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MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI

DECRETO 19 gennaio 2005

G.U.R.I. 29 marzo 2005, n. 72

Prescrizioni per la valutazione del rischio per l'agrobiodiversità, i sistemi agrari e la filiera agroalimentare, relativamente alle attività di rilascio deliberato nell'ambiente di OGM per qualsiasi fine diverso dall'immissione sul mercato.

Testo annotato al 4 maggio 2007

IL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI

DI CONCERTO CON

IL MINISTRO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO

Visto il decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224, art. 8, comma 6;

Vista la legge 14 febbraio 1994, n. 214, recante la "Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla biodiversità fatta a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992";

Vista la decisione 2002/623/CE della Commissione del 24 luglio 2002 recante note orientative ad integrazione dell'allegato II della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio;

Visto il protocollo di Cartagena siglato a Nairobi il 24 maggio 2000 e ratificato con la legge 15 gennaio 2004, n. 27;

Vista la legge quadro 6 dicembre 1992, n. 394, sulle aree protette e successive modifiche;

Visto l'art. 37 della legge sementiera 25 novembre 1971, n. 1096 modificata dal decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 212, articolo 10 commi 1 e 3;

Visti il Regolamento 2081/92/CEE del Consiglio del 14 luglio 1992 relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli e alimentari e il Regolamento 2082/92/CEE del Consiglio del 14 luglio 1992 relativo alle attestazioni di specificità dei prodotti agricoli ed alimentari;

Visto il Regolamento 2092/91/CEE del Consiglio del 24 giugno 1991 relativo al metodo di produzione biologico dei prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari e successive modifiche ed integrazioni;

Vista la raccomandazione 2003/556/CE della Commissione del 23 luglio 2003 recante orientamenti per lo sviluppo di strategie nazionali e migliori pratiche per garantire la coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche;

Considerata l'esigenza di tutelare l'agrobiodiversità, i sistemi agrari e la filiera agroalimentare in caso di emissione deliberata nell'ambiente di OGM per qualsiasi fine diverso dall'immissione sul mercato;

Considerato che la gestione dei campi sperimentali presso siti pubblici consente di garantire nel corso degli anni la tracciabilità delle diverse pratiche colturali predisposte e di disporre di informazioni scientifiche aggiornate;

Ritenuto necessario procedere secondo quanto previsto dall'Allegato II del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224, di recepimento della direttiva 2001/18/CE ad una valutazione del rischio "caso per caso";

Ritenuto opportuno definire i protocolli tecnici per la gestione del rischio per l'agrobiodiversità, i sistemi agrari e la filiera agroalimentare in caso di emissione deliberata nell'ambiente di OGM;

Considerate le esigenze di consultazione ed informazione pubblica di cui all'art. 12 del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224;

Acquisito l'assenso al concerto da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio in data 1° aprile 2004;

Acquisito il parere favorevole della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano nella seduta del 20 maggio 2004;

Decreta:

Art. 1

Campo di applicazione e finalità

1. Ai sensi del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224, art. 8, comma 6, il presente decreto definisce le prescrizioni ai fini della valutazione dei rischi per l'agrobiodiversità, i sistemi agrari e la filiera agroalimentare, connessi con l'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati, in seguito denominati OGM, per qualsiasi fine diverso dall'immissione sul mercato.

2. Il Ministro delle politiche agricole e forestali, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, acquisito il parere favorevole del Comitato di cui all'art. 4, definisce con proprio decreto i protocolli tecnici operativi per la gestione del rischio delle singole specie GM. Detti protocolli saranno aggiornati e/o modificati sulla base di ulteriori conoscenze scientifiche.

Art. 2

Definizioni

1. Ai fini del presente decreto, ferme restando le definizioni di cui all'art. 3 del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224, si intende per:

a) Protocolli tecnici operativi per la gestione del rischio: schede che individuano le caratteristiche della specie considerata, le modalità operative e le misure da adottare all'atto dell'emissione deliberata di OGM, volte alla tutela dell'agrobiodiversità, dei sistemi agrari e della filiera agroalimentare;

b) Autorità nazionale competente: Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, ai sensi dell'art. 2 del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224;

c) Autorità regionale o provinciale competente: la struttura che ogni singola regione e provincia autonoma designa per gli adempimenti derivanti dal presente decreto;

d) Sito: terreni di proprietà e/o gestiti da istituti di ricerca pubblici, università, enti di sviluppo agricolo, sistema delle agenzie per la protezione dell'ambiente (APAT-ARPA), regioni e province autonome, enti locali.

