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REGOLAMENTO (UE) 2024/3015 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO, 27 novembre 2024

G.U.U.E. 12 dicembre 2024, Serie L

Regolamento che vieta i prodotti ottenuti con il lavoro forzato sul mercato dell'Unione e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937. (Testo rilevante ai fini del SEE) 

Note sull'entrata in vigore e sull'applicabilità

Entrata in vigore il: 13 dicembre 2024

Applicabile dal: (vedi nota)

Nota:

Per l'applicabilità si veda l'articolo 39

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare gli articoli 114 e 207,

vista la proposta della Commissione europea,

previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),

deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),

considerando quanto segue:

1) Come riconosciuto nel preambolo del protocollo del 2014 relativo alla convenzione n. 29 sul lavoro forzato (convenzione OIL n. 29) dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), il lavoro forzato costituisce una grave offesa alla dignità umana e una violazione dei diritti umani fondamentali, contribuisce alla perpetuazione della povertà e ostacola il conseguimento dell'obiettivo di un lavoro dignitoso per tutti. L'eliminazione di tutte le forme di lavoro forzato o obbligatorio è stata dichiarata dall'OIL come principio in materia di diritti fondamentali. L'OIL classifica la convenzione OIL n. 29, compreso il protocollo aggiuntivo del 2014 relativo alla convenzione n. 29 nonché la convenzione OIL n. 105 sull'abolizione del lavoro forzato (convenzione OIL n. 105) come convenzioni fondamentali dell'OIL e formula raccomandazioni al fine di prevenire ed eliminare il lavoro forzato nonché a porvi rimedio, quale la raccomandazione sul lavoro forzato (misure aggiuntive) n. 203. L'OIL ha elaborato diversi indicatori utilizzati per individuare e segnalare casi di lavoro forzato, quali minacce e danni fisici e sessuali effettivi, abuso delle situazioni di vulnerabilità, abuso delle condizioni di vita e di lavoro, come pure eccesso di lavoro straordinario, inganno, limitazione dei movimenti, confinamento sul luogo di lavoro o in una zona limitata, isolamento, servitù per debiti, mancato pagamento dei salari o riduzione eccessiva degli stessi, sottrazione del passaporto e dei documenti d'identità o minaccia di denuncia alle autorità se il lavoratore si trova in una condizione di immigrazione irregolare. Il lavoro forzato è molto spesso legato alla povertà e alla discriminazione. La manipolazione di crediti e debiti da parte dei datori di lavoro o di agenti di reclutamento è a tutt'oggi un fattore chiave che intrappola lavoratori vulnerabili in situazioni di lavoro forzato. Secondo gli organi di vigilanza dell'OIL, il lavoro carcerario, anche quando è svolto per imprese private, non costituisce di per sé lavoro forzato purché sia svolto su base volontaria, a vantaggio del detenuto, e presenti condizioni simili a quelle che caratterizzano il rapporto di lavoro libero. I lavori di pubblica utilità come sanzione penale sostitutiva della pena detentiva dovrebbero sempre essere nell'interesse pubblico e in nessun caso dovrebbero essere oggetto di abuso da parte degli Stati per umiliare i condannati o privarli della loro dignità. Nei casi in cui il lavoro o il servizio sono imposti sfruttando la vulnerabilità del lavoratore, e vi sia la minaccia di una sanzione, tale minaccia non deve necessariamente sostanziarsi in una sanzione penale ma potrebbe sostanziarsi nella perdita di diritti o vantaggi.

2) Il ricorso al lavoro forzato è diffuso in tutto il mondo. Si stima che nel 2021 le persone in situazioni di lavoro forzato fossero circa 27,6 milioni. I gruppi vulnerabili ed emarginati della società sono particolarmente esposti a pressioni per svolgere lavoro forzato. Tali gruppi includono donne, minori, minoranze etniche, persone con disabilità, persone appartenenti alle classi sociali più basse, popolazioni indigene e tribali, migranti, in particolare migranti privi di documenti, che si trovano in condizioni precarie e operano nell'economia informale. Anche quando non è imposto dallo Stato, il lavoro forzato è spesso una conseguenza dell'assenza o della mancanza di buon governo da parte di alcuni operatori economici ed è la dimostrazione dell'incapacità dello Stato di far rispettare i diritti sociali e lavorativi, segnatamente per i gruppi vulnerabili ed emarginati. Il lavoro forzato può presentarsi altresì quale conseguenza del tacito consenso delle autorità. L'86 % di tutti i casi di lavoro forzato riguarda il settore privato, soprattutto per via dello sfruttamento del lavoro forzato di 17,3 milioni di persone. Gli obblighi degli operatori economici di cui al presente regolamento dovrebbero essere prevedibili e chiari onde garantire la piena ed effettiva conformità e contribuire a far cessare il fenomeno del lavoro forzato.

3) Per l'Unione l'eliminazione del lavoro forzato in tutte le sue forme, compreso il lavoro forzato imposto dallo Stato, costituisce una priorità. Il rispetto della dignità umana e l'universalità e l'indivisibilità dei diritti dell'uomo sono fermamente sanciti dall'articolo 21 del trattato sull'Unione europea (TUE). Al fine di conseguire il traguardo 8.7 degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, l'Unione dovrebbe sostenere e promuovere i suoi valori e contribuire alla tutela dei diritti umani, in particolare dei diritti dei minori. L'articolo 5 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (Carta) vieta esplicitamente la schiavitù, la servitù, il lavoro forzato o obbligatorio e la tratta di esseri umani e l'articolo 4 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali stabilisce che nessuno può essere costretto a compiere un lavoro forzato o obbligatorio. La Corte europea dei diritti dell'uomo ha ripetutamente interpretato l'articolo 4 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali come un obbligo per gli Stati membri di sanzionare e perseguire efficacemente qualsiasi azione che mantenga una persona nelle situazioni definite in tale articolo 4. Il diritto a rimedi efficaci per le violazioni dei diritti fondamentali è un diritto umano e un elemento fondamentale nel processo di perseguimento efficace dei reati. La normativa dell'Unione vigente, i principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani (UNGP), la raccomandazione del Consiglio d'Europa su diritti umani e imprese e le linee guida dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), quali la Guida sul dovere di diligenza per la condotta d'impresa responsabile, affermano il diritto delle vittime a un ricorso effettivo in caso di violazioni o abusi dei diritti umani nel contesto lavorativo, incluso il lavoro forzato.

4) Tutti gli Stati membri hanno ratificato le convenzioni fondamentali dell'OIL nel settore del lavoro forzato, vale a dire la convenzione OIL n. 29 e la convenzione OIL n. 105, e la convenzione n. 182 sulle forme peggiori di lavoro minorile (convenzione OIL n. 182). Essi sono pertanto giuridicamente tenuti a prevenire ed eliminare il ricorso al lavoro forzato e a riferire regolarmente all'OIL.

5) Attraverso le sue politiche e iniziative legislative, l'Unione cerca di eliminare il ricorso al lavoro forzato e di promuovere il lavoro dignitoso e i diritti dei lavoratori in tutto il mondo. L'Unione promuove il dovere di diligenza conformemente agli orientamenti e ai principi internazionali stabiliti dalle organizzazioni internazionali, tra cui l'OIL, l'OCSE e le Nazioni Unite, per garantire che il lavoro forzato non abbia posto nelle catene di approvvigionamento cui partecipano le imprese stabilite nell'Unione.

6) La politica commerciale dell'Unione sostiene la lotta contro il lavoro forzato nelle relazioni commerciali sia unilaterali che bilaterali. I capitoli relativi al commercio e allo sviluppo sostenibile degli accordi commerciali dell'Unione contengono l'impegno a ratificare e attuare efficacemente le convenzioni fondamentali dell'OIL, tra cui la convenzione OIL n. 29 e la convenzione OIL n. 105, mentre le disposizioni sul commercio e sul genere stabiliscono una prospettiva di genere che è essenziale per l'emancipazione economica delle donne al fine di combattere il lavoro forzato di genere. Inoltre le preferenze tariffarie unilaterali nell'ambito del sistema di preferenze generalizzate dell'Unione possono essere revocate per violazioni gravi e sistematiche della convenzione OIL n. 29 e della convenzione OIL n. 105.

7) Il lavoro forzato ha un impatto distinto sui gruppi vulnerabili ed emarginati, come i bambini, le donne, i migranti, i rifugiati o le popolazioni indigene, e pertanto un approccio intersezionale e sensibile alla dimensione di genere è essenziale per combattere efficacemente il lavoro forzato. Il presente regolamento dovrebbe pertanto contribuire agli obiettivi degli accordi e delle convenzioni internazionali pertinenti, quali la convenzione OIL n. 182, la convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, la dichiarazione di Pechino del settembre 1995, il patto globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare, la convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati, la dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni e la convenzione OIL n. 169 sui popoli indigeni e tribali.

8) La direttiva anti-tratta (direttiva 2011/36/UE) del Parlamento europeo e del Consiglio (3) armonizza la definizione di tratta di esseri umani, includendo il lavoro o i servizi forzati, e stabilisce norme sulle sanzioni minime. Le norme stabilite in materia di divieto di immissione e messa a disposizione sul mercato dell'Unione di prodotti interni o importati ottenuti con il lavoro forzato, o di esportazione di tali prodotti, e l'obbligo di garantire che tali prodotti siano ritirati dal mercato dell'Unione (divieto di prodotti ottenuti con il lavoro forzato) dovrebbero lasciare impregiudicata tale direttiva e, in particolare, la competenza delle autorità di contrasto e giudiziarie a indagare e perseguire i reati relativi alla tratta di esseri umani, compreso lo sfruttamento del lavoro.

9) Il regolamento (UE) 2017/821 del Parlamento europeo e del Consiglio (4) impone agli importatori dell'Unione di minerali o metalli che rientrano nell'ambito di applicazione di tale regolamento di adempiere agli obblighi in materia di dovere di diligenza conformemente all'allegato II delle linee guida dell'OCSE sul dovere di diligenza per una catena di approvvigionamento responsabile di minerali provenienti da zone di conflitto o ad alto rischio e alle raccomandazioni sul dovere di diligenza ivi contenute. Il regolamento (UE) 2023/1542 del Parlamento europeo e del Consiglio (5) contiene l'obbligo per gli operatori economici di adempiere al dovere di diligenza nelle loro catene di approvvigionamento, anche per quanto riguarda i diritti dei lavoratori. Il regolamento (UE) 2023/1115 del Parlamento europeo e del Consiglio (6) impone il dovere di diligenza per quanto riguarda alcune materie prime e alcuni prodotti legati alla deforestazione e al degrado forestale anche per quanto riguarda i diritti umani.

10) La direttiva 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (7) impone agli Stati membri di garantire che taluni operatori economici pubblichino annualmente dichiarazioni di carattere non finanziario in cui riferiscono in merito all'impatto della loro attività su questioni ambientali, sociali e attinenti al personale e al rispetto dei diritti umani, anche per quanto riguarda il lavoro forzato e la lotta contro la corruzione attiva e passiva. Inoltre la direttiva (UE) 2022/2464 del Parlamento europeo e del Consiglio (8) relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità ha modificato tale obbligo e ha introdotto obblighi di comunicazione dettagliati per le imprese che rientrano nell'ambito di applicazione di tale direttiva per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani, anche nelle catene di approvvigionamento globali. Le informazioni che le imprese comunicano in merito ai diritti umani dovrebbero includere, se del caso, informazioni sul lavoro forzato nelle catene di approvvigionamento cui partecipano.

11) L'Unione, in qualità di membro dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC), si impegna a promuovere un sistema commerciale aperto, multilaterale, basato su regole. Qualsiasi misura introdotta dall'Unione che incida sugli scambi dovrebbe essere conforme all'OMC.

12) Nel luglio 2021 la Commissione e il Servizio europeo per l'azione esterna hanno pubblicato orientamenti per le imprese dell'UE in materia di dovere di diligenza per affrontare il rischio del lavoro forzato nelle loro attività e catene di approvvigionamento.

13) Come riconosciuto nella comunicazione della Commissione del 23 febbraio 2022 sul lavoro dignitoso in tutto il mondo per una transizione globale giusta e una ripresa sostenibile, nonostante le politiche e il quadro legislativo attuali, servono ulteriori azioni per conseguire gli obiettivi di eliminare dal mercato dell'Unione i prodotti del lavoro forzato e, di conseguenza, contribuire ulteriormente alla lotta contro il lavoro forzato in tutto il mondo.

14) Le priorità fondamentali dell'Unione, come sancite dal piano d'azione dell'UE per i diritti umani e la democrazia 2020-2024, includono la promozione del lavoro dignitoso e di un futuro del lavoro incentrato sulla persona, che garantisca il rispetto dei principi fondamentali e dei diritti umani, la promozione del dialogo sociale nonché la ratifica e l'effettiva attuazione delle convenzioni e dei protocolli pertinenti dell'OIL, il rafforzamento della gestione responsabile nelle catene di approvvigionamento globali e l'accesso alla protezione sociale.

15) Nelle sue risoluzioni del 9 giugno 2022 su un nuovo strumento commerciale inteso a vietare i prodotti realizzati con il lavoro forzato (9), del 17 dicembre 2020 sul lavoro forzato e la situazione degli uiguri nella regione autonoma uigura dello Xinjiang (10) e del 16 dicembre 2021 sul lavoro forzato nello stabilimento di Linglong e sulle proteste ambientali in Serbia (11), il Parlamento europeo ha condannato fermamente il lavoro forzato e ha chiesto il divieto dei prodotti ottenuti con il lavoro forzato. La disponibilità di prodotti ottenuti con il lavoro forzato sul mercato dell'Unione o esportati verso paesi terzi senza un meccanismo efficace per vietare o ritirare tali prodotti costituisce pertanto una preoccupazione pubblica di ordine morale.

16) Per completare il quadro legislativo e politico dell'Unione in materia di lavoro forzato, è opportuno vietare l'immissione e la messa a disposizione sul mercato dell'Unione di prodotti ottenuti con il lavoro forzato o l'esportazione di prodotti fabbricati all'interno dell'Unione o importati ottenuti con il lavoro forzato e garantire che tali prodotti siano ritirati dal mercato dell'Unione.

17) Attualmente non esiste una normativa dell'Unione che consenta alle autorità degli Stati membri di intervenire direttamente per trattenere, sequestrare od ordinare il ritiro di un prodotto sulla base della constatazione che esso è stato ottenuto, in tutto o in parte, con il lavoro forzato.

18) Al fine di garantire l'efficacia del presente regolamento, il divieto di prodotti ottenuti con il lavoro forzato dovrebbe applicarsi ai prodotti per i quali è stato fatto ricorso al lavoro forzato in qualsiasi fase della produzione, fabbricazione, raccolta o estrazione di tali prodotti, comprese le lavorazioni o trasformazioni connesse a tali prodotti. Il divieto di prodotti ottenuti con il lavoro forzato dovrebbe applicarsi a tutti i prodotti di qualsiasi tipo, compresi i loro componenti, indipendentemente dal settore e dall'origine, siano essi interni o importati, ovvero immessi o messi a disposizione sul mercato dell'Unione o esportati. Il presente regolamento non si applica alla prestazione di servizi di trasporto.

19) Il divieto di prodotti ottenuti con il lavoro forzato dovrebbe contribuire agli sforzi internazionali volti ad abolire il lavoro forzato. La definizione di «lavoro forzato» dovrebbe pertanto essere allineata alla definizione contenuta nella convenzione OIL n. 29, secondo cui il termine lavoro forzato o obbligatorio indica ogni lavoro o servizio estorto a una persona sotto minaccia di una punizione o per il quale detta persona non si sia offerta spontaneamente, con l'esclusione di: ogni lavoro o servizio di carattere puramente militare richiesto da leggi sul servizio militare obbligatorio; ogni lavoro o servizio facente parte dei normali obblighi civili dei cittadini di un paese che si governi in piena indipendenza; ogni lavoro o servizio richiesto a una persona a seguito di una condanna emessa in tribunale, a condizione che tale lavoro o servizio venga eseguito sotto la vigilanza e il controllo delle pubbliche autorità e che la persona non sia impiegata o messa a disposizione di singoli privati, o di imprese e società private; ogni lavoro o servizio richiesto in situazioni di emergenza, cioè in caso di guerra, di calamità o minaccia di calamità, come incendi, inondazioni, carestia, terremoti, epidemie ed epizoozie violente, invasione di animali, insetti o parassiti vegetali nocivi, e in genere ogni circostanza che metta o rischi di mettere in pericolo la vita e le condizioni normali di esistenza dell'insieme o di una parte della popolazione; e i piccoli lavori di pubblica utilità, cioè i lavori eseguiti dai membri di una comunità nell'interesse diretto della comunità stessa, possono pertanto essere considerati come normali obblighi civili per i membri di una comunità e sulla cui necessità essi stessi o i loro rappresentanti diretti abbiano il diritto di pronunciarsi.

