno invece autorizzarsi prefabbricati relativi a capannoni industriali e commerciali (nelle dimensioni tipiche che questi generalmente assumono), o impianti sportivi. Quanto più consistente sarà la volumetria od il numero dei prefabbricati (potrebbe infatti trattarsi anche di un insieme di prefabbricati) per i quali si chiede l'autorizzazione, tanto più dovrà verificarsi con attenzione la necessità o meno di dover invece provvedere a mezzo di concessione edilizia. In termini urbanistici, è infatti ben diverso autorizzare, ad esempio, l'impianto di un prefabbricato per alloggiarvi gli uffici al servizio di un centro per esposizione all'aperto di autovetture (già autorizzato), od autorizzare invece un prefabbricato per uffici di notevole estensione (seppur ad un'unica elevazione) dove possono accogliersi decine o centinaia di dipendenti. E' altresì diverso autorizzare l'impianto di qualche cabina balneare prefabbricata al servizio di un'attività turistico - ricettiva preesistente, od autorizzare invece decine o centinaia di cabine, creando di fatto uno stabilimento balneare.
Nel ribadire ancora una volta che la norma in disamina non consente di poter realizzare prefabbricati che si pongano in contrasto, sia con la normativa urbanistico-edilizia (densità fondiaria, altezze, distacchi, obbligo di lottizzazione, ecc.), sia con le destinazioni d'uso per le varie zone territoriali omogenee previste dagli strumenti urbanistici comunali, si precisa, come non risulti altresì ammissibile porsi in contrasto con prescrizioni di legge che impongano su parti del territorio vincoli di inedificabilità (fasce di rispetto cimiteriali e stradali, fasce di rispetto dei litorali, dei boschi e dei parchi archeologici ex lege n. 78/76, ecc.).
Ciò si evidenzia, in quanto alcuni comuni costieri hanno chiesto in particolare, se risultasse ammissibile o meno, l'impianto nella fascia di arretramento dei 150 metri dalla battigia del mare prevista dall'art. 15 della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78, di prefabbricati di modeste dimensioni da utilizzare per deposito di attrezzi per la pesca, o di prefabbricati riguardanti la realizzazione di opere di urbanizzazione (piscine, impianti sportivi, ecc.) relative a servizi ed attrezzature previste all'interno di piani di lottizzazione, ai sensi dell'art. 3 del D.I. n. 1444/68.
In relazione a quanto sinora rappresentato e, relativamente a detti quesiti, si precisa innanzitutto, come sia ininfluente (riguardo la disciplina urbanistica) il sistema utilizzato per la realizzazione di detti manufatti edilizi (cioè, che attenga o meno al sistema della prefabbricazione), bensì necessita avere riguardo alla loro destinazione d'uso. E a tal riguardo, è senza dubbio da escludere che possa assentirsi: sia la realizzazione di detti magazzini, in quanto, seppur nominalmente si riferiscano ai settore della pesca, di fatto, in relazione alla funzione che essi devono assolvere (non dissimile da qualsiasi altro magazzino destinato a conservare qualunque tipo di "attrezzi"), la vicinanza al mare costituisce un fatto meramente casuale, che può solo agevolarne l'uso in termini di tempo e comodità; sia la realizzazione - seppur per ottemperare agli standards urbanistici - di qualsiasi opera di urbanizzazione al servizio di insediamenti abitativi (o turistico-ricettivi), che non possa dimostrare quel rapporto di strumentalità diretto con gli usi del mare voluti dal legislatore (restano pertanto escluse, anche quelle opere relative alla viabilità, ai parcheggi, alle aree a verde, ecc.).
