Norma - quotidiano d'informazione giuridica - DBI s.r.l.

MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE

CIRCOLARE 12 dicembre 2006, n. 43

G.U.R.I. 21 dicembre 2006, n. 296

Beni mobili di proprietà dello Stato - Approfondimenti di taluni aspetti particolari della gestione.

Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Segretariato generale

Alle Amministrazioni centrali dello Stato - Gabinetto

All'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato

Al Consiglio di Stato

Alla Corte dei conti

All'Avvocatura generale dello Stato

Agli Uffici centrali del bilancio presso le Amministrazioni centrali dello Stato

All'Ufficio centrale di ragioneria presso l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato

Alle Ragionerie provinciali dello Stato

PREMESSA.

Com'è noto, con la circolare 30 dicembre 2004, n. 42, sono state impartite istruzioni per il rinnovo degli inventari dei beni mobili di proprietà dello Stato.

Ora, tenuto conto della portata innovativa del quadro normativo delineatosi col nuovo regolamento dei consegnatari e dei cassieri emanato con il decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2002, n. 254, si ritiene opportuno, anche alla luce dei quesiti pervenuti in ordine alle modalità operative da seguire nella gestione dei beni mobili, fornire ulteriori precisazioni su alcuni concetti-chiave, quali l'universalità di beni mobili e l'ammortamento, nonché impartire istruzioni di carattere pratico riguardanti, in particolare, le modalità di applicazione del criterio dell'ammortamento dei beni in questione.

Inoltre, con l'occasione, stante le sollecitazioni pervenute in tal senso, si espongono anche gli esiti di approfondimenti giuridico-normativi condotti sui temi della delega e del comodato.

Preliminarmente è apparso utile fornire qualche precisazione in ordine ai cosiddetti "beni durevoli".

Ad ogni buon conto si precisa che sono tuttora validi, per tutte le tematiche sopraindicate, i chiarimenti e le indicazioni contenuti nelle circolari 7 dicembre 2005, n. 39, e 17 maggio 2006, n. 22, alle quali, per quanto di interesse, si fa rinvio.

Quale ultima notazione, va posto in luce che la disciplina inerente alla gestione dei beni mobili statali, in virtù delle istruzioni succedutesi negli anni passati, presenta ancora alcune regressive incongruenze che dovrebbero avere definitiva composizione in sede del prossimo rinnovo inventariale, pronosticato al 31 dicembre 2010, giusta lettera dell'art. 17, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 254/2002.

BENI DUREVOLI DI VALORE NON SUPERIORE A CINQUECENTO EURO, IVA COMPRESA.

Il regolamento concernente le gestioni dei consegnatari e dei cassieri delle amministrazioni dello Stato, emanato con il decreto del Presidente della Repubblica n. 254/2002, disciplina espressamente il regime giuridico e contabile dei beni mobili da iscrivere in inventario e del materiale di facile consumo, lasciando in ombra il regime contabile di quei beni che non rientrano in nessuna delle due categorie. Infatti, come noto, i beni da inserire in inventario, a norma dell'art. 17 del citato regolamento, devono avere un valore superiore a cinquecento euro, IVA compresa, e non essere riconducibili ai beni di facile consumo.

Al fine di colmare la rilevata lacuna, la circolare 13 giugno 2003, n. 32, in via interpretativa, ha provveduto a ricavare la disciplina per i beni con un valore pari o inferiore a cinquecento euro, IVA compresa, definendoli, al paragrafo 5, "beni durevoli di valore non superiore a 500 euro" (di seguito "beni durevoli"). Soprattutto, con il chiaro intento di fornire un supporto concreto ai compiti che incombono al consegnatario, la medesima circolare ha previsto l'istituzione di un distinto registro per tali beni in modo da poterne sorvegliare l'utilizzo e la movimentazione. Tale registro è stato anche attivato nel sistema informatico di gestione e controllo dei beni mobili dello Stato GE.CO., che, peraltro, contiene l'intera procedura gestionale dei beni durevoli.

Le scritture dedicate ai beni in rassegna hanno esclusivamente finalità di vigilanza e monitoraggio, senza nessun riflesso sul Conto generale del patrimonio dello Stato. Tali scritture, pure in assenza di una specifica modulistica ufficiale, possono essere tenute similmente a quelle in uso per i beni inventariati. Per la registrazione delle movimentazioni si può ricorrere ad un registro strutturato in modo analogo al giornale di entrata e di uscita - mod. 96 C.G., opportunamente adattato e semplificato in funzione delle finalità perseguite (così, ad esempio, non sarà necessario prevedere l'indicazione delle causali né del capitolo di spesa). Per di più, si mette in luce che il valore annotato, nel caso di specie, costituisce un mero elemento descrittivo, a nulla influendo, com'è stato più sopra riferito, sulla determinazione delle risultanze del Conto generale del patrimonio. Del pari, per le movimentazioni potranno essere emessi appositi buoni di carico e di scarico numerati progressivamente, ai quali allegare la documentazione relativa.