Art. 3

Obblighi generali

1. Fatte salve le disposizioni del Titolo II del decreto legislativo 8 luglio 2003, o. 224, chiunque intenda effettuare una emissione deliberata di OGM nell'ambiente per qualsiasi fine diverso dall'immissione sul mercato è tenuto a:

a) effettuare l'emissione deliberata nei siti individuati dalle singole regioni e province autonome;

b) effettuare un'analisi e valutazione del rischio che l'emissione comporta nello specifico sistema agroecologico regionale secondo quanto previsto nell'allegato del presente decreto;

c) effettuare l'emissione deliberata in conformità alle indicazioni contenute nei protocolli tecnici operativi di cui all'art. 1, comma 2.

2. Le regioni e le province autonome provvedono a:

a) designare entro 90 giorni dalla pubblicazione del presente decreto l'Autorità regionale o provinciale competente;

b) individuare, entro 6 mesi dalla designazione dell'Autorità regionale o provinciale competente, previo accordo con i proprietari e gestori di cui all'art. 2, lettera d), comma 1, i siti del proprio territorio utilizzabili per la sperimentazione indicando, se del caso, restrizioni motivate per specifici organismi e/o siti di rilascio;

c) stabilire tariffe che il notificante è tenuto a versare per l'utilizzo dei siti di proprietà o gestiti direttamente;

d) trasmettere all'Autorità nazionale competente i risultati ed ogni ulteriore informazione derivante dai controlli effettuati anche su propria iniziativa.

3. I provvedimenti di cui al comma 2 sono comunicati all'Autorità nazionale competente e al Ministero delle politiche agricole e forestali.

Art. 4

Comitato tecnico di coordinamento (1)

1. Per le finalità inerenti il presente decreto, presso il Ministero delle politiche agricole e forestali è istituito, con apposito provvedimento, un Comitato tecnico di coordinamento, di seguito detto "Il Comitato".

2. Il Comitato, di cui al comma 1, è così composto:

due rappresentanti del Ministero delle politiche agricole e forestali di cui uno con funzione di presidente;

due rappresentanti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio;

sei rappresentanti delle regioni e province autonome designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome.

3. Il Comitato può essere coadiuvato da uno o più esperti a titolo consultivo in relazione alle tematiche tecniche trattate e, ove necessario, per gli aspetti sanitari.

4. Il Comitato in sede di prima convocazione predisporrà il regolamento di funzionamento.

5. Il Comitato predispone un elenco di esperti di cui al comma 3 ed il relativo aggiornamento.

6. Le spese per la partecipazione ai lavori del Comitato di cui al comma 1 sono a carico dell'Amministrazione di appartenenza di ciascun rappresentante o esperto.

(1)

Per effetto dell'art. 2, comma 1, lett. i), del D.P.C.M. 4 maggio 2007, il Comitato di cui all'articolo annotato è confermato e continua ad operare. Per la relativa disciplina si rimanda all'art. 3 del predetto D.P.C.M.

Art. 5

Deroghe

1. Nelle more dell'individuazione dei siti da parte delle regioni e province autonome, l'Autorità nazionale competente, sulla base della valutazione tecnica espressa dalla Commissione interministeriale di valutazione (CIV) di cui all'art. 6 del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224, e sulla base del parere obbligatorio espresso dall'Autorità regionale o provinciale competente, valuterà l'idoneità del sito proposto dal notificante.

2. L'autorizzazione ad effettuare la sperimentazione in siti diversi da quelli indicati nell'art. 3, comma 1, lettera a), potrà essere rilasciata dall'Autorità nazionale competente sulla base di una richiesta motivata presentata dal notificante, della valutazione tecnica espressa dalla CIV nella quale è riportato il parere obbligatorio dell'Autorità regionale e provinciale competente della regione interessata e purché sia garantita nel corso degli anni la tracciabilità delle diverse pratiche colturali predisposte.

3. Nel caso in cui le finalità della sperimentazione richiedano la modifica di una o più delle prescrizioni contenute nei protocolli tecnici, il notificante dovrà sottoporre una richiesta motivata all'Autorità nazionale competente che potrà rilasciare apposita autorizzazione sulla base della valutazione tecnica espressa dalla CIV, acquisito il parere del Comitato di cui all'art. 4.

