
MINISTERO DELL'INTERNO
PROTOCOLLO DI INTESA 15 luglio 2014
G.U.R.I. 18 luglio 2014, n. 165
Prime linee guida per l'avvio di un circuito collaborativo tra ANAC-Prefetture-UTG e Enti locali per la prevenzione dei fenomeni di corruzione e l'attuazione della trasparenza amministrativa.
IL MINISTRO DELL'INTERNO E IL PRESIDENTE DELL'AUTORITA' NAZIONALE ANTICORRUZIONE
Premesso che
con legge n. 190/2012 sono state emanate disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella Pubblica Amministrazione;
con decreto legislativo n. 33/2013 si è provveduto al riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle Pubbliche Amministrazioni;
con decreto-legge n. 90/2014 sono state emanate disposizioni volte a garantire un migliore livello di certezza giuridica, correttezza e trasparenza delle procedure nei lavori pubblici, anche con riferimento al completamento dei lavori e delle opere necessarie a garantire lo svolgimento dell'Expo 2015;
l'art. 32 del citato decreto-legge n. 90/2014 ha, tra l'altro, introdotto misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese nell'ambito della prevenzione della corruzione, affidandone l'attuazione al Presidente dell'ANAC e al Prefetto competente;
Considerato che il complesso delle norme surricordato:
è volto a prevenire i gravissimi danni provocati dal fenomeno della corruzione sul piano: etico; economico, della credibilità delle Istituzioni; dell'affidabilità del sistema-Paese sul piano internazionale;
per le riconosciute ragioni di straordinaria necessità ed urgenza, impone l'immediata individuazione di condivise modalità operative che consentano alle Amministrazioni coinvolte di ottemperare ai rispettivi obblighi, in aderenza al principio costituzionale della reciproca leale collaborazione;
Considerato, in ragione di tale preminente interesse pubblico, che appare indifferibile:
avviare uno stabile e veloce circuito collaborativo interistituzionale, anche attraverso la costituzione di gruppi di lavoro ad hoc;
effettuare un monitoraggio sull'adozione del Piano triennale per la prevenzione della corruzione e del Programma triennale per la trasparenza e l'integrità da parte degli Enti locali, in modo da superare criticità, eventualmente verificatesi, e veicolare le buone prassi;
fornire linee di orientamento omogeneo, anche nelle more della conversione del decreto-legge 90/2014, per la concreta applicazione delle disposizioni contenute nel richiamato articolo 32 del citato decreto-legge;
tutto ciò premesso e considerato
adottano
le allegate Linee Guida per l'avvio di un circuito stabile e collaborativo tra ANAC-Prefetture-UTG e Enti Locali per la prevenzione dei fenomeni di corruzione e l'attuazione della trasparenza amministrativa
convengono
di impegnarsi al costante aggiornamento delle suddette linee guida, in funzione di eventuali, sopravvenute modifiche di legge ovvero di ogni altra situazione che lo rendesse necessario, nonchè all'attivazione di ogni ulteriore iniziativa congiunta volta al rafforzamento della cornice di legalità e trasparenza dell'azione amministrativa.
Roma, 15 luglio 2014
Il Ministro dell'interno
ALFANO
Il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione
CANTONE
ALLEGATO
Sezione Enti Locali
1. Oggetto e finalità delle Linee Guida.
Le presenti Linee Guida recano una serie di indicazioni per lo sviluppo di una coordinata azione di prevenzione dei fenomeni di corruzione e, più in generale, di indebita interferenza nella gestione della cosa pubblica.
Su un primo versante, l'atto di indirizzo si propone - in uno spirito di leale collaborazione interistituzionale - di mettere a punto una stabile cooperazione tra l'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), le Prefetture-Uffici Territoriali del Governo e gli Enti Locali, finalizzato ad agevolare la piena attuazione delle previsioni recate dalla legge 6 novembre 2012, n. 190 e dalle altre fonti normative che da essa derivano.
Ciò in linea di continuità con l'intesa sancita dalla Conferenza Unificata Stato-Regioni-Autonomie del 24 luglio 2013 che ha definito la cornice generale delle modalità di attuazione, nel comparto delle Autonomie, degli adempimenti previsti dalle predette disposizioni di legge.
