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ASSESSORATO DELLA SANITA'

DECRETO 10 febbraio 2004

SUPPLEMENTO ORDINARIO G.U.R.S. 19 marzo 2004, n. 12

Prontuario terapeutico ospedaliero della Regione Siciliana.

L'ASSESSORE PER LA SANITA'

Visto lo Statuto della Regione;

Visto l'art. 3 della legge regionale 2 marzo 1962, n. 3;

Vista la legge n. 833/78;

Visto il D.P.Reg. 9 agosto 1956, n. 1111 e 13 maggio 1985, n. 256;

Visto il decreto n. 78698 del 12 dicembre 1989;

Visto il D.P.R. 25 gennaio 1991, n. 93, recante "Regolamento di esecuzione delle disposizioni di cui all'art. 9 del decreto legge n. 443/87, convertito con modificazioni nella legge n. 531/87, sulle modalità di attuazione della farmacovigilanza attraverso le strutture pubbliche;

Considerato che la farmacovigilanza non può prescindere dalla realizzazione del prontuario farmaceutico regionale ospedaliero in quanto l'aumento della spesa farmaceutica dipende notevolmente dalla scelta dei farmaci nell'intero sistema ospedaliero che, oltre a costituire un aumento diretto della spesa, agisce come effetto trainante sulle scelte del farmaco da parte del medico di base e del medico specialista;

Visti i decreti legislativi n. 502/92, n. 517/93 e n. 229/99;

Vista la legge regionale n. 30/93;

Vista la circolare assoriale n. 803 del 19 aprile 1995;

Visto il D.M. 20 dicembre 2002, recante "Elenco dei medicinali rimborsabili dal S.S.N. ai sensi del D.M. 27 settembre 2002, recante la riclassificazione dei medicinali ai sensi dell'art. 9, commi 2 e 3, del decreto legge n. 138/02 convertito nella legge n. 178/02;

Visto il decreto n. 2371 dell'11 dicembre 2002, con il quale è stata istituita la Commissione regionale del farmaco;

Visto il decreto n. 27 del 16 gennaio 2003, con il quale è stata integrata la Commissione regionale del farmaco;

Considerato che tra i compiti della sopra citata Commissione vi era quello di elaborare il prontuario terapeutico ospedaliero della Regione Siciliana;

Viste le risultanze dei lavori della predetta Commissione e la relativa proposta finale di prontuario terapeutico ospedaliero regionale per l'anno 2004;

Ritenuto di dover procedere all'approvazione dell'allegato prontuario, così come formulato dalla citata Commissione;

Decreta:

Art. 1

E' approvato il prontuario terapeutico ospedaliero della Regione Siciliana allegato al presente decreto e che ne costituisce parte integrante.

Art. 2

E' fatto obbligo alle aziende sanitarie della Regione Siciliana di adottare il predetto prontuario secondo i principi in esso contenuti.

Art. 3

Il presente decreto entra in vigore a far data dal 10 febbraio 2004.

Il presente decreto verrà inviato alla ragioneria centrale sanità e alla Gazzetta Ufficiale della Regione sicilia na per la pubblicazione per esteso.

Palermo, 10 febbraio 2004.

CITTADINI

Vistato dalla ragioneria centrale per l'Assessorato della sanità in data 17 febbraio 2004 al n. 37.

Allegato

PRONTUARIO TERAPEUTICO OSPEDALIERO REGIONALE

(P.T.O.R.S.)

La Sicilia è una delle regioni italiane in cui il consumo extraospedaliero di farmaci è molto elevato. I dati del consumo ospedaliero saranno noti in tempi brevi, ma non sono ancora disponibili. E' presumibile comunque che l'ospedale, sede di diagnosi e cura di patologie più impegnative e complesse, abbia un consumo elevato di farmaci spesso costosi. Ed è necessario che in ospedale come sul territorio, si osservino criteri di impiego dei farmaci che tengano conto della loro efficacia, sicurezza e rapporto beneficio/costi.

Efficacia

E' ormai universale il concetto che lo strumento migliore per valutare l'efficacia dei farmaci è costituito dalle sperimentazioni controllate e randomizzate, sulle quali è costruita la medicina basata sull'evidenza. E' però il caso di ricordare la necessità di un equilibrio fra elementi decisionali: da una parte, si deve evitare di usare farmaci la cui efficacia è incerta perché non è stata provata in sperimentazioni randomizzate; dall'altra, che sulla spinta promozionale delle ditte produttrici le sperimentazioni randomizzate spesso esagerano l'efficacia dei farmaci, come dimostra una larga e qualificata letteratura. La conclusione è che le sperimentazioni randomizzate sono necessarie ma non sufficienti a garantire l'efficacia dei farmaci. Indicazioni indipendenti possono trovarsi nel commento alle note della C.U.F. e nelle pubblicazioni della direzione generale dei farmaci e dei dispositivi medici più sotto citate.

Sicurezza

Disponiamo oggi di farmaci biologicamente molto attivi e perciò spesso suscettibili di causare non solo effetti terapeutici ma anche eventi avversi. Tutti i farmaci possono causare eventi avversi, fra quelli di maggior uso particolarmente gli anti-infiammatori non steroidei e gli antibiotici. E' opportuno tener presente che le sperimentazioni randomizzate non sono sufficienti a evidenziare gli eventi avversi rari, siano essi lievi o gravi, e che si manifestano poi nella pratica corrente post-commercializzazione; ed inoltre che gli eventi avversi sono tanto più probabili quanto maggiore è il numero di farmaci contemporaneamente somministrati. La conclusione è che per ridurre il rischio di eventi avversi è opportuno scegliere farmaci relativamente sicuri; a parità di efficacia, preferire quelli con maggiore esperienza post-commercializzazione; limitare il numero di farmaci contemporaneamente somministrati.

Beneficio/costi

In tutti i paesi del mondo la medicina affronta problemi crescenti di budget rigidi e limitati a fronte di costi che lievitano per l'aumento degli anziani e del consumo di farmaci nella popolazione, e per il costo sempre più elevato dei nuovi farmaci. E' perciò necessario che i medici siano attenti anche al rapporto beneficio/costi dei farmaci che somministrano, tenendo conto del fatto che dilatare la spesa per un farmaco riduce la disponibilità economica per altri farmaci e per le altre numerose esigenze dell'assistenza in ospedale.

Questo prontuario terapeutico ospedaliero, che è il terzo della Regione Siciliana, è stato elaborato tenendo presenti i tre criteri-base sopra ricordati per l'uso razionale dei farmaci in ospedale, ed è finalizzato a stimolarne l'osservanza da parte di tutti gli operatori sanitari ospedalieri - medici e farmacisti in primo luogo. In chiusura di questa premessa è il caso di invitare i medici ospedalieri a utilizzare le indicazioni per l'uso dei farmaci rese disponibili a tutti dalla direzione generale dei farmaci e dei dispositivi medici - in particolare la traduzione italiana di Clinical Evidence, la guida all'uso dei farmaci sulla base del British national formulary, e il Bollettino d'informazione sui farmaci. Una parola infine sulle linee-guida di percorsi diagnostici-terapeutici, opportunamente raccomandate dal testo dei livelli essenziali di assistenza. Si raccomanda ai medici di applicare le linee-guida, particolarmente nelle situazioni che si ripetono in modo prevedibile e relativamente costante - per esempio nella profilassi antibiotica preoperatoria nei vari tipi di chirurgia. Se costruite in modo metodologicamente appropriato e applicate con la flessibilità richiesta dalla variabilità clinica individuale, le linee-guida consentono decisioni razionali, omogenee e condivise.

E' esperienza comune che per funzionare i precetti della sanità pubblica hanno bisogno di essere compresi e condivisi da chi è nella prima linea per applicarli. Da Assessore medico, concludo pertanto con l'augurio di buon lavoro ai miei Colleghi ospedalieri, e con l'invito a considerare il prontuario un aiuto per rendere più razionali ed efficaci le loro decisioni, e non un mero strumento per limitare la spesa.

Prof. Ettore Cittadini

Assessore regionale della sanità

Il prontuario terapeutico ospedaliero, il terzo adottato dalla Regione Siciliana, è il prodotto di un percorso metodologico e di un'attenta valutazione tecnico-scientifica, la cui esigenza scaturisce dalla necessità di monitorare, controllare e razionalizzare un settore in continua evoluzione come quello dei farmaci.

Il loro impiego, infatti, presenta oggi sempre più diffuse implicazioni di carattere sociale, etico ed economico, anche in considerazione di una maggiore disponibilità di conoscenze farmacologiche-cliniche e della elevatissima incidenza dell'assistenza farmaceutica sulla spesa sanitaria complessiva.

Coerentemente, quindi, assumendosi come ineludibile e prioritaria la necessità di attuare il soddisfacimento del diritto alla salute del cittadino, nella cornice del quadro normativo di settore volto al contenimento della spesa sanitaria nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili, il lavoro svolto si appalesa quale intervento determinante di un processo complessivo avviato da questo dipartimento I.R.S. ai fini del perseguimento degli obiettivi preposti.

In questa direzione, il prontuario, informato ai criteri di efficacia e di sicurezza dei medicinali cui si affiancano valutazioni farmacoeconomiche, si pone come atto fondamentale di indirizzo per la consultazione dei medicinali di cui ogni struttura ospedaliera può e deve disporre ai fini della scelta dei trattamenti farmacoterapeutici più appropriati e di un'equa programmazione sanitaria.