Il presente decreto sarà inviato all'organo di controllo per la registrazione e sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Roma, 19 gennaio 2005

Il Ministro delle politiche agricole e forestali

ALEMANNO

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio

MATTEOLI

Registrato alla Corte dei conti il 7 marzo 2005

Ufficio di controllo atti Ministeri delle attività produttive, registro n. 1, foglio n. 210

Allegato

Prescrizioni per la valutazione del rischio per l'agrobiodiversità, i sistemi agrari e la filiera agroalimentare

Il presente allegato descrive a grandi linee l'obiettivo da raggiungere, gli elementi da considerare ed i principi e metodologie generali da seguire per effettuare la valutazione del rischio per l'agrobiodiversità, i sistemi agrari e la filiera agroalimentare.

A. Obiettivo.

L'obiettivo di una valutazione del rischio per l'agrobiodiversità, i sistemi agrari e la filiera agroalimentare è, caso per caso, quello di individuare e valutare i potenziali effetti negativi provocati dall'emissione deliberata di OGM siano essi diretti, indiretti, immediati o differiti, sugli agroecosistemi e sulle filiere produttive ad essi connessi.

La valutazione del rischio deve essere effettuata al fine di determinare se è necessario procedere ad una gestione del rischio e, in caso affermativo, reperire i metodi più appropriati da impiegare.

B. Principi generali.

In conformità a quanto espresso nell'allegato II del decreto legislativo n. 224/2003 dell'8 luglio e sulla base del principio precauzionale, all'atto della valutazione del rischio occorre conformarsi ai seguenti principi generali secondo un approccio interdisciplinare:

l'utilizzo e le caratteristiche accertate dell'OGM, che potenzialmente possono causare effetti negativi devono essere confrontati con quelli propri dell'organismo non modificato da cui l'OGM è stato ricavato e col suo uso in situazioni corrispondenti, in maniera scientificamente valida e trasparente, sulla base dei dati scientifici e tecnici disponibili;

caso per caso, nel senso che le informazioni richieste possono variare a seconda del tipo di OGM considerato, dell'uso previsto e dell'ambiente che ne è il potenziale destinatario, tenendo conto, tra l'altro, degli OGM già presenti nell'ambiente.

Nel caso in cui si rendano disponibili nuove informazioni sull'OGM e sui suoi effetti sugli agroecosistemi e sulle filiere produttive, può essere necessario riconsiderare la valutazione del rischio al fine di:

determinare se il rischio è cambiato,

determinare se è necessario modificare di conseguenza la gestione del rischio.

Occorre precisare che per Entità biologiche affini si intendono i Taxa che in base alla loro posizione filogenetica, alla struttura del genoma, al sistema riproduttivo ed a valutazioni di ordine bioecologico presentano caratteristiche comuni tali da determinare una interfertilità anche parziale.

C. Informazioni necessarie

Le informazioni raccolte e organizzate dal notificante secondo quanto richiesto nell'allegato III del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224, forniscono la base conoscitiva per il successivo sviluppo della valutazione del rischio.

Allo scopo di eseguire la valutazione del rischio riferita all'agrobiodiversità, i sistemi agrari e le filiere agroalimentari, le informazioni richieste nell'allegato III del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224 devono essere integrate, se del caso, con le seguenti:

effetti del prodotto del transgene, con particolare riguardo alle materie prime destinate alla trasformazione (latte, uve, ecc);

distribuzione del transgene e dell'eventuale prodotto genico nell'ambiente a seguito di precedenti emissioni;

caratteristiche dell'OGM e delle pratiche agricole ad esso associate che possono determinare modifiche del microclima e squilibri negli agroecosistemi, attraverso l'aumento del potenziale biotico di organismi nocivi all'agricoltura (patogeni, infestanti, artropodi, uccelli, roditori ecc.), o la modificazione del microclinia e delle condizioni edafiche, o la riduzione dell'atropopodofauna utile e degli antagonisti naturali;

caratteristiche dell'OGM e delle pratiche agricole ad esso associate che possono renderlo più suscettibile o appetibile da parte delle specie dannose all'agricoltura;

attitudine del transgene a deprimere le simbiosi di interesse agroambientale, libere ed associate (azione su rizobi, su agenti di micorrize, ecc.).

attitudine dell'OGM ad inselvatichirsi ed a competere con la flora o la fauna locali (vantaggio ecologico);

attitudine dell'OGM a sostituire gli organismi non modificati oggetto di coltivazione e di allevamento tradizionali (vantaggio economico).