Per i beni durevoli, inoltre, l'attribuzione della classificazione SEC '95 risponde alle esigenze derivanti dall'introduzione della contabilità economica per centri di costo e a quelle di agevolare un eventuale successivo passaggio di tali beni in inventario, mentre risponde ad esigenze di monitoraggio la loro elencazione nella scheda dei beni mobili (già mod. 227 P.G.S.), giusta chiarimenti contenuti nella circolare n. 39/2005.

Quanto al regime giuridico dei beni durevoli, esso è pure riconducibile, per alcuni versi, a quello dei beni inventariati. In particolare, per le modalità di dismissione e per quelle di discarico dovrà essere seguita la disciplina prevista per i beni di maggior valore (cfr. art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 254/2002 e art. 194 del regio decreto 23 maggio 1924, n. 827).

Per quanto riguarda altri aspetti, invece, si trovano punti di contatto con il regime giuridico previsto per i beni di facile consumo. Così, ad esempio, devono essere osservate le modalità di rendicontazione all'ufficio riscontrante previste dall'art. 22, comma 4, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 254/2002.

Pertanto, alla fine di ogni esercizio, il dirigente responsabile degli acquisti di beni e servizi provvederà, anche per i beni durevoli, a trasmettere al titolare del centro di responsabilità ed all'ufficio riscontrante il rendiconto annuale, corredato di una relazione volta ad illustrare le modalità di acquisizione dei beni stessi.

In via generale, non sembra superfluo sottolineare che i consegnatari hanno la responsabilità sulla conservazione e sulla gestione dei beni mobili dello Stato insieme alla vigilanza sugli stessi, nonché sul loro regolare e corretto uso, senza distinzione circa il valore e la tipologia dei beni (art. 10, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 254/2002), ad esclusione degli oggetti di cancelleria e del materiale di facile consumo, per i quali la responsabilità attiene fondamentalmente alla gestione ed al corretto uso.

UNIVERSALITA' DI BENI MOBILI.

Sulla figura dell'universalità di beni mobili, specie in occasione del rinnovo delle operazioni inventariali, sono state rappresentate, in particolare, da parte dei consegnatari per debito di vigilanza, varie difficoltà, talora di carattere operativo, talaltra di natura più strettamente concettuale.

In considerazione della cennata circostanza, si è convenuto circa l'utilità di fornire ulteriori chiarimenti sull'argomento.

Al riguardo, appare decisamente opportuno, sebbene si tratti di concetti noti, svolgere qualche breve cenno preliminare in ordine alle competenze del consegnatario ed alla funzione delle scritture contabili legate alla gestione dei beni mobili di proprietà dello Stato, allo scopo di meglio cogliere le finalità sottese agli adempimenti richiesti in materia.

Il consegnatario, avvalendosi delle apposite scritture inventariali, da un lato svolge un compito di vigilanza sui beni mobili affidatigli, dall'altro deve soddisfare una serie di esigenze di natura conoscitiva, tra le quali, oltre a quanto previsto dall'art. 19, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 254/2002, particolare importanza assume la rendicontazione della gestione ai fini della compilazione del Conto generale del patrimonio dello Stato. Sono, dunque, dette finalità che possono fornire un solido ausilio nell'analisi interpretativa diretta alla ricerca di possibili soluzioni, qualora dovessero insorgere problematiche applicative nello svolgimento delle attività correlate alla gestione dei beni mobili statali. Peraltro, le medesime finalità si pongono alla base dell'impianto del relativo sistema di scritture contabili.

Ciò ricordato, occorre pure richiamare, quantunque per grandi linee, la nozione di "universalità di mobili" e la sua valenza nel contesto in esame, sviluppando le argomentazioni già esposte in proposito nella circolare 16 gennaio 2003, n. 2, e nelle citate circolari n. 42/2004 e n. 39/2005.

Come noto, l'art. 816 del codice civile prevede che "E' considerata universalità di mobili la pluralità di cose che appartengono alla stessa persona e hanno una destinazione unitaria". Quindi, per il codice civile, affinché possa essere configurata una universalità di mobili occorre una pluralità di cose (al limite anche solo due), le quali abbiano una propria autonomia materiale e giuridica. Tali cose devono, dunque, avere innanzitutto una individualità che ne permetta una considerazione distinta e, nel contempo, le stesse, pur avendo un proprio valore e una propria individualità, attengono tutte insieme ad una funzione comune. Si ha, in altri termini, un insieme di cose che mantengono inalterata la propria individualità, ma che vanno considerate in modo aggregato a cagione della destinazione e funzione unitarie loro impressa dal possessore. Ed in effetti, l'universalità è una aggregazione di carattere socio-economico, ancor prima che giuridico.

