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PRESIDENZA

CIRCOLARE 22 marzo 2001, prot. n. 1104

G.U.R.S. 8 giugno 2001, n. 29

Persone giuridiche private. Procedimento di riconoscimento e di approvazione delle modifiche statutarie. D.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361. Registro delle persone giuridiche regionali.

Ai Dipartimenti della Presidenza della Regione

A tutti gli Assessorati regionali

All'Ufficio legislativo e legale della Regione

e, p.c.

All'ufficio di Gabinetto del Presidente della Regione

Al Commissario dello Stato per la Regione Siciliana

Alle Prefetture dell'Isola

Ai Presidenti dei Tribunali delle città capoluogo di provincia dell'Isola

Con il decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 286 del 7 dicembre 2000, è stato approvato il regolamento di delegificazione per la semplificazione dei procedimenti in materia di riconoscimento e di approvazione delle modifiche statutarie delle persone giuridiche private (associazioni e fondazioni).

Il regolamento in questione innova profondamente il sistema previgente, particolarmente in ordine al sistema della pubblicità dei fatti essenziali relativi alle persone giuridiche che non è più affidato ai registri delle persone giuridiche sin'oggi tenuti presso le cancellerie dei Tribunali dei capoluoghi di provincia a fini di pubblicità dichiarativa, bensì a registri unitari istituiti presso le Prefetture e - per le persone giuridiche le cui competenze sono state attribuite alle regioni - presso le regioni e province autonome, l'iscrizione nei quali assume valore costitutivo del riconoscimento o della modifica statutaria.

Il D.P.R. in oggetto determina le caratteristiche del registro e detta disposizioni in materia di tenuta dello stesso, prevedendo che le regioni a statuto ordinario, entro 90 giorni, istituiscano il predetto registro. Le regioni a statuto speciale e le province autonome devono provvedere ad adeguare i rispettivi ordinamenti (art. 7, 3° comma).

Inoltre vengono correlativamente abrogate alcune norme del codice civile relative agli aspetti contemplati dal regolamento in questione, che è entrato in vigore dal 15° giorno successivo alla sua pubblicazione, e cioè il 22 dicembre 2000.

Infine, tra le disposizioni transitorie, è previsto che le cancellerie dei tribunali - entro 90 giorni dall'entrata in vigore del medesimo decreto - trasmettano alle prefetture e alle regioni, secondo le rispettive competenze, gli atti relativi alle persone giuridiche iscritte nei loro registri.

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Com'è noto, con decreto legislativo 29 gennaio 1997, n. 26, sono state approvate le norme di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana in materia di persone giuridiche private.

Con tale decreto legislativo "Le funzioni degli organi centrali e periferici dello Stato di cui all'art. 12 del codice civile concernenti le persone giuridiche che hanno la loro sede nella Regione Siciliana e le cui finalità statutarie sono limitate all'ambito regionale ed alle materie di competenza legislativa regionale sono trasferite alla Regione. Le suddette funzioni sono esercitate dal Presidente e dagli Assessori regionali preposti ai corrispondenti rami di Amministrazione, secondo le relative competenze" (art. 1), trasferendo, al contempo, le corrispondenti funzioni di controllo di cui agli artt. 25 e seguenti del codice civile.

In ordine al riparto di competenza, non sembra che la circostanza che, oggi, le competenze al riconoscimento siano state intestate al Prefetto, possa determinare un diverso assetto delle competenze in materia in ambito regionale.

Infatti, se è vero che il Prefetto è burocraticamente inquadrato nell'ambito del Ministero dell'interno, tuttavia lo stesso è organo generale di decentramento amministrativo dello Stato (art. 19 R.D. 3 marzo 1934, n. 383 e successive modifiche).

Nella materia che qui interessa, invero, la competenza sembra attribuita al Prefetto non già come rappresentante del Ministero dell'interno, bensì come organo di decentramento generale, per conto di tutte le amministrazioni statali.

D'altronde, nelle norme di attuazione statutarie sopra ricordate, la ratio di attribuire la competenza in parola ai singoli rami dell'Amministrazione regionale è da rinvenire nella circostanza che la valutazione sia degli scopi che dei mezzi patrimoniali correlati può essere puntualmente effettuata essenzialmente dal ramo di Amministrazione in cui intende operare l'ente da riconoscere.