20) In base alla definizione di lavoro forzato specificata nella convenzione OIL n. 29 e utilizzata nel presente regolamento, gli «indicatori dell'OIL sul lavoro forzato» e gli orientamenti dell'OIL «Hard to see, harder to count» costituiscono i segnali più comuni che indicano la possibile esistenza di lavoro forzato e dovrebbero essere presi in considerazione nell'attuare il presente regolamento. Tuttavia, tali indicatori potrebbero non essere sufficienti per l'individuazione del lavoro forzato imposto dalle autorità statali, che si basano su politiche coercitive sistematiche e globali, che richiedono indicatori aggiuntivi specificamente elaborati.

21) La definizione di «lavoro forzato imposto dalle autorità statali» dovrebbe essere allineata alla convenzione OIL n. 105, che vieta specificamente il ricorso al lavoro forzato o obbligatorio come misura di coercizione o di educazione politica o quale sanzione nei riguardi di persone che hanno o esprimono certe opinioni politiche o manifestano la loro opposizione ideologica all'ordine politico, sociale ed economico costituito. La convenzione vieta anche l'uso del lavoro forzato come metodo di mobilitazione o di utilizzazione della manodopera a fini di sviluppo economico, come misura di disciplina del lavoro, come punizione per aver partecipato a scioperi o come misura di discriminazione razziale, sociale, nazionale o religiosa.

22) Anche le vendite a distanza, compresa la vendita online, dovrebbe rientrare nell'ambito di applicazione del presente regolamento. I prodotti offerti in vendita online o tramite altri mezzi di vendita a distanza dovrebbero essere considerati messi a disposizione sul mercato se l'offerta di vendita è destinata agli utilizzatori finali nell'Unione. In linea con il diritto dell'Unione applicabile in materia di diritto privato internazionale, è opportuno effettuare un'analisi caso per caso per stabilire se un'offerta è destinata agli utilizzatori finali nell'Unione. Un'offerta per la vendita dovrebbe considerarsi destinata agli utilizzatori finali nell'Unione se l'operatore economico interessato indirizza, con qualsiasi mezzo, le proprie attività verso uno Stato membro. Per le analisi caso per caso, è opportuno prendere in considerazione i fattori pertinenti, quali le zone geografiche verso le quali è possibile la spedizione, le lingue disponibili e utilizzate per l'offerta o per l'ordine, i mezzi di pagamento, l'uso della valuta dello Stato membro o un nome di dominio registrato in uno degli Stati membri. In caso di vendite online, il semplice fatto che il sito web degli operatori economici o dei fornitori di mercati online sia accessibile nello Stato membro in cui l'utilizzatore finale è stabilito o domiciliato è insufficiente. Il fatto che i prodotti offerti in vendita online o tramite altri mezzi di vendita a distanza siano considerati messi a disposizione sul mercato dell'Unione se l'offerta di vendita è destinata agli utilizzatori finali nell'Unione conferisce alle autorità competenti il potere di svolgere verifiche e adottare le misure necessarie a norma del presente regolamento in relazione a tali prodotti, anche se non sono ancora effettivamente immessi sul mercato dell'Unione al momento dell'offerta di vendita online o tramite altri mezzi di vendita a distanza. Tali prodotti devono essere conformi al pertinente diritto dell'Unione in vigore nel momento in cui sono effettivamente immessi sul mercato dell'Unione e, nel caso di prodotti che entrano nell'Unione, nel momento in cui sono vincolati al regime doganale di «immissione in libera pratica». Il fatto che i prodotti offerti per la vendita online o tramite altri mezzi di vendita a distanza siano considerati messi a disposizione sul mercato se l'offerta di vendita è destinata agli utilizzatori finali nell'Unione non dovrebbe pregiudicare le norme riguardanti i prodotti che entrano nel mercato dell'Unione o che escono dallo stesso.

23) Vi è stata una crescita nell'uso dei servizi intermediari, in particolare dei mercati online, per la vendita di prodotti. A tale riguardo, qualsiasi informazione relativa alla vendita di prodotti che viola il divieto di prodotti ottenuti con il lavoro forzato di cui al presente regolamento dovrebbe essere considerata un contenuto illegale a norma dell'articolo 3, lettera h), del regolamento (UE) 2022/2065 del Parlamento europeo e del Consiglio (12) e dovrebbe essere soggetta agli obblighi e alle misure previsti da tale regolamento.

24) La Commissione e le autorità competenti degli Stati membri dovrebbero individuare le violazioni del divieto di prodotti ottenuti con il lavoro forzato. Nel designare tali autorità competenti, gli Stati membri dovrebbero garantire che queste dispongano di risorse umane e finanziarie sufficienti e che il loro personale sia in possesso delle competenze e conoscenze necessarie, in particolare per quanto riguarda i diritti umani, i diritti in materia di lavoro, l'uguaglianza di genere, la gestione della catena di approvvigionamento e i processi di diligenza. Le autorità competenti dovrebbero coordinarsi strettamente con le autorità nazionali preposte all'ispezione del lavoro e con le autorità giudiziarie e di contrasto, comprese quelle responsabili della lotta contro la tratta di esseri umani, in modo da evitare di compromettere le indagini condotte da tali autorità.

25) Al fine di garantire l'esecuzione effettiva dei suoi compiti a norma del presente regolamento, in particolare ai fini dello svolgimento di indagini, la Commissione dovrebbe avere la possibilità di chiedere l'assistenza di altre istituzioni, uffici o agenzie dell'Unione con un mandato adeguato. Tali compiti possono comprendere: il trattamento delle informazioni presentate, il sostegno all'assegnazione delle indagini, lo svolgimento delle indagini preliminari e delle indagini effettive, l'agevolazione della cooperazione con le autorità degli Stati membri e tra le stesse, l'agevolazione della cooperazione internazionale, l'assistenza per lo sviluppo di strumenti di sostegno e, se del caso, l'assistenza per l'attuazione da parte delle autorità doganali e l'assistenza alla Commissione per la preparazione delle decisioni di vietare i prodotti ottenuti con il lavoro forzato. Ciò lascia impregiudicato il compito spettante alla Commissione, nel suo ruolo di autorità competente capofila, di prendere decisioni relative al divieto dell'immissione sul mercato di prodotti ottenuti con il lavoro forzato. La Commissione, nel suo ruolo di autorità competente capofila, dovrebbe esercitare i propri poteri in modo imparziale, trasparente e nel debito rispetto degli obblighi del segreto professionale e dovrebbe disporre delle competenze necessarie. La Commissione dovrebbe disporre dei mezzi per finanziare il personale necessario e i relativi costi per svolgere i compiti che le sono affidati a norma del presente regolamento e per sviluppare le competenze necessarie.

26) Nell'attuare il presente regolamento, le autorità competenti e la Commissione dovrebbero ispirarsi al principio di proporzionalità. Le autorità competenti e la Commissione dovrebbero garantire, in particolare, che tutte le misure e le azioni svolte durante la fase preliminare dell'indagine e nel corso dell'indagine e quelle indicate nella decisione siano adeguate e necessarie per conseguire l'obiettivo perseguito e non impongano agli operatori economici un onere eccessivo.

27) Al fine di garantire la cooperazione tra la Commissione e le autorità competenti designate a norma della presente regolamento e le autorità designate a norma di altre pertinenti disposizioni del diritto dell'Unione e nazionale e al fine di garantire la coerenza delle loro azioni e decisioni, la Commissione e le autorità competenti designate a norma del presente regolamento dovrebbero chiedere informazioni ad altre autorità pertinenti, se necessario, in merito al fatto che gli operatori economici sottoposti a valutazione siano soggetti o meno al dovere di diligenza in relazione al lavoro forzato e lo esercitino conformemente al diritto applicabile dell'Unione o nazionale che stabilisce obblighi in materia di dovere di diligenza e trasparenza per quanto riguarda il lavoro forzato. Nel richiedere informazioni agli operatori economici, le autorità competenti dovrebbero seguire, quando possibile, il principio «una tantum» della Commissione, mediante una maggiore cooperazione e un dialogo rafforzato tra le autorità impegnate nella vigilanza della regolamentazione dei prodotti. Per le medesime finalità e laddove opportuno, le autorità competenti designate a norma del presente regolamento dovrebbero informare le altre autorità pertinenti, quali le autorità di vigilanza del mercato, delle loro azioni e decisioni.

28) L'applicazione uniforme del divieto per quanto riguarda i prodotti ottenuti con il lavoro forzato che entrano nel mercato dell'Unione o ne escono può essere conseguita solo attraverso lo scambio sistematico di informazioni e la collaborazione tra le autorità competenti, le autorità doganali e la Commissione. Tale scambio di informazioni e tale collaborazione dovrebbero essere sostenute dalla Commissione.

29) Per la raccolta, l'elaborazione e la conservazione, in forma strutturata, di informazioni su questioni relative alle indagini, al processo decisionale e all'applicazione del divieto di prodotti ottenuti con il lavoro forzato, le autorità competenti dovrebbero utilizzare il sistema di informazione e comunicazione per la vigilanza del mercato di cui all'articolo 34 del regolamento (UE) 2019/1020 del Parlamento europeo e del Consiglio (13), in conformità dell'atto di esecuzione che la Commissione dovrebbe avere il potere di adottare a norma del presente regolamento. La Commissione, le autorità competenti e le autorità doganali dovrebbero avere accesso a tale sistema per svolgere le rispettive funzioni a norma del presente regolamento. Le autorità competenti possono inoltre utilizzare altri sistemi di comunicazione esistenti per comunicare con altre autorità nel proprio Stato membro, purché ciò non pregiudichi l'obbligo di utilizzare l'ICSMS ai fini dell'attuazione del presente regolamento.

30) Al fine di ottimizzare e alleggerire il processo di controllo dei prodotti che entrano nel mercato dell'Unione o ne escono, è necessario consentire un trasferimento automatizzato di dati tra l'ICSMS e i sistemi doganali. Tre diversi trasferimenti di dati dovrebbero essere distinti in funzione delle rispettive finalità. In primo luogo, le decisioni che accertano una violazione del divieto di prodotti ottenuti con il lavoro forzato dovrebbero essere comunicate dall'ICSMS al sistema doganale di gestione dei rischi di cui all'articolo 36 del regolamento di esecuzione (UE) 2015/2447 della Commissione (14), fatte salve eventuali future evoluzioni dell'ambiente doganale di gestione del rischio, affinché le autorità doganali possano utilizzarle per identificare i prodotti che potrebbero corrispondere a tali decisioni. Per tali primi trasferimenti di dati dovrebbero essere utilizzate le interfacce dell'ambiente doganale disponibili. In secondo luogo, qualora le autorità doganali identifichino siffatti prodotti, sarà necessaria una gestione dei casi al fine, tra l'altro, di trasferire la notifica della sospensione, delle conclusioni cui sono giunte le autorità competenti e dell'esito delle azioni intraprese dalle autorità doganali. L'ambiente dello sportello unico dell'Unione europea per le dogane dovrebbe sostenere questi secondi trasferimenti di dati tra l'ICSMS e i sistemi doganali nazionali. In terzo luogo, i sistemi doganali contengono informazioni sui prodotti che entrano nel mercato dell'Unione e ne escono, che sarebbero pertinenti per lo svolgimento delle funzioni delle autorità competenti ma che non sono loro accessibili. Le informazioni pertinenti dovrebbero pertanto essere estratte e trasmesse all'ICSMS. Le tre interconnessioni dovrebbero essere altamente automatizzate e di facile utilizzo, in modo da limitare qualsiasi onere supplementare per le autorità doganali. Alla Commissione dovrebbe essere conferito il potere di adottare, in cooperazione con le autorità doganali e le autorità competenti, gli atti di esecuzione necessari per determinare le norme procedurali, le modalità pratiche e gli elementi di dati da trasferire tra l'ICSMS e i sistemi doganali e qualsiasi altra prescrizione accessoria.

31) La Commissione dovrebbe istituire una banca dati indicativa e non esaustiva dei rischi di lavoro forzato per sostenere il lavoro delle autorità competenti nel valutare le potenziali violazioni del divieto di prodotti ottenuti con il lavoro forzato nonché aiutare gli operatori economici a individuare i possibili rischi di lavoro forzato nelle loro catene di approvvigionamento. Per lo sviluppo della banca dati la Commissione dovrebbe poter avvalersi di esperti esterni. La banca dati dovrebbe individuare i rischi di lavoro forzato in aree geografiche specifiche o in relazione a prodotti o gruppi di prodotti specifici, con particolare attenzione ai rischi di lavoro forzato diffusi e gravi, sulla base di informazioni affidabili e verificabili provenienti da istituzioni internazionali, come l'OIL e le Nazioni Unite, e da istituzioni accademiche e di ricerca. Tale banca dati dovrebbe essere resa pubblica attraverso il portale unico sul lavoro forzato. Qualora esistano prove attendibili e verificabili del fatto che prodotti fabbricati in determinati settori economici specifici e in zone geografiche specifiche presentano un rischio elevato di essere stati realizzati mediante ricorso al lavoro forzato imposto dalle autorità statali, i suddetti settori in tali zone dovrebbero essere individuati nella banca dati istituita a norma del presente regolamento.

32) Le microimprese e le piccole e medie imprese (PMI) possono disporre di risorse e capacità limitate per garantire che i prodotti che immettono o mettono a disposizione sul mercato dell'Unione siano esenti dal lavoro forzato. La Commissione dovrebbe pertanto emanare linee guida sul dovere di diligenza in relazione al lavoro forzato, che dovrebbero anche tenere conto anche delle dimensioni e delle risorse economiche degli operatori economici. Inoltre, la Commissione dovrebbe emanare linee guida sugli indicatori di rischio del lavoro forzato, comprese le modalità per individuarli, che dovrebbero basarsi su informazioni indipendenti e verificabili, incluse le relazioni delle organizzazioni internazionali, in particolare l'OIL.

33) La Commissione dovrebbe evitare oneri amministrativi superflui per le PMI. Inoltre, la Commissione dovrebbe elaborare misure di accompagnamento per sostenere gli sforzi degli operatori economici e dei loro partner commerciali nella stessa catena di approvvigionamento, in particolare le PMI. Gli Stati membri dovrebbero designare punti di contatto per le PMI ai fini del presente regolamento, che possono essere helpdesk esistenti per le imprese e i diritti umani o i punti di contatto in materia di dovere di diligenza. Le PMI dovrebbero poter contattare l'autorità competente dello Stato membro in cui sono stabilite, utilizzando le informazioni fornite nel portale unico sul lavoro forzato. In particolare, dovrebbero poter discutere con le autorità competenti per ottenere sostegno nel corso di un'indagine. Risorse di sostegno sufficienti dovrebbero inoltre essere messe a disposizione online in modo chiaro e comprensibile per le PMI.

34) La Commissione dovrebbe emanare linee guida su come avviare un dialogo con le autorità competenti, al fine di aiutare gli operatori economici, in particolare le PMI, e altri portatori di interessi a rispettare il divieto di prodotti ottenuti con il lavoro forzato. In aggiunta, la Commissione dovrebbe anche emanare linee guida per assistere qualsiasi persona o associazione nella presentazione delle informazioni.

35) Tenendo conto della varietà del diritto dell'Unione in materia di lavoro forzato, la Commissione dovrebbe fornire linee guida agli operatori economici, in particolare alle PMI, sulle modalità di applicazione dei diversi obblighi derivanti dal diritto dell'Unione.

36) La Commissione dovrebbe emanare linee guida per agevolare l'attuazione del presente regolamento da parte degli operatori economici e delle autorità competenti. Le linee guida per gli operatori economici dovrebbero includere indicazioni relative al dovere di diligenza in relazione al lavoro forzato, anche per i diversi tipi di fornitori e settori di attività, alle migliori pratiche per porre fine al lavoro forzato e ripararne gli effetti, nonché al disimpegno responsabile. Con il termine «riparazione» si intende il ripristino per la persona o le persone o le comunità colpite di una situazione equivalente o il più possibile simile a quella in cui si troverebbero se non vi fosse stato ricorso al lavoro forzato, in modo proporzionato al coinvolgimento della società nel lavoro forzato, compresa la compensazione finanziaria o non finanziaria da parte della società alla persona o alle persone vittime del lavoro forzato e, se del caso, il rimborso dei costi sostenuti dalle autorità pubbliche per le misure correttive eventualmente necessarie. Le linee guida per le autorità competenti dovrebbero concentrarsi sulle informazioni pertinenti per l'attuazione pratica del presente regolamento. Le indicazioni relative al dovere di diligenza in relazione al lavoro forzato dovrebbero basarsi sul documento «Orientamenti per le imprese dell'UE in materia di dovere di diligenza per affrontare il rischio del lavoro forzato nelle loro operazioni e catene di approvvigionamento», pubblicato dalla Commissione e dal Servizio europeo per l'azione esterna nel luglio 2021. Le linee guida dovrebbero essere coerenti con gli altri della Commissione in materia e con gli orientamenti delle organizzazioni internazionali pertinenti. Le linee guida dovrebbero essere elaborate in consultazione con i portatori di interessi pertinenti e dovrebbero essere basate sull'esperienza e sulle migliori pratiche delle autorità competenti degli Stati membri. Per l'individuazione degli indicatori di rischio dovrebbero essere prese in considerazione le relazioni di organizzazioni internazionali, in particolare l'OIL, nonché altre fonti di informazione indipendenti e verificabili.