Peraltro, in diritto, vale il principio del riconoscimento relativo dell'universalità di mobili, dove la relatività sta a significare la dipendenza dall'esistenza di una volontà in tal senso da parte dei soggetti interessati.

Ciò posto, a titolo di delucidazione, si svolgono alcune ulteriori riflessioni.

Lo scopo della contabilizzazione in inventario dei beni mobili alla stregua di universalità, come già evidenziato nella circolare n. 42/2004, è rinvenibile fondamentalmente nell'intento di far meglio aderire la realtà fattuale alle risultanze patrimoniali, in modo da rendere i dati contabili rendicontati più vicini all'esistente valore effettivo, specie nel caso di pluralità di elementi di valore unitario inferiore a cinquecento euro, IVA compresa, aventi una destinazione unitaria. Inoltre, l'inserimento delle universalità in inventario permette una più costante e approfondita vigilanza sui beni stessi, stante il più rigoroso regime contabile previsto per i beni di valore superiore a cinquecento euro, IVA compresa.

Va, poi, sottolineato che, nell'individuazione di una universalità di beni mobili e, conseguentemente, dei singoli elementi ad essa riconducibili, non si può prescindere dal riconoscere un certo margine di discrezionalità decisionale a favore del consegnatario ovvero del dirigente competente. Infatti, nel rispetto delle finalità sopra esplicitate, i soggetti che hanno la responsabilità della gestione dei beni mobili sono tenuti a valutare caso per caso, in base alle risorse strumentali effettivamente disponibili ed alla funzionalità cui le stesse devono attendere, la sussistenza dei requisiti necessari e sufficienti per considerare un gruppo di beni come universalità. Ovviamente, l'ampiezza di tale spazio discrezionale sarà direttamente proporzionale alle possibili e concrete situazioni di incertezza.

Va da sé che tale relatività non implica una arbitrarietà nel riconoscimento dell'universalità di mobili. D'altra parte, proprio l'individuazione dei requisiti enucleabili dal citato art. 816 del codice civile nonché la configurazione alla stregua di un'aggregazione avente rilievo socio-economico, rappresentano le chiavi risolutive per un'affidabile e fondata individuazione di una universalità di mobili.

Fermo restando l'imprescindibile condizionamento delle variegate realtà, che comportano l'impossibilità di individuare in modo certo e univoco una figura astratta e sempre valida di universalità di beni mobili, si reputa che possano ritenersi, in genere e a titolo esemplificativo, universalità: gli arredi di uno studio completo, una batteria di pentole, un servizio di stoviglie o di posate, una serie di utensili (ad esempio, di chiavi, di giravite, ecc.), una collana di libri, un gruppo di stampe (ad esempio, un dittico), un set di valigie da viaggio, eccetera. In tali fattispecie, gli elementi appartenenti ad una universalità dovranno essere annotati nelle scritture inventariali come un unicum, sempreché, ovviamente, abbiano un valore totale superiore a cinquecento euro, IVA compresa.

Relativamente ai singoli elementi, verranno annotati nelle scritture i dati identificativi degli stessi (descrizione, valore, ecc.).

Le consequenziali variazioni (valore, aumento o diminuzione di singoli elementi) comportano l'emissione di un conseguente buono di carico o scarico (già modello 130 P.G.S.) che, comunque, in caso di diminuzione, non condurrà all'eliminazione dell'universalità dall'inventario fino a quando la stessa mantenga, pur con una composizione più ristretta, un valore, riferito al costo storico degli elementi che continuano a costituirla, superiore a cinquecento euro, IVA compresa.

Per completezza, seppure le ripercussioni pratiche per il tema trattato si rivelano circoscritte, appare conveniente svolgere qualche notazione, per evidenti affinità di argomento, sulle "cose composte" e le "pertinenze".

Nella cosa composta, contrariamente all'universalità, i singoli elementi che la formano perdono la loro individualità economica e giuridica - che, tuttavia, si mantiene allo stato latente - per essere incorporati, come parti di un tutto, in un unico nuovo e diverso bene: ad esempio, un'automobile è composta da ruote, carrozzeria e motore; un impianto sonoro è composto da amplificatore, microfono e casse acustiche, eccetera. Talora, l'individualità può riemergere in virtù della volontà del possessore di scomporre la cosa composta nei singoli elementi che la costituiscono.

La cosa composta, inoltre e in via generale, non può esistere dal punto di vista socio-economico una volta privata degli elementi che la compongono (auto senza ruote; pattino senza remi; ventilatore senza pale; macchina fotografica senza obiettivo; ecc.).