In questo senso, gli indirizzi qui formulati prevedono un coinvolgimento attivo delle Prefetture, sia per la loro funzione di rappresentanza generale del Governo sul territorio, sia per i compiti di supporto che esse sono chiamate a svolgere a favore delle Autonomie locali dalla stessa legge n. 190/2012, secondo le modalità declinate nella citata intesa sancita dalla Conferenza Unificata.
Tale funzione di supporto è fondata, secondo le intenzioni del legislatore, sulla tradizionale e consolidata esperienza degli uffici territoriali del governo nella conoscenza e nel contrasto delle molteplici forme di illegalità diffuse nelle realtà locali.
Proprio in considerazione di ciò, viene disegnato un canale bidirezionale di "dialogo veloce" in grado di veicolare le problematicità incontrate dagli Enti Locali come pure le "buone prassi".
In secondo luogo, le presenti Linee Guida intendono fornire alcuni primi orientamenti interpretativi utili per l'esercizio delle innovative previsioni recate dall'art. 32 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, che consente al Presidente dell'ANAC di richiedere ai Prefetti di adottare straordinarie misure per la gestione e il monitoraggio dell'impresa che risulti coinvolta in procedimenti penali per i più gravi reati contro la pubblica amministrazione o di situazioni anomale e sintomatiche di condotte criminali.
Infine, l'atto di indirizzo indica una serie di soluzioni che possono essere contemplate nei protocolli di legalità stipulati, soprattutto tra le Prefetture e le amministrazioni aggiudicatrici, per rafforzare il sistema degli sbarramenti anticorruzione.
2. Piano triennale per la prevenzione della corruzione e Programma triennale per la trasparenza e l'integrità.
Le presenti Linee Guida si collocano a valle delle recentissime iniziative legislative assunte dal Governo per rafforzare il sistema di lotta ai fenomeni corruttivi che continuano a registrarsi nella gestione della cosa pubblica, in particolare nel delicato settore degli appalti e dei contratti.
E' necessario, quindi, conciliare i poteri riconosciuti al prefetto per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose con la nuova funzione di supporto tecnico e informatico in materia di prevenzione della corruzione.
Sono evidenti i gravissimi danni provocati da questi fenomeni su diversi piani: quello etico innanzitutto; quello economico, dove la corruzione "premia" imprese inefficienti a scapito di quelle "sane" e drena risorse preziose per riavviare il circuito virtuoso della crescita; quello della credibilità delle Istituzioni nei confronti dei cittadini; quello dell'affidabilità del sistema-Paese sul piano internazionale.
Le nuove misure varate dal Governo con il ricordato decreto-legge n. 90/2014 tendono a proseguire il percorso iniziato dalla legge n. 190/2012, perfezionandolo con una serie di rilevanti ed innovativi strumenti.
Il successo di questo intervento non può, però, prescindere da una completa e consapevole attuazione dei diversi istituti, contemplati dalla stessa legge n. 190/2012 e dalle altre normative correlate, che rappresentano le fondamenta di un sistema di buona amministrazione e di sbarramento alle illegalità nella gestione della cosa pubblica.
In questo contesto, assumono una valenza basilare due strumenti, veri e propri architravi del sistema di prevenzione dei fenomeni di "mala amministrazione":
il Piano triennale di prevenzione della corruzione, disciplinato dall'art. 1, commi dal 5 al 9, della legge n. 190/2012;
il Programma triennale per la trasparenza e l'integrità, regolato dall'art. 10 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 e dalla delibera ANAC n. 50 del 2013.
Si tratta di strumenti complementari. Difatti, attraverso il Piano triennale vengono individuati i settori dell'attività istituzionale più esposti a rischio-corruzione e sono individuate le conseguenti contromisure anche sul piano organizzativo. Con il Programma triennale per la trasparenza e l'integrità vengono invece rese accessibili informazioni essenziali sui servizi erogati, i relativi costi (effettivi e di personale) sopportati, nonchè l'andamento di questi ultimi nel tempo. Ciò consente ai cittadini di esercitare un controllo diffuso sulla gestione delle risorse pubbliche e sul grado di efficienza raggiunto.