Inoltre, allo scopo di effettuare una valutazione del rischio che sia concretamente riferita all'area di emissione, devono essere acquisite informazioni di base riguardanti il territorio con riferimento all'impatto sul settore agricolo.

L'analisi delle caratteristiche ambientali, agronomiche e socioeconomiche del territorio dovrà riportare, almeno, le seguenti informazioni:

distribuzione delle coltivazioni e degli allevamenti presenti nel territorio in esame, con particolare riguardo alle specie interfeconde con l'organismo oggetto di sperimentazione. Nel caso delle piante va indicata la distanza minima e massima, in quello degli animali andranno esposte accuratamente le misure di contenzione degli organismi transgenici studiati;

presenza e distribuzione di siti di conservazione di risorse genetiche autoctone di interesse agrario;

presenza nell'area di coltivazioni o allevamenti di pregio, anche se di specie non affini (tipiche, DOP, IGP, biologiche ecc.);

presenza nel territorio in esame di aree naturali protette, di aree critiche e sensibili di qualunque natura;

presenza di colture e allevamenti sperimentali di altro tipo, di produzioni da seme, di vivai ecc.;

presenza nel territorio di giardini storici o giardini pubblici con presenza di piante di rilevante interesse storico-culturale e/o ambientale;

caratteristiche chimico-fisiche e biologiche del suolo;

presenza di falda, suo andamento e profondità;

sistemi prevalenti di gestione degli agroecosistemi (gestione della flora infestante, gestione della difesa fitosanitaria, modalità di concimazione e di irrigazione);

tipologia di gestione degli allevamenti più diffusa (livello di naturalità, ecc.).

caratteristiche climatiche (temperature medie ed escursioni termiche, umidità in rapporto alle tagioni, andamento termopluviometrico annuo, venti prevalenti, con forza e direzione, ecc.);

precedente uso del sito, con particolare riguardo alle sperimentazioni di OGM e alle colture interfeconde con essi;

presenza nell'area di artropodofauna utile e altri antagonisti naturali potenzialmente suscettibili a prodotti genici specifici degli OGM;

livello e tipologia di antropizzazione dell'area (densità di popolazione, assetto urbanistico, presenza di aree artigianali-industriali, ecc.) e vie di trasporto antropico di eventuali materiali di moltiplicazione o di inquinamento genetico (strade, ferrovie, aeroporti e altre infrastrutture);

aspetti sociali ed economici del territorio rilevanti per la valutazione del rischio (attività economiche prevalenti collegate all'agricoltura, molo dell'agricoltura, fatturato a livello nazionale e regionale della produzione oggetto di sperimentazione) con particolare riferimento alla componente agraria e zootecnica delle filiere.

D. Metodologia

Ogni processo di valutazione del rischio implica la preventiva comprensione della natura dei pericoli potenziali, delle loro implicazioni e delle modalità di accadimento degli eventuali effetti negativi.

Premesso che gli effetti sull'agrobiodiversità, i sistemi agrari e la filiera agroalimentare sì producono in seguito alla permanenza e/o alla moltiplicazione ed espansione oltre i confini del sito sperimentale di elementi o cambiamenti dell'agroecosistema imputabili all'OGM emesso nell'ambiente, tre componenti essenziali devono essere presenti affinché il rischio si realizzi:

fonte (del rischio potenziale) > percorso di migrazione > recettore

dove si intende per:

rischio potenziale = la proprietà intrinseca di un organismo, che, in particolari circostanze, è in grado di provocare effetti negativi sulla salute umana, animale, sulla biodiversità animale, vegetale microbica e/o sull'ambiente/ecosistema.

rischio = rischio associato ad un "rischio potenziale" è definito in termini di livello potenziale di effetto negativo e di probabilità che tale effetto negativo si realizzi. Il rischio risulta dalla combinazione dell'entità e della probabilità delle conseguenze determinate da un rischio potenziale. fonte (del rischio potenziale) = il sito in cui l'organismo come tale o il prodotto da esso derivato è rilasciato o messo in condizione di esprimere la sua capacità intrinseca di provocare danni o effetti negativi sulla salute umana, animale, sulla biodiversità animale, vegetale, microbica e/o sull'ambiente/ecosistema e sul settore agricolo;

percorsi di migrazione = modalità chimico, fisiche e biologiche con le quali il rischio potenziale è in grado di migrare dalla fonte del rischio ai recettori.

recetrore = uomo, animali, piante, microrganismi e altre componenti ambientali o del settore agricolo.