In ordine al procedimento di riconoscimento, in mancanza di una diversa normativa regionale, sinora si è fatto riferimento alla normativa del codice civile ed alla prassi operativa vigente nello Stato (v. circolare presidenziale 12 febbraio 1997, n. 3744/46.97.12/ufficio legislativo e legale).

Per quel che atteneva, poi, la pubblicità dichiarativa, alle iscrizioni nei registri tenuti dal tribunale ex art. 33 e seguenti del codice civile, provvedevano direttamente i legali rappresentanti degli enti riconosciuti.

Oggi, a seguito dell'abrogazione delle pregresse norme e della loro sostituzione con quelle recate dal regolamento in esame, le norme di riferimento, in materia di persone giuridiche private, non possono essere che quelle recate dal regolamento in questione insieme a quelle altre norme del codice civile che non sono state sostituite dalla normativa di delegificazione.

Pertanto, si rende indispensabile provvedere, nella Regione Siciliana, all'istituzione di tale registro.

Senza la predetta istituzione, infatti, non si potrà far luogo a riconoscimenti, mancando lo strumento necessario per farvi luogo.

Ed inoltre, essendo venute meno anche le competenze certificatorie esercitate dalle cancellerie dei tribunali capoluogo di provincia, anche in ordine alle persone giuridiche regionali già riconosciute, è necessario dotarsi tempestivamente di tale registro, anche per poter esercitare le competenze in questione.

* * *

Il principale problema operativo in ambito regionale deriva dalla necessità di contemperare l'esigenza dell'unicità del registro delle persone giuridiche private (l'iscrizione nel quale, come menzionato, ha valore costitutivo dell'acquisto della personalità giuridica) con le previsioni delle norme di attuazione statutarie (che, nell'ambito delle fonti del diritto, com'è noto, si posizionano a livello sub costituzionale, in posizione prevalente rispetto alle leggi ordinarie, statali o regionali) che assegnano ai singoli rami dell'Amministrazione regionale le funzioni in esame.

Nella vigenza sia delle norme di attuazione richiamate - che attribuiscono il potere di riconoscimento ai competenti rami dell'Amministrazione regionale - e delle norme di cui al D.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361, il sistema derivante non può contemplare che un procedimento in cui le Amministrazioni regionali competenti, espletata la fase istruttoria dell'istanza di riconoscimento o di modifica statutaria, dispongano, in conseguenza, l'iscrizione nel registro ovvero comunichino il motivato diniego di iscrizione all'istante.

All'iscrizione nel registro regionale delle persone giuridiche provvederà una struttura unica cui i vari rami di Amministrazione faranno riferimento.

In ordine al registro, lo stesso, infatti, deve esser necessariamente unico, stante le previsioni del D.P.R. n. 361/2000, e conforme - per configurazione e tenuta - al modello previsto dal medesimo D.P.R. n. 361/2000.

Pertanto il registro in questione viene istituito, a far data dal 22 marzo 2001, e tenuto presso una struttura amministrativa unitaria, allocata nella Segreteria generale della Presidenza della Regione Siciliana, anche per le correlate e necessarie funzioni di coordinamento dell'azione amministrativa dell'Amministrazione regionale e per lo scambio delle informazioni e dati anche con le prefetture con mezzi telematici, come previsto dall'art. 1, comma 9°, del predetto D.P.R. n. 361/2000.

Il predetto registro è conformato e tenuto secondo le previsioni del D.P.R. n. 361/2000.

La struttura del registro provvederà al rilascio delle certificazioni ed agli altri adempimenti, connessi con la tenuta del registro, previsti dal D.P.R. n. 361/2000.

Correlativamente si ritiene opportuno emanate nuove direttive, in sostituzione di quelle diffuse con circolare presidenziale 12 febbraio 1997, n. 3744/46.97.12, sia per adeguare l'azione amministrativa ai disposti di cui al D.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361, sia per coordinarla e per regolamentare il flusso di informazioni tra le Amministrazioni regionali e la struttura preposta alla tenuta del registro, sia per snellire il procedimento in armonia con le disposizioni del più volte citato D.P.R. n. 361/2000.

Va, preliminarmente, ricordato che le persone giuridiche oggetto della presente sono gli enti senza scopo di lucro, e cioè privi di scopo a contenuto economico, individuati dall'art. 14 codice civile nelle associazioni (enti a base personale) e nelle fondazioni (enti a base patrimoniale).