Non a caso, la predisposizione dei due documenti è richiesta non soltanto alle amministrazioni e agli enti pubblici - intesi nell'accezione ormai classica dettata dall'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 - ma anche agli enti di diritto privato sottoposti al controllo delle Autonomie territoriali e, quindi, alle società da queste partecipate. Ciò del resto è stato espressamente richiamato in sede di Conferenza Unificata nella citata intesa del 24 luglio 2013.
Come precisato dal calendario degli adempimenti fissato dall'ANAC, nella deliberazione n. 50 del 2013, la redazione e la pubblicazione del Piano anticorruzione e del Programma triennale sulla trasparenza e l'integrità devono essere effettuate entro un termine che, esauritasi la prima fase di transizione, si individua entro il 31 gennaio di ogni anno (art. 1, comma 8, della legge n. 190/2012).
Trascorsi ormai alcuni mesi dal termine del 31 gennaio 2014 indicato dal Piano nazionale anticorruzione, appare opportuno fare il punto sull'adozione dei Piani triennali per la prevenzione della corruzione e dei Programmi triennali per la trasparenza e l'integrità e sulla loro implementazione, anche al fine di acquisire una panoramica complessiva sulle eventuali difficoltà incontrate dagli Enti Locali nella predisposizione dei documenti in parola. Tale ricognizione costituirà per l'ANAC una piattaforma conoscitiva utile sia ai fini della formulazione di indicazioni operative, sia ai fini dell'aggiornamento del Piano Nazionale Anticorruzione.
Per lo sviluppo di questa iniziativa risulta fondamentale l'apporto che i Prefetti potranno fornire per snellire e rendere più efficace il circuito informativo tra ANAC ed Enti Locali, secondo le modalità operative di seguito indicate.
Entro quindici giorni dalla pubblicazione della presente Linea Guida nella Gazzetta Ufficiale, i Prefetti avranno cura di trasmettere, esclusivamente per via telematica, agli Enti locali delle rispettive province (Provincia, Comuni, Comunità Montane), il questionario accluso in Allegato A.
Tale questionario si articola in alcune voci di agevole compilazione, principalmente orientate a far emergere, in forma sintetica, le eventuali criticità incontrate nella redazione del Piano anticorruzione e del Programma per la trasparenza e l'integrità, ovvero le ragioni per le quali non è stato ancora possibile adottare i predetti Piani, anche con riguardo agli enti di diritto privato controllati dalle medesime autonomie territoriali.
Gli Enti Locali cureranno la compilazione del predetto questionario e la trasmissione, entro quarantacinque giorni dalla data di pubblicazione delle presenti Linea Guida, per via telematica, alle Prefetture presso l'indirizzo di posta elettronica indicato da queste ultime.
Entro i successivi trenta giorni, i Prefetti comunicheranno all'ANAC i risultati complessivi dell'iniziativa, trasmettendo le schede compilate dai Comuni unitamente al modello riassuntivo accluso in Allegato B al seguente indirizzo di posta elettronica dell'ANAC.
L'acquisizione dei questionari da parte delle Prefetture consentirà di avere a disposizione un patrimonio di conoscenze che potrà sicuramente rivelarsi utile in occasione delle richieste di supporto avanzate ai Prefetti da parte degli Enti locali, ai sensi dell'art. 1, comma 6, della legge n. 190/2012.
Peraltro, l'analisi dei dati desumibili dai questionari costituirà un valido strumento di "lettura" delle specificità esistenti nei vari territori, in grado di meglio orientare le iniziative dei Prefetti in tutti gli ambiti di possibile intervento a supporto degli Enti locali e delle collettività.
Sezione Appalti Pubblici
3. Orientamenti interpretativi per l'applicazione delle misure straordinarie di gestione e sostegno delle imprese di cui all'art. 32 del decreto-legge n. 90/2014.