Se viene a mancare una delle sopra citate componenti, il rischio non si determina mentre, qualora esso si manifesti, ad ognuna delle tre componenti descritte possono essere applicate le tecniche di gestione del rischio.

L'analisi deve mettere in evidenza le modalità e le eventuali fasi del processo attraverso cui un effetto negativo primario, diffondendosi e amplificandosi nell'area di emissione, può determinare un impatto negativo sul settore agricolo.

L'analisi deve, altresì, evidenziare come le misure di gestione del rischio previste siano in grado di eliminare o limitare i rischi potenziali e gli impatti sul settore agricolo ad essi associati.

D.1 Identificazione dei rischi potenziali, fonti, percorsi di migrazione, recettori, impatti

L'identificazione dei rischi potenziali si basa sull'analisi sistematica di tutti i potenziali effetti negativi diretti o indiretti, correlati alle caratteristiche dell'organismo o riconducibili a questo, che possono avere un impatto sugli agroecosistemi, l'agrobiodiversità e le filiere produttive.

Ciò significa:

1. individuare un effetto negativo primario, considerando le origini del rischio potenziale (fonte) e definendo le modalità con cui gli individui, le popolazioni e le matrici ambientali (recettori) sono esposte al rischio potenziale. Anche le vie di migrazione tra le fonti di rischio potenziale e gli elementi a rischio devono essere identificate.

2. ipotizzare l'impatto che l'effetto negativo primario, ad esempio una contaminazione genetica di specie infestanti affini all'OGM, permanendo e amplificandosi nell'area di emissione, determina per il settore agricolo, ad esempio una maggiore difficoltà di contenimento delle infestanti contaminate.

L'attenzione agli agroecosistemi dovrà tener conto sia degli effetti diretti sulla realtà agricola territoriale, sia degli effetti indiretti legati ad esempio, a cambiamenti nelle pratiche agricole conseguenti all'emissione dell'OGM.

Le ipotesi di rischio potenziale da considerare, in particolare, sono le seguenti:

la possibilità di impollinazione di piante coltivate, inselvatichite o spontanee del territorio da parte delle piante oggetto di sperimentazione;

la possibilità di fecondazione di animali della stessa specie nel caso siano presenti nel territorio;

le perturbazioni sull'ambiente circostante da parte della pianta transgenica o delle tecniche di coltivazione, con particolare riguardo al rischio di perdita di biodiversità (ad esempio tossine insetticide sull'entomofauna, alterazione della biodiversità del suolo, effetti su organismi target e non-target, uso indiscriminato di erbicidi in presenza di piante resistenti e modifica delle pratiche agronomiche correnti, possibile utilizzo alimentare della pianta GM da parte di animali selvatici modificazione della fitness di piante a cui siano stati trasferiti i transgeni e quindi dell'equilibrio dell'ecosistema ecc. . .);

contaminazione del suolo o dell'ambiente da parte di transgeni o di suoi prodotti, come le tossine e possibile trasferimento genico in microrganismi, soprattutto del suolo;

possibilità di interferire con le interazioni pianta-patogeni;

possibilità di interferire con le interazioni pianta-simbionti;

rischio di disseminazione nel territorio di sementi della pianta transgenica o di permanenza di polloni o altri sistemi di propagazione nel suolo.

Una volta stabiliti i possibili effetti sui recettori è necessario effettuare la valutazione dell'impatto economico e sociale, oltre che ambientale, per l'agricoltura della zona di emissione nel caso si verificasse uno degli eventi sopra indicati.