37) Poiché il lavoro forzato è un problema globale e date le interconnessioni delle catene di approvvigionamento globali, è necessario promuovere la cooperazione internazionale contro il lavoro forzato, il che migliorerebbe anche l'efficienza dell'attuazione del presente regolamento. La Commissione dovrebbe, a seconda del caso, cooperare e scambiare informazioni con le autorità dei paesi terzi, le organizzazioni internazionali e gli altri pertinenti portatori di interessi per migliorare l'efficace attuazione del presente regolamento. La cooperazione internazionale con le autorità dei paesi terzi, compresi i paesi che applicano normative simili, dovrebbe svolgersi in modo strutturato nell'ambito delle strutture di dialogo esistenti con tali paesi o, se necessario, di strutture di dialogo specifiche che saranno create ad hoc. Tale cooperazione dovrebbe poter includere scambi di informazioni sui rischi del lavoro forzato, come quelli individuati nella banca dati, e sulle decisioni di vietare i prodotti, ma non dovrebbe comprendere informazioni sulle indagini in corso. Le delegazioni dell'Unione dovrebbero contribuire a diffondere informazioni sul presente regolamento e ad agevolare la presentazione di informazioni sui rischi del lavoro forzato da parte dei pertinenti portatori di interessi. La cooperazione internazionale può comprendere anche lo sviluppo di iniziative di cooperazione e misure di accompagnamento per sostenere i portatori di interessi pertinenti nei loro sforzi volti a eliminare il lavoro forzato dalle catene di approvvigionamento globali, come pure la creazione di ambienti favorevoli alla promozione e alla tutela dei diritti umani nei paesi terzi.

38) Qualsiasi persona fisica o giuridica, o qualsiasi associazione priva di personalità giuridica dovrebbe essere autorizzata a presentare informazioni alle autorità competenti qualora ritenga che sul mercato dell'Unione siano immessi e messi a disposizione prodotti ottenuti con il lavoro forzato e dovrebbe essere informata in merito all'esito della valutazione delle informazioni presentate. Le informazioni sulle presunte violazioni dovrebbero essere presentate attraverso un apposito punto unico istituito dalla Commissione e messo a disposizione sul portale unico per il lavoro forzato. Al fine di garantire la facilità d'uso per la presentazione delle informazioni e la loro standardizzazione, la Commissione dovrebbe emanare linee guida sull'uso del punto unico e dovrebbe poter adottare atti di esecuzione per specificare le norme procedurali, i modelli e i dettagli relativi alla presentazione delle informazioni. La presentazione di informazioni manifestamente incomplete, infondate o presentate in malafede dovrebbero essere scartate. Dovrebbero essere adottate misure adeguate per garantire la protezione di tutte le persone associate alla presentazione o alle informazioni ivi contenute, anche contro eventuali ritorsioni.

39) Gli informatori possono sottoporre nuove informazioni all'attenzione delle autorità competenti per aiutarle a individuare violazioni del presente regolamento e consentire loro di agire di conseguenza. Al fine di garantire l'esistenza di modalità adeguate per consentire agli informatori di segnalare violazioni effettive o potenziali del presente regolamento alle autorità competenti e per proteggerli da ritorsioni, è opportuno prevedere nel presente regolamento che la direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio (15) sia applicabile alla segnalazione di violazioni del presente regolamento e alla protezione delle persone che segnalano tali violazioni, se esse rientrano nell'ambito di applicazione soggettivo di tale direttiva.

40) Al fine di rafforzare la certezza del diritto, l'applicabilità della direttiva (UE) 2019/1937, a norma del presente regolamento, relativamente alle segnalazioni di violazioni del presente regolamento e alla protezione delle persone che segnalano tali violazioni dovrebbe riflettersi in detta direttiva. E' pertanto opportuno modificare di conseguenza l'allegato della direttiva (UE) 2019/1937. Spetta agli Stati membri garantire che, a decorrere dalla data di applicazione del presente regolamento, tale modifica si rifletta nelle rispettive misure di recepimento adottate conformemente alla direttiva. Tuttavia, l'adozione di misure nazionali di recepimento non è una condizione per l'applicabilità di detta direttiva riguardante la segnalazione di violazioni del presente regolamento o la protezione delle persone segnalanti.

41) Per agevolare l'accesso alle informazioni pertinenti relativamente al presente regolamento, è opportuno che la Commissione istituisca un portale web unico a livello dell'Unione, accessibile al pubblico in tutte le lingue ufficiali delle istituzioni dell'Unione.

42) Nell'individuare le potenziali violazioni del divieto di prodotti ottenuti con il lavoro forzato, la Commissione o le autorità competenti dovrebbero seguire un approccio basato sul rischio e valutare tutte le informazioni a loro disposizione. Al fine di attuare l'approccio basato sul rischio nel definire le priorità delle loro indagini, la Commissione e le autorità competenti dovrebbero tenere conto della quota che ha nel prodotto finito la parte che si sospetta sia stata ottenuta con il lavoro forzato, della quantità e del volume dei prodotti interessati, dell'entità e della gravità del presunto lavoro forzato, compresa l'ipotesi che sussista il rischio di lavoro forzato imposto dalle autorità statali. La Commissione e le autorità competenti dovrebbero inoltre tenere conto delle dimensioni e delle risorse economiche degli operatori economici e della complessità della catena di approvvigionamento e dovrebbero concentrarsi, nella misura del possibile, sugli operatori economici e, se del caso, sui fornitori di prodotti che sono più esposti al rischio di lavoro forzato e che possono esercitare la massima influenza per prevenire, attenuare e fare cessare il ricorso al lavoro forzato.

43) Prima di avviare un'indagine, l'autorità competente capofila dovrebbe poter chiedere informazioni agli operatori economici sottoposti a valutazione e anche ad altri portatori di interessi pertinenti, comprese le persone o le associazioni che hanno presentato le informazioni pertinenti alle autorità competenti. L'autorità competente capofila dovrebbe poter scegliere di non richiedere informazioni supplementari agli operatori economici se ritiene che ciò possa portare a un tentativo, da parte di detti operatori economici, di nascondere una situazione di lavoro forzato e quindi compromettere l'indagine. L'autorità competente capofila dovrebbe avviare un'indagine qualora, sulla base della sua valutazione di tutte le informazioni disponibili o sulla base di altri fatti disponibili laddove non sia stato possibile raccogliere informazioni o prove durante la fase preliminare dell'indagine, accertino l'esistenza di un sospetto fondato sia stata una violazione del divieto di prodotti ottenuti con il lavoro forzato.

44) Al fine di aumentare l'efficacia del divieto di prodotti ottenuti con il lavoro forzato, le autorità competenti dovrebbero concedere agli operatori economici un periodo di tempo ragionevole per individuare, attenuare, prevenire e far cessare il rischio di lavoro forzato, tenendo conto, tra l'altro, della complessità del processo e del numero di portatori di interessi coinvolti.

45) Prima di avviare un'indagine, l'autorità capofila competente dovrebbe chiedere agli operatori economici sottoposti a valutazione di fornire informazioni sulle misure adottate per attenuare, prevenire o far cessare i rischi di lavoro forzato, o per riparare ai casi di lavoro forzato, nelle loro attività e nelle catene di approvvigionamento cui partecipano in relazione ai prodotti oggetto della valutazione. L'esercizio del dovere di diligenza in relazione al lavoro forzato dovrebbe contribuire ad aiutare l'operatore economico a ridurre il rischio di presenza del lavoro forzato nelle sue attività e nelle catene di approvvigionamento cui partecipa. Un adeguato dovere di diligenza conformemente al diritto dell'Unione e agli standard internazionali pertinenti può aiutare a identificare e affrontare le questioni relative al lavoro forzato nella catena di approvvigionamento conformemente al diritto dell'Unione e alle norme internazionali pertinenti. Ciò implica che non dovrebbe essere avviata alcuna indagine qualora l'autorità competente capofila ritenga che non vi sia alcun sospetto fondato di violazione del divieto di prodotti ottenuti con il lavoro forzato, o qualora le ragioni di un sospetto fondato siano venute meno, ad esempio in virtù, ma non solo, di un'applicazione della legislazione, degli orientamenti, delle raccomandazioni applicabili o di qualsiasi altro dovere di diligenza in relazione al lavoro forzato tale da attenuare, prevenire e far cessare il rischio di lavoro forzato.

46) Nel richiedere informazioni durante l'indagine, l'autorità competente capofila dovrebbe dare la priorità, per quanto possibile e in linea con l'efficace svolgimento dell'indagine, agli operatori economici oggetto dell'indagine che sono coinvolti nelle fasi della catena di approvvigionamento il più possibile vicine a dove il rischio di lavoro forzato è probabile che sussista e dovrebbero tenere conto delle dimensioni e delle risorse economiche degli operatori economici e della quantità di prodotti interessati, nonché dell'entità del presunto lavoro forzato.

47) Le autorità competenti capofila dovrebbero assumersi l'onere di accertare se sia stato fatto ricorso al lavoro forzato in una fase qualsiasi della produzione, fabbricazione, raccolta o estrazione di un prodotto, comprese le lavorazioni o trasformazioni connesse al prodotto immesso o messo a disposizione sul mercato o esportato, sulla base di tutte le informazioni e le prove raccolte durante l'indagine, compresa la fase preliminare. Per garantire il loro diritto a un giusto processo, agli operatori economici dovrebbe essere data la possibilità di fornire informazioni a loro difesa alle autorità competenti nel corso dell'indagine. Qualora, in risposta a una richiesta di informazioni di un'autorità competente capofila, un operatore economico o un'autorità pubblica rifiuti di fornire o non fornisca le informazioni richieste, senza una valida giustificazione, o qualora fornisca informazioni incomplete o inesatte allo scopo di bloccare l'indagine, fornisca informazioni fuorvianti o ostacoli in altro modo l'indagine, anche quando è stato individuato un rischio di lavoro forzato imposto dalle autorità statali, l'autorità competente capofila dovrebbe poter stabilire che il divieto di prodotti ottenuti con il lavoro forzato è stato violato sulla base di qualsiasi altra informazione pertinente e verificabile raccolta durante la fase preliminare dell'indagine o nel corso dell'indagine. L'autorità competente capofila dovrebbe tenere conto di tali fattori anche quando riesamina una decisione adottata su tale base.

48) Laddove l'autorità competente capofila accerti che gli operatori economici hanno violato il divieto di prodotti ottenuti con il lavoro forzato, essa dovrebbe vietare senza indugio l'immissione e la messa a disposizione di tali prodotti sul mercato dell'Unione e la loro esportazione dall'Unione e imporre agli operatori economici che sono stati oggetto di indagine di ritirare dal mercato dell'Unione i prodotti in questione già messi a disposizione e donare i prodotti deperibili a scopo caritativo o di pubblico interesse. In caso di prodotti non deperibili, gli operatori economici dovrebbero riciclare tali prodotti, e se ciò non è possibile, dovrebbero farli distruggere, rendere inutilizzabili o altrimenti smaltire conformemente al diritto nazionale conforme al diritto dell'Unione, compreso il diritto dell'Unione in materia di gestione dei rifiuti. Tuttavia, è opportuno prestare particolare attenzione alla prevenzione di perturbazioni delle catene di approvvigionamento di importanza strategica o critica per l'Unione e, a tale riguardo, ai prodotti il cui smaltimento altererebbe il corretto funzionamento del mercato interno e di tali catene di approvvigionamento. In tali casi, in deroga all'obbligo di imporre un ordine di smaltimento del prodotto in questione, l'autorità competente capofila dovrebbe, se del caso, poter ordinare che il prodotto sia trattenuto per un determinato periodo di tempo, a spese degli operatori economici. Nel valutare l'importanza strategica o critica di un prodotto per l'Unione, l'autorità competente capofila dovrebbe, in particolare, tenere conto dell'elenco dei settori stabilito nel regolamento (UE) 2024/1735 del Parlamento europeo e del Consiglio (16) e nella raccomandazione (UE) 2023/2113 della Commissione (17), nonché dei prodotti elencati nel regolamento (UE) 2024/1252 del Parlamento europeo e del Consiglio (18). Nel valutare se una deroga all'obbligo di imporre un ordine di smaltimento sia appropriata, l'autorità competente capofila dovrebbe tenere conto della probabilità che gli operatori economici interessati rispettino le condizioni per il riesame della decisione che accerta una violazione del divieto di prodotti ottenuti con il lavoro forzato entro il termine stabilito dall'autorità competente capofila. Il termine fissato dall'autorità competente capofila consentirebbe agli operatori economici interessati di dimostrare di aver eliminato il lavoro forzato in relazione al prodotto in questione, eliminandolo dalla catena di approvvigionamento. Cambiare una catena di approvvigionamento, nel senso di affidarsi a fornitori diversi, non può essere considerato un metodo per eliminare il lavoro forzato relativo al prodotto oggetto di tale decisione, in quanto ne risulterebbe un prodotto diverso. Se gli operatori economici interessati forniscono le prove che dimostrano di aver eliminato il lavoro forzato per quanto riguarda il prodotto interessato, l'autorità competente capofila dovrebbe riesaminare la sua decisione di vietare l'immissione e la messa a disposizione di tali prodotti sul mercato dell'Unione, con conseguente revoca della stessa e quindi revoca del blocco dei prodotti in questione. Se gli operatori economici interessati non forniscono tali prove, dovrebbero ottemperare all'ordine di smaltire i prodotti interessati dopo la scadenza del periodo incluso nella decisione che vieta l'immissione e la messa a disposizione di tali prodotti sul mercato dell'Unione e che contiene l'ordine di trattenere i prodotti per un periodo determinato.

49) In una decisione che sancisca la violazione del divieto di prodotti ottenuti con il lavoro forzato, l'autorità competente capofila dovrebbe indicare i risultati dell'indagine e le informazioni su cui si fondano e fissare un termine ragionevole entro il quale gli operatori economici dovrebbero conformarsi a tale decisione, nonché informazioni che identifichino il prodotto al quale si applica la decisione. Alla Commissione dovrebbe essere conferito il potere di adottare gli atti di esecuzione necessari per specificare le informazioni che devono essere incluse in tali decisioni. Le decisioni dell'autorità competente capofila dovrebbero essere rese pubblicamente disponibili.

50) Nel fissare un termine ragionevole entro il quale conformarsi agli ordini stabiliti in una decisione che accerta una violazione del divieto di prodotti ottenuti con il lavoro forzato, l'autorità competente capofila dovrebbe tenere conto delle dimensioni e delle risorse economiche degli operatori economici interessati.

51) Per garantire un'applicazione efficace, le decisioni adottate da un'autorità competente capofila di uno Stato membro dovrebbero essere riconosciute e applicate dalle autorità competenti degli altri Stati membri quando riguardano prodotti con le stesse informazioni di identificazione e provenienti dalla stessa catena di approvvigionamento per cui è stato accertato il ricorso al lavoro forzato.

52) Dopo aver fornito nuove informazioni sostanziali che dimostrino che i prodotti sono immessi o messi a disposizione sul mercato dell'Unione o destinati all'esportazione dal mercato dell'Unione conformemente al divieto di prodotti ottenuti con il lavoro forzato, gli operatori economici dovrebbero poter chiedere un riesame delle decisioni da parte delle autorità competenti capofila a norma del presente regolamento. L'autorità competente dovrebbe revocare la propria decisione per il futuro qualora gli operatori economici dimostrino di essersi conformati a tale decisione e di aver eliminato il lavoro forzato dalle loro attività o dalla loro catena di approvvigionamento per i prodotti in questione. Le decisioni delle autorità competenti capofila a norma del presente regolamento dovrebbero essere soggette a controllo giurisdizionale conformemente al diritto dell'Unione e nazionale applicabile.

53) Se gli operatori economici non si conformano alla decisione dell'autorità competente capofila entro la scadenza del termine stabilito, le autorità competenti dovrebbero provvedere affinché per i prodotti in questione sia vietata l'immissione o la messa a disposizione sul mercato dell'Unione o che sia vietata l'esportazione o che tali prodotti siano ritirati dal mercato dell'Unione e qualsiasi prodotto deperibile rimasto presso gli operatori economici interessati sia donato a scopo caritativo o di pubblico interesse. E' opportuno che le autorità competenti assicurino che i prodotti non deperibili siano riciclati o, se ciò non è possibile, che siano distrutti, resi inutilizzabili o altrimenti smaltiti conformemente al diritto nazionale coerente con il diritto dell'Unione, compreso il diritto dell'Unione in materia di gestione dei rifiuti e di progettazione ecocompatibile di prodotti sostenibili, a spese degli operatori economici. Ove possibile, le autorità competenti dovrebbero garantire che il metodo scelto, tra quelli disponibili, per lo smaltimento o la distruzione abbia il minore impatto ambientale possibile. Le autorità competenti degli Stati membri dovrebbero essere responsabili dell'esecuzione delle decisioni nel loro territorio, comprese le decisioni adottate dalla Commissione. Dopo che una decisione è stata comunicata tramite l'ICSMS, tutte le autorità competenti interessate da tale decisione dovrebbero procedere con le pertinenti misure di attuazione previste dal presente regolamento.