Il prontuario va concepito altresì, come strumento dinamico capace di adattarsi, in quanto suscettibile di costante e periodica revisione, alle esigenze presenti e future degli utilizzatori, con l'auspicio che possa così assolvere anche ad una funzione di ordine educativo e culturale per gli operatori sanitari.

Nell'esprimere un vivo compiacimento per l'attività svolta, l'occasione mi è gradita per rivolgere un sentito ringraziamento agli esperti del settore per la collaborazione prestata e ai funzionari dell'ufficio competente per l'impegno profuso.

Dott. Vito Amari

Ispettore generale dell'ispettorato regionale sanitario

Alla realizzazione di questo prontuario hanno collaborato:

- Vice-presidente commissione: Prof. Luigi Pagliaro.

Membri della Commissione regionale del farmaco

- prof. Giuseppe Altavilla

- dr. Vito Amari

- dr.ssa Lucia Borsellino

- prof. Achille P. Caputi

- prof. Natale D'Alessandro

- dr. Luigi Di Salvo

- prof. Filippo Drago

- dr.ssa Franca Galante

- dr. Giovanni Mazzola

- dr. Antonino Mira

- prof. Giuseppe Nicoletti

- prof. Mario Palazzo Adriano

- dr.ssa Francesca Pardo

- prof. Giovanni Puglisi

- dr. Giovanni Raimondo

- dr. Franco Rapisarda

- dr.ssa Giuseppina Rizza

- dr.ssa Stefania Sajeva

- dr. Antonino Scandurra

- dr. Luigi Spicola

- dr.ssa Elodia Tullio

- dr. Salvatore Terranova (segretario)

Ispettorato regionale sanitario-servizio 2 U.O. 3

- sig. Stefano Campo

- dr. Pasquale Cananzi

- dr. Salvatore G. Cicirello

- sig. Renato Fortezza

PRINCIPI GENERALI DEL PRONTUARIO TERAPEUTICO OSPEDALIERO REGIONALE E RACCOMANDAZIONI PER L'USO DA PARTE DELLE C.T.O.

Il P.T.O.R.S. è un elenco di medicinali che si ispira al sistema A.T.C. (Anatomico-terapeutico-chimico) e pone a disposizione del medico una dotazione di preparati da corrispondere in modo completo alle necessità della terapia farmacologica secondo i criteri attualmente accettati.

Sono stati immessi nel P.T.O.R.S. solo quei medicinali che, secondo le linee generali adottate dalla commissione unica del farmaco, rispondono a requisiti di efficacia terapeutica e di accettabile rapporto beneficio/rischio (medicina basata sull'evidenza).

I medicinali sono stati identificati con la denominazione comune e il codice A.T.C. e ordinati secondo la classificazione A.T.C. al quinto livello, in modo da facilitare la ricerca dei prodotti in commercio.

Per i medicinali soggetti a nota C.U.F. è stato riportato il numero della nota attualmente vigente; sono stati inoltre indicati: con la lettera g, l'eventuale presenza di generici per i farmaci non più coperti da brevetto, con le lettere m.i. i farmaci sottoposti a monitoraggio intensivo (secondo quanto stabilisce il decreto legislativo n. 279 del 21 novembre 2003). Sono state infine riportate nell'appendice le note regionali relative ai principi attivi per i quali è previsto che la Regione individui centri specialistici per la diagnosi e il piano terapeutico e/o modalità di distribuzione.

Per ogni principio attivo è stata indicata la via di somministrazione.

Oltre ai medicinali monocomposti, nel prontuario sono indicate alcune associazioni scelte tenendo conto delle caratteristiche seguenti:

a) provato sinergismo di somma o di potenziamento d'azione;

b) vantaggi in termini di "compliance";

c) vantaggi in termini economici.

Il P.T.O.R.S. sarà aggiornato dalla commissione regionale del Farmaco con metodologia analoga a quella sopra illustrata. Come prassi ordinaria, la commissione si riunirà per l'aggiornamento del P.T.O.R.S. ogni sei mesi. In caso di motivate richieste che giustifichino l'urgenza la commissione potrà essere convocata nell'intervallo fra le riunioni periodiche semestrali.

Per quanto riguarda la gestione del prontuario da parte delle aziende la commissione indica i seguenti criteri:

1. Ogni Azienda sanitaria ospedaliera, universitaria e U.S.L. istituisce una commissione terapeutica ospedaliera (C.T.O.) in conformità alle normative nazionali e regionali vigenti (D.M. 13 settembre 1988, D.A. n. 78698 del 12 dicembre 1989 e circolare assessoriale n. 803 del 19 aprile 1995).

2. Scegliendo fra i farmaci del P.T.O.R.S. la C.T.O. produrrà un P.T.O. che include i farmaci più appropriati alle specifiche esigenze dell'Ospedale secondo il rapporto beneficio/rischio, eventualmente avvalendosi di volta in volta dell'apporto di operatori sanitari specificamente competenti esterni alla C.T.O. Una volta adottato il P.T.O. la terapia all'interno dell'ospedale sarà consentita solo con i medicinali del P.T.O. aggiudicati.

3. La C.T.O. dovrà riunirsi almeno una volta ogni tre mesi, inviando di volta in volta all'ispettorato alla sanità-servizio 2 U.O. 3 (che provvederà ad inoltrarlo alla commissione regionale del farmaco) i verbali di dette riunioni, con le motivazioni delle eventuali modifiche apportate nel P.T.O. sempre nel rispetto del P.T.O.R.S.

4. Ai fini dell'acquisto dei farmaci la commissione regionale del farmaco raccomanda che le gare vengano espletate scegliendo preferibilmente un solo farmaco con il più favorevole rapporto beneficio clinico/costo fra quelli di una categoria terapeutica omogenea (A.T.C. 4° livello).

5. Eventuali richieste di acquisto di medicinali non inclusi nel P.T.O. verranno valutate secondo le seguenti procedure:

5.1. Medicinale che viene giudicato indispensabile ed insostituibile per un paziente in urgenza.

In tal caso, la richiesta firmata dal direttore dell'unità operativa o, in sua assenza, dal dirigente medico responsabile, con le iniziali del paziente, il numero di cartella clinica e la motivazione del giudizio di indispensabilità, di insostituibilità e dell'urgenza, viene inviata al Servizio di Farmacia che attiva le procedure per la fornitura immediata del medicinale.

Successivamente, tale richiesta, formulata nei modi indicati nel precedente comma, viene esaminata a posteriori nel più breve tempo possibile dalla C.T.O.

Se la richiesta in urgenza si ripetesse per lo stesso medicinale, l'unità operativa o le unità operative che lo hanno richiesto formuleranno richiesta alla C.T.O. di inserire il medicinale nel PTO. La richiesta e la procedura adottata dalla C.T.O. saranno quelle specificate al punto 5.2.

5.2. Medicinale che viene giudicato indispensabile per esigenze non coperte dai medicinali già in P.T.O., senza il criterio dell'urgenza. In tal caso l'unità operativa o le unità operative che avvertono l'esigenza presentano richiesta di inserimento del medicinale nel P.T.O., allegando documentazione del favorevole rapporto efficacia/svantaggi e del rapporto costo/efficacia del medicinale richiesto. La documentazione dovrà essere basata su sperimentazioni randomizzate e preferibilmente su meta-analisi di sperimentazioni randomizzate con end-points clinicamente rilevanti; per le patologie in essa considerate, la documentazione di efficacia dev'essere preferibilmente ricavata dall'edizione italiana di Clinical Evidence (CD). Sia le unità operative richiedenti che la C.T.O. devono infatti considerare che le sperimentazioni randomizzate sponsorizzate dall'industria presentano un fattore di errore sistematico (bias) a favore del medicinale soggetto alla sperimentazione, come è stato largamente documentato. Ed è un paradosso che non raramente chi richiede l'inserimento di un medicinale nel P.T.O. allega una documentazione direttamente fornita dalla ditta produttrice. Se decide di inserire il nuovo medicinale nel P.T.O., la C.T.O. dovrà specificare, in apposita relazione, su quale documentazione ha basato la propria decisione, e se con il nuovo medicinale intende sostituire altri medicinali della stessa categoria terapeutica, che vengono depennati, o se esso si aggiunge a tali medicinali e, in tal caso, con quali criteri di impiego alternativo.

Nel caso in cui il medicinale non fosse incluso nel P.T.O.R.S. la richiesta dovrà essere trasmessa all'Ispettorato regionale sanitario-servizio 2 U.O.3 che provvederà ad inoltrarla alla Commissione regionale del farmaco.

Nel concludere i propri lavori, la Commissione richiama l'attenzione dei medici sul frequente eccesso nell'impiego dei farmaci, universalmente segnalato come elemento di allarme. La multiterapia esprime infatti una frequente imprecisione di obiettivi terapeutici, implica un costo frequentemente immotivato, moltiplica il rischio di eventi avversi e di interazioni dannose, ed espone ad errori il personale ospedaliero incaricato di gestire la terapia.