E' necessario pertanto considerare eventuali effetti negativi sugli agroecosistemi e l'agrobiodiversità quali ad esempio:

riduzione della fertilità dei suoli;

alterazione degli scambi gassosi a livello di chioma o altre variazioni microclimatiche;

modifiche della composizione floristica dei pascoli, incolti, macchie, siepi e zone boschive di pertinenza delle aziende agricole;

sviluppo di ceppi di organismi nocivi all'agricoltura più aggressivi o resistenti ai metodi di contenimento comunemente utilizzati, con aumento degli attacchi parassitari;

condizioni che favoriscono l'introduzione di nuovi parassiti;

squilibri negli agroecosistemi a carico dell'entomofauna, degli antagonisti naturali, degli organismi terricoli, della micorrizzazione e in genere delle relazioni simbiotiche delle piante coltivate;

erosione genetica delle varietà e razze autoctone o migliorate presenti nella zona di emissione.

E' necessario considerare, inoltre, eventuali effetti negativi sul sistema agricolo e sulle filiere alimentari quali, ad esempio:

abbandono o sostituzione di colture divenute, in seguito all'impatto dell'OGM, non più adatte o economicamente non più convenienti, con particolare riguardo alle varietà locali;

cambiamenti delle tecniche agricole praticate nella zona di emissione dovuti alla necessità di compensare effetti negativi provocati dall'OGM, con peggioramento della sostenibilità ambientale dell'attività agricola e dei costi di produzione;

difficoltà o impossibilità di mantenere nella zona di emissione le produzioni tipiche e biologiche o altre produzioni per le quali vi è il divieto di impiego di OGM;

cambiamento dei metodi di lavorazione, trasfonnazione e conservazione dei prodotti agricoli della zona di emissione causati da variazioni delle caratteristiche chimico-fisiche e microbiologiche della materia prima o dei fermenti naturalmente presenti nell'ambiente;

difficoltà o impossibilità di mantenere la produzione di determinati prodotti locali a causa di variazioni chimico-fisiche e microbiologiche della materia prima o dei fermenti naturalmente presenti nell'ambiente;

danni all'immagine dei prodotti locali e/o della zona di emissione e costi da sostenere per difenderla;

cambiamento dei percorsi commerciali per i prodotti provenienti dalla zona di emissione dovuti a impossibilità di accesso alla vendita NON-OGM (grande distribuzione, alimenti per lattanti e bambini) o ad altre tipologie commerciali;

costi aggiuntivi derivanti dalla separazione delle filiere e da controlli e analisi specialistiche necessarie a garantire le filiere NON-OGM

difficoltà a mantenere l'allevamento brado e semibrado, in particolare di razze autoctone adattate alle condizioni locali preesistenti;

modificazioni del paesaggio con impatto negativo sull'attività agrituristica;

modificazione di specie rilevanti per le attività artigianali connesse all'azienda agricola; alterazioni delle biocenosi fluviali e lacuali con impatto negativo sull'acquacoltura;

abbandono e/o marginalizzazione della zona di emissione in seguito alla compromissione di forme di agricoltura praticate nella zona divenute meno redditive in seguito all'impatto dell'OGM.

Per ognuno dei rischi potenziali identificati si devono successivamente individuare tutti i possibili percorsi di migrazione, sia sul breve che sul lungo periodo, che possano eventualmente permettere al rischio potenziale di interagire con gli specifici recettori individuati.

Una volta stabilito che un rischio potenziale può raggiungere un recettore e determinare un impatto attraverso un determinato percorso di migrazione, la possibilità che questo evento si realizzi concretamente dipende da molteplici fattori quali, ad esempio: le condizioni di rilascio, la presenza di barriere fisiche o biologiche che possono impedire la diffusione, le caratteristiche geografiche, morfologiche e meteorologiche del territorio, la stabilità o la capacità di sopravvivenza dell'OGM o della sua progenie.

Una rappresentazione schematica da utilizzare a supporto delle attività sopra descritte può essere espressa da un diagramma di flusso, dove a partire dalla fonte (es. il campo coltivato) i rischi potenziali possono raggiungere i potenziali recettori e determinare degli effetti negativi seguendo i diversi percorsi attivi tenendo conto delle modalità o agenti di diffusione, delle vie o fattori di migrazione, delle vie di esposizione utilizzabili nello specifico contesto.