54) Nell'applicare il divieto di immissione e messa a disposizione sul mercato o l'esportazione di prodotti ottenuti con il lavoro forzato si dovrebbe tenere conto dell'effetto sul benessere degli animali, al fine di risparmiare loro dolore, angoscia o sofferenza evitabili. Inoltre, il presente regolamento non dovrebbe pregiudicare il diritto dell'Unione in materia di benessere degli animali, come i regolamenti (CE) n. 1/2005 (19) e (CE) n. 1099/2009 del Consiglio (20).

55) Le decisioni delle autorità competenti capofila che accertano una violazione del divieto di prodotti ottenuti con il lavoro forzato dovrebbero essere comunicate alle autorità doganali, le quali dovrebbero mirare a identificare il prodotto in questione tra quelli dichiarati per l'immissione in libera pratica o l'esportazione. Le autorità competenti degli Stati membri dovrebbero essere responsabili dell'applicazione generale del divieto di prodotti ottenuti con il lavoro forzato per quanto riguarda il mercato dell'Unione e i prodotti che entrano in tale mercato o ne escono. Poiché il lavoro forzato fa parte del processo di fabbricazione e non lascia traccia sul prodotto, e dato che il regolamento (UE) 2019/1020 riguarda solo i prodotti ottenuti attraverso un processo di fabbricazione e il suo ambito di applicazione è limitato all'immissione in libera pratica, le autorità doganali non sarebbero in grado di agire autonomamente a norma del regolamento (UE) 2019/1020 per l'applicazione e l'esecuzione del divieto di prodotti ottenuti con il lavoro forzato. L'organizzazione specifica dei controlli di ciascuno Stato membro dovrebbe lasciare impregiudicati il regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (21) e le sue disposizioni generali sui poteri di controllo e di vigilanza delle autorità doganali.

56) Le informazioni attualmente fornite o messe a disposizione delle autorità doganali dagli operatori economici comprendono solo informazioni generali sui prodotti, ma mancano informazioni sul fabbricante o sul produttore e sui fornitori del prodotto, nonché informazioni specifiche sui prodotti. Affinché le autorità doganali possano identificare i prodotti che entrano nel mercato dell'Unione o ne escono e che violano il presente regolamento, e che dovrebbero pertanto essere fermati alle frontiere esterne dell'Unione, gli operatori economici dovrebbero trasmettere alle autorità doganali informazioni che consentano l'identificazione di prodotti ai quali si riferisce una decisione dell'autorità competente capofila. Dovrebbero essere incluse informazioni sul fabbricante o sul produttore e sui fornitori del prodotto, nonché qualsiasi altra informazione sul prodotto stesso. A tal fine, alla Commissione dovrebbe essere conferito il potere di adottare atti delegati che identifichino i prodotti per i quali tali informazioni dovrebbero essere fornite utilizzando, tra l'altro, la banca dati istituita a norma del presente regolamento nonché le informazioni e le decisioni delle autorità competenti capofila codificate nell'ICMS. Inoltre, alla Commissione dovrebbe essere conferito il potere di adottare gli atti di esecuzione necessari per specificare le informazioni che gli operatori economici devono fornire o mettere a disposizione delle autorità doganali. Tali informazioni dovrebbero comprendere la descrizione, il nome o il marchio del prodotto, i requisiti specifici previsti dal diritto dell'Unione per l'identificazione del prodotto, ad esempio tipo, riferimento, modello, lotto o numero di serie apposto sul prodotto o riportato sull'imballaggio o in un documento di accompagnamento del prodotto, oppure un identificativo unico del passaporto digitale del prodotto, nonché informazioni sul fabbricante o sul produttore e sui fornitori del prodotto, compresi, per ciascuno di essi, il loro nome, la loro denominazione commerciale o il loro marchio registrato, i loro recapiti, il loro numero di identificazione unico nel Paese in cui sono stabiliti e, se disponibile, il loro numero di registrazione e identificazione degli operatori economici. Il riesame del codice doganale dell'Unione prenderà in considerazione l'introduzione nella normativa doganale delle informazioni che gli operatori economici devono fornire o mettere a disposizione delle autorità doganali ai fini dell'applicazione del presente regolamento e, più in generale, per rafforzare la trasparenza della catena di approvvigionamento. Inoltre, la Commissione dovrebbe fornire linee guida e offrire sostegno agli operatori economici, in particolare le PMI, in merito alle modalità di raccolta delle informazioni richieste.

57) Le autorità doganali che identificano un prodotto che può essere oggetto di una decisione comunicata dall'autorità competente capofila che accerta una violazione del divieto di prodotti ottenuti con il lavoro forzato dovrebbero sospendere l'immissione di tale prodotto e informare immediatamente le autorità competenti. Le autorità competenti dovrebbero giungere entro un termine ragionevole a una conclusione sul caso loro notificato dalle autorità doganali, confermando o negando che il prodotto in questione sia oggetto di una decisione. Se necessario e debitamente giustificato, le autorità competenti dovrebbero essere autorizzate a esigere il mantenimento della sospensione dell'immissione del prodotto interessato, tenendo conto del potenziale danno per l'operatore economico. In mancanza di una conclusione da parte delle autorità competenti entro il termine specificato, le autorità doganali dovrebbero immettere i prodotti se sono rispettate tutte le altre prescrizioni e formalità applicabili. In generale, neppure l'immissione di un prodotto in libera pratica o l'esportazione dovrebbe essere considerata una prova di conformità al diritto dell'Unione, in quanto detta immissione non include necessariamente una verifica completa di tale conformità.

58) Se concludono che un prodotto corrisponde a una decisione che accerta una violazione del divieto di prodotti ottenuti con il lavoro forzato, le autorità competenti dovrebbero informare immediatamente le autorità doganali, che dovrebbero rifiutare l'immissione in libera pratica o l'esportazione del prodotto in questione. Le autorità doganali dovrebbero poter, su richiesta di un'autorità competente e per conto e sotto la responsabilità della stessa, sequestrare in alternativa tale prodotto e metterlo a disposizione di tale autorità competente e sotto la sua autorità. In tali casi, l'autorità competente interessata dovrebbe adottare tutte le misure necessarie per garantire che il prodotto in questione sia smaltito in modo adeguato, comprese la donazione a scopo caritativo o di interesse pubblico, il suo riciclo o il suo smaltimento in altro modo conformemente al diritto nazionale coerente con il diritto dell'Unione, a spese dell'operatore economico.

59) L'autorità competente capofila dovrebbero tenere in debita considerazione il rischio di disimpegno da parte degli operatori economici che sono collegati a prodotti o regioni presenti nella banca dati o il cui prodotto è stato ritirato dal mercato dell'Unione, nonché le conseguenze sui lavoratori interessati. Pertanto, l'autorità competente capofila dovrebbe, se del caso, sostenere gli operatori economici nell'adozione e attuazione di misure idonee ed efficaci per porre fine al lavoro forzato. Un disimpegno responsabile comporta il rispetto dei contratti collettivi e l'articolazione delle misure di attivazione dei livelli successivi di intervento.

60) Le condizioni applicabili ai prodotti durante la sospensione dell'immissione in libera pratica o dell'esportazione, compresi il magazzinaggio o la distruzione e lo smaltimento in caso di rifiuto dell'immissione in libera pratica, dovrebbero essere determinate dalle autorità doganali, se del caso, a norma del regolamento (UE) n. 952/2013. I prodotti che entrano nel mercato dell'Unione, qualora richiedano un'ulteriore trasformazione, devono essere vincolati al regime doganale appropriato che consente tale trasformazione conformemente agli articoli 220, 254, 256, 257 e 258 del regolamento (UE) n. 952/2013.

61) Se per il divieto dovesse essere necessario il trattamento di dati personali, tale trattamento dovrebbe avvenire conformemente al diritto dell'Unione in materia di protezione dei dati personali. Qualsiasi trattamento di dati personali nell'ambito del divieto di prodotti ottenuti con il lavoro forzato dovrebbe essere soggetto ai regolamenti (UE) 2016/679 (22) e (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio (23).

62) Al fine di garantire condizioni uniformi di attuazione del presente regolamento, è opportuno conferire alla Commissione competenze di esecuzione per quanto riguarda le norme procedurali e i dettagli delle modalità di utilizzo dell'ICMS; le norme procedurali, i modelli e i dettagli relativi alla presentazione di informazioni su presunte violazioni del divieto di immissione, di messa a disposizione sul mercato dell'Unione di prodotti ottenuti con il lavoro forzato o di esportazione; le decisioni adottate dalla Commissione che stabiliscono che è stato violato il divieto di immissione, di messa a disposizione di prodotti ottenuti dal lavoro forzato sul mercato dell'Unione o della loro esportazione; la revoca di tali decisioni; i dettagli del contenuto di tali decisioni e delle decisioni equivalenti adottate dalle autorità competenti capofila; e le disposizioni e i dettagli per fornire o mettere a disposizione delle autorità doganali determinate informazioni su prodotti o gruppi di prodotti specifici. E' altresì opportuno che tali competenze siano esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (24).

63) La Commissione dovrebbe adottare atti di esecuzione immediatamente applicabili qualora imperativi motivi di urgenza lo richiedano, in casi debitamente giustificati connessi alla revoca delle decisioni che stabiliscono che il divieto di immissione, messa a disposizione o esportazione di prodotti ottenuti dal lavoro forzato è stato violato.

64) Al fine di integrare o modificare determinati elementi non essenziali del presente regolamento dovrebbe essere delegato alla Commissione il potere di adottare atti conformemente all'articolo 290 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). E' di particolare importanza che durante i lavori preparatori la Commissione svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti e che tali consultazioni siano svolte conformemente ai principi stabiliti nell'accordo interistituzionale del 13 aprile 2016 «Legiferare meglio» (25). In particolare, per garantire la parità di partecipazione alla preparazione degli atti delegati, il Parlamento europeo e il Consiglio ricevono tutti i documenti contemporaneamente agli esperti degli Stati membri e i loro esperti hanno sistematicamente accesso alle riunioni dei gruppi di esperti della Commissione incaricati della preparazione degli atti delegati.

65) Al fine di garantire che le autorità doganali siano in grado di agire efficacemente, dovrebbe essere delegato alla Commissione il potere di adottare atti conformemente all'articolo 290 TFUE per specificare ulteriormente le informazioni supplementari atte a identificare il prodotto interessato che gli operatori economici dovrebbero mettere a disposizione o fornire alle autorità doganali per quanto riguarda i prodotti che entrano nel mercato dell'Unione o ne escono. E' opportuno che tali informazioni siano informazioni che identificano il prodotto interessato, informazioni sul fabbricante o sul produttore e informazioni sui fornitori del prodotto. Le autorità doganali devono essere in grado di ottenere rapidamente informazioni su prodotti specifici identificati nelle decisioni delle autorità competenti capofila, al fine di adottare azioni e misure in modo efficace e celere. In tali casi, gli atti delegati dovrebbero essere adottati conformemente alla procedura d'urgenza.

66) E' opportuno che gli Stati membri conferiscono alle loro autorità competenti il potere di imporre e applicare sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive nei casi in cui l'operatore economico non abbia rispettato una decisione che vieta l'immissione sul mercato di prodotti ottenuti con il lavoro forzato. Le norme relative alle sanzioni applicabili in caso di inosservanza di una decisione dovrebbero essere stabilite dagli Stati membri, tenendo debitamente conto di elementi quali la gravità e la durata della violazione, le precedenti violazioni commesse dall'operatore economico, il grado di cooperazione con le autorità competenti e qualsiasi altro fattore attenuante o aggravante applicabile alle circostanze del caso specifico. La Commissione dovrebbe emanare linee guida destinati agli Stati membri sul metodo di calcolo delle sanzioni pecuniarie e sulle soglie applicabili e la Rete dell'Unione sui prodotti del lavoro forzato dovrebbe promuovere le migliori pratiche nell'applicazione di tali sanzioni.

67) La Commissione dovrebbe effettuare una valutazione dell'attuazione e dell'applicazione del presente regolamento e presentare una relazione al riguardo al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo. La relazione dovrebbe valutare il contributo del presente regolamento all'eliminazione dal mercato dell'Unione dei prodotti ottenuti con il lavoro forzato e alla lotta contro il lavoro forzato, nonché alla cooperazione tra le autorità competenti e alla cooperazione internazionale per eliminare il lavoro forzato. La relazione dovrebbe inoltre valutare l'impatto del presente regolamento sulle imprese, in particolare le PMI, e sulle vittime, nonché i costi e i benefici complessivi del divieto di prodotti ottenuti con il lavoro forzato. Dovrebbe altresì valutare l'allineamento del presente regolamento ad altro diritto pertinente dell'Unione.

68) Il presente regolamento rispetta il diritto a una buona amministrazione, sancito dall'articolo 41 della Carta, che comprende, tra l'altro, il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio. A tale proposito, l'autorità competente capofila che conduce l'inchiesta dovrebbe informare gli operatori economici interessati dell'avvio dell'inchiesta e delle sue possibili conseguenze. Per garantire il loro diritto a un giusto processo, agli operatori economici dovrebbe essere data la possibilità di fornire informazioni a loro difesa alle autorità competenti su richiesta nel corso dell'indagine. Gli operatori economici dovrebbero avere la possibilità di chiedere all'autorità competente capofila di riesaminare la decisione che li riguarda, fornendo nuove informazioni sostanziali. Le decisioni adottate dalle autorità competenti degli Stati membri dovrebbero essere soggette al controllo giurisdizionale previsto dal diritto nazionale applicabile. Le decisioni adottate dalla Commissione a norma del presente regolamento sono soggette al controllo della Corte di giustizia dell'Unione europea conformemente all'articolo 263 TFUE.

69) Poiché l'obiettivo del presente regolamento, vale a dire il divieto per gli operatori economici di immettere e mettere a disposizione sul mercato dell'Unione o di esportare dall'Unione prodotti ottenuti con il lavoro forzato al fine di migliorare il funzionamento del mercato interno, contribuendo al contempo alla lotta contro il lavoro forzato, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della sua portata e dei suoi effetti, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 TUE. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.

70) Al fine di consentire la tempestiva applicazione delle misure di cui al presente regolamento, è opportuno che il presente regolamento entri in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea,

HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

(1)

GU C 140 del 21.4.2023.

(2)

Posizione del Parlamento europeo del 23 aprile 2024 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 19 novembre 2024.

(3)

Direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro 2002/629/GAI del Consiglio (GU L 101 del 15.4.2011).

(4)

Regolamento (UE) 2017/821 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017, che stabilisce obblighi in materia di dovere di diligenza nella catena di approvvigionamento per gli importatori dell'Unione di stagno, tantalio e tungsteno, dei loro minerali, e di oro, originari di zone di conflitto o ad alto rischio (GU L 130 del 19.5.2017).

(5)

Regolamento (UE) 2023/1542 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2023, relativo alle batterie e ai rifiuti di batterie, che modifica la direttiva 2008/98/CE e il regolamento (UE) 2019/1020 e abroga la direttiva 2006/66/CE (GU L 191 del 28.7.2023).

(6)

Regolamento (UE) 2023/1115 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 maggio 2023, relativo alla messa a disposizione sul mercato dell'Unione e all'esportazione dall'Unione di determinate materie prime e determinati prodotti associati alla deforestazione e al degrado forestale e che abroga il regolamento (UE) n. 995/2010 (GU L 150 del 9.6.2023).

(7)

Direttiva 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativa ai bilanci d'esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese, recante modifica della direttiva 2006/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e abrogazione delle direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE del Consiglio (GU L 182 del 29.6.2013).

(8)

Direttiva (UE) 2022/2464 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 dicembre 2022, che modifica il regolamento (UE) n. 537/2014, la direttiva 2004/109/CE, la direttiva 2006/43/CE e la direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda la rendicontazione societaria di sostenibilità (GU L 322 del 16.12.2022).

(9)

GU C 493 del 27.12.2022.

(10)

GU C 445 del 29.10.2021.

(11)

GU C 251 del 30.6.2022.

(12)

Regolamento (UE) 2022/2065 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 ottobre 2022, relativo a un mercato unico dei servizi digitali e che modifica la direttiva 2000/31/CE (regolamento sui servizi digitali) (GU L 277 del 27.10.2022).