Tali caratteristiche impongono una inventariazione unitaria della cosa composta.

Per quanto inerisce alle pertinenze di mobile a mobile (si prescinde dagli altri rapporti pertinenziali in quanto non attinenti al tema affrontato), esse afferiscono ad un bene, avente un distinto valore ed una propria individualità, il quale è destinato in modo duraturo al servizio o all'ornamento di un altro bene ed è a quest'ultimo fisicamente unito, ma non incorporato. Ne costituiscono esempi: la cornice e il quadro; l'autoradio e l'autovettura, eccetera.

In tema di pertinenze di mobile a mobile, similmente all'ipotesi di universalità, ha rilievo l'apprezzamento del soggetto interessato. Infatti, se è vero che per far sorgere il rapporto pertinenziale non occorre l'osservanza di alcuna particolare forma giuridica, è parimenti vero che la pertinenzialità può essere esclusa mediante una manifestazione di volontà contraria.

Cosicché, ai fini inventariali, il bene in rapporto di pertinenza sarà considerato unitariamente o meno al bene principale a seconda dell'apprezzamento effettuato. Consequenziale sarà il trattamento contabile ai fini delle registrazioni sulle scritture inventariali.

Giova ribadire conclusivamente che, in tutti i casi prospettati, il valore rappresenta il discrimine per l'inserimento in inventario del bene unitariamente considerato - sia esso un'universalità di beni mobili, una cosa composta o una pertinenza con il bene principale - dovendo essere superiore a cinquecento euro, IVA compresa. Qualora il bene abbia un valore inferiore e non sia riconducibile alla categoria degli oggetti di facile consumo, esso dovrà essere compreso nel novero dei beni durevoli.

AMMORTAMENTO.

Con la più volte menzionata circolare n. 42/2004 sono state diramate, contestualmente alle direttive concernenti il rinnovo degli inventari dei beni mobili statali, le istruzioni relative all'aggiornamento dei valori dei beni medesimi, introducendo il criterio dell'ammortamento.

Tale scelta, a seguito della ristrutturazione del Conto generale del patrimonio dello Stato in attuazione del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279(cfr. circolare 12 marzo 2003, n. 13), è stata determinata dall'esigenza di rendere il più possibile coerenti, secondo un processo "a tendere", le risultanze delle scritture patrimoniali con i dati delle rilevazioni effettuate dal sistema di contabilità economica delle pubbliche amministrazioni e, per questo, l'applicazione del criterio dell'ammortamento è stata fatta decorrere dall'anno 2000, momento in cui dette rilevazioni hanno avuto avvio.

Perciò, in base alla richiamata circolare n. 42/2004, i beni mobili sono stati convenzionalmente divisi in due gruppi: beni acquisiti prima dell'anno 2000 e beni acquisiti a far data da tale esercizio, ed è stato stabilito di aggiornarne i valori applicando, ai primi, il criterio dei coefficienti ed, ai secondi, quello dell'ammortamento.

Si prescinde in questa sede dal considerare le procedure di ammortamento riguardanti i beni informatici acquisiti prima dell'anno 2000, per i quali l'anzidetto criterio era stato già introdotto dall'art. 17, comma 20, della legge 15 maggio 1997, n. 127, dovendosi presumere che, a seguito della redazione del nuovo inventario, il valore dei beni in questione sia stato azzerato per effetto dell'ormai avvenuto completo ammortamento.

Per quanto attiene alla delineata distinzione in due gruppi, introdotta in sede di rinnovo inventariale, si sottolinea che la stessa è da intendersi valida anche nella fase della gestione.

Conseguentemente, una volta redatto il nuovo inventario - Mod. 94 C.G., devono essere sottoposti all'ammortamento soltanto i beni, ivi iscritti, acquisiti a partire dall'anno 2000. E' appena il caso di soggiungere che, per i beni acquisiti prima di tale anno, il valore rideterminato in base al criterio dei coefficienti resterà invariato fino a nuove istruzioni.

Relativamente alla periodicità dell'ammortamento, si rappresenta che esso andrà eseguito annualmente sui valori dei beni acquisiti a partire dall'anno 2000, singolarmente considerati, in concomitanza con le operazioni di chiusura delle contabilità patrimoniali.