Affinché sia esercitabile la potestà regionale, lo scopo delle predette istituzioni deve esser mantenuto nell'ambito delle materie che lo Statuto regionale assegna alla competenza legislativa della Regione (art. 1, decreto legislativo n. 26/97).

Ove il predetto scopo risultasse misto, vertendo anche nell'ambito di materie nelle quali la Regione non ha competenza, le potestà dovranno ritenersi intestate ancora alle autorità statali.

Ulteriore condizione per l'esercizio delle potestà da parte delle amministrazioni regionali è data dalla "regionalità" delle istituzioni, sotto il doppio profilo che le finalità statutarie devono restare strettamente limitate al territorio della Regione (anche con riferimento all'ambito di attività, che non deve varcare i confini della Regione) e che la sede (o le sedi, nel caso in cui siano previste sedi secondarie) sia situata esclusivamente nel territorio regionale.

Occorrerà, pertanto, per fondare la competenza regionale al riconoscimento, che statuto o atto costitutivo evidenzino, esplicitamente o, in ogni caso, inequivocabilmente, che scopo ed attività dell'ente sono limitati al territorio della Regione.

Quanto alla ripartizione della competenza all'interno dell'Amministrazione regionale, le predette norme di attuazione, allineando il sistema di competenza a quello statale, hanno trasferito le precitate funzioni direttamente ai singoli rami dell'Amministrazione regionale ratione materiae secondo le rispettive competenze normativamente assegnate.

Residuerà, inoltre, a questa Presidenza l'esercizio dell'attività di riconoscimento in ordine a persone giuridiche d'interesse regionale le cui finalità non siano inquadrabili in nessuna delle competenze attribuibili ai rami di Amministrazione in cui è ordinata l'Amministrazione regionale.

Ove lo scopo assegnato all'ente, per sua essenza, interessasse la competenza di diversi rami di Amministrazione, il procedimento di riconoscimento verrà curato dall'amministrazione nelle cui competenze è ricompreso l'aspetto prevalente dello scopo, e che chiederà le valutazioni istruttorie degli altri rami di Amministrazione, ovvero procederà in conferenza di servizio con le stesse.

Se lo scopo dell'ente esulasse dalle materie di competenza regionale, l'Amministrazione presso la quale è incardinato il procedimento provvederà a rimettere gli atti alla competente Prefettura, dandone motivato avviso all'istante.

In ordine al riconoscimento di persone giuridiche, va evidenziata la particolare rilevanza e delicatezza che riveste l'esercizio del relativo potere, dato che al riconoscimento in parola consegue l'acquisto della personalità giuridica dell'ente, il cui primo effetto è la piena autonomia patrimoniale con la conseguenza che delle obbligazioni assunte dagli amministratori verso i terzi risponde soltanto l'ente con il proprio patrimonio.

L'istanza di riconoscimento, sottoscritta dal fondatore o da coloro cui è stata attribuita la rappresentanza dell'ente, dev'essere corredata dalla copia autentica dell'atto costitutivo e dello statuto nonché da tutti i documenti che servono a dimostrare la congruità dei mezzi patrimoniali per far fronte alle previste attività attuative dello scopo (art. 1, D.P.R. n. 361/2000).

Si richiama, in proposito, la normativa di cui alla legge regionale 30 aprile 1991, n. 10, con riferimento al rilascio di ricevuta attestante la presentazione dell'istanza e della documentazione, nonché alle altre disposizioni ivi contenute in ordine allo svolgimento del procedimento ed agli istituti di partecipazione.

Il D.P.R. n. 361/2000, all'art. 1, quinto comma, fissa la decorrenza del termine per provvedere dalla data di presentazione dell'istanza. Tale disposizione è, comunque, da intendersi prescrittiva solo dal momento della presentazione di un'istanza regolare secondo le indicazioni contenute nei commi secondo e quarto del citato art. 1, e cioè corredata dalla prevista documentazione.

A termini del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, e successive modifiche (disposizioni in materia di imposta di bollo), la presentazione di documentazione non in regola con le relative disposizioni fiscali non determina ritardi o sospensione del procedimento (art. 19), ingenerando soltanto l'obbligo di trasmissione, entro 30 giorni dalla ricezione, della medesima documentazione al competente ufficio delle entrate, per la regolarizzazione della stessa.