(13)

Regolamento (UE) 2019/1020 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, sulla vigilanza del mercato e sulla conformità dei prodotti e che modifica la direttiva 2004/42/CE e i regolamenti (CE) n. 765/2008 e (UE) n. 305/2011 (GU L 169 del 25.6.2019).

(14)

Regolamento di esecuzione (UE) 2015/2447 della Commissione, del 24 novembre 2015, recante modalità di applicazione di talune disposizioni del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il codice doganale dell'Unione (GU L 343 del 29.12.2015).

(15)

Direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione (GU L 305 del 26.11.2019).

(16)

Regolamento (UE) 2024/1735 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 giugno 2024, che istituisce un quadro di misure per rafforzare l'ecosistema europeo di produzione delle tecnologie a zero emissioni nette e che modifica il regolamento (UE) 2018/1724 (GU L, 2024/1735, 28.6.2024, ELI: http://data.europa.eu/eli/reg/2024/1735/oj).

(17)

Raccomandazione (UE) 2023/2113 della Commissione, del 3 ottobre 2023, relativa ai settori tecnologici critici per la sicurezza economica dell'UE ai fini di un'ulteriore valutazione dei rischi con gli Stati membri (GU L, 2023/2113, 11.10.2023, ELI: http://data.europa.eu/eli/reco/2023/2113/oj).

(18)

Regolamento (UE) 2024/1252 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 aprile 2024, che istituisce un quadro atto a garantire un approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime critiche e che modifica i regolamenti (UE) n. 168/2013, (UE) 2018/858, (UE) 2018/1724 e (UE) 2019/1020 (GU L, 2024/1252, 3.5.2024, ELI: http://data.europa.eu/eli/reg/2024/1252/oj).

(19)

Regolamento (CE) n. 1/2005 del Consiglio, del 22 dicembre 2004, sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate che modifica le direttive 64/432/CEE e 93/119/CE e il regolamento (CE) n. 1255/97 (GU L 3 del 5.1.2005).

(20)

Regolamento (CE) n. 1099/2009 del Consiglio, del 24 settembre 2009, relativo alla protezione degli animali durante l'abbattimento (GU L 303 del 18.11.2009).

(21)

Regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, che istituisce il codice doganale dell'Unione (GU L 269 del 10.10.2013).

(22)

Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016).

(23)

Regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell'Unione e sulla libera circolazione di tali dati, e che abroga il regolamento (CE) n. 45/2001 e la decisione n. 1247/2002/CE (GU L 295 del 21.11.2018).

(24)

Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011).

(25)

GU L 123 del 12.5.2016, ELI: http://data.europa.eu/eli/agree_interinstit/2016/512/oj.

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1

Oggetto, obiettivi e ambito di applicazione

1. Il presente regolamento stabilisce norme che vietano agli operatori economici di immettere e mettere a disposizione sul mercato dell'Unione o di esportare dal mercato dell'Unione prodotti ottenuti con il lavoro forzato, al fine di migliorare il funzionamento del mercato interno e contribuire alla lotta contro il lavoro forzato.

2. Il presente regolamento non disciplina il ritiro di prodotti che hanno raggiunto gli utilizzatori finali nel mercato dell'Unione.

3. Il presente regolamento non crea ulteriori obblighi relativi al dovere di diligenza per gli operatori economici oltre a quelli già previsti dal diritto dell'Unione o nazionale.

Art. 2

Definizioni

Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni seguenti:

1) «lavoro forzato»: il lavoro forzato o obbligatorio, quale definito all'articolo 2 della convenzione OIL n. 29, compreso il lavoro minorile forzato;

2) «lavoro forzato imposto dalle autorità statali»: il ricorso al lavoro forzato quale descritto all'articolo 1 della convenzione OIL n. 105;

3) «dovere di diligenza in relazione al lavoro forzato»: gli sforzi compiuti dall'operatore economico per attuare prescrizioni obbligatorie, orientamenti volontari, raccomandazioni o pratiche per individuare, prevenire, attenuare o far cessare il ricorso al lavoro forzato in relazione ai prodotti che devono essere immessi o messi a disposizione sul mercato dell'Unione o destinati all'esportazione;

4) «messa a disposizione sul mercato»: qualsiasi fornitura di un prodotto per la distribuzione, il consumo o l'uso sul mercato dell'Unione nel corso di un'attività commerciale, a titolo oneroso o gratuito;

5) «immissione sul mercato»: la prima messa a disposizione di un prodotto sul mercato dell'Unione;

6) «prodotto»: qualsiasi oggetto che può essere valutato in denaro e che, in quanto tale, può essere oggetto di transazioni commerciali, indipendentemente dal fatto che sia estratto, raccolto, prodotto o fabbricato;

7) «prodotto ottenuto con il lavoro forzato»: un prodotto per il quale è stato fatto ricorso al lavoro forzato in tutto o in parte in qualsiasi fase dell'estrazione, della raccolta, della produzione o della fabbricazione, comprese le lavorazioni o trasformazioni connesse a un prodotto in qualsiasi fase della sua catena di approvvigionamento;

8) «catena di approvvigionamento»: il sistema di attività, processi e attori coinvolti in tutte le fasi a monte di un prodotto messo a disposizione sul mercato, vale a dire l'estrazione, la raccolta, la produzione e la fabbricazione di un prodotto in tutto o in parte, comprese le lavorazioni o trasformazioni connesse al prodotto in una qualsiasi di tali fasi;

9) «operatore economico»: qualsiasi persona fisica o giuridica o associazione di persone che immette o mette a disposizione prodotti sul mercato dell'Unione o esporta prodotti;

10) «fabbricante»: qualsiasi persona fisica o giuridica che fabbrica un prodotto, oppure lo fa progettare o fabbricare, e lo commercializza apponendovi il proprio nome o marchio;

11) «produttore»: il produttore di prodotti agricoli di cui all'articolo 38, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea o il produttore di materie prime;

12) «fornitore del prodotto»: qualsiasi persona fisica o giuridica o associazione di persone nella catena di approvvigionamento che estrae, raccoglie, produce o fabbrica un prodotto in tutto o in parte, o che interviene nella lavorazione o trasformazione connessa a un prodotto in qualsiasi fase della sua catena di approvvigionamento, in qualità di fabbricante o a qualsiasi altro titolo;

13) «utilizzatore finale»: qualsiasi persona fisica o giuridica, residente o stabilita nell'Unione, alla quale un prodotto è stato messo a disposizione in quanto consumatore, al di fuori di qualsiasi attività commerciale, imprenditoriale, artigianale o professionale, o in quanto utilizzatore finale professionale nell'esercizio delle sue attività industriali o professionali;

14) «importatore»: qualsiasi persona fisica o giuridica o associazione di persone stabilita nell'Unione che immette sul mercato dell'Unione un prodotto proveniente da un paese terzo;

15) «esportatore»: un esportatore ai sensi dell'articolo 1, punto 19), del regolamento delegato (UE) 2015/2446 della Commissione (1);

16) «sospetto fondato»: un'indicazione ragionevole, basata su informazioni oggettive, fattuali e verificabili, che induce la Commissione o le autorità competenti a sospettare che probabilmente il prodotto sia stato ottenuto con il lavoro forzato;

17) «autorità competente capofila»: l'autorità responsabile, a norma dell'articolo 15, della valutazione delle informazioni presentate, dello svolgimento di indagini e dell'adozione di decisioni, vale a dire un'autorità competente dello Stato membro o la Commissione;

18) «autorità doganali»: le autorità doganali quali definite all'articolo 5, punto 1), del regolamento (UE) n. 952/2013;

19) «prodotti che entrano nel mercato dell'Unione»: prodotti provenienti da paesi terzi e destinati a essere immessi sul mercato dell'Unione o destinati all'uso o al consumo privato nell'ambito del territorio doganale dell'Unione e destinati ad essere vincolati al regime doganale di «immissione in libera pratica»;

20) «prodotti che escono dal mercato dell'Unione»: prodotti destinati ad essere vincolati al regime doganale di «esportazione»;

21) «immissione in libera pratica»: il regime di cui all'articolo 201 del regolamento (UE) n. 952/2013;

22) «esportazione»: il regime di cui all'articolo 269 del regolamento (UE) n. 952/2013.

(1)

Regolamento delegato (UE) 2015/2446 della Commissione, del 28 luglio 2015, che integra il regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio in relazione alle modalità che specificano alcune disposizioni del codice doganale dell'Unione (GU L 343 del 29.12.2015).

Art. 3

Divieto di prodotti ottenuti con il lavoro forzato

Gli operatori economici non immettono né mettono a disposizione sul mercato dell'Unione prodotti ottenuti con il lavoro forzato, né esportano tali prodotti.

Art. 4

Vendite a distanza

I prodotti messi in vendita online o tramite altri canali di vendita a distanza sono considerati disponibili sul mercato se l'offerta è destinata agli utilizzatori finali dell'Unione. Un'offerta di vendita è da considerarsi destinata ai consumatori dell'Unione quando l'operatore economico interessato indirizza, con qualsiasi mezzo, le proprie attività verso uno Stato membro.

Art. 5

Autorità competenti

1. Ciascuno Stato membro designa una o più autorità competenti incaricate dell'adempimento degli obblighi sanciti dal presente regolamento. Le autorità competenti degli Stati membri e la Commissione lavorano in stretta collaborazione e hanno la responsabilità di assicurare l'applicazione efficace e uniforme del presente regolamento in tutta l'Unione.

2. Qualora abbiano designato più di un'autorità competente, gli Stati membri definiscono chiaramente le loro rispettive funzioni e istituiscono meccanismi di comunicazione e coordinamento che consentano a tali autorità di collaborare strettamente ed esercitare efficacemente le loro funzioni.

3. Entro il 14 dicembre 2025, gli Stati membri forniscono alla Commissione e agli altri Stati membri, tramite il sistema di informazione e comunicazione di cui all'articolo 7, paragrafo 1, le informazioni seguenti:

a) i nomi, gli indirizzi e i recapiti dell'autorità o delle autorità competenti; e

b) i settori di competenza dell'autorità o delle autorità competenti.

Gli Stati membri aggiornano regolarmente le informazioni di cui alle lettere a) e b).

4. La Commissione pubblica l'elenco delle autorità competenti sul portale unico sul lavoro forzato di cui all'articolo 12 e lo aggiorna regolarmente sulla base degli aggiornamenti ricevuti dagli Stati membri.

5. Gli Stati membri provvedono affinché le loro autorità competenti esercitino i loro poteri in modo imparziale, trasparente e nel debito rispetto degli obblighi del segreto professionale. Gli Stati membri provvedono affinché le loro autorità competenti dispongano dei poteri, delle competenze e delle risorse necessari per svolgere le indagini, comprese risorse di bilancio sufficienti.

6. Gli Stati membri provvedono affinché le loro autorità competenti si coordinino strettamente e scambino informazioni con le autorità nazionali competenti, quali gli ispettorati del lavoro e le autorità giudiziarie e di contrasto, comprese quelle responsabili della lotta contro la tratta di esseri umani, e con le autorità designate dagli Stati membri a norma della direttiva (UE) 2019/1937.

7. Gli Stati membri conferiscono alle loro autorità competenti il potere di imporre sanzioni conformemente all'articolo 37 direttamente, in collaborazione con altre autorità, o rivolgendosi alle autorità giudiziarie competenti.

CAPO II

GOVERNANCE

Art. 6

Rete dell'Unione contro i prodotti del lavoro forzato

1. E' istituita una rete dell'Unione contro i prodotti del lavoro forzato (rete).

2. La rete funge da piattaforma per un coordinamento e una cooperazione strutturati tra le autorità competenti degli Stati membri e la Commissione e per semplificare l'applicazione del presente regolamento nell'Unione, rendendo in tal modo l'applicazione più efficace e coerente.

3. La rete è composta da rappresentanti di ciascuno Stato membro, da rappresentanti della Commissione e, se del caso, da rappresentanti delle autorità doganali.

4. La Commissione coordina i lavori della rete. Un rappresentante della Commissione presiede le riunioni della rete.

5. Il segretariato della rete è fornito dalla Commissione. Il segretariato organizza le riunioni della rete e vi fornisce supporto tecnico e logistico.

6. I membri della rete partecipano attivamente per garantire un coordinamento e una cooperazione efficienti e contribuiscono all'attuazione uniforme del presente regolamento.

7. La rete svolge i compiti seguenti:

a) agevolare l'individuazione di priorità comuni in materia di applicazione per conseguire l'obiettivo del presente regolamento;

b) agevolare il coordinamento delle indagini;

c) dare seguito all'esecuzione delle decisioni adottate a norma dell'articolo 20;

d) su richiesta della Commissione, contribuire all'elaborazione delle linee guida di cui all'articolo 11;

e) facilitare e coordinare la raccolta e lo scambio di informazioni, competenze e migliori pratiche in merito all'attuazione del presente regolamento;

f) contribuire ad approcci basati sul rischio e pratiche amministrative uniformi per l'attuazione del presente regolamento;

g) promuovere le migliori pratiche nell'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 37;

h) cooperare, se del caso, con i servizi pertinenti della Commissione, gli organi, organismi e le agenzie dell'Unione e le autorità degli Stati membri per l'attuazione del presente regolamento;

i) promuovere la cooperazione, gli scambi di personale e i programmi di visita tra le autorità competenti e le autorità doganali, nonché tra tali autorità competenti e le autorità competenti dei paesi terzi e le organizzazioni internazionali;

j) facilitare l'organizzazione di attività di formazione e di sviluppo di capacità sull'attuazione del presente regolamento, la Commissione e le delegazioni dell'Unione nei paesi terzi e le autorità competenti, le autorità doganali e altre autorità pertinenti degli Stati membri;

k) su richiesta della Commissione, fornire assistenza a quest'ultima per lo sviluppo di un approccio coordinato per l'impegno e la cooperazione con i paesi terzi a norma dell'articolo 13;

l) monitorare le situazioni di utilizzo sistematico di lavoro forzato;

m) prestare assistenza nell'organizzazione di campagne di informazione e sensibilizzazione sul presente regolamento;

n) promuovere e agevolare la collaborazione per esaminare le possibilità di utilizzo di nuove tecnologie per l'applicazione del presente regolamento e la tracciabilità dei prodotti;

o) raccogliere dati sulle misure correttive connesse alle decisioni e sulla valutazione della loro efficacia.

8. Altre autorità pertinenti degli Stati membri possono partecipare alle riunioni della rete su base ad hoc. Gli esperti e i portatori di interessi, tra cui i rappresentanti dei sindacati e di altre organizzazioni dei lavoratori, della società civile e delle organizzazioni che si occupano di diritti umani, delle organizzazioni internazionali, delle autorità pertinenti di paesi terzi, dell'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali, dell'Autorità europea del lavoro o dei servizi pertinenti della Commissione, delle delegazioni dell'Unione e degli organi, organismi e agenzie dell'Unione con competenze pertinenti nei settori contemplati dal presente regolamento potrebbero essere invitati a partecipare alle riunioni della rete o a fornire contributi scritti.

9. La rete si riunisce a intervalli regolari e, se necessario, su richiesta debitamente motivata della Commissione o di uno Stato membro.

10. La Commissione e gli Stati membri garantiscono che la rete disponga delle risorse necessarie per svolgere i compiti di cui al paragrafo 7, comprese sufficienti risorse di bilancio.

11. La rete stabilisce il proprio regolamento interno.

Art. 7

Sistemi di informazione e comunicazione

1. Ai fini dei capi I, III, IV e V del presente regolamento, la Commissione e le autorità competenti utilizzano il sistema di informazione e comunicazione di cui all'articolo 34 del regolamento (UE) 2019/1020 conformemente all'atto di esecuzione di cui al paragrafo 7, lettera a), del presente articolo. La Commissione, le autorità competenti e le autorità doganali hanno accesso a tale sistema ai fini del presente regolamento.

2. Le decisioni comunicate a norma dell'articolo 26, paragrafo 3, sono inserite nel pertinente sistema doganale di gestione dei rischi.

3. La Commissione sviluppa un'interconnessione per consentire la comunicazione automatizzata delle decisioni di cui all'articolo 26, paragrafo 3, tra il sistema di informazione e comunicazione di cui al paragrafo 1 del presente articolo e il sistema di gestione di cui al paragrafo 2 del presente articolo. Tale interconnessione è operativa entro due anni dalla data di adozione dell'atto di esecuzione di cui al paragrafo 7, lettera b), del presente articolo.

4. Le richieste e le notifiche tra le autorità competenti e le autorità doganali a norma del capo V, sezione II, nonché i messaggi che ne derivano, sono scambiati mediante il sistema di informazione e comunicazione di cui al paragrafo 1.