Il calcolo sarà eseguito sulla base dei seguenti elementi:

valore, rappresentato dal costo storico, del bene iscritto in inventario;

anno in cui il bene è stato acquisito per la prima volta nel patrimonio dello Stato;

aliquota di ammortamento riferita alla tipologia del bene da ammortizzare come ricavabile dalla tabella riportata nella più volte richiamata circolare n. 42/2004 e che, per comodità, è di seguito riprodotta:

Tipologia beni mobili

Aliquota annua

Mezzi di trasporto stradali leggeri

20%

Mezzi di trasporto stradali pesanti

10%

Automezzi ad uso specifico

10%

Mezzi di trasporto aerei

5%

Mezzi di trasporto marittimi

5%

Macchinari per ufficio

20%

Mobili e arredi per ufficio

10%

Mobili e arredi per alloggi e pertinenze

10%

Mobili e arredi per locali ad uso specifico

10%

Impianti e attrezzature

5%

Hardware

25%

Equipaggiamento e vestiario

20%

Opere artistiche

2%

Materiale bibliografico

5%

Strumenti musicali

20%

Animali

20%

Opere dell'ingegno (Software)

20%

Ad esempio, quindi, un bene della tipologia "mobili e arredi per ufficio" (corrispondente all'omonima classificazione SEC '95), acquisito nel primo semestre dell'anno 2006 ed iscritto in inventario per la prima volta con un valore di euro 600,00, IVA compresa (costo storico), sconterà una quota annuale di ammortamento di euro 60,00, pari al 10% del valore inventariale. Pertanto, il valore aggiornato al 31 dicembre 2006 risulterà uguale ad euro 540,00.

Parimenti, si consideri un bene del costo storico di euro 800,00, IVA compresa, appartenente alla tipologia "macchinari per ufficio", che sconta un'aliquota annua del 20%, acquisito nel 2004 e che, quindi, a seguito del recente rinnovo inventariale, ha già subito la diminuzione di due quote di ammortamento (anni 2004 e 2005) per un importo complessivo pari ad euro 320,00. Il relativo valore, iscritto nel nuovo inventario redatto con riferimento al 31 dicembre 2005, attualmente corrisponde ad euro 480,00, IVA compresa. Dall'esercizio 2006, l'ammortamento del costo del bene di che trattasi proseguirà, senza soluzione di continuità, secondo il normale procedimento, per cui la terza quota di ammortamento, pari ad euro 160,00, sarà calcolata applicando la medesima aliquota del 20% sul costo storico. Conseguentemente, il valore residuo al 31 dicembre 2006 risulterà essere di euro 320,00, IVA compresa.

Si soggiunge che l'applicazione del criterio dell'ammortamento risponde, peraltro, all'esigenza di rendere omogenei i valori determinati in occasione del rinnovo inventariale, a prescindere dalla data alla quale le operazioni di rinnovo sono riferite, com'è stato posto in luce nella circolare n. 22/2006.

Relativamente ai nuovi beni, si precisa che per quelli acquisiti nel secondo semestre di ciascun anno la prima quota di ammortamento sarà calcolata nell'anno successivo a quello di acquisizione.

Pertanto, a titolo di esempio, il valore dei beni inventariati acquisiti nel secondo semestre del corrente anno, resterà invariato per l'esercizio 2006. Gli stessi saranno sottoposti ad ammortamento a partire dall'esercizio 2007.

Una volta calcolate in relazione ai singoli beni, le quote di ammortamento, previa emissione di un unico buono di scarico (già mod. 130 P.G.S.) "a valore", saranno contabilizzate complessivamente con una sola operazione per ogni classifica SEC '95 nel giornale di entrata e di uscita - Mod. 96 C.G. come variazione in diminuzione con la causale "svalutazione", apponendo a margine la nota "per ammortamento".

E' opportuno precisare che il sistema GE.CO. è in grado di fornire l'emissione di buoni di scarico in cui è contenuto il dettaglio delle operazioni di ammortamento relative a ciascun bene.

Al riguardo, corre l'obbligo di precisare che nelle ipotesi di movimentazione (per dismissione, trasferimento ad altro ufficio, passaggio di classificazione e/o categoria, ecc.) di singoli beni in corso di ammortamento, dovrà essere appositamente indicato sul buono di scarico il valore residuo di ognuno. Allo scopo, poi, di consentire - ad esempio, nel caso di trasferimento ad altro ufficio - la corretta determinazione delle successive quote di ammortamento, il medesimo buono deve contenere anche l'indicazione, da apporre nel campo "descrizione del bene", del costo storico del bene trasferito nonché dell'anno della sua originaria acquisizione.

Tale operazione per i consegnatari che utilizzano il sistema GE.CO. sarà effettuata in automatico, sempreché ovviamente siano stati inseriti dal consegnatario gli elementi necessari all'applicativo informatico per l'esecuzione del calcolo dell'ammortamento e la conseguente determinazione del valore residuo.

Inoltre, con riferimento all'ammortamento di universalità di beni mobili, nel convincimento che questo possa costituire il terreno di maggiore difficoltà, si reputa opportuno fornire alcune indicazioni in proposito.