Com'è noto, infatti l'art. 15, comma 1°, lettera a) della citata legge n. 78/76, in deroga al generale divieto sancito dalla stessa, consente in detta fascia di rispetto, oltre alla ristrutturazione degli edifici esistenti (senza la modificazione dei volumi già realizzati), la realizzazione di "opere ed impianti destinati alla diretta fruizione del mare". Con questa frase, si evidenzia, vengono indicate univocamente quali siano le strutture necessarie affinchè la collettività (e non singoli gruppi più o meno estesi di persone) possa fruire del mare e della fascia costiera ad esso più prossima (costituita in parte dal demanio marittimo), secondo quelle che sono le sue utilizzazioni dirette generali (balneazione, navigazione e pesca); fatta salva, ovviamente, la deroga da concedersi da parte del Presidente della Regione per quelle opere previste dall'art. 57 della legge regionale n. 71/78.
Si ricorda comunque, che questo Assessorato, al fine di indirizzare i comuni verso una corretta applicazione della disposizione di legge ex art. 15, con circolare di prot. n. 9686 del 4 novembre 1977, ebbe già a precisare, che le opere da considerare ammissibili erano quelle che potessero dimostrare un rapporto di strumentalità diretta con gli usi del mare, citando come esempio il settore della pesca, della navigazione e della balneazione, cui ricondurre con certezza le opere e gli impianti assentibili. Con la circolare n. 1/90 di prot. n. 19437 dell'8 aprile 1990, si è tenuto peraltro a precisare come la norma in disamina si fosse posto come fine, la necessità di tutelare determinate parti del territorio sotto il profilo paesaggistico-ambientale e di salvaguardare, conseguentemente, gli aspetti economici correlati al settore turistico oggetto della menzionata legge n. 78/76.
4) Recinzione di fondi rustici ex art. 6, della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37
Alcuni comuni hanno chiesto di conoscere se si dovesse o meno far riferimento ad un determinato "tipo" di recinzione, nel caso la stessa dovesse essere assentita ai sensi dell'art. 6 della legge regionale n. 37/85 e se si dovesse o meno far riferimento anche ad una determinata estensione dei fondi, quale ad esempio il "lotto minimo" previsto dagli strumenti urbanistici generali ai fini efidificatori in verde agricolo.
E' noto, come la realizzazione delle recinzioni di qualsivoglia immobile dei territorio comunale, sia disciplinata dagli artt. 5 e 6 della succitata legge n. 37/85. Infatti, l'art. 6 consente - senza l'onere di dover richiedere alcuna concessione od autorizzazione, nè di dover effettuare alcuna comunicazione al sindaco - la "recinzione di fondi rustici"; mentre l'art. 5 consente - previa autorizzazione sindacale - la "costruzione di recinzioni con esclusione di quelle dei fondi rustici di cui all'art. 6".
Stante il tenore letterale e la logica del disposto ex art. 6, volto a consentire tutta una serie di opere prive di rilevanza urbanistica ed edilizia da realizzare nei "fondi rustici" per le finalità tipiche dell'agricoltura non si ritiene legittimo, ai fini dell'applicazione della norma anzidetta, nè individuare una determinata tipologia costruttiva delle recinzioni di che trattasi, nè individuare necessariamente una determinata estensione del fondo. Anzi, il campo di applicazione della norma in questione, non attiene necessariamente alle zone destinate a "verde agricolo" dagli strumenti urbanistici (come espressamente previsto invece dal disposto ex art. 36, comma ultimo, della stessa legge n. 37/85), bensì a qualsivoglia appezzamento di terreno utilizzato a colture agricole, od utilizzabile a fini agricoli, stante che l'aggettivo "rustico" attiene nella sua accezione generale all'ambiente della "campagna", che non sempre necessariamente è oggetto di coltivazione. Ne consegue pertanto, che la norma in disamina potrà ad esempio trovare applicazione anche nelle zone territoriali omogenee C non ancora edificate, e di contro, la recinzione di un modesto appezzamento di terreno in zona territoriale omogenea E, il cui sito risulti in gran parte edificato, ricada invece nell'ambito di applicazione dell'art. 5, in quanto a tale appezzamento mancherebbe quella caratteristica fisica costitutiva descritta dalla locuzione "fondi rustici".