5. E' istituita un'interconnessione tra il sistema di informazione e comunicazione di cui al paragrafo 1 e il sistema dello sportello unico dell'UE per le dogane a norma del regolamento (UE) 2022/2399 ai fini dello scambio di richieste e notifiche tra le autorità doganali e le autorità competenti a norma del capo V, sezione II, del presente regolamento. Tale interconnessione è istituita al più tardi entro quattro anni dalla data di adozione dell'atto di esecuzione di cui al paragrafo 7, lettera a). Le richieste, le notifiche e i successivi messaggi, di cui al paragrafo 4, sono scambiati attraverso tale interconnessione non appena essa è operativa.

6. La Commissione può estrarre dal sistema di sorveglianza di cui all'articolo 56, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione (UE) 2015/2447 informazioni sui prodotti che entrano nel mercato dell'Unione o ne escono in relazione all'attuazione del presente regolamento e trasmetterle al sistema di informazione e comunicazione di cui al paragrafo 1 del presente articolo.

7. La Commissione può adottare atti di esecuzione, per specificare le norme procedurali e i dettagli delle modalità di attuazione del presente articolo, tra cui:

a) le funzionalità, gli elementi di dati e il trattamento dei dati, nonché le norme in materia di trattamento dei dati personali, riservatezza e titolarità del trattamento, del sistema di informazione e comunicazione di cui al paragrafo 1;

b) le funzionalità, gli elementi di dati e il trattamento dei dati, nonché le norme in materia di trattamento dei dati personali, riservatezza e titolarità del trattamento, per l'interconnessione di cui al paragrafo 3;

c) i dati da trasmettere, nonché le norme in materia di riservatezza e titolarità del trattamento, conformemente al paragrafo 6.

Tali atti di esecuzione sono adottati conformemente alla procedura d'esame di cui all'articolo 35, paragrafo 2.

Art. 8

Banca dati delle zone o dei prodotti a rischio di lavoro forzato

1. La Commissione istituisce una banca dati, se necessario con l'assistenza di esperti esterni. La banca dati fornisce informazioni indicative, non esaustive, basate su prove, verificabili e regolarmente aggiornate sui rischi del lavoro forzato in zone geografiche specifiche o in relazione a prodotti o gruppi di prodotti specifici, anche per quanto riguarda il lavoro forzato imposto dalle autorità statali. La banca dati si occupa in via prioritaria dell'individuazione dei rischi di lavoro forzato diffusi e gravi.

2. La banca dati di cui al paragrafo 1 si basa su informazioni indipendenti e verificabili provenienti da organizzazioni internazionali, in particolare l'OIL e le Nazioni Unite, o da organizzazioni istituzionali, accademiche o di ricerca.

La banca dati non rende pubbliche le informazioni che nominano direttamente gli operatori economici.

La banca dati indica settori economici specifici in zone geografiche specifiche per i quali esistono prove affidabili e verificabili dell'esistenza di un lavoro forzato imposto dalle autorità statali.

3. La Commissione garantisce che la banca dati sia facilmente accessibile, anche alle persone con disabilità, e sia messa a disposizione del pubblico in tutte le lingue ufficiali delle istituzioni dell'Unione entro il 14 giugno 2026.

Art. 9

Punto unico di presentazione delle informazioni

1. La Commissione istituisce un meccanismo centralizzato dedicato per la presentazione delle informazioni (punto unico di presentazione delle informazioni). Tale punto unico di presentazione delle informazioni è disponibile in tutte le lingue ufficiali delle istituzioni dell'Unione ed è facile da usare e disponibile gratuitamente.

2. Le informazioni sulle presunte violazioni dell'articolo 3 sono presentate tramite il punto unico di trasmissione delle informazioni da parte di qualsiasi persona fisica o giuridica o di qualsiasi associazione priva di personalità giuridica. La presentazione delle informazioni comprende informazioni sugli operatori economici o sui prodotti in questione e indicano i motivi e gli elementi di prova a sostegno delle sospette violazioni denunciate e, ove possibile, i documenti giustificativi. La Commissione può adottare atti di esecuzione per specificare le norme procedurali, i modelli e i dettagli relativi a tale presentazione delle informazioni. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 35, paragrafo 2.

3. La Commissione respinge le informazioni presentate al punto unico di presentazioni delle informazioni che sono manifestamente incomplete o infondate o presentate in malafede e distribuisce le informazioni presentate che trattiene al fine di consentire una verifica da parte dell'autorità competente capofila secondo il criterio di ripartizione delle indagini di cui all'articolo 15.

4. L'autorità competente capofila incaricata della valutazione di cui al paragrafo 3 conferma il ricevimento della trasmissione, valuta diligentemente e in modo imparziale le informazioni, e informa la persona fisica o giuridica o l'associazione interessate dell'esito della valutazione della presentazione delle informazioni il prima possibile.

5. L'autorità competente capofila può chiedere alla persona o all'associazione di cui al paragrafo 2 di fornire informazioni supplementari.

6. Nei casi in cui vi sia un intervallo di tempo significativo tra la presentazione delle informazioni al punto unico di presentazione delle informazioni e la decisione di procedere con un'indagine a norma del capo III, l'autorità competente capofila, per quanto possibile, consulta la persona o l'associazione che ha presentato le informazioni per verificare che, per quanto a loro conoscenza, la situazione non è cambiata in modo significativo.

7. La direttiva (UE) 2019/1937 si applica alla segnalazione delle violazioni del presente regolamento e alla protezione delle persone che segnalano tale violazione.

Art. 10

Misure di sostegno alle PMI

La Commissione elabora misure di accompagnamento per sostenere gli sforzi degli operatori economici e dei loro partner commerciali nella stessa catena di approvvigionamento, in particolare delle PMI. Se del caso, le informazioni su tali misure sono rese pubbliche attraverso il portale unico sul lavoro forzato di cui all'articolo 12.

Le autorità competenti designano punti di contatto per fornire informazioni alle PMI su questioni relative all'applicazione del presente regolamento. Tali punti di contatto possono anche fornire assistenza alle PMI su tali questioni.

Le autorità competenti degli Stati membri possono anche organizzare sessioni di formazione rivolte agli operatori economici sugli indicatori di rischio del lavoro forzato e su come avviare un dialogo con le autorità competenti nel corso di un'indagine.

Art. 11

Linee guida

In consultazione con i pertinenti portatori di interessi, entro il 14 giugno 2026, la Commissione rende disponibili e aggiorna regolarmente linee guida che comprendono:

a) indicazioni per gli operatori economici relative al dovere di diligenza in relazione al lavoro forzato, compreso il lavoro minorile forzato, che tengono conto del diritto dell'Unione e nazionale applicabile che stabilisce obblighi in materia di dovere di diligenza in relazione al lavoro forzato, degli orientamenti e delle raccomandazioni di organizzazioni internazionali, nonché delle dimensioni e delle risorse economiche degli operatori economici, dei diversi tipi di fornitori lungo la catena di approvvigionamento e dei diversi settori;

b) indicazioni per gli operatori economici relative alle migliori prassi per porre fine ai diversi tipi di lavoro forzato e per porvi rimedio;

c) indicazioni per le autorità competenti relative all'attuazione pratica del presente regolamento, in particolare degli articoli 8, 17 e 18, compresi i parametri di riferimento per assistere le autorità competenti nelle valutazioni basate sul rischio nel contesto delle indagini, così come linee guida sullo standard degli elementi di prova applicabile;

d) indicazioni per le autorità doganali e gli operatori economici relative all'attuazione pratica dell'articolo 27 e, se del caso, di qualsiasi altra disposizione di cui al capo V, sezione II, del presente regolamento;

e) informazioni sugli indicatori di rischio del lavoro forzato, anche con riguardo alla modalità per identificare tali indicatori, basate su informazioni indipendenti e verificabili, comprese le relazioni di organizzazioni internazionali, in particolare dell'Organizzazione internazionale del lavoro, dei rappresentanti della società civile e delle organizzazioni aziendali e sindacali, e sull'esperienza acquisita nell'attuazione del diritto dell'Unione che stabilisce obblighi in materia di dovere di diligenza in relazione al lavoro forzato;

f) indicazioni per gli operatori economici relative al dovere di diligenza in relazione al lavoro forzato imposto dalle autorità statali;

g) indicazioni per gli operatori economici e i fornitori di prodotti su come avviare un dialogo con le autorità competenti conformemente al capo III, in particolare sul tipo di informazioni da presentare;

h) indicazioni sulle modalità di presentazione delle informazioni a norma dell'articolo 9;

i) indicazioni per gli Stati membri relative al metodo di calcolo delle sanzioni pecuniarie applicabili e alle soglie;

j) ulteriori informazioni per agevolare l'attuazione del presente regolamento da parte delle autorità competenti, come pure il rispetto del presente regolamento da parte degli operatori economici.

Le indicazioni di cui alle lettere a), b) e f) si concentrano in particolare sull'assistenza alle PMI al rispetto del presente regolamento.

Le linee guida di cui al primo comma sono coerenti con le linee guida fornite in conformità di altro pertinente diritto dell'Unione.

Art. 12

Portale unico sul lavoro forzato

La Commissione crea e aggiorna regolarmente un unico sito Internet (portale unico sul lavoro forzato) che mette a disposizione del pubblico, nello stesso luogo e in tutte le lingue ufficiali delle istituzioni dell'Unione, gli elementi seguenti:

a) i nomi, gli indirizzi e i recapiti delle autorità competenti;

b) le linee guida;

c) la banca dati;

d) un elenco delle fonti di informazione pubblicamente disponibili rilevanti per l'attuazione del presente regolamento, fra cui fonti che rendono disponibili dati disaggregati sull'impatto e sulle vittime del lavoro forzato, come ad esempio dati disaggregati per genere o dati relativi al lavoro minorile forzato, che consentano di individuare tendenze specifiche per età e per genere;

e) il punto unico di presentazione delle informazioni;

f) eventuali decisioni di divieto di un prodotto;

g) eventuali revoche di divieti;

h) il risultato dei riesami.

Art. 13

Cooperazione internazionale

1. Al fine di agevolare l'attuazione e l'applicazione efficaci del presente regolamento, la Commissione, se del caso, coopera e scambia informazioni con autorità di paesi terzi, organizzazioni internazionali, rappresentanti della società civile, organizzazioni sindacali e aziendali e altri pertinenti portatori di interessi.

2. La cooperazione internazionale con le autorità dei paesi terzi si svolge in modo strutturato, ad esempio nel contesto dei dialoghi esistenti con i paesi terzi, quali i dialoghi politici e in materia di diritti umani, dialoghi sull'attuazione degli impegni in materia di commercio e sviluppo sostenibile degli accordi commerciali o il sistema di preferenze generalizzate, e delle iniziative di cooperazione allo sviluppo dell'Unione. Se necessario, dialoghi specifici possono essere creati ad hoc. La cooperazione internazionale può comportare lo scambio di informazioni sui settori o sui prodotti a rischio di lavoro forzato, delle migliori pratiche per porre fine al lavoro forzato e di informazioni relative alle decisioni di divieto di prodotti, compresi i relativi motivi ed elementi di prova, in particolare con paesi terzi che dispongono di una legislazione analoga.

3. Ai fini del paragrafo 2, la Commissione e gli Stati membri possono prendere in considerazione l'elaborazione di iniziative di cooperazione e misure di accompagnamento per sostenere gli sforzi degli operatori economici, in particolare delle PMI, come pure delle organizzazioni della società civile, delle parti sociali e dei paesi terzi per contrastare il lavoro forzato e le sue cause profonde.

CAPO III

INDAGINI

Art. 14

Approccio basato sul rischio

1. Nel valutare la probabilità che sia stato violato l'articolo 3, nell'avviare e nel condurre la fase preliminare delle indagini e nell'individuare i prodotti e gli operatori economici interessati, la Commissione e le autorità competenti degli Stati membri seguono un approccio basato sul rischio.

2. Nella loro valutazione della probabilità che sia stato violato l'articolo 3, per dare la priorità ai prodotti che si sospetta siano stati ottenuti con il lavoro forzato, la Commissione e le autorità competenti utilizzano, se del caso, i criteri seguenti:

a) l'entità e la gravità del presunto lavoro forzato, compreso il timore di un possibile lavoro forzato imposto dallo Stato;

b) la quantità o il volume dei prodotti immessi o messi a disposizione sul mercato dell'Unione;

c) la percentuale della parte del prodotto che si sospetta sia stata realizzata con il lavoro forzato rispetto al prodotto finale.

3. La valutazione della probabilità che sia stato violato l'articolo 3 si basa su tutte le informazioni pertinenti, fattuali e verificabili a disposizione della Commissione e delle autorità competenti, tra cui, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, gli elementi seguenti:

a) le informazioni e le decisioni codificate nel sistema di informazione e comunicazione di cui all'articolo 7, paragrafo 1, compresi eventuali casi precedenti di conformità o non conformità di un operatore economico all'articolo 3;

b) la banca dati di cui all'articolo 8;

c) gli indicatori di rischio e altre informazioni a norma dell'articolo 11, lettera e);

d) le informazioni presentate a norma dell'articolo 9;

e) le informazioni ricevute dalla Commissione o dall'autorità competente da parte di altre autorità pertinenti per l'attuazione del presente regolamento, come le autorità degli Stati membri competenti per il dovere di diligenza, le autorità del lavoro, le autorità sanitarie o fiscali, relativamente ai prodotti e agli operatori economici oggetto di valutazione;

f) qualsiasi questione emerga da consultazioni significative con i pertinenti portatori di interessi, come le organizzazioni della società civile e i sindacati.

4. Nell'avviare un'indagine preliminare a norma dell'articolo 17, l'autorità competente capofila si concentra, nella misura del possibile, sugli operatori economici e, se del caso, sui fornitori di prodotti coinvolti nelle fasi della catena di approvvigionamento il più possibile vicine a dove è probabile che sussista il rischio di lavoro forzato e che possono esercitare la massima influenza per prevenire, attenuare e far cessare il ricorso al lavoro forzato. L'autorità competente capofila tiene conto, inoltre, delle dimensioni e delle risorse economiche degli operatori economici interessati, in particolare se l'operatore economico è una PMI, e della complessità della catena di approvvigionamento.

Art. 15

Assegnazione delle indagini

1. Se il presunto lavoro forzato ha luogo al di fuori del territorio dell'Unione, la Commissione agisce in qualità di autorità competente capofila.

2. Se il presunto lavoro forzato ha luogo nel territorio di uno Stato membro, l'autorità competente di tale Stato membro agisce in qualità di autorità competente capofila.

Art. 16

Coordinamento delle indagini e assistenza reciproca

1. La Commissione e le autorità competenti cooperano strettamente tra loro e si prestano assistenza reciproca ai fini dell'attuazione coerente ed efficiente del presente regolamento.

2. L'autorità competente capofila rispetta il diritto dell'operatore economico di essere ascoltato in tutte le fasi del processo.

3. L'autorità competente capofila comunica, in qualsiasi momento e senza indebito ritardo, tramite il sistema di informazione e comunicazione di cui all'articolo 7, paragrafo 1, se trova nuove informazioni sul presunto lavoro forzato in un territorio per il quale non è competente a norma dell'articolo 15.

4. L'autorità competente capofila può chiedere il sostegno di altre autorità competenti interessate. Ciò può includere richieste di supporto per contattare gli operatori economici il cui luogo di stabilimento si trova nel territorio dello Stato membro in questione o la cui lingua operativa è quella di un determinato Stato membro. Altre autorità competenti che hanno un interesse nell'indagine possono chiedere di essere strettamente coinvolte nell'indagine.

5. Un'autorità competente che ha ricevuto, tramite il sistema di informazione e comunicazione di cui all'articolo 7, paragrafo 1, una richiesta di informazioni da parte di un'altra autorità competente fornisce una risposta entro 20 giorni lavorativi dalla data di ricevimento della richiesta.

6. L'autorità competente che ha ricevuto una richiesta di informazioni può chiedere all'autorità competente richiedente di integrare le informazioni contenute nella richiesta, se conclude che le informazioni inizialmente fornite non sono sufficienti.

7. L'autorità competente che ha ricevuto una richiesta di informazioni può rifiutare di dare seguito a tale richiesta solo se dimostra che soddisfare la richiesta comprometterebbe in modo sostanziale l'esecuzione delle proprie attività.

Art. 17

Fase preliminare delle indagini

1. Prima di avviare un'indagine a norma dell'articolo 18, paragrafo 1, le autorità competenti capofila chiedono informazioni agli operatori economici sottoposti a valutazione e, se del caso, ai fornitori di prodotti, sulle misure pertinenti da essi adottate per individuare, prevenire, attenuare, far cessare i rischi di lavoro forzato o porvi rimedio nelle loro attività e nelle catene di approvvigionamento cui partecipano in relazione ai prodotti oggetto della valutazione, anche sulla base di uno qualsiasi degli elementi seguenti, a meno che ciò non comprometta l'esito dell'indagine:

a) il diritto dell'Unione o nazionale applicabile che stabilisce obblighi in materia di dovere di diligenza e trasparenza per quanto riguarda il lavoro forzato;

b) le linee guida emanate dalla Commissione;

c) gli orientamenti o le raccomandazioni in materia di dovere di diligenza dell'ONU, dell'OIL, dell'OCSE o di altre organizzazioni internazionali pertinenti, in particolare le linee guida e le raccomandazioni relative alle zone geografiche, ai siti di produzione e alle attività economiche in determinati settori in cui esistono pratiche sistematiche e diffuse di lavoro forzato;

d) qualsiasi altro dovere di diligenza significativo o altra informazione in relazione al lavoro forzato nella rispettiva catena di approvvigionamento.