Come si è già avuto modo di accennare, l'art. 32 del decreto-legge n. 90/2014 ha attribuito al Presidente dell'ANAC il potere di richiedere al Prefetto l'adozione di misure dirette ad incidere sui poteri di amministrazione e gestione dell'impresa coinvolta in procedimenti penali per gravi reati contro la pubblica amministrazione (allegato D) o nei cui confronti emergano situazioni di anomalia sintomatiche di condotte illecite o criminali.
La ratio dell'intervento legislativo appare rivolta al principale obiettivo di far sì che, in presenza di gravi fatti o di gravi elementi sintomatici, che hanno, rispettivamente, o già determinato ricadute penali o sono comunque suscettibili di palesare significativi e gravi discostamenti rispetto agli standard di legalità e correttezza, l'esecuzione del contratto pubblico non venga oltremodo a soffrire di tale situazione. In effetti, la prioritaria istanza a cui ha corrisposto il legislatore sembra essere quella di porre rimedio all'affievolimento dell'efficacia dei presidi legalitari da cui appaiono afflitte le procedure contrattuali, senza che ne risentano i tempi di esecuzione della commessa pubblica, finendo col coniugare, dunque, entrambe le descritte esigenze.
E' evidente che la misura che viene attivata dall'ANAC - che verrà ampiamente illustrata in prosieguo - mira a garantire la continuità dell'esecuzione del contratto pubblico nei tempi previsti; la stessa impresa viene attinta dalla misura strumentalmente a questo scopo, come dimostrano le espressioni letterali contenute nelle lettere a) e b) del comma 1, laddove l'intervento diacronico sull'impresa appaltatrice è sempre disposto "limitatamente alla completa esecuzione del contratto d'appalto"; sicchè l'intervento legislativo si configura per quest'aspetto effettivamente come una misura ad contractum.
Per quanto attiene al tema della competenza territoriale del prefetto, attesa l'ellittica formulazione della norma, sarebbero praticabili diverse opzioni. Nelle more di un auspicabile chiarimento in sede di conversione, appare prudente rimettersi ad un criterio interpretativo che agganci l'individuazione della competenza territoriale ad un elemento di sistema già presente nel diritto positivo. In particolare, è possibile fare riferimento all'art. 90, comma 1, del Codice antimafia, che, in relazione al rilascio delle informazioni, affida tale competenza, alternativamente, al prefetto del luogo in cui hanno sede le stazioni appaltanti o del luogo in cui hanno residenza o sede le persone fisiche, le imprese o gli altri soggetti nei cui confronti viene richiesta la stessa informazione. Il radicamento della competenza conseguirà alla scelta effettuata dalla Autorità proponente, e, dunque, dal Presidente dell'ANAC, sulla base delle varie esigenze che emergono nelle singole fattispecie. Restano ovviamente ferme le disposizioni che, in relazione a particolari fattispecie (com'è, ad esempio, per il caso della ricostruzione in Abruzzo o dell'Expo 2015), prevedono la possibilità di specifiche deroghe anche al cennato art. 90, comma 1.
L'art. 32 consente alternativamente l'adozione di uno dei seguenti provvedimenti:
la rinnovazione degli organi sociali mediante la sostituzione del soggetto coinvolto nelle predette vicende individuate come rilevanti ai fini qui in argomento (comma 1, lettera a);
la straordinaria e temporanea gestione dell'attività dell'impresa appaltatrice limitatamente alla completa esecuzione del contratto di appalto oggetto del procedimento penale (comma 1, lettera b);
il sostegno e il monitoraggio dell'impresa, finalizzati a riportarne la gestione entro parametri di legalità (comma 8).
In particolare, il comma 1 stabilisce che possa essere destinataria dei provvedimenti in parola l'impresa "aggiudicataria di un appalto per la realizzazione di opere pubbliche, servizi o forniture", intendendo con ciò l'impresa che, anche in qualità di componente di ATI o di consorzi, abbia stipulato un contratto pubblico la cui esecuzione non è stata ancora completamente eseguita.