In primo luogo, occorrerà distinguere tra universalità costituite da elementi omogenei, per tipologia ed anno di acquisizione, ed universalità formate da elementi eterogenei, in relazione agli stessi dati.

Secondo quanto già affermato, l'universalità di beni mobili, anche ai fini dell'ammortamento, andrà considerata come un unicum e, pertanto, il computo delle quote di ammortamento sarà effettuato sul valore complessivo della stessa, come risultante dalla somma dei valori dei singoli componenti.

Nel caso, quindi, di universalità omogenee, dal momento che tutti gli elementi dell'universalità rientrano nell'ambito della stessa tipologia e sono stati acquisiti nello stesso anno, si farà riferimento per tutti alla stessa aliquota, calcolando la quota annua di ammortamento secondo la regola generale come sopra enunciata, e per ciascun componente la durata del periodo di ammortamento sarà la stessa.

E' evidente che anche laddove detto calcolo venga eseguito a partire dal valore dei singoli elementi, esso non potrà che condurre al medesimo risultato.

Tale considerazione sottolinea l'assoluta singolarità di possibili universalità cosiddette eterogenee, nel senso sopra esposto, di cui si dà cenno solo per completezza di trattazione.

Tuttavia, volendo prendere in esame anche l'ipotesi, da considerarsi, come si ribadisce, assolutamente marginale, di universalità formata da elementi eterogenei, oggettive esigenze di rispetto dei principi che regolano il trattamento contabile dell'ammortamento comportano che, in tal caso, il calcolo della quota annua di ammortamento sia effettuato con riferimento al valore, all'aliquota e all'anno di acquisizione di ciascun elemento costituente l'universalità medesima.

E' appena il caso di soggiungere che le eventuali universalità già costituite impropriamente con beni eterogenei dovranno correttamente essere rideterminate sulla base dei criteri previsti dalle istruzioni diramate in materia.

In tutti i casi, comunque, come già stabilito con la circolare n. 42/2004, i beni ammortizzabili, il cui costo storico è superiore a cinquecento euro, IVA compresa, andranno mantenuti in inventario anche qualora abbiano raggiunto un valore pari od inferiore alla predetta soglia, opportunamente annotando che si tratta di "beni in corso di ammortamento".

Si evidenzia, inoltre, che è configurabile l'ipotesi che un'universalità per la quale è in corso l'ammortamento si arricchisca di nuovi elementi.

In siffatta evenienza, sempre in ossequio ai principi che regolano l'ammortamento, il valore dell'elemento sopravvenuto verrà ammortizzato distintamente dagli altri componenti dell'universalità.

Da quanto detto, comunque, nel caso di una nuova acquisizione, l'autonoma inventariazione dei beni aventi un valore superiore a cinquecento euro, IVA compresa, ancorché teoricamente ascrivibili ad una universalità, non comporterà significative ripercussioni in termini patrimoniali. E' appena il caso di precisare che in tale eventualità, onde meglio soddisfare le finalità di vigilanza dei beni, verrà predisposta un'idonea annotazione contabile in cui indicare l'esistenza del solo legame teleologico con l'universalità di beni mobili interessata, ma inventariata autonomamente.

Giova, infine, precisare che i beni mobili acquisiti al patrimonio per donazione e per invenzione (in quanto res nullius) non saranno assoggettati all'ammortamento, dal momento che non sono imputabili a costi sostenuti dall'Amministrazione. Al riguardo, si segnala che il sistema GE.CO. opera automaticamente tale esclusione, essendo in grado di riconoscere detta tipologia di beni grazie all'apposizione della causale di carico "donazioni".

Nella consapevolezza che le operazioni legate al computo delle quote di ammortamento possano verosimilmente creare difficoltà o appesantimenti procedurali ai consegnatari che non si avvalgono del sistema GE.CO., si sottolinea, nell'interesse degli stessi, il vantaggio recato dall'utilizzazione del predetto sistema nel quale tali problematiche sono state affrontate e risolte.

DELEGA DI POTERI.

In relazione alla gestione dei beni mobili statali, sono altresì pervenute richieste in ordine alla possibilità di trasferire alcune competenze, avvalendosi dello strumento della delega di poteri (o delegazione), e, nel caso positivo, all'ampiezza di tale strumento. Le sollecitazioni hanno indotto ad approfondire l'argomento onde vagliare con maggiore consapevolezza l'ambito di applicazione dell'istituto richiamato alla disciplina in trattazione.