L'autorità competente capofila può chiedere informazioni su tali azioni ad altri pertinenti portatori di interessi, comprese le persone o le associazioni che hanno presentato informazioni pertinenti, fattuali e verificabili a norma dell'articolo 9 e a qualsiasi altra persona fisica o giuridica avente un collegamento con i prodotti e le aree geografiche oggetto della valutazione, come pure al Servizio europeo per l'azione esterna e alle delegazioni dell'Unione nei paesi terzi interessati.

2. Gli operatori economici rispondono alla richiesta di cui al paragrafo 1 del presente articolo entro 30 giorni lavorativi dal giorno in cui hanno ricevuto tale richiesta. Gli operatori economici possono fornire qualsiasi altra informazione che ritengano utile ai fini del presente articolo. Se necessario, gli operatori economici possono chiedere assistenza a uno dei punti di contatto di cui all'articolo 10 su come dialogare con l'autorità competente capofila.

3. Entro 30 giorni lavorativi dalla data di ricevimento delle informazioni presentate dagli operatori economici a norma del paragrafo 2 del presente articolo, l'autorità competente capofila conclude la fase preliminare dell'indagine volta a stabilire se vi sia un sospetto fondato di violazione dell'articolo 3 sulla base della valutazione di cui all'articolo 14, paragrafo 3, e delle informazioni presentate dagli operatori economici a norma del paragrafo 2 del presente articolo.

4. In deroga al paragrafo 3 del presente articolo, l'autorità competente capofila può stabilire che vi è un sospetto fondato che vi sia stata una violazione dell'articolo 3 sulla base di qualsiasi altro dato disponibile qualora l'autorità competente capofila si sia astenuta dal chiedere tali informazioni a norma del paragrafo 1 del presente articolo o nelle situazioni descritte all'articolo 20, paragrafo 2, lettere da a) a e).

5. L'autorità competente capofila non avvia un'indagine a norma dell'articolo 18 e ne informa gli operatori economici sottoposti a valutazione se, sulla base della valutazione di cui all'articolo 14, paragrafo 3, e, se del caso, delle informazioni presentate dagli operatori economici a norma del paragrafo 2 del presente articolo, ritiene che non vi sia alcun sospetto fondato di violazione dell'articolo 3 o che le ragioni che hanno motivato l'esistenza di un sospetto fondato siano state eliminate, ad esempio in virtù di un'applicazione della legislazione, degli orientamenti, delle raccomandazioni applicabili o di qualsiasi altro dovere di diligenza in relazione al lavoro forzato di cui al paragrafo 1 del presente articolo tale da attenuare, prevenire e far cessare il rischio di lavoro forzato.

6. L'autorità competente capofila comunica attraverso il sistema di informazione e comunicazione di cui all'articolo 7, paragrafo 1, l'esito della sua valutazione a norma del paragrafo 5 del presente articolo.

Art. 18

Indagini

1. L'autorità competente capofila che stabilisce, a norma dei paragrafi 3 e 4 dell'articolo 17, che vi è un sospetto fondato di violazione dell'articolo 3 avvia un'indagine sui prodotti e sugli operatori economici interessati e informa gli operatori economici oggetto dell'indagine, entro tre giorni lavorativi dalla data della decisione di avviare tale indagine, in merito a quanto segue:

a) l'avvio dell'indagine e le sue eventuali conseguenze;

b) i prodotti oggetto dell'indagine;

c) i motivi dell'avvio dell'indagine, a meno che ciò non comprometta l'esito dell'indagine;

d) il diritto degli operatori economici di presentare documenti o informazioni all'autorità competente capofila e la data entro la quale tali informazioni devono essere presentate.

2. L'autorità competente capofila comunica attraverso il sistema di informazione e comunicazione di cui all'articolo 7, paragrafo 1, l'avvio di un'indagine a norma del paragrafo 1 del presente articolo.

3. Su richiesta dell'autorità competente capofila, gli operatori economici oggetto dell'indagine trasmettono tutte le informazioni pertinenti e necessarie per l'indagine, comprese le informazioni che identificano i prodotti oggetto dell'indagine e, se del caso, le parti del prodotto a cui l'indagine dovrebbe limitarsi, nonché il fabbricante, il produttore, il fornitore del prodotto, l'importatore o l'esportatore di tali prodotti o di parti di essi. Nel richiedere tali informazioni, l'autorità competente capofila, nella misura del possibile, dà priorità agli operatori economici oggetto dell'indagine coinvolti nelle fasi della catena di approvvigionamento il più possibile vicine a dove ha luogo il probabile lavoro forzato e tiene conto delle dimensioni e delle risorse economiche degli operatori economici, in particolare se l'operatore economico è una PMI, della quantità di prodotti interessati, della complessità della catena di approvvigionamento, nonché dell'entità del presunto lavoro forzato. Se necessario, gli operatori economici possono chiedere assistenza a un punto di contatto ai sensi dell'articolo 10 su come cooperare con l'autorità competente.

4. L'autorità competente capofila fissa un termine di almeno 30 giorni lavorativi e non superiore a 60 giorni lavorativi per la presentazione delle informazioni di cui al paragrafo 3 da parte degli operatori economici. Gli operatori economici possono chiedere una proroga di tale termine, illustrandone la motivazione. Nel decidere se concedere o meno a tale proroga, l'autorità competente capofila tiene conto delle dimensioni e delle risorse economiche degli operatori economici interessati, in particolare se l'operatore è una PMI.

5. L'autorità competente capofila può raccogliere informazioni o interpellare qualsiasi persona fisica o giuridica pertinente che acconsenta a essere interpellata al fine di raccogliere informazioni relative all'oggetto dell'indagine, compresi gli operatori economici pertinenti o qualsiasi altro portatore di interessi.

6. L'autorità competente capofila può, se necessario, effettuare tutti i controlli e le ispezioni necessari a norma dell'articolo 19.

Art. 19

Ispezioni in loco

1. In situazioni eccezionali in cui l'autorità competente capofila ritiene necessario effettuare ispezioni in loco, effettua tali ispezioni in loco tenendo conto del luogo in cui è situato il rischio di lavoro forzato.

2. Se il rischio di lavoro forzato è situato nel territorio dello Stato membro, l'autorità competente capofila può svolgere le proprie ispezioni conformemente al diritto nazionale e nel rispetto del diritto dell'Unione. Se necessario, l'autorità competente capofila può chiedere la cooperazione di altre autorità nazionali pertinenti per l'attuazione del presente regolamento, come le autorità del lavoro, sanitarie o fiscali.

3. Se il rischio di lavoro forzato è situato al di fuori del territorio dell'Unione, la Commissione, che agisce in qualità di autorità competente capofila, può effettuare tutti i controlli e le ispezioni necessari, a condizione che gli operatori economici interessati diano il loro consenso e che il governo del paese terzo in cui è previsto che si svolgeranno le ispezioni sia stato ufficialmente informato e non sollevi obiezioni. La Commissione può chiedere, se del caso, l'assistenza del Servizio europeo per l'azione esterna per facilitare tali contatti.

CAPO IV

DECISIONI

Art. 20

Decisioni relative alla violazione dell'articolo 3

1. Entro un periodo di tempo ragionevole dalla data di avvio dell'indagine a norma dell'articolo 18, paragrafo 1, l'autorità competente capofila valuta tutte le informazioni e le prove raccolte a norma del capo III e, su tale base, stabilisce se i prodotti interessati siano stati immessi o messi a disposizione sul mercato o siano esportati in violazione dell'articolo 3. L'autorità competente capofila si adopera per adottare le sue decisioni a norma al paragrafo 4 del presente articolo, o per chiudere le indagini, entro nove mesi dalla data di avvio dell'indagine.

2. In deroga al paragrafo 1 del presente articolo, l'autorità competente capofila può stabilire che l'articolo 3 è stato violato sulla base di qualsiasi altro dato disponibile, qualora non sia stato possibile raccogliere informazioni e prove a norma dell'articolo 17, paragrafo 1, e dell'articolo 18, paragrafo 3, in particolare nel caso in cui, in risposta a una richiesta di informazioni, un operatore economico o un'autorità pubblica:

a) rifiuti di fornire le informazioni richieste senza una motivazione valida;

b) ometta di fornire le informazioni richieste entro il termine stabilito senza una motivazione valida;

c) fornisca informazioni incomplete o inesatte con l'obiettivo di bloccare l'indagine;

d) fornisca informazioni fuorvianti; o

e) ostacoli in altro modo l'indagine, anche nel caso in cui, durante la fase preliminare dell'indagine o nel corso dell'indagine, sia individuato un rischio di lavoro forzato imposto dalle autorità statali.

3. Qualora non sia in grado di stabilire che i prodotti interessati sono stati immessi o messi a disposizione sul mercato o sono esportati in violazione dell'articolo 3, l'autorità competente capofila chiude l'indagine e ne informa gli operatori economici oggetto della relativa indagine. Essa informa inoltre tutte le altre autorità competenti attraverso il sistema di informazione e comunicazione di cui all'articolo 7, paragrafo 1. La chiusura dell'indagine non preclude l'avvio di una nuova indagine sullo stesso prodotto e sullo stesso operatore economico qualora emergano nuove informazioni pertinenti.

4. Qualora accerti che i prodotti interessati sono stati immessi o messi a disposizione sul mercato o sono esportati in violazione dell'articolo 3, l'autorità competente capofila adotta senza indugio una decisione contenente:

a) il divieto di immettere o mettere a disposizione sul mercato dell'Unione i prodotti interessati e di esportarli;

b) l'ordine, rivolto agli operatori economici oggetto dell'indagine, di ritirare dal mercato dell'Unione i prodotti interessati che sono già stati immessi o messi a disposizione sul mercato dell'Unione, o di rimuovere da un'interfaccia online i contenuti relativi ai prodotti o agli annunci di tali prodotti;

c) l'ordine, rivolto agli operatori economici oggetto dell'indagine, di smaltire i rispettivi prodotti interessati conformemente all'articolo 25 o, qualora le parti del prodotto di cui è accertata la violazione dell'articolo 3 siano sostituibili, l'ordine di smaltire le rispettive parti dei prodotti.

Se del caso, il divieto di cui alla lettera a) del primo comma e l'ordine di cui alla lettera c) del primo comma identificano le parti del prodotto di cui è accertata la violazione dell'articolo 3, che devono essere sostituite affinché il prodotto possa essere immesso o messo a disposizione sul mercato o esportato.

5. In deroga al paragrafo 4, primo comma, lettera c), e se del caso, al fine di prevenire perturbazioni di una catena di approvvigionamento di importanza strategica o critica per l'Unione, l'autorità competente capofila può astenersi dall'imporre un ordine di smaltimento del prodotto interessato a norma del paragrafo 4. L'autorità competente capofila può invece ordinare che il prodotto interessato sia trattenuto, a spese degli operatori economici, per un determinato periodo di tempo, che non supera il tempo necessario per eliminare il lavoro forzato per quanto riguarda il prodotto in questione.

Se gli operatori economici dimostrano, durante tale periodo di tempo, di aver eliminato il lavoro forzato dalla catena di approvvigionamento per quanto riguarda i prodotti interessati, senza modificare il prodotto in questione, e avendo posto fine al lavoro forzato individuato nella decisione di cui al paragrafo 4 del presente articolo, l'autorità competente capofila riesamina la sua decisione conformemente all'articolo 21.

Se gli operatori economici non dimostrano, durante tale periodo di tempo, di aver eliminato il lavoro forzato dalla catena di approvvigionamento per quanto riguarda i prodotti interessati, senza modificare il prodotto in questione, e avendo posto fine al lavoro forzato individuato nella decisione di cui al paragrafo 4, si applica la lettera c) di tale paragrafo.

6. Se la Commissione agisce in qualità di autorità competente capofila, la decisione di cui al paragrafo 4 del presente articolo è adottata mediante un atto di esecuzione. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 35, paragrafo 2.

7. L'autorità competente capofila notifica la decisione di cui al paragrafo 4 del presente articolo a tutti gli operatori economici cui tale decisione è destinata e la comunica a tutte le autorità competenti e, se del caso, alla Commissione attraverso il sistema di informazione e comunicazione di cui all'articolo 7, paragrafo 1.

8. Le decisioni adottate da un'autorità competente di uno Stato membro a norma del paragrafo 4 sono riconosciute e applicate dalle autorità competenti degli altri Stati membri nella misura in cui riguardano prodotti con le stesse informazioni di identificazione e provenienti dalla stessa catena di approvvigionamento per cui è stato accertato il ricorso al lavoro forzato.

Art. 21

Riesame delle decisioni relative alla violazione dell'articolo 3

1. L'autorità competente capofila consente agli operatori economici interessati da una decisione di cui all'articolo 20 di chiedere in qualsiasi momento un riesame di tale decisione. La domanda di riesame contiene informazioni che dimostrano che i prodotti sono immessi o messi a disposizione sul mercato o destinati all'esportazione conformemente all'articolo 3. Tali informazioni contengono nuove informazioni sostanziali che non erano state portate a conoscenza dell'autorità competente capofila nel corso dell'indagine.

2. L'autorità competente capofila decide in merito alla domanda di cui al paragrafo 1 entro 30 giorni lavorativi dalla data di ricevimento della domanda.

3. Qualora gli operatori economici abbiano dimostrato di essersi conformati alla decisione di cui all'articolo 20 e di aver eliminato il lavoro forzato dalle loro attività o dalla loro catena di approvvigionamento in relazione ai prodotti interessati, l'autorità competente capofila revoca la propria decisione per il futuro, informa gli operatori economici e rimuove la decisione dal portale unico sul lavoro forzato.

4. Se la Commissione agisce in qualità di autorità competente capofila, la revoca di cui al paragrafo 3 del presente articolo è attuata mediante un atto di esecuzione. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 35, paragrafo 2. Per imperativi motivi d'urgenza debitamente giustificati connessi alla tutela dei diritti di difesa e di proprietà degli operatori economici interessati, la Commissione adotta atti di esecuzione immediatamente applicabili secondo la procedura di cui all'articolo 35, paragrafo 3. Tali atti di esecuzione rimangono in vigore per un periodo non superiore a 12 mesi.

5. Gli operatori economici che sono stati interessati da una decisione di cui all'articolo 20 di un'autorità competente capofila di uno Stato membro hanno accesso a un organo giurisdizionale competente a esaminare la legittimità procedurale e sostanziale della decisione.

6. Il paragrafo 5 lascia impregiudicate eventuali disposizioni del diritto nazionale che fanno obbligo di esaurire le vie di ricorso amministrativo prima di esperire procedimenti giurisdizionali.

7. Le decisioni di cui all'articolo 20 adottate da un'autorità competente capofila di uno Stato membro lasciano impregiudicate le decisioni di natura giurisdizionale adottate dai giudici nazionali degli Stati membri nei confronti degli stessi operatori economici o prodotti.

Art. 22

Contenuto delle decisioni

1. La decisione di cui all'articolo 20 contiene tutti gli elementi seguenti:

a) i risultati dell'indagine e le informazioni e gli elementi di prova su cui si fondano;

b) termini ragionevoli entro i quali gli operatori economici devono conformarsi agli ordini, non inferiori a 30 giorni lavorativi; nel caso di merci deperibili, animali e piante, il termine non è inferiore a dieci giorni lavorativi; nel fissare i termini, l'autorità competente capofila tiene conto delle dimensioni e delle risorse economiche dell'operatore economico, in particolare se l'operatore è una PMI, nonché la percentuale della parte del prodotto e se quest'ultima sia sostituibile; I termini sono proporzionati al tempo richiesto per conformarsi ai diversi ordini e non superano quanto necessario;

c) tutte le informazioni pertinenti, in particolare quelle che consentono l'identificazione del prodotto al quale si applica la decisione, comprese le informazioni sul fabbricante, sul produttore, sui fornitori del prodotto, sull'importatore, sull'esportatore e, se del caso, sul sito di produzione;

d) se disponibili e se del caso, le informazioni richieste ai sensi della normativa doganale quale definita all'articolo 5, punto 2), del regolamento (UE) n. 952/2013;

e) informazioni sull'esercizio di un controllo giurisdizionale avverso una decisione.

2. La Commissione adotta atti di esecuzione che specificano ulteriormente le informazioni che devono essere incluse nella decisione di cui all'articolo 20. Tali informazioni comprendono almeno le informazioni che devono essere fornite o messe a disposizione delle autorità doganali in conformità dell'articolo 27, paragrafo 3, per consentire l'identificazione dei prodotti a norma dell'articolo 26, paragrafo 4. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 35, paragrafo 2.