Le circostanze suscettibili di dare luogo ai provvedimenti amministrativi di cui all'art. 32, comma 1, del citato decreto-legge n. 90/2014 debbono essere individuate non solo in fatti riconducibili a reati contro la pubblica amministrazione, ma anche a vicende e situazioni che sono propedeutici alla commissione di questi ultimi o che comunque sono ad esse contigue. Si pensi, a titolo esemplificativo, ai reati di truffa aggravata di cui all'art. 640-bis c.p., di riciclaggio (art. 648-bis c.p.), a quelli di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti ovvero con altri artifici, l'emissione di fatture e altri documenti per operazioni inesistenti, l'occultamento o la distruzione di documenti contabili finalizzata all'evasione fiscale (articoli 2, 3, 8 e 10 del decreto legislativo n. 74/2000), i delitti di false comunicazioni sociali (articoli 2621 e 2622 c.c.).
Inoltre, non si può escludere che la presenza di situazioni anomale di cui al comma 1 possa essere ricondotta a fattispecie distorsive della regolarità e trasparenza delle procedure di aggiudicazione quali ad esempio: la comprovata sussistenza di collegamenti sostanziali tra imprese partecipanti alla gara; la rilevata sussistenza di accordi di desistenza artatamente orientati a favorire l'aggiudicazione nei confronti di un'impresa; la accertata violazione dei principi che sorreggono la trasparenza delle procedure ad evidenza pubblica, qualora da elementi di contesto possa formularsi un giudizio di probabile riconducibilità del fatto a propositi di illecita interferenza.
Il comma 1 richiede, inoltre, che gli elementi riscontrati siano "sintomatici" di condotte illecite o eventi criminali. La norma non subordina, dunque, l'applicazione delle misure all'acquisizione di una certezza probatoria, tipica del procedimento penale.
E' sufficiente, piuttosto, che gli elementi riscontrati siano indicativi della probabilità dell'esistenza delle predette condotte ed eventi, probabilità che deve essere ritenuta sulla base di una valutazione discrezionale delle circostanze emerse, le quali devono essere, comunque, connotate da tratti di pregnanza ed attualità.
Il secondo ordine di presupposti, riguarda, invece il grado di rilevanza delle fattispecie elencate alle lettere a) e b) del ricordato comma 1.
Lo stesso comma 1 stabilisce che, perchè possa essere irrogata una delle misure in argomento, le predette fattispecie devono essere connotate da fatti accertati e gravi.
Nel contesto delle misure introdotte dall'art. 32 - destinate ad intervenire in un momento antecedente al giudicato - devono considerarsi "fatti accertati" quelli corroborati da riscontri oggettivi, mentre il requisito della "gravità", richiamato anche dal comma 2, implica che i fatti stessi abbiano raggiunto un livello di concretezza tale da rendere probabile un giudizio prognostico di responsabilità nei confronti dei soggetti della compagine di impresa per condotte illecite o criminali.
L'art. 32 delinea un procedimento articolato in due step:
il primo, consiste nella proposta che il Presidente dell'ANAC, all'esito di una valutazione delle situazioni emerse, rivolge al Prefetto competente, indicando la misura ritenuta più adeguata da adottare;
il secondo consiste nell'adozione della misura da parte del Prefetto.
I due segmenti non costituiscono evidentemente "compartimenti stagni"; piuttosto l'art. 32 prefigura una procedura "a formazione progressiva": alla proposta motivata del Presidente dell'ANAC segue un'autonoma fase valutativa del Prefetto che può giovarsi anche di ulteriori approfondimenti, anche attraverso momenti di interlocuzione con la stessa Autorità.
Come si è già accennato, l'art. 32, in attuazione del principio di proporzionalità, gradua le misure da applicare in ragione della gravità della situazione in cui versa l'impresa.
A tal fine, la disposizione distingue due ipotesi.
La prima riguarda il caso in cui le fattispecie elencate al comma 1, lettere a) e b) interessino i soggetti componenti degli "organi sociali". Anche in questo caso, ferma restando le possibili precisazioni che potranno provenire dalla legge di conversione, pare logico ritenere che tale espressione sia da intendersi riferita agli organi titolari dei poteri di amministrazione.
L'art. 32 prevede che, laddove la situazione verificatasi possa essere superata attraverso un allontanamento del soggetto titolare o componente dell'organo sociale coinvolto nelle predette vicende, il Prefetto applicherà la misura di cui al comma 1, lettera a). Tale misura consiste nell'ordine di rinnovare l'organo sociale mediante sostituzione del soggetto coinvolto entro il termine di trenta giorni, ovvero, nei casi più gravi, di dieci giorni (comma 2).