INDICE GENERALE

A) Apparato Gastrointestinale e metabolismo

A01 Stomatologici

A02 Antiacidi, antiemetici ed antiulcera peptica

A03 Farmaci per i disturbi funzionali gastrointestinali

A04 Antiemetici ed antinausea

A05 Terapia biliare ed epatica

A06 Lassativi

A07 Antidiarroici, antinfiammatori ed antimicrobici intestinali

A09 Digestivi, inclusi gli enzimi

A10 Farmaci usati nel diabete

A11 Vitamine

A12 Integratori minerali

A16 Altri farmaci dell'apparato gastrointestinale e del metabolismo

B) Sangue ed organi emopoietici

B01 Antitrombotici

B02 Antiemorragici

B03 Farmaci antianemici

B05 Succedanei del plasma e soluzioni perfusionali

B06 Altri agenti ematologici

C) Sistema cardiovascolare

C01 Terapia cardiaca

C02 Antipertensivi

C03 Diuretici

C04 Vasodilatatori periferici

C05 Vasoprotettori

C07 Betabloccanti

C08 Calcioantagonisti

C09 Sostanze ad azione sul sistema renina-angiotensina

C10 Sostanze ipolipemizzanti

D) Dermatologici

D01 Antimicotici per uso dermatologico

D04 Antipruriginosi, inclusi antistaminici, anestetici, ecc. . .

D05 Antipsoriasici

D06 Antibiotici e chemioterapici per uso dermatologico

D07 Corticosteroidi, preparati dermatologici

D08 Antisettici e disinfettanti

D11 Altri dermatologici

G) Sistema genito-urinario ed ormoni sessuali

G01 Antimicrobici ed antisettici ginecologici

G02 Altri ginecologici

G03 Ormoni sessuali e modulatori del sistema genitale

G04 Urologici

H) Preparati ormonali sistemici, esclusi gli ormoni sessuali

H01 Ormoni ipofisari, ipotalamici ed analoghi

H02 Corticosteroidi sistemici

H03 Terapia tiroidea

H04 Ormoni pancreatici

H05 Calcio-omeostatici

J) Antimicrobici generali per uso sistemico

J01 Antibatterici per uso sistemico

J02 Antimicotici per uso sistemico

J04 Antimicobatterici

J05 Antivirali per uso sistemico

J06 Sieri immuni ed immunoglobuline

L) Farmaci antineoplastici ed immunomodulatori

L01 Antineoplastici

L02 Terapia endocrina

L03 Immunostimolanti

L04 Sostanze ad azione immunosoppressiva

M) Sistema muscolo-scheletrico

M01 Farmaci antinfiammatori ed antireumatici

M03 Miorilassanti

M04 Antigottosi

M05 Farmaci per il trattamento delle malattie delle ossa

N) Sistema nervoso

N01 Anestetici

N02 Analgesici

N03 Antipilettici

N04 Antiparkinsoniani

N05 Psicolettici

N06 Psicoanalettici

N07 Altri farmaci del sistema nervoso

P) Farmaci antiparassitari, insetticidi e repellenti

P01 Antiprotozoari

P02 Antielmintici

P03 Ectoparassiticidi, compresi antiscabbia, insetticidi e repellenti

R) Sistema respiratorio

R01 Preparati rinologici

R03 Farmaci per le sindromi ostruttive delle vie respiratorie

R05 Preparati per la tosse e le malattie da raffreddamento

R06 Antistaminici per uso sistemico

R07 Altri preparati per il sistema respiratorio

S) Organi di senso

S01 Oftalmologici

V) Vari

V03 Tutti gli altri prodotti terapeutici

V04 Diagnostici

V06 Agenti nutrizionali

V07 Tutti gli altri prodotti non terapeutici

V08 Mezzi di contrasto

V09 Radiofarmaceutici diagnostici

V10 Radiofarmaceutici terapeutici

Legenda

Indice alfabetico dei principi attivi

Appendici

Note regionali: appendice A

Note C.U.F.: appendice B

Schede e Appendice "A" - [non disponibili].

APPENDICE B

NOTE CUF

Nota 1

Classe A, limitatamente alla seguente indicazione: prevenzione delle emorragie del tratto gastrointestinale superiore nei soggetti a rischio in trattamento cronico con farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) non selettivi.

Principio attivo: esomeprazolo, lansoprazolo, misoprostolo, omeprazolo, pantoprazolo, rabeprazolo.

Motivazioni e criteri applicativi

Si considerano soggetti a rischio: gli ultrasessantacinquenni; i pazienti con storia documentata di ulcera peptica, non guarita con terapia eradicante, o con storia di pregresse emorragie digestive; i pazienti in concomitante terapia con anticoagulanti o con cortisonici.

E' noto che i FANS determinano un rischio di ulcera peptica e sue complicanze (perforazione, emorragia), e di emorragia da gastrite erosiva. Il rischio di ospedalizzazione per una complicanza grave e potenzialmente fatale è stimato fra l'1 e il 2% per anno, e aumenta fino a 4-5 volte nelle categorie a rischio sopra specificate; il rischio è particolarmente alto se i FANS sono associati ad anticoagulanti.

Il misoprostolo è stato il primo farmaco di cui si è dimostrata l'efficacia nel ridurre l'incidenza degli eventi avversi gastrointestinali (ADR) da FANS. Un trial di grandi dimensioni (8.853 pazienti) ha dimostrato la riduzione di incidenza delle complicanze gravi (perforazione, emorragia, ostruzione pilorica); una metanalisi di 24 trial ha dimostrato una riduzione di incidenza delle ulcere gastriche (NNT=8) e delle ulcere duodenali (NNT=30). Il misoprostolo ha però una tollerabilità mediocre (dispepsia, dolore addominale, diarrea); nel trial citato i pazienti che sospendevano il trattamento per disturbi gastrointestinali erano più numerosi fra quelli trattati con misoprostolo più FANS (27,4%) che fra quelli trattati con FANS più placebo (20,1%, p<0,001).

Numerosi trials hanno dimostrato che, nei soggetti trattati con FANS, dosi standard di inibitori della pompa protonica riducono significativamente l'incidenza di ulcere gastriche e duodenali rispetto al placebo. L'omeprazolo è stato confrontato con ranitidina e con misoprostolo in due trial con uguale disegno. In tutti e due i trial venivano studiati soggetti che seguitavano il trattamento con FANS e avevano già un'ulcera in atto o almeno 10 erosioni gastriche o duodenali. In entrambi i trial l'omeprazolo era più efficace del farmaco di confronto (rispettivamente ranitidina e misoprostolo) nel guarire le ulcere e nel prevenire le recidive.

Gli inibitori H2 non sono stati inclusi tra i farmaci indicati per la prevenzione e il trattamento del danno gastrointestinale da FANS perché in dosi standard non riducono significativamente l'incidenza delle ulcere gastriche, che sono le più frequenti fra quelle da FANS anche se hanno efficacia pressoché uguale a quella del misoprostolo sulle ulcere duodenali. Una revisione non sistematica del danno gastrointestinale da FANS non raccomanda gli inibitori H2 per la prevenzione dei danni gastrointestinali da FANS; li ammette per la terapia delle ulcere previa sospensione dei FANS, ma non se si seguitano i FANS.

Nota 1 bis

La nota è abolita e i medicinali in essa previsti sono inclusi nella nuova nota 66.

Nota 2

Classe A, limitatamente alle seguenti indicazioni:

- cirrosi biliare primitiva;

- colangite sclerosante primitiva;

- colestasi associata alla fibrosi cistica e colestasi intraepatica familiare pediatrica;

- calcolosi colecistica.

Principio attivo: acido chenoursodesossicolico.

Principio attivo: acido tauroursodesossicolico.

Principio attivo: acido ursodesossicolico.

Motivazioni e criteri applicativi

Le prime tre indicazioni si riferiscono a epatopatie croniche nelle quali modificazioni quali-quantitative della funzione biligenetica hanno un ruolo patogenetico molto importante, determinando alterazioni anatomiche e funzionali del fegato (epatopatie colestatiche). L'impiego degli acidi urso e tauroursodesossicolico nelle epatopatie croniche colestatiche è limitato a quelle per le quali si trovano in letteratura prove di efficacia terapeutica in termini di miglioramenti anatomici, clinici e di sopravvivenza significativi o, nel caso di malattie prive di altre terapie utili, anche marginali. Tali prove, non univoche ma nettamente prevalenti per la cirrosi biliare primitiva (l'acido ursodesossicolico è stato approvato recentemente per la terapia di questa malattia dalla Food and Drug Administration), sono meno chiare ma non inesistenti per le altre epatopatie colestatiche in nota. Le sperimentazioni controllate e randomizzate hanno invece dimostrato che l'acido ursodesossicolico non è efficace nelle epatiti croniche virali, nelle quali non favorisce l'eliminazione dell'RNA del virus C e non migliora le lesioni istologiche.

La calcolosi colesterinica potenzialmente trattabile con acidi biliari è caratterizzata da calcoli singoli o multipli (diametro uguale o inferiore a 1 cm), radiotrasparenti, con colecisti funzionante, pazienti non obesi con sintomatologia modesta (coliche non molto frequenti o gravi). Altra indicazione è la presenza in colecisti di frammenti di calcoli post litotripsia.