A tal fine si ricorda che, a termini della tariffa approvata con D.M. 20 agosto 1992, e successive modificazioni, è soggetta alle disposizioni sul bollo sia l'istanza (n. 3), che la documentazione certificata conforme (n. 1), mentre a termini dell'art. 27-bis della tabella B, annessa al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, e successive modifiche sono esenti dall'imposta di bollo in modo assoluto gli atti, istanze, contratti, nonché copie anche se dichiarate conformi, estratti certificazioni, dichiarazioni e attestazioni poste in essere o richiesti da organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS).

Al fine di coordinare le attività, l'Amministrazione cui viene presentata l'istanza di riconoscimento provvederà ad informare tempestivamente la struttura della Segreteria generale cui è affidata la tenuta del registro delle persone giuridiche, affinché la stessa segnali agli altri rami di Amministrazione le cui competenze possano venire interessate dallo scopo dell'ente, onde determinare un raccordo tra le stesse ed evitare duplicazioni di attività; ed inoltre la predetta struttura provvederà a controllare che la denominazione dell'ente da riconoscere non sia eguale o consimile ad altro ente già riconosciuto.

In ordine ai requisiti per il riconoscimento, l'art. 1 del D.P.R. n. 361/2000, richiede che lo scopo sia possibile e lecito e che il patrimonio sia adeguato alla realizzazione dello scopo, nonché che siano state soddisfatte le condizioni previste da norme di legge o di regolamento per la costituzione dell'ente.

Va sottolineato, in proposito, che la nuova normativa non risulta compatibile con il concetto di "meritevolezza" del riconoscimento che, nel passato, sembrava poter dominare l'attività amministrativa che conduce al riconoscimento, ritenuta quale attività discrezionale comportante un'indagine condotta con ampi poteri di istruttoria sulla legalità ed opportunità del nuovo ente (in tal senso, Consiglio di Stato, A.G., 23 novembre 1972, n. 42).

Ciò non autorizza, tuttavia, a non considerare approfonditamente tutte le condizioni - esplicite ed implicite - richieste dalla nuova normativa.

E così, occorrerà verificare, anzitutto, che atto costitutivo e statuto derivino da un negozio giuridico per atto pubblico (art. 14, codice civile); che, nel caso di associazioni, gli associati, in sede di stipula o di assemblea, abbiano evidenziato - anche implicitamente - la volontà di costituire un'associazione da riconoscere giuridicamente; che sussistano e siano effettivi e leciti gli elementi essenziali richiesti dall'art. 16 del codice civile (denominazione, scopo, patrimonio, sede, norme sull'ordinamento e sull'Amministrazione, diritti ed obblighi degli associati e condizioni di ammissione (per le associazioni) o modalità di erogazione delle rendite (per le fondazioni).

Appare opportuno sottolineare che, spesso, gli atti costitutivi e gli statuti, oltre allo scopo assegnato all'ente individuano una serie di attività che l'ente deve realizzare.

In proposito va rilevato che lo scopo (o finalità), elemento essenziale di una persona giuridica, è il motivo essenziale finalistico che determina l'aggregazione di una molteplicità di soggetti (associazione) o la destinazione di un patrimonio per la sua realizzazione, mentre le attività indicate nello statuto vanno considerate nell'ottica di mezzi di attuazione dello scopo stesso.

Pertanto la predetta indagine va condotta prioritariamente con riguardo allo scopo, mentre l'enucleazione delle attività potrà esser tenuta in considerazione quale elemento di precisazione della portata dello scopo, oltre che farvi riferimento ad altre finalità valutative (congruità del patrimonio in relazione alle attività previste, eventuale snaturamento dello scopo dichiarato, etc.).

In relazione allo scopo, poi, appare opportuno richiamare l'attenzione sulla circostanza che la valutazione della sua effettiva sussistenza - anche con riferimento alla possibilità di perseguirlo - postula che lo scopo stesso sia sufficientemente connotato e non generico o indeterminato o talmente ampio da ricomprendere una serie di finalità non intrinsecamente congrue (v. Consiglio di Stato, sezione II, 27 luglio 1979, n. 1228/78 in Consiglio di Stato, 1981, I, 361). Altrimenti l'enunciazione dello scopo assumerebbe il valore di una semplice clausola di stile, senza connotare la causa del negozio costitutivo, che ha ragion d'essere proprio in funzione dello scopo.