Nel caso in cui l'impresa non abbia ottemperato all'ordine di rinnovazione dell'organo sociale ovvero nel caso in cui la rinnovazione dell'organo sociale non risulti sufficiente a garantire gli interessi di tutela della legalità e dell'immagine dell'amministrazione (ad esempio, perchè le situazioni verificatesi interessano più organi o una pluralità di loro componenti), si fa luogo alla misura più penetrante della straordinaria e temporanea gestione dell'impresa "limitatamente alla completa esecuzione del contratto di appalto".
Quest'ultimo inciso, salve ulteriori indicazioni eventualmente recate dalla legge di conversione, conferma la natura "ad contractum" della misura in questione. In sostanza, l'intervento sostitutivo non viene ad implicare "l'azzeramento" degli organi sociali preesistenti, ma si concretizza in un più limitato intervento di "sterilizzazione" che appare più conforme, nell'attuale fase, ad un prudenziale criterio di non invadenza e di rispetto dell'autonomia di impresa.
Pertanto, gli amministratori nominati dal Prefetto sostituiranno i titolari degli organi sociali dotati di omologhi poteri soltanto per ciò che concerne la gestione delle attività di impresa connesse all'esecuzione dell'appalto da cui trae origine la misura.
Viceversa, gli organi sociali "ordinari" resteranno in carica per lo svolgimento di tutti gli altri affari riguardanti lo stesso o altri eventuali settori dell'attività economica dell'azienda.
Si realizza in tal modo una forma di gestione separata e "a tempo" di un segmento dell'impresa, finalizzata esclusivamente all'esecuzione dell'appalto pubblico, le cui modalità di attuazione e di governance potranno essere definite anche attraverso il ricorso agli strumenti previsti dall'ordinamento - si pensi ad esempio a quelli regolati dall'art. 2447-bis c.c. - che consentono forme di destinazione specifica del patrimonio sociale ad un determinato affare.
Con l'atto che dispone tale misura, il Prefetto provvede anche:
alla nomina di nuovi amministratori (fino ad un massimo di tre), scelti tra soggetti in possesso dei requisiti di professionalità e moralità previsti dal decreto ministeriale 10 aprile 2013, n. 60, per coloro che vengono chiamati a ricoprire l'incarico di commissario giudiziale e commissario straordinario nelle procedure di amministrazione straordinaria di cui al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270 (comma 2);
alla determinazione del compenso spettante ai predetti amministratori, calcolato sulla base delle tabelle allegate al decreto legislativo 4 febbraio 2010, n. 14, che regola gli emolumenti da corrispondere agli amministratori giudiziari (comma 6);
la durata della straordinaria e temporanea gestione che deve essere commisurata alle esigenze connesse alla realizzazione dell'appalto pubblico oggetto del contratto.
Si attira l'attenzione sulla necessità che l'individuazione degli amministratori venga operata secondo criteri di rotazione e trasparenza, evitando situazioni di cumulo di incarichi e di conflitto di interesse. Altro fattore da tenere in considerazione potrà essere il background professionale dei possibili candidati all'incarico che dovrà essere adeguato alla complessità dell'azienda da sottoporre alla misura in commento.
Con la straordinaria e temporanea gestione, sono sospesi l'esercizio dei poteri di disposizione e gestione dei titolari dell'impresa, nonchè i poteri dell'assemblea dei soci. Gli amministratori nominati dal Prefetto assumono, invece, i poteri degli organi di amministrazione limitatamente al segmento di attività riguardante l'esecuzione dell'appalto pubblico da cui trae origine la misura, provvedendo per le somme introitate dall'impresa ad osservare le particolari regole stabilite al comma 7.
Si richiama, infine, l'attenzione sul comma 5 che individua le ipotesi di cessazione anticipata della rinnovazione dell'organo sociale e della straordinaria e temporanea gestione dell'impresa.