Nella colelitiasi, la terapia con sali biliari ottiene la dissoluzione dei calcoli solo in una parte dei pazienti, variabile in relazione a fattori diversi (dimensioni dei calcoli, funzionalità della colecisti eccetera); è seguita frequentemente dalla formazione di nuovi calcoli (50-60% a 5 anni); non trova indicazione nei pazienti con coliche ravvicinate o gravi, per i quali è necessaria la colecistectomia. Bisogna anche considerare che l'alternativa chirurgica, laparoscopica o con minilaparotomia, è risolutiva e a basso rischio. Si ritiene opportuno limitare l'uso dei sali biliari ai pazienti con caratteristiche definite "ottimali" per la dissoluzione dei calcoli, che raggiunge in questi casi percentuali fra il 48% e il 60%.

Le caratteristiche sopra ricordate sono presenti in circa il 15% dei pazienti.

Nota 2 bis

La nota è abolita e i medicinali in essa previsti sono inclusi nella nuova nota 2.

Nota 3

La nota 3 è abolita.

Nota 5

Classe A, limitatamente alle seguenti indicazioni:

- insufficienza pancreatica esocrina conseguente;

- pancreatite cronica;

- pancreasectomia;

- neoplasie del pancreas;

- fibrosi cistica.

Principio attivo: pancrelipasi.

Motivazioni e criteri applicativi

La supplementazione orale con enzimi pancreatici si rende necessaria per compensare la ridotta o assente secrezione causata da varie malattie del pancreas con maldigestione e malassorbimento di grassi e proteine. L'acidità gastrica e il calore possono inattivare le preparazioni contenenti enzimi pancreatici che dovrebbero essere assunti durante i pasti e con bevande non calde. Attualmente le preparazioni disponibili sono gastroprotette per cui non serve associare alla supplementazione di enzimi pancreatici anche inibitori della secrezione acida gastrica o antiacidi.

La posologia è regolata sulla base del numero di scariche alvine, la consistenza e la quantità delle feci riferite dal paziente che assume la terapia sostitutiva con gli enzimi pancreatici.

Gli enzimi pancreatici possono provocare irritazione perianale, se assunti in dosaggio eccessivo, e perioralese trattenuti in cavità orale. Possono anche causare nausea, vomito, gonfiore addominale e, raramente, iperuricemia e iperuricosuria.

Nota 8

Classe A, limitatamente alla seguente indicazione:

- carenza primaria di carnitina.

Principio attivo: levocarnitina os 10 cont. 2g registro U.S.L.

Motivazioni e criteri applicativi

La carnitina è un costituente essenziale dell'organismo e svolge un ruolo di rilievo nel metabolismo energetico a livello mitocondriale; il servizio sanitario nazionale garantisce pertanto la gratuità della erogazione per coloro che hanno carenza primaria di carnitina, evidenziata mediante dosaggio della carnitina nel plasma o biopsie muscolari. I valori normali di carnitina nel plasma sono di circa 25 µmoli/l nell'infanzia e di 54 µmoli/l nell'età adulta; nella pratica clinica viene posta diagnosi di carenza primaria per livelli ematici inferiori a 2 µmoli/l o per concentrazioni tessutali minori del 10-20% rispetto ai valori normali.

Una carenza secondaria può verificarsi durante trattamento dialitico. Sono state pubblicate 3 ricerche (anche se condotte in un numero limitato di pazienti), in cui è stata dimostrata la possibilità di ridurre la posologia dell'eritropoietina in circa il 50% dei casi trattati con 1 grammo di levocarnitina per via endovenosa a fine dialisi. La levocarnitina può pertanto essere usata in regime ospedaliero anche domiciliare, quando sia stato ottimizzato l'apporto di ferro, per ridurre la posologia dell'eritropoietina e per migliorare la risposta insufficiente alla terapia con eritropoietina che si verifica in alcuni pazienti.

Il trattamento con levocarnitina dovrebbe essere sospeso se, dopo 4 mesi di terapia, non sia stato possibile dimostrare una riduzione della posologia dell'eritropoietina.

Nota 9

Classe A, limitatamente alle seguenti indicazioni:

- in associazione all'acido acetilsalicilico per il mese successivo ad angioplastica coronarica con impianto di stent;

- trattamento della trombosi della vena centrale della retina;

- in alternativa all'acido acetilsalicilico nei pazienti che devono seguire un trattamento antiaggregante e che hanno avuto:

- manifestazioni da ipersensibilità all'acido acetilsalicilico (orticaria, angioedema, rinite, asma, congiuntivite);

- recidiva di eventi ischemici cerebrali durante terapia con acido acetilsalicilico;

- ulcera gastroduodenale.

Principio attivo: ticlopidina.

Motivazioni e criteri applicativi

E' stato dimostrato che l'associazione tra ticlopidina e acido acetilsalicilico è più efficace della sola aspirina o della terapia anticoagulante orale nel prevenire la ristenosi delle angioplastiche coronariche a cui è stato applicato uno stent.

La ticlopidina esercita un'azione antiaggregante (con meccanismo differente da quello dell'acido acetilsalicilico) che si manifesta nella riduzione di eventi ischemici in gruppi di pazienti affetti da patologia vascolare in vari distretti arteriosi. Dal momento che la documentazione scientifica a favore dell'acido acetilsalicilico continua a essere preponderante rispetto a quella della ticlopidina e che, alla luce delle indicazioni proposte nelle principali linee guida internazionali, il rapporto costo-beneficio è decisamente a favore del l'acido acetilsalicilico, è preferibile prescrivere l'acido acetilsalicilico a bassa dose a tutti i pazienti per i quali è indicato un trattamento antiaggregante, riservando la ticlopidina per quelli che non possono assumere l'acido acetilsalicilico per vari motivi.

Nota 10

Classe A, limitatamente alla seguente indicazione:

- trattamento delle anemie megaloblastiche da carenza documentata di vitamina B12 e di folati.

Principio attivo: acido folico.

Principio attivo: cianocobalamina.

Principio attivo: idrossocobalamina.

Nota 11*

Classe A, limitatamente alla seguente indicazione:

- rescue (recupero) dopo terapia con antagonisti dell'acido diidrofolico.

Principio attivo: calcio folinato.

Principio attivo: calcio levofolinato.

Principio attivo: calcio mefolinato.

Motivazioni e criteri applicativi

L'erogazione di acido folinico a totale carico del servizio sanitario nazionale è consentita nelle seguenti formulazioni e indicazioni:

a) nelle forme orali e in quelle iniettabili per uso ospedaliero, per contrastare la tossicità a livello del midollo emopoietico, della mucosa gastrointestinale e della cute dopo somministrazione a scopo antitumorale del metotrexato, antagonista della diidrofolato reduttasi;

b) nelle forme iniettabili per uso ospedaliero, in associazione al fluorouracile per modularne l'efficacia terapeutica. L'utilizzo del farmaco per altre indicazioni non ha motivazioni ai fini dell'ammissione alla rimborsabilità.

* La nota 11 resta in vigore nella formulazione attualmente vigente fino alla data di emanazione del provvedimento di riclassificazione che renderà efficace la presente nuova versione della nota, ai sensi dell'articolo 2 comma 3 del decreto 22 dicembre 2000.

Nota 12

Classe A, limitatamente alle seguenti indicazioni:

- trattamento dell'anemia grave associata a insufficienza renale cronica nei bambini e in pazienti adulti;

- trattamento dell'anemia in pazienti oncologici in chemioterapia antiblastica.

Principio attivo: darbepoetina alfa.

Principio attivo: epoetina alfa.

Principio attivo: epoetina beta.

Motivazioni e criteri applicativi

L'impiego dell'eritropoietina per l'emodonazione ai fini dell'autotrasfusione è limitato all'ambiente ospedaliero.

Nota 13

Classe A, limitatamente alle seguenti indicazioni:

- dislipidemie familiari.

Principio attivo: atorvastatina.

Principio attivo: bezafibrato.

Principio attivo: fenofibrato.

Principio attivo: fluvastatina.

Principio attivo: gemfibrozil.

Principio attivo: pravastatina.

Principio attivo: simfibrato.

Principio attivo: simvastatina.

Principio attivo: atorvastatina.

Principio attivo: fluvastatina.

Principio attivo: pravastatina.

Principio attivo: simvastatina.

Motivazioni e criteri applicativi

La cardiopatia ischemica è una patologia multifattoriale e pertanto la prevenzione primaria e secondaria non può limitarsi al trattamento dell'ipercolesterolemia, né deve essere intrapresa sulla base di un valore soglia decisionale, valido per tutti gli individui, a prescindere dalla storia clinica e dalla presenza di altri fattori di rischio coronarico. Infatti, i fattori di rischio hanno un ruolo combinato nell'aumentare le probabilità che un individuo ha di incorrere in un evento cardiovascolare. Le principali linee guida internazionali si sono ormai uniformate a questo concetto, proponendo che il giudizio sul trattamento dell'ipercolesterolemia sia conseguente a una valutazione complessiva del paziente a rischio di cardiopatia ischemica. Alcune propongono una valutazione del numero di fattori di rischio coesistenti (metodo semplice, di facile comprensione e applicazione, ma poco accurato perché non distingue diversi livelli di gravità di uno stesso fattore di rischio) e altre propongono di stimare il rischio sulla base della gravità di alcuni fattori di rischio, utilizzando apposite tavole per il calcolo del rischio coronarico che tengono conto di classi di età, vari livelli di pressione arteriosa, colesterolemia, abitudine al fumo e presenza di diabete mellito.