Ovviamente le attività che dovessero venire previste statutariamente per il raggiungimento dello scopo medesimo devono essere congrue e consone rispetto alla finalità dell'ente, e non enucleative di qualsivoglia attività, comprese quelle non correlate con il raggiungimento dello scopo stesso.

E' appena il caso di ricordare, comunque, che gli enti di cui trattasi sono enti privi di qualsivoglia scopo di lucro. Pertanto lo scopo associativo non deve avere natura economica; in tal caso, infatti, si verserebbe in ipotesi societaria o consortile e non associativa. Mentre, nell'ordinamento italiano, non appare ammissibile (e riconoscibile) una fondazione con scopo economico.

Va precisato, comunque, che l'eventuale previsione di un'attività lucrativa può non snaturare lo scopo non lucrativo se al perseguimento di esso sono destinati i proventi, sia strumentale e se non assuma particolari rilievo ed importanza.

In proposito, le relative valutazioni vanno condotte con riferimento a tutti gli elementi in possesso, e prioritariamente con riguardo allo scopo ed alle previste attività attuative dello stesso, senza riconoscere rilevanza a mere dichiarazioni statutarie assertive dell'assenza di uno scopo di lucro, ove tale circostanza sia contraddetta da altri significativi elementi.

Altro elemento previsto come essenziale dall'art. 16 del codice civile è la denominazione dell'ente.

Condizione necessaria per la denominazione è che sia nuova e distintiva (artt. 7 e 2564 c.c.), oltre che veridica.

Poiché, in sede di procedimento di riconoscimento, a termini del terzo comma dell'art. 1 del D.P.R. n. 361/2000 occorre valutare il soddisfacimento delle condizioni previste dalla legge, sarà necessario tener conto anche della conformazione della denominazione.

Va, anche, ricordato che, l'art. 27 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, vieta l'utilizzazione nella denominazione delle parole "organizzazione non lucrativa di utilità sociale" o altre consimili locuzioni in soggetti che ONLUS non sono. Se è vero, in proposito, che la verifica della ricorrenza di tutti gli elementi per qualificare un ente come ONLUS è compito dell'Amministrazione statale delle finanze - per i fini fiscali ricollegati allo status di ONLUS - tuttavia, in sede di istruttoria per il riconoscimento o per modifiche statutarie che coinvolgano la denominazione di un ente, non ci si può esimere dal verificare nelle fattispecie concrete la ricorrenza formale delle prescrizioni del decreto legislativo n. 460/97, al limitato fine di valutare l'ammissibilità, nella denominazione, della locuzione "organizzazione non lucrativa di utilità sociale (ONLUS)".

Tra gli altri elementi essenziali che, a termini dell'art. 16 del codice civile, devono contenere statuto ed atto costitutivo, particolare attenzione dev'essere prestata all'elemento patrimoniale ed alle norme sull'ordinamento, secondo i principi elaborati dalla giurisprudenza.

Il patrimonio dev'essere sufficiente al perseguimento dell'attività e degli scopi istituzionali (Consiglio di Stato, sezione I, 27 settembre 1955, n. 1661; sezione II, 25 maggio 1994, n. 823 in Consiglio di Stato, 1995, I, n. 466; v. anche art. 2 disp. attuaz. codice civile); e, di regola, non è sufficiente la previsione di fonti esterne di contribuzione e di entrate eventuali (Consiglio di Stato, sezione I, 27 ottobre 1959, n. 1717).

In proposito, comunque, pur tenendo sempre presente che l'elemento patrimoniale è necessario non solo come elemento di autosufficienza dell'ente ma anche per funzioni di garanzia per i creditori dell'ente, occorre distinguere tra fondazioni ed associazioni.

Mentre per le prime occorre che il patrimonio iniziale sia di per sé sufficiente ad assicurare, con le relative rendite, il perseguimento dello scopo e l'esercizio delle attività previste, e quindi dev'essere inizialmente sufficiente ad assicurare, per tutta la vita dell'ente, rendite bastevoli, per le associazioni (ferma restando la necessità di un patrimonio iniziale congruo per le attività da espletare in un primo periodo di avviamento e per fondare una reale garanzia per i terzi) l'autosufficienza economica dell'ente va assicurata dagli associati stessi, con congrui contributi o quote associative.

Al fine di valutare efficacemente la congruità del patrimonio, potrà essere acquisita, oltre alla documentazione relativa all'effettiva sussistenza degli elementi patrimoniali, anche una relazione previsionale dell'attività che l'ente prevede di svolgere corredata dall'indicazione dei mezzi finanziari per farvi fronte.