La norma prevede, infatti, che il Prefetto debba revocare le predette misure nel caso in cui sopravvenga un provvedimento che dispone la confisca, il sequestro o l'amministrazione giudiziaria dell'impresa.
Tali ipotesi non escludono comunque la possibilità che la revoca del provvedimento possa essere disposta nell'esercizio del generale potere di autotutela disciplinato dall'art. 21-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Ancorchè ciò non sia espressamente previsto, si ritiene che la revoca debba essere disposta anche nel caso in cui l'Autorità Giudiziaria adotti un provvedimento che escluda ipotesi di responsabilità dell'operatore economico nelle vicende che hanno dato luogo alle misure (sentenze di non luogo a luogo a procedere adottata per motivi diversi dall'estinzione del reato, sentenze di assoluzione adottate ai sensi dell'art. 530, comma 1, c.p.p.). In tali ipotesi viene infatti meno il presupposto sulla base del quale è stato adottato il provvedimento conformativo dell'attività di impresa.
Si ritiene, invece, che la revoca debba essere proceduta da una valutazione discrezionale, sviluppata dal Prefetto d'intesa con il Presidente dell'ANAC, nell'ipotesi in cui sopravvengano sentenze di proscioglimento per motivi diversi da quelli sopra indicati, sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti, ovvero provvedimenti che determinano la cessazione delle misure cautelari disposte dall'Autorità Giudiziaria. In tali ipotesi, infatti, occorrerà valutare se i provvedimenti sopravvenuti siano in grado di far ritenere che sia venuto meno il profilo di responsabilità addebitabile all'impresa o che esso si sia comunque attenuato al di sotto della soglia di certezza o gravità richiesta dal comma 1 dell'art. 32.
Una misura diversa viene, infine, prevista nell'ipotesi in cui le indagini concernenti le situazioni di cui al predetto comma 1 riguardino componenti diversi dagli organi sociali, propriamente titolari dei poteri di amministrazione.
Tale fattispecie presuppone un minor livello di compromissione dell'operatore economico e giustifica, in ragione del principio di proporzionalità, l'adozione di una misura più attenuata, consistente nella nomina di uno o più esperti con compiti di monitoraggio e sostegno dell'impresa (comunque in numero non superiore a tre), nominati dal Prefetto tra coloro che sono in possesso dei requisiti di professionalità e moralità di cui al già menzionato decreto ministeriale n. 60/2013.
Il procedimento di nomina degli esperti e quello di determinazione del loro compenso è regolato in termini coincidenti a quelli previsti per gli amministratori incaricati della straordinaria e temporanea gestione dell'impresa, per cui si rinvia a quanto già detto sopra sull'argomento.
Vale piuttosto la pena soffermare l'attenzione sull'obiettivo perseguito dalla finalità in commento che consiste nell'inserire all'interno della compagine di impresa un "presidio", in grado di stimolare l'avvio di un percorso finalizzato a riportare la linea gestionale su binari di legalità e trasparenza.
A tal fine, infatti, l'art. 32, comma 8, attribuisce agli amministratori il potere di fornire all'impresa prescrizioni operative, riferite ai seguenti aspetti della vita dell'azienda:
ambiti organizzativi;
sistema di controllo interno;
organi amministrativi e di controllo.
Sebbene non espressamente richiamato è evidente che le suddette prescrizioni possono trovare un significativo punto di riferimento nei modelli di organizzazione previsti dall'art. 6 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
L'art. 32, in effetti, non precisa le conseguenze che si determinano nel caso in cui l'impresa non si uniformi alle prescrizioni impartite dagli esperti. Appare, però, evidente che un simile atteggiamento può integrare i contorni di quelle anomalie che, in virtù del comma 1, legittimano l'adozione della più penetrante misura della straordinaria e temporanea gestione dell'impresa.
Il descritto procedimento trova applicazione anche nei casi in cui sia stata emessa dal prefetto un'informazione antimafia interdittiva e si sia in presenza dei presupposti di cui al comma 10 dello stesso art. 32. In questi casi le misure sono disposte di propria iniziativa dal Prefetto che ne informa il presidente dell'ANAC.