Per quanto riguarda la rimborsabilità dei farmaci ipolipemizzanti, è necessario distinguere tre livelli di trattamento:

- dislipidemie familiari;

- ipercolesterolemia non corretta dalla sola dieta in soggetti ad alto rischio di un primo evento cardiovascolare maggiore;

- ipercolesterolemia non corretta dalla sola dieta in pazienti con cardiopatia ischemica.

Dislipidemie familiari

Le dislipidemie familiari sono malattie su base genetica a carattere autosomico (recessivo, dominante o codominante seconda la malattia) caratterizzate da alti livelli di alcune frazioni lipidiche del sangue e da una grave e precoce insorgenza di malattia coronarica.

Le dislipidemie sono state finora distinte secondo la classificazione di Frederickson, basata sull'individuazione delle frazioni lipoproteiche aumentate.

Più recentemente è stata proposta una classificazione basata sull'eziologia molecolare e sulla patofisiologia delle alterazioni lipoproteiche (chilomicronemia, disbetalipoproteinemia, iperlipemia combinata, ipertrigliceridemia, carenza della lipasi epatica, ipercolesterolemia, difetto di ApoB100). La rarità di alcune di queste forme, la complessità della classificazione e dell'inquadramento genetico e l'alto rischio di eventi cardiovascolari precoci suggeriscono di fare riferimento a centri specializzati a cui indirizzare i pazienti a cui viene formulata un'ipotesi diagnostica di dislipidemia familiare. Per i pazienti con diagnosi accertata di dislipidemia familiare tutti i farmaci ipolipemizzanti sono in fascia A.

Ipercolesterolemia non corretta dalla sola dieta in soggetti ad alto rischio di un primo evento cardiovascolare maggiore

Vengono considerati a rischio alto i soggetti senza un pregresso episodio di cardiopatia ischemica che, in base alla combinazione di 6 fattori (età, sesso, diabete, fumo, valori di pressione arteriosa e di colesterolemia) abbiano un rischio maggiore del 20% di sviluppare un evento cardiovascolare nei successivi 10 anni. Tale rischio può essere stimato utilizzando la carta del rischio cardiovascolare elaborata da alcune società scientifiche europee. Sulla base delle linee guida prodotte dalle società scientifiche europee i soggetti con rischio:

- <20% e colesterolemia totale <190 mg/dl devono ricevere consigli dietetici e sulle abitudini di vita ed essere ricontrollati dopo 5 anni;

- >20%, colesterolemia totale <190 mg/dl e colesterolemia LDL <115 mg/dl devono ricevere consigli sulle abitudini di vita ed essere sottoposti a controlli annuali;

- >20%, colesterolemia totale >90 mg/dl o colesterolemia LDL>15 mg/dl, devono ricevere consigli sulle abitudini di vita e iniziare un trattamento farmacologico.

Solo per due molecole (lovastatina non in commercio in Italia e pravastatina) è stato dimostrato che la riduzione dell'ipercolesterolemia è associata alla riduzione dell'incidenza di eventi coronarici. Nello studio WOSCOPS 6.595 uomini di età compresa tra 45 e 65 anni e colesterolemia totale media pari a 272±22 mg/dl e colesterolemia LDL media di 192±17 mg/dl per quasi 5 anni sono stati trattati con 40 mg di pravastatina o placebo. Alla fine della ricerca è stata dimostrata una riduzione della mortalità dal 4,1 al 3,2% (p=0,051; riduzione assoluta del rischio [RAR]=0,9%; numero necessario da trattare [NNT]=111) dell'incidenza di infarto miocardico fatale e non fatale dal 7,9 al 5,5% (p<0,001; RAR=2,4%; NNT=42) e di interventi di rivascolarizzazione miocardica dal 2,5 all.1,7% (p=0,009; RAR=0,8%; NNT=125).

Ipercolesterolemia non corretta dalla sola dieta in pazienti con cardiopatia ischemica

I pazienti con cardiopatia ischemica vengono considerati ipercolesterolemici quando, dopo adeguato intervento dietetico, abbiano:

- colesterolemia LDL >100 mg/dl se a rischio alto di infarto;

- colesterolemia LDL >130 mg/dl se a rischio basso di infarto.

Nel caso di pazienti che abbiano già avuto un infarto miocardico, la gravità del rischio di un secondo evento viene definita dalla presenza di più fattori quali l'età avanzata, la presenza di disfunzione ventricolare sinistra (frazione di eiezione inferiore al 40%), la presenza di ischemia (angina post infartuale o ischemia alla prova da sforzo), di aritmie ventricolari (battiti ectopici ventricolari >10/ora oppure aritmie ventricolari ripetitive o sostenute) o la presenza di fattori di rischio preesistenti (fumo, ipertensione arteriosa, diabete mellito, ipercolesterolemia totale, bassi valori di colesterolemia HDL, claudicatio intermittens) e può essere stimata utilizzando la carta del rischio post infartuale elaborata sulla base dei dati di mortalità ricavati su oltre 10.000 pazienti italiani sopravvissuti a un infarto miocardico. Nel caso in cui il laboratorio non fornisca il valore della colesterolemia LDL, se la trigliceridemia è inferiore a 400 mg/dl, per calcolare la colesterolemia LDL, si può adottare la formula di Friedewald: colesterolemia LDL = colesterolemia totale - colesterolemia HDL - (trigliceridemia/5).

Solo per due molecole (pravastatina e simvastatina) è stato dimostrato che la riduzione dell'ipercolesterolemia è associata alla riduzione dell'incidenza di eventi coronarici. Nello studio 4S, 4.444 pazienti con cardiopatia coronarica e colesterolemia tra 210 e 310 mg/dl sono stati trattati con simvastatina (il 63% con 20 mg e il 37% con 40 mg). Alla fine della ricerca è stata dimostrata una riduzione della mortalità dall'11,5 all'8,2% (p=0,0003; RAR=3,5%; NNT=29), e di interventi di rivascolarizzazione miocardica dal 17,2 all'11,3% (p=0,0001; RAR=5,9%; NNT=17).

Nello studio CARE 4.159 pazienti con colesterolemia <240 mg/dl sono stati trattati con 40 mg di pravastatina o placebo. Alla fine della ricerca è stata dimostrata una riduzione della mortalità cardiaca dal 5,7 al 4,6% (p=0,10; RAR=1,1; NNT=91) e una riduzione degli interventi di rivascolarizzazione da 18,8 al 14,1% (p<0,001; RAR=4,7%; NNT=21). Infine nello studio LIPID 9.014 pazienti con colesterolemia tra 155 e 271 mg/dl sono stati trattati per 6,1 anni con 40 mg di pravastatina o placebo. Alla fine della ricerca è stata dimostrata una riduzione della mortalità totale dal 14,1 all'11,0% (p<0,001; RAR=3,1; NNT=32) e una riduzione degli interventi di rivascolarizzazione dal 15,7 al 13,0% (p<0,001; RAR=2,7%; NNT=37).

I fibrati non sono inclusi tra i farmaci rimborsabili per i pazienti con ipercolesterolemia in quanto i risultati delle ricerche sono contradditori. In una prima ricerca di prevenzione primaria con gemfibrozil era stata riscontrata una riduzione degli eventi cardiovascolari, ma un lieve aumento della mortalità. Successivamente, con lo stesso principio attivo è stata dimostrata, in pazienti di sesso maschile con precedente infarto miocardico, una riduzione di eventi cardiovascolari, ma non della mortalità totale. Più recentemente, con il bezafibrato è stata riscontrata una riduzione della trigliceridemia e un aumento della colesterolemia HDL, senza alcuna riduzione della mortalità e degli eventi cardiovascolari. In nessuna linea guida viene fatto riferimento all'uso dei fibrati, né vi sono finora dati sufficienti per giustificare un trattamento farmacologico prescritto per ridurre la trigliceridemia o per aumentare i bassi valori di colesterolemia HDL, se non in caso di diagnosi di ipertrigliceridemia familiare, di dislipidemia mista o di diabete mellito.

Nota 14

La nota è abolita e i medicinali in essa previsti sono inclusi nella nuova nota 13.

Nota 15

Classe A, limitatamente alle seguenti indicazioni, in singole somministrazioni o in cicli brevi:

- dopo paracentesi evacuativa nella cirrosi;

- grave ritenzione idrosalina nella cirrosi ascitica o nella sindrome nefrosica non responsiva a un trattamento diuretico appropriato, specie se associata a ipoalbuminemia o a segni clinici di ipovolemia.

Principio attivo: albumina umana.

Motivazioni e criteri applicativi

Il trattamento con albumina ha indicazioni non frequenti ed è spesso soggetto a uso incongruo, sia in ospedale sia nella pratica extraospedaliera. Secondo linee guida non recenti elaborate da una consensus conference, l'albumina può trovare indicazione in pazienti in condizioni critiche con ipovolemia, ustioni estese, o ipoalbuminemia.

Più recentemente, una metanalisi di 23 sperimentazioni randomizzate in 1.149 pazienti in queste condizioni critiche ha mostrato una mortalità maggiore nei pazienti trattati con albumina che in quelli trattati con soluzioni di cristalloidi. I risultati di questa metanalisi sono stati esaminati da un gruppo di esperti, riunito dal Committee on Safety of Medicines britannico, il quale ha concluso che "non c'è sufficiente prova per togliere l'albumina dal mercato"; ha tuttavia raccomandato prudenza e, in particolare, la sorveglianza per l'eventuale sovraccarico circolatorio nell'uso dell'albumina in queste condizioni.