Corre l'obbligo comunque evidenziare, stante le attività tipiche connesse con l'agricoltura (ed eventualmente dell'allevamento), che dette recinzioni non potranno certamente assumere caratteristiche dimensionali e costruttive di rilievo, tali da potersi considerare del tutto "estranee" rispetto alle forme che di norma presentano le recinzioni dei fondi agricoli, ai fini della loro sicurezza, individuazione, protezione, ecc.
Ciò anche in considerazione che la giurisprudenza ha più volte individuato, tra le caratteristiche strutturali e funzionali dei muri di recinzione, la limitata altezza (non più di tre metri), l'isolamento delle facce e la destinazione a recingere il fondo; per cui, il difetto di uno degli anzidetti attributi, conduce a non poter più qualificare l'opera come muro di recinzione. Analoga considerazione può esser fatta, ad esempio, qualora la "sistemazione dei suoli agricoli" dovesse comportare sbancamenti e relative strutture murarie di notevoli dimensioni; in tal caso infatti, dette opere dovranno essere oggetto di autorizzazione ai sensi del citato art. 5.
Si evidenzia, peraltro, che le recinzioni di che trattasi non dovranno porsi in contrasto con eventuali vincoli apposti sul territorio, in base ai quali necessiterà acquisire i pareri previsti per legge (da parte delle Soprintendenze ai beni culturali ed ambientali, delle Capitanerie di porto, dell'ANAS, delle FF.SS., ecc.).
Anzi, relativamente a quest'ultimo aspetto, necessita ricordare che, ai sensi dell'art. 13 della stessa legge n. 37/85, per "i muri di recinzione" da realizzarsi nelle zone sottoposte ai vincoli di cui alle leggi nn. 1089 e 1497 del giugno del 1939, indipendentemente dall'acquisizione del parere della Soprintendenza (che avrà riguardo alle dimensioni ed alle caratteristiche delle opere), occorrerà che dette recinzioni vengano realizzate "in muratura di pietrame a secco o con malta cementizia", o comunque "con parametro esterno in pietrame". Detto art. 13, si pone infatti come limite all'uso indiscriminato del "cemento", sia negli ambiti territoriali urbanizzati, che in quelli dove minore e la presenza dell'uomo, quali sono appunto le zone agricole sottoposte ai vincoli di cui sopra. E proprio nelle zone agricole, seppur non sempre caratterizzate da particolari valenze paesaggistico-ambientali (stante le finalità e le modalità di apposizione del vincolo paesistico, quando lo stesso discende dall'applicazione della legge n. 431/85), si ritiene che la norma in questione possa costituire valido strumento di tutela di quel "paesaggio" agrario siciliano, dove, anche se limitato, l'intervento dell'uomo può costituire, sia occasioni di degrado, che di qualificazione ambientale. Basti pensare al riguardo, all'importanza nel paesaggio agrario di alcune province siciliane, della ricorrente presenza dei tipici muretti di recinzione in pietrame a secco.
Si ritiene utile peraltro sottolineare, che, poichè l'art. 6 della menzionata legge n. 37/85 non prevede alcuna autorizzazione o comunicazione al sindaco per la recinzione delle proprietà fondiarie anzidette, e poichè il vincolo paesaggistico ex lege n. 431/85 agisce "ope legis" (in assenza pertanto di alcun provvedimento amministrativo di notifica del vincolo), potrebbe venir meno la pratica e compiuta attuazione del disposto ex art. 13 in questione. Appare pertanto opportuno che, sia gli enti pubblici territoriali, sia le varie associazioni degli agricoltori, diano ampia pubblicità delle disposizioni ex art. 13, oltre che delle prescrizioni e sanzioni previste dalle citate leggi nn. 1089 e 1497.