CAPO V

ESECUZIONE

Sezione I

Autorità competenti

Art. 23

Esecuzione delle decisioni

1. Se, entro il termine ragionevole di cui all'articolo 22, paragrafo 1, lettera b), un operatore economico non si è conformato alla decisione di cui all'articolo 20 le autorità competenti sono responsabili dell'esecuzione di tale decisione e provvedono affinché siano intraprese tutte le azioni seguenti:

a) il divieto di immettere o mettere a disposizione sul mercato dell'Unione i prodotti interessati e di esportarli;

b) il ritiro dal mercato dell'Unione da parte delle pertinenti autorità dei prodotti che sono già stati immessi o messi a disposizione sul mercato u, conformemente al diritto dell'Unione e nazionale;

c) lo smaltimento dei prodotti ritirati e dei prodotti rimasti presso l'operatore economico conformemente all'articolo 25, a spese di tale operatore economico;

d) la limitazione dell'accesso ai prodotti interessati e agli annunci che fanno riferimento a tali prodotti, chiedendo al terzo interessato di attuare tale limitazione.

2. Se l'operatore economico non si è conformato alla decisione di cui all'articolo 20, l'autorità competente impone all'operatore economico interessato sanzioni a norma dell'articolo 37, direttamente, in cooperazione con altre autorità o rivolgendosi alle autorità giudiziarie competenti.

Art. 24

Ritiro e smaltimento dei prodotti ottenuti con il lavoro forzato

1. L'ordine di ritiro e di smaltimento dei prodotti immessi o messi a disposizione sul mercato dell'Unione a norma dell'articolo 20, paragrafo 4, del presente regolamento è comunicato, tramite il sistema di informazione e comunicazione di cui all'articolo 7, paragrafo 1, del presente regolamento, alle autorità di vigilanza del mercato di cui all'articolo 10 del regolamento (UE) 2019/1020 e a qualsiasi altra autorità pertinenti per i prodotti interessati.

2. L'esecuzione del ritiro e dello smaltimento dei prodotti di cui al paragrafo 1 è responsabilità dell'autorità competente, in coordinamento con qualsiasi altra autorità pertinente per i prodotti interessati.

Art. 25

Modalità di smaltimento dei prodotti ottenuti con il lavoro forzato

In linea con la gerarchia dei rifiuti stabilità nella direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (1), gli operatori economici e le autorità competenti degli Stati membri responsabili dello smaltimento dei prodotti, come previsto rispettivamente dall'articolo 20, paragrafo 4, lettera c), e dall'articolo 23, paragrafo 1, lettera c), del presente regolamento smaltiscono tali prodotti riciclandoli o, qualora ciò non sia possibile, rendendoli inutilizzabili. I prodotti deperibili sono donati a scopo caritativo o di interesse pubblico o, qualora ciò non sia possibile, sono resi inutilizzabili.

(1)

Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive (GU L 312 del 22.11.2008).

Sezione II

Autorità doganali

Art. 26

Controlli delle autorità doganali

1. I prodotti che entrano nel mercato dell'Unione o ne escono sono soggetti ai controlli e alle misure previsti alla presente sezione.

2. L'applicazione della presente sezione lascia impregiudicato qualsiasi altro atto giuridico dell'Unione che disciplina la gestione dei rischi doganali, i controlli doganali e l'immissione in libera pratica delle merci e l'esportazione, in particolare il regolamento (UE) n. 952/2013.

3. L'autorità competente capofila comunica senza indugio alle autorità doganali degli Stati membri le decisioni, di cui all'articolo 20, di vietare l'immissione o la messa a disposizione di prodotti sul mercato dell'Unione e la loro esportazione.

4. Le autorità doganali si basano sulle decisioni comunicate a norma del paragrafo 3 del presente articolo per identificare i prodotti che potrebbero non rispettare il divieto previsto all'articolo 3 del presente regolamento. A tal fine, effettuano controlli sui prodotti che entrano nel mercato dell'Unione o ne escono, sulla base della gestione del rischio di cui al regolamento (UE) n. 952/2013.

5. L'autorità competente capofila comunica senza indugio alle autorità doganali degli Stati membri qualsiasi revoca, come pure qualsiasi modifica, di una decisione a seguito di una revisione conformemente all'articolo 21.

Art. 27

Informazioni supplementari da fornire o da mettere a disposizione delle autorità doganali

1. Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 33, al fine di integrare il presente regolamento identificando i prodotti o i gruppi di prodotti per i quali le informazioni di cui al paragrafo 2 del presente articolo sono fornite alle autorità doganali. I prodotti o il gruppo di prodotti interessati sono scelti secondo un approccio proporzionato, tra l'altro, sulla base delle informazioni disponibili nella banca dati, delle informazioni codificate nel sistema di informazione e comunicazione di cui all'articolo 7, paragrafo 1, e delle informazioni documentate scambiate nell'ambito della rete.

2. La persona che intende vincolare un prodotto disciplinato da un atto delegato adottato a norma del paragrafo 1 del presente articolo ai regimi doganali di «immissione in libera pratica» o di «esportazione» fornisce o mette a disposizione delle autorità doganali informazioni che identificano il prodotto, informazioni sul fabbricante o sul produttore e informazioni sui fornitori del prodotto, a meno che la fornitura di tali informazioni non sia già richiesta ai sensi della normativa doganale di cui all'articolo 5, punto 2), del regolamento (UE) n. 952/2013.

3. La Commissione può adottare atti di esecuzione che specifichino le modalità dettagliate di attuazione dei paragrafi 1 e 2 del presente articolo e definiscano le informazioni che devono essere fornite o messe a disposizione delle autorità doganali a norma del paragrafo 2 del presente articolo. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 35, paragrafo 2.

4. Se un prodotto specifico è stato identificato in una decisione di cui all'articolo 20, affinché le autorità doganali possano agire immediatamente in relazione a tale prodotto specifico, agli atti delegati adottati a norma del paragrafo 1 del presente articolo si applica la procedura di cui all'articolo 34.

Art. 28

Sospensione

Se identificano, attraverso il proprio pertinente sistema di gestione del rischio, che un prodotto che entra nel mercato dell'Unione o ne esce possa, secondo una decisione comunicata a norma dell'articolo 26, paragrafo 3, violare l'articolo 3, le autorità doganali sospendono l'immissione in libera pratica o l'esportazione di tale prodotto. Le autorità doganali notificano immediatamente tale sospensione alle autorità competenti del proprio Stato membro e trasmettono tutte le informazioni pertinenti per consentire loro di stabilire se il prodotto è oggetto di una decisione comunicata a norma dell'articolo 26, paragrafo 3.

Art. 29

Immissione in libera pratica o esportazione

1. Un prodotto la cui immissione in libera pratica o esportazione sia stata sospesa conformemente all'articolo 28 è immesso in libera pratica o esportato qualora siano rispettate tutte le altre prescrizioni e formalità relative a tale immissione o esportazione e qualora sia soddisfatta una delle condizioni seguenti:

a) entro quattro giorni lavorativi dalla sospensione, se le autorità competenti non hanno chiesto alle autorità doganali di mantenere la sospensione; nel caso di prodotti deperibili, animali e piante, tale termine è di due giorni lavorativi;

b) le autorità competenti hanno informato le autorità doganali della loro autorizzazione all'immissione in libera pratica o all'esportazione a norma del presente regolamento.

2. L'immissione in libera pratica o l'esportazione a norma del paragrafo 1 non è considerata prova di conformità al diritto dell'Unione, in particolare al presente regolamento.

Art. 30

Rifiuto dell'immissione in libera pratica o esportazione

1. Se concludono che un prodotto che è stato loro notificato a norma dell'articolo 28 è un prodotto ottenuto con il lavoro forzato in virtù di una decisione di cui all'articolo 20, le autorità competenti impongono alle autorità doganali di non immetterlo in libera pratica o di non autorizzarne l'esportazione.

2. Le autorità competenti inseriscono immediatamente le informazioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo nel sistema di informazione e comunicazione di cui all'articolo 7, paragrafo 1, e ne danno notifica alle autorità doganali. Al ricevimento di tale notifica, le autorità doganali non autorizzano l'immissione in libera pratica o l'esportazione di tale prodotto e inseriscono la seguente dicitura nel sistema informatico doganale e, ove possibile, nella fattura commerciale che accompagna il prodotto e in qualsiasi altro documento di accompagnamento pertinente:

«Prodotto ottenuto con il lavoro forzato - Immissione in libera pratica/esportazione non autorizzata - Regolamento (UE) 2024/3015».

3. Se l'immissione in libera pratica o l'esportazione di un prodotto è stata rifiutata in conformità del paragrafo 1, le autorità doganali smaltiscono tale prodotto conformemente al diritto nazionale nel rispetto del diritto dell'Unione.

4. Su richiesta di un'autorità competente e per conto e sotto la responsabilità della stessa, le autorità doganali possono, in alternativa, sequestrare il prodotto la cui immissione in libera pratica o esportazione sia stata rifiutata e possono metterlo a disposizione e sotto l'autorità di tale autorità competente. In tali casi, tale autorità competente adotta tutte le misure necessarie per garantire che il prodotto interessato sia smaltito conformemente all'articolo 25.

Art. 31

Scambio di informazioni e cooperazione

1. Per consentire un'analisi basata sul rischio dei prodotti che entrano nel mercato dell'Unione o ne escono e per garantire che i controlli siano efficaci ed eseguiti conformemente alle prescrizioni del presente regolamento, la Commissione, le autorità competenti e le autorità doganali cooperano strettamente e si scambiano informazioni relative ai rischi. A tal fine, la Commissione assume un ruolo di coordinamento.

2. La cooperazione tra le autorità e lo scambio di informazioni relative ai rischi necessarie per l'esercizio delle rispettive funzioni a norma del presente regolamento, anche per via elettronica, hanno luogo conformemente al regolamento (UE) n. 952/2013:

a) tra le autorità doganali;

b) tra le autorità competenti e le autorità doganali.

CAPO VI

DISPOSIZIONI FINALI

Art. 32

Riservatezza

1. Ai fini dell'applicazione del presente regolamento le autorità competenti utilizzano esclusivamente le informazioni ricevute a norma dello stesso, se non diversamente previsto dal diritto dell'Unione o dal diritto nazionale nel rispetto del diritto dell'Unione.

2. La Commissione, gli Stati membri e le autorità competenti trattano l'identità di coloro che forniscono le informazioni, o le informazioni fornite, come riservate, conformemente al diritto dell'Unione o nazionale nel rispetto del diritto dell'Unione, salvo indicazione contraria da parte di coloro che forniscono le informazioni.

3. Il paragrafo 2 non osta a che la Commissione divulghi informazioni generali sotto forma di riassunto, purché tali informazioni generali non contengano informazioni che consentono di identificare coloro che le hanno fornite. Tale divulgazione di informazioni generali sotto forma di riassunto tiene conto del legittimo interesse delle parti interessate a impedire la divulgazione di informazioni riservate.

Art. 33

Esercizio della delega

1. Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente articolo.

2. Il potere di adottare atti delegati di cui all'articolo 27, paragrafo 1, è conferito alla Commissione per un periodo di tempo a decorrere dal 13 dicembre 2024.

3. La delega di potere di cui all'articolo 27, paragrafo 1, può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore.

4. Prima dell'adozione dell'atto delegato la Commissione consulta gli esperti designati da ciascuno Stato membro nel rispetto dei principi stabiliti nell'accordo interistituzionale «Legiferare meglio» del 13 aprile 2016.

5. Non appena adotta un atto delegato, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e al Consiglio.

6. L'atto delegato adottato ai sensi dell'articolo 27, paragrafo 1, entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di due mesi dalla data in cui esso è stato loro notificato o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di due mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio.

Art. 34

Procedura d'urgenza

1. Gli atti delegati adottati ai sensi del presente articolo entrano in vigore immediatamente e si applicano finché non siano sollevate obiezioni conformemente al paragrafo 2. La notifica di un atto delegato al Parlamento europeo e al Consiglio illustra i motivi del ricorso alla procedura d'urgenza.

2. Il Parlamento europeo o il Consiglio possono sollevare obiezioni a un atto delegato secondo la procedura di cui all'articolo 33, paragrafo 6. In tal caso, la Commissione abroga l'atto immediatamente a seguito della notifica della decisione con la quale il Parlamento europeo o il Consiglio hanno sollevato obiezioni.

Art. 35

Procedura di comitato

1. La Commissione è assistita da un comitato. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.

2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011.

3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 8 del regolamento (UE) n. 182/2011 in combinato disposto con il suo articolo 5.

Art. 36

Modifica della direttiva (UE) 2019/1937

Alla parte I.C.1 dell'allegato della direttiva (UE) 2019/1937, è aggiunto il punto seguente:

«iv) Regolamento (UE) 2024/3015 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2024, che vieta i prodotti ottenuti con il lavoro forzato sul mercato dell'Unione e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937(OJ L, 2024/3015, 12.12.2024, ELI: http://data.europa.eu/eli/reg/2024/3015/oj).».

Art. 37

Sanzioni

1. Gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni applicabili agli operatori economici in caso di inosservanza di una decisione di cui all'articolo 20 e adottano tutte le misure necessarie per assicurare l'applicazione delle sanzioni conformemente al diritto nazionale.

2. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Le autorità competenti provvedono affinché le sanzioni di cui al paragrafo 1 tengano debitamente conto degli elementi seguenti, a seconda dei casi:

a) la gravità e la durata dell'inosservanza di una decisione di cui all'articolo 20;

b) eventuali pertinenti casi precedenti di inosservanza di una decisione di cui all'articolo 20 da parte dell'operatore economico;

c) il grado di cooperazione con le autorità competenti;

d) eventuali altri fattori attenuanti o aggravanti applicabili alle circostanze del caso, ad esempio i benefici finanziari, i profitti conseguiti o le perdite evitate, direttamente o indirettamente, quale conseguenza dell'inosservanza di una decisione di cui all'articolo 20.

3. Gli Stati membri, entro il 14 dicembre 2026, notificano tali norme e misure alla Commissione e provvedono a dare immediata notifica delle eventuali modifiche successive.

4. Nello stabilire le norme relative alle sanzioni applicabili in conformità dei paragrafi 1 e 2 del presente articolo, gli Stati membri tengono nella massima considerazione le linee guida di cui all'articolo 11, lettera i).

Art. 38

Valutazione e riesame

1. Entro il 14 dicembre 2029 e successivamente ogni cinque anni, la Commissione effettua una valutazione dell'applicazione e dell'attuazione del presente regolamento. La Commissione presenta una relazione sui principali risultati al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo. Tale valutazione esamina, in particolare, gli elementi seguenti:

a) se il meccanismo predisposto contribuisce efficacemente agli obiettivi del presente regolamento, quali stabiliti all'articolo 1;

b) la cooperazione tra le autorità competenti, anche nell'ambito della rete, come pure tra tutte le altre autorità pertinenti nell'applicazione del presente regolamento;

c) l'efficacia della cooperazione internazionale nel contribuire all'eliminazione del lavoro forzato dalle catene di approvvigionamento globali;

d) l'impatto sulle imprese, in particolare sulle PMI, nonché sulla loro competitività, delle procedure relative alle indagini e alle decisioni;

e) il costo della conformità per gli operatori economici, in particolare per le PMI;

f) il rapporto complessivo tra costi e benefici e l'efficacia del divieto.

Se la Commissione lo ritiene opportuno, la relazione è corredata di una proposta legislativa di modifica delle pertinenti disposizioni del presente regolamento.

2. La relazione valuta inoltre se l'ambito di applicazione debba essere ampliato per includere i servizi accessori all'estrazione, alla raccolta, alla produzione o alla fabbricazione di prodotti.

3. Nel quadro della valutazione a norma del paragrafo 1, lettera a), la relazione contempla l'impatto del presente regolamento sulle vittime del lavoro forzato, con una particolare attenzione alla situazione delle donne e dei minori. La valutazione di tale impatto si basa sul monitoraggio periodico delle informazioni fornite dalle organizzazioni internazionali e dai pertinenti portatori di interesse.

4. Nella relazione, la Commissione prende ulteriormente in esame la necessità di un meccanismo specifico per contrastare il lavoro forzato e porvi rimedio, compresa una valutazione d'impatto per l'attuazione di tale meccanismo.

Art. 39

Entrata in vigore e data di applicazione

Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

Esso si applica a decorrere dal 14 dicembre 2027.

Tuttavia, l'articolo 5, paragrafo 3, gli articoli 7 e 8, l'articolo 9, paragrafo 2, gli articoli 11, 33 e 35 e l'articolo 37, paragrafo 3, si applicano a decorrere dal 13 dicembre 2024.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Strasburgo, il 27 novembre 2024

Per il Parlamento europeo

La presidente

R. METSOLA

Per il Consiglio

Il presidente

BO'KA J.