D.2 Stima del rischio

Una volta identificati i potenziali effetti negativi che possono realizzarsi sui potenziali recettori, bisognerà procedere alla valutazione delle potenziali conseguenze dei singoli effetti negativi e alla probabilità che essi hanno di realizzarsi. A tal fine è possibile scegliere di utilizzare la matrice in Figura 1 che consente di dare una valutazione dei rischi di tipo qualitativo; tuttavia, la matrice è in grado di fornire anche indicazioni di tipo ponderale sulla base della probabilità del verificarsi di un impatto e della gravità delle conseguenze.

Classi di rischio

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Conseguenze

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IMPORTANTI

MODERATE

RIDOTTE

TRASCURABILI

Probabilita

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IMPORTANTE

Elevato

Elevato

Medio/Basso

Trascurabile

MODERATA

Elevato

Medio

Basso

Trascurabile

RIDOTTA

Elevato/Medio

Medio/Basso

Basso

Trascurabile

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Elevato/

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TRASCURABILE

Medio/Basso

Medio/Basso

Basso

trascurabile

La matrice è a doppio ingresso: su un asse sono elencate le classi relative alla probabilità che l'impatto si verifichi, mentre sull'altro ingresso vengono elencate le classi che descrivono l'entità delle possibili conseguenze dall'effetto negativo. In assenza di dati analitici più circostanziati, le classi di probabilità proposte, sono:

Importante, Moderata, Ridotta, Trascurabile.

Sulla base di queste quattro classi, vengono individuate 6 classi di rischi così definite:

Elevato, Elevato/medio, Medio, Medio Basso, Basso, Trascurabile.

Per quanto riguarda i criteri sulla base dei quali effettuare la stima del rischio sono da considerare i seguenti aspetti:

a) la probabilità che l'effetto negativo si verifichi, deve essere calcolata sulla base di dati di letteratura ove disponibili, e delle condizioni ambientali specifiche del rilascio;

b) l'entità delle conseguenze dipenderà da:

(i) dimensione numerica del fenomeno;

(ii) dimensione territoriale-geografica del fenomeno: il fenomeno può avere dimensioni fisiche diverse (in termini di estensione territoriale) ed è ovvio che il danno aumenterà in funzione della superficie delle aree impattate;

(iii) dimensione temporale del fenomeno, maggiore è la durata del danno maggiore sarà la sua gravità;

(iv) reversibilità del danno: un danno irreversibile su un recettore, ne determina la scomparsa o lo modifica in modo definitivo e quindi origina la perdita di biodiversità, nell'area interessata;

(v) importanza del recettore colpito: se il recettore è rappresentato da una specie rara la gravità del danno aumenta, il danno può essere ancora più elevato quando colpisce specie che svolgono una funzione "chiave" nell'ambito di un ecosistema, oppure quando vengono contaminate specie o popolazioni selvatiche parentali o geneticamente affini a varietà o razze di interesse agronomico da esse derivate che rappresentano una risorsa genetica che può essere gravemente compromessa.

Il processo di valutazione del rischio non può limitarsi a riscontri analitici dei singoli rischi derivanti dall'emissione deliberata di un OGM, ma deve arrivare ad elaborare un quadro finale complessivo di tutti i rischi considerati insieme, sulla base del quale si possa decidere se l'autorizzazione alla sperimentazione in campo sia valutabile positivamente o non dovranno pertanto essere considerati tutti i potenziali rischi dando un peso a ciascuno di essi ed infine un peso finale complessivo.

Pertanto, si dovrà prima compilare una matrice per ciascun effetto negativo individuato che possa impattare un determinato recettore in modo da stimare ogni singolo rischio.

Successivamente, per ciascun recettore potenzialmente colpito, si riporteranno i risultati di ogni singola matrice in un'unica matrice di sintesi in modo da poter avere un quadro generale della situazione dei recettori impattati ed effettuare la valutazione complessiva finale del rischio.

Questa matrice (fig. 2) dovrà riportare su un asse le classi di rischio identificate per ciascun effetto negativo in grado di impattare un determinato recettore e sull'altro tutti i recettori potenzialmente interessati dal rilascio ambientale dell'OGM oggetto della valutazione.

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Ricettori

soggetti

a rischio

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Classe di rischio

Altre coltivazioni

o allevamenti

Consu-matori primari

Micro-flora del suolo

Patogeni vegetali

habitat naturali

Altro

Elevata

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Media

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Bassa

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Trascurabile

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Fig. 2 - Valutazione del rischio complessivo