Di maggior interesse per la pratica extraospedaliera è l'eventuale impiego di albumina nella cirrosi e nelle sindromi nefrosiche. Nella cirrosi è generalmente ammesso, con qualche riserva, un effetto favorevole dell'albumina dopo paracentesi evacuativa; possibile, ma osservato in uno schema di trattamento multifasico non usuale, e comunque modesto, è l'effetto di brevi cicli di albumina nei pazienti con grave ritenzione idrosalina non responsiva al trattamento diuretico. Trattamenti prolungati non migliorano la sopravvivenza né riducono significativamente le complicanze. E' indicativo il fatto che revisioni e trattati recenti neppure citino l'impiego dell'albumina come complemento alla terapia diuretica nella cirrosi ascitica; fra queste revisioni, l'aggiornamento a maggio 2000 delle linee guida delle University Hospital Consortium Guidelines limiterebbe l'uso dell'albumina alle paracentesi evacuative e conclude che "l'uso dell'albumina senza paracentesi dovrebbe essere evitato". Attende conferma l'impiego di alte dosi di albumina nella peritonite batterica spontanea della cirrosie.

Occasionalmente, l'albumina può essere utile in urgenza nella sindrome nefrosica in cui l'edema massivo è associato a ipovolemia clinicamente manifesta (ipotensione, tachicardia).

Nota 21

La nota è abolita e i medicinali in essa previsti rimangono in classe A senza nota.

Nota 28

Classe A, limitatamente alle seguenti indicazioni:

- patologia oncologica maligna;

- sindrome anoressia/cachessia da neoplasie maligne e da AIDS in fase avanzata.

Principio attivo: gestonorone.

Principio attivo: medrossiprogesterone.

Principio attivo: megestrolo.

Motivazioni e criteri applicativi

I progestinici megestrolo acetato e medrossiprogesterone acetato sono utilizzati come seconda e terza linea di terapia nel cancro mammario. Trovano altresì impiego per il trattamento dei carcinomi endometriali e renali (limitatamente al medrossiprogesterone acetato per via orale) e sono scarsamente impiegati nel cancro prostatico. Le indicazioni cancro dell'endometrio e mammario sono sufficientemente definite per i due steroidi e non sono soggette a nota.

Il loro impiego nel carcinoma renale e ancor più in quello prostatico è da valutare caso per caso e, relativamente al carcinoma renale, è limitato al medrossiprogesterone acetato per via orale.

Megestrolo acetato e medrossiprogesterone acetato per via orale trovano anche impiego, supportato in letteratura, nella cosiddetta sindrome anoressia/cachessia. Questa è caratterizzata da progressiva perdita di peso (>10% del peso ideale), anoressia, nausea cronica, malassorbimento, astenia, cambiamento dell'immagine corporea, impoverimento del performance status. Tale sindrome si rileva in pazienti affetti da neoplasia maligna in fase avanzata e da AIDS, fino all'80% in pazienti oncologici terminali, e rappresenta un importante fattore prognostico negativo. Gli obiettivi maggiori dei trattamenti con progestinici riguardano, nell'anoressia/cachessia da cancro e da AIDS, il recupero ponderale, l'aumento dell'appetito e dell'introito calorico. Obiettivi secondari sono costituiti dal controllo della nausea cronica e del dolore e dal miglioramento del performance status della qualità della vita.

Le prove che megestrolo acetato e medrossiprogesterone acetato sono in grado di conseguire tali obiettivi terapeutici sono mostrate da studi clinici controllati in doppio cieco e con dimensione del campione adeguata.

Vi è anche dimostrazione che l'impatto di questi trattamenti sul peso corporeo è dovuto a un aumento reale della massa magra e grassa, e soprattutto grassa, piuttosto che a ritenzione idrica.

Gli studi hanno infine evidenziato che il miglior effetto terapeutico si ottiene con dosaggi di medrossiprogesterone acetato di 500-1.000 mg al giorno e di megestrolo acetato di 160-320 mg al giorno per via orale.

Gli effetti in pazienti con carcinomi gastrointestinali non sembrano molto favorevoli. Effetti antianoressici e di incremento sul peso corporeo sono stati rilevati anche nella fibrosi cistica.

Nota 30

Classe A, limitatamente alle seguenti indicazioni:

- neutropenie congenite o da chemioterapia;

- trapianto di midollo osseo;

- mobilizzazione di cellule staminali periferiche.

Principio attivo: filgrastim.

Principio attivo: lenograstim.

Principio attivo: molgramostim.

Motivazioni e criteri applicativi

L'utilizzo dei fattori di crescita emopoietici attivi sui precursori della serie granulocitaria (G-CSF) ha migliorato il corso delle neutropenie congenite gravi, riducendo la frequenza delle infezioni gravi e aumentando la sopravvivenza dei pazienti.

Le linee guida per l'impiego dei fattori di crescita emopoietici (CSF) per i pazienti sottoposti a terapie antiblastiche e a trapianto di midollo sono state definite nel 1994 e successivamente revisionate dalla American Society of Clinical Oncology.

Profilassi della neutropenia febbrile:

- somministrazione primaria, in pazienti con una potenziale attesa di neutropenia febbrile >30%;

- somministrazione secondaria, nei cicli successivi dopo il riscontro di neutropenia febbrile in seguito a chemioterapia.

Terapia:

- neutropenia in assenza di febbre, sebbene riducano la durata della neutropenia, non vi è prova da studi randomizzati che vi sia un miglioramento significativo della gravità delle infezioni o della sopravvivenza;

- neutropenia febbrile, vi è indicazione in associazione alla terapia antibiotica. I CSF possono determinare una riduzione della ospedalizzazione, una migliore risposta alla terapia antibiotica, un miglioramento della qualità di vita.

Trapianto di midollo osseo e di cellule staminali periferiche:

- riduzione della neutropenia e delle complicanze infettive in pazienti sottoposti a chemioterapia ad alte dosi e a trapianto autologo o allogenico di midollo osseo (BMT) o reinfusione di cellule staminali periferiche (PBSCT). In caso di PBSCT il recupero è più rapido che per il BMT;

- mobilizzazione di cellule staminali periferiche sia per trapianto autologo che da donatori sani;

- aumento delle cellule staminali raccolte in corso di aferesi e possibilità di mobilizzare le cellule progenitrici dal sangue periferico di donatori sani. Le dosi consigliate per il GCSF (filgrastim e lenograstim) e per il GM-CSF (molgramostim) sono di 5-10 µg/kg al giorno.

Nota 31

Classe A, limitatamente alla seguente indicazione:

- tosse persistente non produttiva nelle gravi pneumopatie croniche e nelle neoplasie polmonari primitive o secondarie.

Principi attivi: destrometorfano*; dimemorfano*;

* I medicinali a base di destrometorfano e dimemorfano saranno riclassificati in classe A con nota 31, ai sensi dell'art. 2 comma 6 del decreto 22 dicembre 2000.

Principio attivo: diidrocodeina.

Principio attivo: diidrocodeina + ac. benzoico.

Principio attivo: levodropropizina.

Nota 32

Classe A, limitatamente alle seguenti indicazioni:

1) Interferone alfa-2a e alfa-2b ricombinanti

- epatite cronica B HBV-DNA-positiva e HBeAg-positiva, con ipertransaminasemia; epatite cronica B-delta (monoterapia). In combinazione con ribavirina o in monoterapia se esistono contro indicazioni alla ribavirina: epatite cronica C, con ipertransaminasemia, in pazienti mai trattati in precedenza con interferoni o trattati con risposta post trattamento e successiva recidiva: leucemia a cellule capellute; leucemia mieloide cronica; sarcoma di Kaposi correlato all'AIDS o ad altre condizioni cliniche di immunodepressione; linfoma non Hodgkin follicolare; melanoma maligno.

2) Interferone alfa-2a ricombinante

- anche carcinoma renale avanzato; linfoma cutaneo a cellule T.

3) Interferone alfa-2b ricombinante

- anche mieloma multiplo; tumore carcinoide.

4) Peg-interferone alfa-2b

- in combinazione con ribavirina o in monoterapia se esistono controindicazioni alla ribavirina: epatite cronica C, con ipertransaminasemia, in pazienti mai trattati in precedenza con interferoni o trattati con risposta post trattamento e successiva recidiva.

5) Interferone n-1 linfoblastoide

- epatite cronica B HBV-DNA-positiva e HBeAg-positiva con ipertransaminasemia; epatite cronica C con ipertransaminasemia, in monoterapia se esistono controindicazioni alla ribavirina; epatite cronica B-delta (monoterapia); leucemia mieloide cronica.

6) Interferone alfa naturale alfa-n3 (leucocitario)

- solo in soggetti che abbiano presentato fenomeni di documentata intolleranza ad altri interferoni, limitatamente alle indicazioni: epatite cronica B e B-delta; solo in soggetti che abbiano presentato fenomeni di documentata intolleranza ad altri interferoni, in combinazione con ribavirina o in monoterapia se esistono controindicazioni alla ribavirina: epatite cronica C, con ipertransaminasemia, in pazienti mai trattati in precedenza con interferoni o trattati con risposta post trattamento e successiva recidiva; leucemia a cellule capellute; leucemia mieloide cronica, mieloma multiplo; linfoma non Hodgkin, micosi fungoide, sarcoma di Kaposi correlato all'AIDS o ad altre condizioni cliniche di immunodepressione; carcinoma renale, melanoma maligno.