L'ordinamento delle associazioni da riconoscere non deve prevedere disposizioni che introducono diseguaglianze tra gli associati (Consiglio di Stato, sezione I, 17 maggio 1960, n. 72); che attribuiscono ad organi diversi dall'assemblea le determinazioni in ordine all'esclusione di associati (Tribunale di Roma, 25 gennaio 1969 in Giust. civ. 1969, I, 1159; Consiglio di Stato, sezione I, 30 agosto 1967, n. 1834); che fissano un quorum superiore al decimo degli associati (previsto dal 2° comma dell'art. 20 codice civile) per la richiesta di convocazione dell'assemblea, trattandosi di diritti a tutela della minoranza non derogabili in senso peggiorativo (C.G.A., sezione consult., parere n. 124/91 del 15 ottobre 1991); che, per le deliberazioni relative allo scioglimento, fissano un quorum deliberativo inferiore a quello di cui all'ultimo comma dell'art. 21 codice civile; che attribuiscano a probiviri la decisione di controversie tra associazione e associati, con funzioni arbitrali, allorquando gli stessi siano nominati soltanto dall'assemblea, e cioè da una sola delle parti in causa (Cass. 7 giugno 1985, n. 3394; 14 settembre 1991, n. 9604).

Il D.P.R. n. 361/2000 fissa in 120 giorni dalla presentazione il termine per la conclusione del procedimento (art. 1, quinto comma).

Il sesto comma dell'art. 1 del predetto regolamento prevede che, nel che si riscontri la necessità di richiedere l'integrazione della documentazione, ne va data comunicazione al richiedente che entro 30 giorni può presentare documenti e memorie; e che nei successivi trenta giorni, ove non si provveda all'iscrizione questa s'intende negata.

E' opportuno chiarire che la previsione del sesto comma in discorso è applicabile all'ipotesi che la richiesta di documentazione intervenga nella prossimità della scadenza del termine per provvedere.

Per cui, ove venga richiesta l'integrazione di documentazione prima della scadenza del termine di 120 giorni dalla presentazione dell'istanza, non può ritenersi che il maggior tempo ancora disponibile per l'Amministrazione venga sostituito dal termine di 30 giorni dalla ricezione della documentazione richiesta.

Una volta completata l'istruttoria, l'Amministrazione procedente provvederà ad ordinare l'iscrizione nel registro delle persone giuridiche o a denegarla motivando le determinazioni assunte.

A tal fine, il provvedimento che dispone l'iscrizione, corredato di tutti gli elementi di cui all'art. 4 del D.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361, andrà trasmesso, insieme a copie conformate dell'atto costitutivo e statuto, alla predetta struttura della Segreteria generale cui dovrà pervenire con ogni tempestività e, comunque, almeno dieci giorni prima della scadenza del termine per provvedere.

La struttura predetta provvederà di conseguenza, comunicando l'avvenuta iscrizione dell'ente, o della modifica statutaria, all'istante ed all'Amministrazione disponente.

Ove si ravvisino da parte del ramo di Amministrazione regionale procedente ragioni ostative al riconoscimento, lo stesso dovrà informarne l'istante motivando in merito, onde consentirgli di presentare eventuali memorie o documenti (art. 1, comma 6°, D.P.R. n. 361/2000).

Il provvedimento di diniego dell'iscrizione, oltre che i motivi che determinano il diniego, conterrà anche l'indicazione della sua ricorribilità in via giurisdizionale o amministrativa, con l'indicazione dei termini per ricorrere, e andrà comunicato all'istante.

Analogamente andrà comunicato alla struttura della Segreteria generale sopra specificata, a fini di conoscenza, anche il provvedimento di diniego dell'iscrizione, ovvero l'avvenuto infruttuoso decorso dei termini di cui al sesto comma dell'art. 1 del D.P.R. n. 361/2000.

Si ritiene opportuno, infine, stante che le iscrizioni nel registro delle persone giuridiche di nuovi enti, nonché di successive modifiche statutarie, rivestono interesse per la generalità dei cittadini, che venga disposta, a cura della struttura del registro, la pubblicazione di comunicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione.

Per l'esercizio uniforme dei poteri sopra menzionati, le Amministrazioni in indirizzo vorranno attenersi alle superiori direttive.

Il Presidente: LEANZA