In ultimo, si rileva, come seppur il disposto in argomento sulle recinzioni dei "fondi rustici" autorizza a ritenere che la chiusura del fondo (comunque essa avvenga: in muratura, con paletti in ferro o legno e rete metallica, ecc.), sia da considerarsi "libera", sarebbe opportuno che i comuni provvedessero a disciplinare con i propri regolamenti edilizi, la realizzazione delle opere di recinzione dei "fondi rustici" (siano essi o meno sottoposti a vincolo paesistico), allo scopo di valutarne la compatibilità con l'assetto morfologico dei fondi interessati, sotto l'aspetto estetico-paesaggistico.
5) Applicazione art. 14, comma 1°, della legge regionale 7 agosto 1990, n. 30
L'art. 14, comma 1° della legge regionale 7 agosto 1990, n. 30 consente la realizzazione di interventi di edilizia residenziale convenzionata ed agevolata anche al di fuori dei piani di zona ex legge n. 167/62, dei programmi costruttivi ex lege n. 71/78 e delle delimitazioni ex lege n. 865/71, art. 51, allorquando risultino esaurite le aree all'interno di detti piani, programmi o delimitazioni.
Com'è noto, l'ordinamento vigente prevede, in linea generale, che per gli interventi in materia di edilizia residenziale pubblica, debba essere preliminarmente prevista una strumentazione urbanistica relativa alla pianificazione territoriale delle aree necessarie a detti interventi. Infatti, l'art. 1 della legge regionale 6 maggio 1981, n. 86 prevede espressamente che tutti gli interventi di edilizia residenziale pubblica agevolata, convenzionata e sovvenzionata debbano essere localizzati nei piani di zona o nei programmi costruttivi, e che l'utilizzazione delle aree in esse comprese possa essere effettuata soltanto dopo la loro definitiva approvazione. Il successivo art. 4, nel fissare in sei mesi il termine per la formazione ed approvazione dei programmi costruttivi (da dimensionare per un fabbisogno di edilizia residenziale pubblica prevedibile per un biennio), pone l'obbligo della loro localizzazione nell'ambito delle "zone residenziali di espansione" previste dagli strumenti urbanistici generali. Con l'art. 9 della legge regionale 19 giugno 1982, n. 55, vengono comunque consentiti gli interventi di localizzazione ex art. 51, nel caso di esaurimento anticipato del piano di zona in attesa della predisposizione dei nuovi strumenti urbanistici.
In relazione a quanto sopra, si desume chiaramente che qualsiasi intervento di edilizia residenziale pubblica debba necessariamente attuarsi nell'ambito dei "piani" prescritti dalla normativa sopra menzionata. Fa eccezione in questo contesto, il disposto di cui all'art. 2, ultimo comma, della legge regionale 25 marzo 1986, n. 15, che prevede la concessione di "mutui individuali" per l'acquisto o la costruzione di edifici da realizzare anche al di fuori dei piani di zona e dei programmi costruttivi su "terreno di proprietà del richiedente ricadente in zone destinate ad edilizia residenziale o di espansione dell'agglomerato urbano". Disposizione questa, che si ritiene abbia una refluenza del tutto trascurabile sul piano urbanistico, stante che trattasi di singoli e limitati interventi di modeste dimensioni su aree comunque già preordinate all'edificazione, con preferenza per le zone B (in genere già urbanizzate) rispetto alle zone C, dove l'edificazione è ammessa per aree più vaste e a mezzo di piani attuativi.
Ciò premesso, si ritiene necessario precisare - così come del resto richiesto da parte di alcuni comuni - l'esatto campo di applicazione della norma in argomento, sotto il profilo urbanistico-edilizio.