Orbene, in via generale, è da osservare che la competenza amministrativa si fonda sul principio di legalità, in quanto è la legge che individua e ripartisce i poteri tra i vari soggetti e i vari organi delle pubbliche amministrazioni. Pertanto, affinché possa essere legittimamente adottato un provvedimento di delega, solitamente, necessita una esplicita previsione normativa. Tuttavia, la Corte dei conti ha rilevato che "la delegazione è legittima nei casi in cui la norma attributiva della competenza esplicitamente o implicitamente la preveda" (delibera 2 aprile 1993, n. 2, Sez. Enti locali). In buona sostanza, pure in assenza di un'espressa previsione normativa, qualora dalla disciplina specifica non si traggano elementi giuridici impeditivi, è possibile trasferire alcune competenze utilizzando la delega di poteri.

Ciò precisato, occorre anche ricordare, brevemente, la distinzione tra delega interorganica e delega intersoggettiva. La prima è riscontrabile allorché il trasferimento delle competenze avvenga da un organo ad un altro appartenenti entrambi alla medesima struttura amministrativa. La seconda, invece, è connotata da un trasferimento delle competenze disposto tra due soggetti che appartengono a pubbliche amministrazioni differenti.

Per quanto attiene alla tematica in esame, dalla lettura del decreto del Presidente della Repubblica n. 254/2002, l'unica manifesta interdizione alla possibilità di delega è rinvenibile all'art. 10, comma 2, che testualmente recita: "E' fatto divieto ai consegnatari ed ai sub-consegnatari di delegare, in tutto o in parte, le proprie funzioni ad altri soggetti, rimanendo ferma, in ogni caso, la personale responsabilità dei medesimi e dei loro sostituti".

In presenza dell'enunciato divieto, la disamina sulla legittimità del rilascio di una delega in materia di gestione dei beni mobili statali non può che essere rivolta agli altri soggetti coinvolti nella medesima gestione, e cioè il dirigente responsabile degli acquisti e il titolare del centro di responsabilità.

Con riferimento alle due cennate figure, in assenza di preclusioni specifiche, ma anche di una esplicita norma autorizzativa, occorre indagare sull'esistenza di eventuali impedimenti desumibili in via interpretativa dalla disciplina di settore, onde valutare, sulla base del citato orientamento della magistratura contabile, la fruibilità dello strumento della delega.

Al riguardo, facendo leva su alcune delle prescrizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica n. 254/2002 nonché su principi di carattere generale, si ritiene che talune funzioni, attese le conseguenze in ordine al regime delle responsabilità, non possano essere delegate. Si tratta, eminentemente, di funzioni collegate agli adempimenti previsti in materia di comunicazione e di rendicontazione i quali, più che momenti di esercizio di un potere, costituiscono soprattutto incombenti connessi a puntuali doveri e costanti obblighi informativi, la cui violazione potrebbe generare precise ipotesi di responsabilità dirigenziale (oltre che amministrativa e disciplinare). A titolo esemplificativo, tra le funzioni disciplinate nel richiamato decreto del Presidente della Repubblica n. 254/2002 e ritenute non delegabili si possono annoverare:

- la comunicazione semestrale, concernente gli elementi degli ordinativi di fornitura di beni e servizi, resa dal dirigente responsabile degli acquisti (art. 5, comma 3);

- il prospetto delle variazioni nella consistenza dei beni mobili - Mod. 1998 C.G., validato dal dirigente responsabile degli acquisti o dal titolare dell'ufficio periferico, avvenute nel corso dell'esercizio scaduto (art. 19, comma 2);

- il rendiconto annuale, approntato dal dirigente responsabile degli acquisti, sulla gestione del materiale di facile consumo (art. 22, comma 4).

Simili ostacoli, per altro verso, non si rinvengono quanto al potere di conferimento di alcune funzioni, quali la nomina del consegnatario, degli eventuali sub-consegnatari, dei componenti della cosiddetta commissione per il fuori uso (art. 14, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 254/2002). Nelle suddette ipotesi, infatti, non si rinvengono elementi preclusivi circa la adottabilità, da parte del titolare del centro di responsabilità, di un provvedimento di delega a favore di altro dirigente appartenente alla medesima amministrazione, trattandosi dell'esplicazione di un potere avente carattere fiduciario, selettivo e puntuale. E' appena il caso di soggiungere, poi, che la delega, atto per cui necessita la forma scritta, è sempre revocabile. Peraltro, si ritiene che la delega possa essere fatta solo a favore di un altro dirigente. Difatti, assume carattere residuale il potere di conferimento in materia, peraltro limitato alla nomina del consegnatario, previsto nel caso in cui il titolare di un ufficio periferico non rivesta qualifica dirigenziale.

Conclusioni analoghe valgono relativamente alla possibilità, per quanto concerne l'emissione del decreto di discarico nei casi previsti dall'art. 194 del regio decreto n. 827/1924 (furto, forza maggiore, naturale deperimento), dell'impiego dello strumento della delega da parte del titolare del centro di responsabilità.