7) Interferone alfacon-1

- in monoterapia se esistono controindicazioni alla ribavirina: nell'epatite cronica C, con ipertransaminasemia, in pazienti mai trattati in precedenza con interferoni o trattati con risposta post trattamento e successiva recidiva.

8) Interferone beta ricombinante

- in pazienti già in trattamento per le indicazioni: epatite cronica B, C e D.

La prescrizione è consentita solo su diagnosi e piano terapeutico di centri specializzati, universitari o delle aziende sanitarie, individuati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano.

Principio attivo: interferone alfa-2a.

Principio attivo: interferone alfa-2b.

Principio attivo: interferone alfa n1.

Principio attivo: interferone alfa naturale.

Principio attivo: interferone alfacon-1.

Principio attivo: interferone beta ricombinante.

Principio attivo: peginterferone alfa-2b.

Motivazioni e criteri applicativi

Oltre la metà dell'impiego di interferoni (IFN) è finalizzata al trattamento delle epatiti croniche virali. In queste indicazioni, l'uso degli IFN è probabilmente destinato a subire in tempi brevi alcune modifiche (sostituzione o combinazione con antivirali).

Epatite cronica B

Nel 30-50% dei pazienti con epatite cronica B HB eAg-positiva il trattamento con IFN per 6 mesi determina una risposta terapeutica efficace (normalizzazione di ALT, negativizzazione di HBeAg e di HBV-DNA; successivamente si verifica in molti di essi la negativizzazione di HBsAg; la risposta virologica è in genere duratura, ed è seguita nel tempo da attenuazione, fino alla scomparsa dei reperti istologici di epatite cronica); le percentuali di risposta nei bambini sono più basse. Gli IFN non sono altrettanto efficaci nell'epatite cronica B con replicazione attiva da virus mutante, che ha perso la capacità di produrre HBeAg (HBV-DNA-positivi, ma HBeAg-negativi).

Questi pazienti (che in Italia sono attualmente circa il 90% dei pazienti con epatite cronica B) hanno una risposta terapeutica agli IFN meno frequente di quelli HBeAg-positivi, richiedono dosaggi più alti e pertanto spesso non tollerati e, soprattutto, tendono a riattivare la malattia dopo sospensione. L'uso dell'IFN non è indicato nei soggetti con transaminasi normali, che peraltro sono in larghissima maggioranza HBV-DNA-negativi.

Epatite cronica B con sovrapposizione delta (B/D)

IFN è scarsamente efficace, con risposta sostenuta in meno del 15% dei casi; sono richiesti dosaggi alti (9 MU 3 volte la settimana per un anno), spesso non tollerati o tollerati con grave abbassamento della qualità di vita.

Epatite cronica C

E' questa l'epatite di gran lunga più frequente in Italia. Le percentuali di risposta agli IFN in corso di monoterapia (negativizzazione di HCV-RNA, normalizzazione di ALT) si aggirano attorno al 20-50%; tuttavia l'epatite si riattiva entro qualche mese dalla fine del trattamento in circa la metà dei responder; le percentuali di risposta sostenuta non superano il 15%. Come per l'epatite B, la risposta sostenuta è seguita nel tempo da attenuazione o scomparsa dei reperti istologici di epatite. Percentuali più alte di risposta terapeutica sostenuta sono state ottenute con la combinazione interferone- ribavirina. Risposta terapeutica sostenuta è stata ottenuta in circa il 30-45% dei pazienti, sia naif (cioè mai trattati in precedenza con IFN in monoterapia) che relapser (cioè con risposta a un precedente trattamento con IFN in monoterapia seguita da riattivazione); i pazienti che non hanno risposto all'IFN in monoterapia solitamente non rispondono neppure alla terapia di combinazione, che pertanto non è indicata in questi pazienti. La combinazione interferone-ribavirina, tuttavia, associa gli eventi avversi dei due medicinali (per la ribavirina una costante, più o meno marcata, anemia), che non sono trascurabili; inoltre, la sua efficacia è stata valutata solo in sperimentazioni controllate e randomizzate che, in generale, per la selezione dei pazienti e l'attenzione con cui sono seguiti, tendono a dare valutazioni ottimistiche rispetto all'esperienza post commercializzazione molto più larga. Sono questi i motivi che hanno indotto l'autorità sanitaria ad autorizzare l'impiego della terapia di combinazione interferone-ribavirina e la rimborsabilità anche della ribavirina in un regime che ne consenta una valutazione allargata [lo studio IMPROVE, coordinato dall'Istituto superiore di sanità]. Non c'è indicazione all'uso di interferone, in monoterapia o in combinazione, nei pazienti con transaminasi normali.

Più recente è l'introduzione in terapia di preparazioni di inter ferone-peghilato, che consentono la permanenza in circolo di concentrazioni attive di interferone assai più prolungate rispetto all'interferone non peghilato. E' stato dimostrato che l'interferone peghilato (una somministrazione settimanale) consente di ottenere percentuali di risposta terapeutica sostenuta significativamente più alte dell'interferone non peghilato; analogamente, la combinazione interferone-peghilato più ribavirina ottiene percentuali di risposta più alte della combinazione interferone non peghilato più ribavirina. Recentemente, la combinazione interferone alfa-2b peghilato più ribavirina è stata autorizzata all.impiego terapeutico nell'epatite C in sede comunitaria, sulla base di 5 sperimentazioni randomizzate (Decisione Europea del 25 maggio 2000 - Decreto AIC/UAC n. 134 del 24 febbraio 2001). Valgono per la combinazione interferone-peghilato più ribavirina le riserve sulla trasferibilità dei dati delle sperimentazioni alla pratica corrente sopra esposte a proposito della combinazione interferone più ribavirina, che inducono a introdurre anche la combinazione interferone-peghilato più ribavirina nello studio IMPROVE.

Gli studi clinici sull'interferone alfa naturale leucocitario n3 sono assai meno numerosi di quelli sugli altri interferoni alfa. Il suo profilo di sicurezza è pertanto il meno conosciuto.

Nell'epatite cronica C, è stata attribuita all'IFN alfa-n3, anche in dosi alte, una minor incidenza di effetti indesiderati rispetto agli altri IFN. Questo vantaggio, segnalato in piccoli studi non controllati, non sembra confermato da un trial controllato e randomizzato di confronto fra dosi diverse di IFN alfa-n3 leucocitario, che riporta percentuali di sospensione per intolleranza, 5% con 5MU e 21% con 10 MU 3 volte la settimana, non inferiori a quelle registrate nei trial di altri interferoni. Si ricorda che non può essere considerata fenomeno di intolleranza la reazione febbrile simil influenzale che segue la somministrazione delle prime dosi di interferone, la quale è facilmente dominata dal paracetamolo e non si ripete con il proseguimento del trattamento. Si segnala, infine, che l'interferone alfa naturale leucocitario n3 ha un costo più alto degli altri interferoni, in assenza di chiare prove di un qualsiasi vantaggio terapeutico.

L'interferone alfacon-1 (Consensus Interferon) è un interferone sintetico, ricombinante, costruito con sequenze di aminoacidi della famiglia degli alfa interferoni. Ha un profilo di efficacia e di effetti avversi non differente da quello di altri interferoni, ben documentato da trial randomizzati.

Le sperimentazioni cliniche finora pubblicate non hanno fornito prove convincenti di efficacia dell'interferone beta nelle epatiti virali croniche.

Sono in corso altre sperimentazioni con dosaggi e regimi diversi di somministrazione. Pertanto l'instaurazione ex novo di un trattamento con interferone beta non può essere autorizzata. Si fa rilevare che le epatiti croniche virali non sono incluse fra le indicazioni dell'interferone beta nel British National Formulary del marzo 2001 né nell'American Hospital Formulary Service 2001.

Nota 32 bis

Classe A, limitatamente alle seguenti indicazioni:

- epatite cronica B, HBV-DNA-positiva ma HB e Ag-negativa, con malattia evolutiva o scompensata, o con prospettiva di trapianto entro 6-12 mesi;

- epatite cronica B HBV-DNA-positiva e HBeAg positiva con cirrosi scompensata con prospettiva di trapianto entro 6-12 mesi, o in forme gravi ed evolutive, per periodi di trattamento non superiori a 12-18 mesi;

- in soggetti sottoposti a trapianto di fegato per epatite cronica B, HBV-DNA-positivi prima del trapianto, per il trattamento o la prevenzione della recidiva dell'epatite;

- per il trattamento e per la prevenzione delle riesacerbazioni dell'epatite B conseguenti a terapie con chemioterapici antitumorali in portatori cronici di HBsAg, anche se prima della chemioterapia erano HBV-DNA-negativi e con transaminasi normali.

Principio attivo: lamivudina.