Al riguardo saranno fornite dal Ministero dell'interno specifiche indicazioni ai Prefetti per la fase di prima applicazione della cennata disposizione.
4. Indirizzi concernenti i protocolli di legalità in materia di appalti pubblici.
Il settore dei contratti pubblici continua ad essere tuttora una delle aree più esposte non solo ai tentativi di infiltrazione delle mafie, ma anche alle interferenze e pressioni dei comitati d'affari e della criminalità comune.
Coerentemente, quindi, con la svolta impressa dalla legge n. 190/2012, è fondamentale che alla repressione sul piano puramente penale si affianchi una capillare azione di prevenzione in via amministrativa che possa far leva non solo sul rafforzamento degli strumenti normativi ma anche su quelli di carattere pattizio.
Il naturale punto di riferimento è l'esperienza dei protocolli di legalità stipulati tra Prefetture e Stazioni appaltanti che, nel corso di questi anni, ha consentito di elevare la cornice di sicurezza sia degli interventi infrastrutturali di interesse strategico, sia di altri appalti pubblici, attraverso una corresponsabilizzazione di tutte le parti contraenti, sia pubbliche che private.
Appare, pertanto, strategico ampliare l'ambito di operatività di tali strumenti anche oltre il tradizionale campo delle infiltrazioni mafiose per farne un mezzo di prevenzione di portata più generale, capace di interporre efficaci barriere contro le interferenze illecite nelle procedure di affidamento dei contratti pubblici.
Un'evoluzione in questo senso degli strumenti di collaborazione pattizia appare pienamente giustificata dalla constatazione che frequentemente le infiltrazioni della criminalità organizzata finiscono per saldarsi con i fenomeni corruttivi e di mala gestio della cosa pubblica.
Alla luce di ciò, si raccomanda vivamente ai Prefetti e alle altre Amministrazioni ed enti operanti in veste di Stazione appaltante che le iniziative collaborative volte a rafforzare la cornice di legalità nel segmento dei contratti pubblici, si ispirino ad un modello di protocolli di legalità di "nuova generazione".
Tale forma di cooperazione rafforzata si concretizzerà nell'introduzione, accanto alle tradizionali clausole antimafia, di pattuizioni tese a rafforzare gli impegni alla trasparenza e alla legalità, pure in ambiti non strettamente riconducibili ai rischi di aggressione da parte del crimine organizzato.
Più in particolare, in linea con la disciplina pattizia già vigente circa l'obbligo di denuncia dei tentativi di estorsione, appare opportuno che i protocolli di "nuova generazione" contengano clausole volte a riconoscere alla Stazione appaltante la potestà di azionare la clausola risolutiva espressa, ai sensi dell'art. 1456 c.c., ogni qualvolta l'impresa non dia comunicazione del tentativo di concussione subito, risultante da una misura cautelare o dal disposto rinvio a giudizio nei confronti dell'amministratore pubblico responsabile dell'aggiudicazione.
Sempre per le finalità in discorso, appare indispensabile che i medesimi protocolli prevedano, altresì, la possibilità per la Stazione appaltante di attivare lo strumento risolutorio in tutti i casi in cui, da evidenze giudiziarie consolidate in una misura cautelare o in un provvedimento di rinvio a giudizio, si palesino accordi corruttivi tra il soggetto aggiudicatore e l'impresa aggiudicataria. Nell'unire in Allegato C uno schema-tipo delle predette clausole, si evidenzia che l'attivazione di tali strumenti risolutori dovrà essere coordinata con i poteri attribuiti all'ANAC dal decreto-legge 90/2014.
A tal fine, appare opportuno che l'esercizio della potestà di risoluzione contrattuale da parte del soggetto aggiudicatore venga previamente sottoposta alla valutazione dell'ANAC, per consentire a quest'ultima di verificare se - in ragione dello stato di avanzamento dei lavori, o del rischio di compromissione della realizzazione dell'opera, tenuto anche conto della rilevanza della stessa - sia preferibile proseguire nel rapporto contrattuale, previo il rinnovo o la sostituzione degli organi dell'impresa aggiudicataria interessata dalle vicende corruttive, secondo le modalità stabilite dal ripetuto decreto-legge.