In tutte le ipotesi sopra delineate, com'è intuibile, la delega non potrà che essere ricondotta alla fattispecie della delega interorganica, diretta, quindi, ad attribuire il potere ad un altro dirigente appartenente alla medesima amministrazione del delegante.

Non si ritiene, invece, ammissibile una delega intersoggettiva tra diverse amministrazioni. Una simile problematica, essenzialmente, è sorta per l'avvenuto verificarsi, anche a seguito delle evoluzioni e trasformazioni che hanno interessato la struttura organizzativa delle Amministrazioni pubbliche nel loro complesso, di circostanze in cui i beni mobili statali sono pervenuti in uso presso altro soggetto (pubblico o privato). Ciononostante, in dette fattispecie, sempreché i beni permangano di proprietà statale, indipendentemente dalle vicende organizzative, restano ferme le competenze attribuite dalla disciplina specifica di settore, mentre i soggetti utilizzatori, tanto pubblici che privati, assumeranno sostanzialmente, in osservanza dei principi giuridici generali, la responsabilità del comodatario.

Neppure si ritiene ammissibile, per le ragioni sopra esposte in ordine al fondamento delle competenze dei pubblici uffici sul principio di legalità, un provvedimento di delega, ancorché interorganica, con facoltà di sub-delega.

COMODATO.

Quanto esposto in tema di delega introduce, quale conseguenza, l'inevitabile trattazione, almeno per grandi linee, del comodato e della sua estensione applicativa alla gestione dei beni mobili di proprietà statale.

Nel caso in cui detti beni escano dalla diretta cura di un'amministrazione statale per essere attribuiti in uso gratuito ad altre amministrazioni pubbliche o ad altri soggetti (pubblici o privati), si rientra a pieno titolo nell'istituto del comodato d'uso di beni mobili. L'origine della delineata circostanza può risiedere in una legge, in un altro atto normativo, in un provvedimento amministrativo ed anche in un semplice fatto giuridico. Il risultato di tale situazione è rappresentato dalla detenzione di beni mobili statali da parte di soggetti non appartenenti all'Amministrazione proprietaria, i quali, comunque, nell'utilizzazione dei beni detenuti sono vincolati a rispettare il soddisfacimento dell'interesse pubblico loro affidato.

Il rapporto che viene così a delinearsi trova il proprio riferimento normativo negli articoli 1803 e seguenti del codice civile, che individuano gli elementi essenziali del comodato nella gratuità e nella realità. Infatti, nel comodato un soggetto (comodante) consegna una cosa ad un altro soggetto (comodatario) perché se ne serva per un tempo e per un uso determinati, con l'obbligo di restituirla entro il termine convenuto ovvero, in mancanza, su richiesta del comodante.

Pur non essendo contemplata una controprestazione da parte del comodatario, sullo stesso gravano precisi obblighi e responsabilità, tra i quali, per i profili di interesse, vanno evidenziati: l'obbligo di custodire e conservare la cosa oggetto di comodato con la diligenza del buon padre di famiglia; l'obbligo di sostenere le spese di manutenzione ordinaria necessarie per evitare il deterioramento non fisiologico della cosa stessa; il divieto di concedere la cosa in godimento a terzi senza la preventiva autorizzazione del comodante; l'obbligo di restituire eandem rem alla scadenza del termine convenuto, ovvero allorquando il comodante la richieda. Soprattutto, il comodatario deve adoperarsi per impedire il perimento della cosa.

I suddetti obblighi e responsabilità del comodatario si riverberano, sostanzialmente, nell'onere di risarcire il comodante nel caso di inadempimento. Inoltre, quale corollario discende pure l'obbligo per il comodatario di rendere conto dell'utilizzazione dei beni statali detenuti, sia per quanto attiene alla verifica sul rispetto dell'interesse pubblico che gli stessi sono tesi a soddisfare, sia per consentire lo svolgimento dell'attività di vigilanza esplicitamente affidata al consegnatario dall'art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 254/2002. Le modalità di esplicazione della vigilanza potranno essere concordate tra comodante e comodatario, fermi restando gli specifici ruoli e responsabilità attribuiti a ciascuno.

E' bene sottolineare che restano a carico dell'Amministrazione titolare dei beni mobili statali gli adempimenti connessi alla periodica rendicontazione patrimoniale al competente ufficio riscontrante, applicandosi allo stesso consegnatario per debito di vigilanza, pure per i beni oggetto di comodato a favore di terzi, le prescrizioni dettate dal decreto del Presidente della Repubblica n. 254/2002.
Roma, 12 dicembre 2006

Il ragioniere generale dello Stato: CANZIO