Si evidenzia, in primo luogo, che la norma trova applicazione solo nel caso siano esaurite le aree interessate dai piani di zona, dai programmi costruttivi e dalle delimitazioni ex art. 51 della menzionata legge n. 865/71. Ne consegue, pertanto, che l'approvazione di degli strumenti urbanistici attuativi, cui i comuni sono pur sempre obbligati a provvedere nei termini di legge, fa venir meno l'applicazione di detta disposizione agevolativa.
Relativamente agli ambiti urbanistici deve poter realizzare gli interventi di edilizia residenziale pubblica ex art. 14, si evidenzia che detta norma consente di poter derogare alle disposizioni fissate dall'art. 1 della surrichiamata legge n. 86/81, ma nulla dispone in ordine alle zone territoriali omogenee dove poter consentire detti interventi. Conseguentemente, si ritiene che l'edilizia residenziale in argomento, non potendosi porre in contrasto con le prescrizioni ex art. 2 del D.M. n. 1444/68 e con le previsioni degli strumenti urbanistici generali (oltrechè, con le relative norme tecniche di attuazione) possano attuarsi esclusivamente nelle zone A, B e C individuate nei piani generali anzidetti. Sono queste infatti, le sole zone territoriali omogenee dove sono consentiti gli interventi di edilizia residenziale, a differenza delle zone E, D ed F, destinate per legge rispettivamente, agli usi agricoli, agli impianti industriali o ad essi assimilabili ed alle attrezzature pubbliche di interesse generale (ospedali, scuole superiori, parchi urbani ecc.).
6) Disciplinare-tipo per studio agricolo-forestale ex art. 3, comma 11°, legge regionale 30 aprile 1991, n. 15
Da parte di molti comuni è stata evidenziata a questo Assessorato, la necessità di potersi riferire ad un disciplinare-tipo, ai fini del conferimento dell'incarico dello studio agricolo-forestale previsto dalla legge regionale n. 15/91.
Al riguardo, appare opportuno precisare, che a questo Assessorato non è assegnata alcuna competenza in ordine alla predisposizione di detto disciplinare, a differenza invece dell'espressa previsione di legge costituita dall'ultimo comma, dell'art. 24, della legge regionale n. 71/78, con la quale venne previsto l'obbligo per questo ufficio, di provvedere all'approvazione del disciplinare tipo per la redazione dei piani regolatori generali, e nei piani regolatori particolareggiati.
Pur tuttavia il disciplinare in argomento, oltre che riferirsi alla normativa di settore riguardante sia l'ordinamento della professione dei dottori agronomi e dei dottori forestali, sia la tariffa per le prestazioni professionali di detti professionisti, si ritiene debba aver riguardo correttamente alle finalità dello studio agricolo-forestale nei termini di quanto richiesto dalla citata legge n. 15/91. Pertanto, si e provveduto in collaborazione con gli ordini professionali competenti, alla predisposizione di uno schema di disciplinare-tipo che si allega alla presente circolare, affinchè codesti comuni possano procedere senza indugio al conferimento degli incarichi in argomento, sulla base di detto disciplinare che si ritiene adeguato al tipo di studio da effettuarsi, al fine di verificare che le risultanze dello stesso, risultino compatibili con le previsioni dei piani regolatori generali, con riferimento alle prescrizioni dettate dal 5° comma dell'art. 2 della legge regionale n. 71/78 e dell'art. 15, comma 1°, lettera c), della legge regionale n. 78/76.
Conclusioni
Seppur estraneo a quanto forma oggetto della presente circolare, per una volta almeno, appare doveroso non attenersi ad una rigida prassi amministrativa, e rivolgere un commosso ricordo al direttore regionale dell'urbanistica, l'ing. Angelo Russo, recentemente scomparso, funzionario gentile, tenace, dotato di eccezionali capacità professionali, da sempre riferimento costante per tecnici ed amministratori, ispiratore di tanti provvedimenti di legge e di tutte le circolari ad oggi predisposte per una corretta applicazione della disciplina urbanistica, che ha costituito motivo e passione della sua esistenza.
L'Assessore: GORGONE
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