Motivazioni e criteri applicativi

A differenza degli interferoni la lamivudina è efficace sia nell'epatite B HBeAg-positiva sia in quella HBeAg-negativa. Il suo effetto consiste nel reprimere la viremia e nel controllare l'ALT in circa il 40-60% dei casi. L'effetto è tuttavia transitorio: la viremia si riattiva, il livello delle ALT si alza nuovamente nel 90% dei pazienti entro 6 mesi dopo la sospensione del trattamento. Un problema non risolto riguarda la durata del trattamento. Infatti, il trattamento prolungato espone alla selezione di mutanti dell'HBV resistente al farmaco; la percentuale di pazienti in remissione raggiunge il massimo di oltre il 90% dopo un anno di trattamento, ma si riduce a circa il 50% attorno al secondo anno, talvolta con riesacerbazioni gravi nonostante il mantenimento della terapia. D'altra parte, la sospensione della terapia nei soggetti in remissione espone al rischio di riesacerbazioni, osservate nel 15-20% dei casi, in un terzo dei quali con epatite clinicamente grave. Queste osservazioni suggeriscono di limitare l'uso della lamivudina ai pazienti con forme gravi di epatite con o senza cirrosi o con cirrosi HBV-DNA-positive in fase pre trapianto.

La lamivudina ha infatti importanti indicazioni pre e post trapianto. Usata prima del trapianto, il farmaco sopprime la replicazione virale e negativizza la viremia, riducendo la probabilità di recidiva post trapianto; nel post trapianto, ha un ruolo sia per la prevenzione sia per il trattamento della recidiva.

Per la prevenzione, la lamivudina è stata usata con vantaggio sia da sola sia in combinazione con dosi ridotte di immunoglobuline anti HBV.

In soggetti portatori cronici di HBsAg, anche HBV-DNA negativi e senza ipertransaminasemia trattamenti chemioterapici antitumorali possono essere seguiti da riattivazioni della replicazione virale, con epatite acuta o subacuta assai grave, e una mortalità che in uno studio prospettico era del 37%. In sperimentazioni non randomizzate la lamivudina si è rivelata efficace nel trattamento e nella prevenzione di tali riattivazioni; la gravità delle epatiti B post chemioterapia, il profilo generale di attività della lamivudina e le pur limitate prove di efficacia per il trattamento e la prevenzione delle riesacerbazioni post chemioterapia dell'infezione cronica da virus B inducono ad autorizzare il suo impiego in tale contesto.

In uno studio prelimininare la lamivudina si è rivelata del tutto inefficace nell'epatite cronica delta.

Nota 33

La nota è abolita in quanto integrata nella nuova nota 32.

Nota 36

Classe A, limitatamente alle seguenti indicazioni:

- ipogonadismi maschili primitivi e secondari;

- pubertà ritardata.

Principio attivo: fluossimesterone

Principio attivo: metiltestosterone

Principio attivo: testosterone

Principio attivo: altri esteri del testosterone*.

La prescrizione è consentita solo su diagnosi e piano terapeutico di centri specializzati, universitari o delle aziende sanitarie, individuati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano.

* I medicinali a base di esteri del testosterone, non ancora rimborsati dal SSN e utilizzabili per via orale e/o parenterale, saranno riclassificati in classe A con nota 36, ai sensi dell'art. 2 comma 7, del decreto 22 dicembre 2000.

Nota 37

La nota è abolita e trasformata in un elenco di farmaci per i quali è prevista la possibilità di distribuzione diretta anche da parte delle strutture pubbliche.

Nota 39

Classe A, limitatamente alle seguenti indicazioni:

Età evolutiva:

- bassa statura da deficit di GH;

- sindrome di Turner citogeneticamente dimostrata;

- deficit staturale nell'insufficienza renale cronica;

- sindrome di Prader Willi in soggetti prepuberi.

In età pediatrica la carenza di ormone della crescita (GH) deve essere documentata da:

a) dati auxologici (statura, velocità di crescita, età ossea, target genetico);

b) dati laboratoristici (valori di IGF-1; picchi massimi di GH dopo uno o più test di stimolo diversi; secrezione spontanea di GH) da riportare in triplice copia sulla scheda epidemiologica da inviare all'Unità sanitaria locale di provenienza, alla Regione e all'Istituto superiore di sanità.

Età adulta:

- soggetti con livelli di GH allo stimolo con ipoglicemia insulinica <3 µg/l o, in presenza di controindicazioni al test di ipoglicemia insulinica, con picco inadeguato di GH dopo stimoli alternativi, per:

a) ipofisectomia totale o parziale (chirurgica, da radiazioni);

b) ipopituitarismo idiopatico, post traumatico, da neoplasie sellari e parasellari.

I livelli di GH vanno riportati nel registro Unità sanitaria locale.

Principio attivo: somatropina.

Motivazioni e criteri applicativi

Età evolutiva

Il trattamento con l'ormone va effettuato in bambini con bassa statura o bassa velocità di crescita determinati da deficit di GH: la carenza di GH può essere quantitativa, determinata da cause ipofisarie o ipotalamiche, ma anche qualitativa, determinata da inattività biologica dell'ormone. Il deficit di GH deve essere dimostrato:

a) deficit a patogenesi ipofisaria: mancata risposta di GH a due test provocativi classici (picco di GH ripetutamente inferiore a 10 µg/l) oppure a un test massimale con GHRH + arginina o piridostigmina (picco di GH inferiore a 20 µg/l);

b) deficit a patogenesi ipotalamica: secrezione spontanea media di GH nelle 24 ore, o quantomeno nelle 12 ore notturne, inferiore a 3 µg/l anche in presenza di normale risposta ai test provocativi;

c) deficit dell'attività biologica: bassi livelli di IGF-1 normoresponsivi al test di generazione somatomedinica in pazienti con normale secrezione somatotropa spontanea e stimolata.

Il trattamento con GH biosintetico deve protrarsi in tutti i bambini fino al raggiungimento della statura definitiva al termine del l'epoca puberale. Il trattamento deve essere proseguito in età adulta in quei casi in cui sia confermata l'esistenza di un grave deficit di GH secondo i criteri applicabili in età adulta.

Il trattamento non va effettuato in bambini con bassa statura costituzionale o familiare in cui non siano state chiaramente documentate le alterazioni sopra specificate. Per una sorveglianza epidemiologica delle prescrizioni è opportuno che le autorità sanitarie preposte tengano presente che la prevalenza dell'ipostaturalismo da deficit di GH è dell'ordine di 1/4.000 abitanti.

Età adulta

Soggetti adulti con deficit di GH presentano un abbassamento della qualità di vita, una riduzione della forza muscolare, un aumento dell'adipe viscerale che, insieme a un aumento del colesterolo circolante, costituisce un fattore di rischio per complicanze cardio vascolari. In particolare è stato dimostrato un chiaro aumento dei processi di aterosclerosi con netto incremento della mortalità da cause cardiovascolari.

Il trattamento sostitutivo con GH biosintetico va comunque riservato solo ai rari casi nei quali vi sia un deficit di GH grave, dimostrato da un picco di risposta inferiore a 3 µg/l dopo ipoglicemia insulinica, oppure, in presenza di controindicazioni al test dell'ipoglicemia (cardiopatie, patologia del sistema nervoso centrale, età avanzata), a seguito di un picco inadeguato di GH dopo stimoli alternativi utilizzati con limiti di normalità appropriati alla loro potenza.

Il test con GHRH + arginina viene a oggi ritenuto l'alternativa di prima scelta e, dopo questo stimolo, un deficit di GH grave è dimostrato da un picco dei livelli circolanti di GH inferiore a 9 µg/l. Il rigoroso rispetto di tali criteri esclude la possibilità di un uso improprio o eccessivo del farmaco.

Nota 40

Classe A, limitatamente alle seguenti indicazioni:

- acromegalia;

- tumori neuroendocrini.

Principio attivo: lanreotide.

Principio attivo: octreotide.

Motivazioni e criteri applicativi

La somatostatina e i suoi analoghi, octreotide e lanreotide, inibiscono la secrezione di ormone della crescita (GH) nel 90% dei pazienti affetti da acromegalia, nei quali persista un innalzamento del GH dopo terapia chirurgica, dopo radioterapia o in cui non sussista un'indicazione chirurgica.

Tale azione si concretizza in un miglioramento della sintomatologia. Non vi sono al momento dati da studi randomizzati che ne consiglino l'utilizzo in prima linea in alternativa ai trattamenti locoregionali.

Questi farmaci inoltre, poiché agiscono riducendo la secrezione ormonale, risultano efficaci nel controllo dei sintomi delle sindromi dovute ai peptidi prodotti da tumori neuroendocrini, con conseguente miglioramento della qualità di vita dei pazienti. Il controllo dei sintomi si può ottenere nel 70-90% dei pazienti con tumore carcinoide metastatico e nel 50-85% degli affetti da neoplasie neuroendocrine insulari. Modesto risulta l'impatto sull'inibizione della crescita tumorale. Relativamente alle dosi da utilizzare, secondo le varie indicazioni, si rimanda alle schede tecniche dei vari preparati.

Nota 41

Classe A, limitatamente alla seguente indicazione:

- morbo di Paget.

Principio attivo: calcitonina di anguilla.

Principio attivo: calcitonina di salmone.

Principio attivo: elcatonina.

Motivazioni e criteri applicativi

La calcitonina è un ormone ipocalcemizzante, un peptide di 32 aminoacidi, normalmente prodotto dalle cellule C della tiroide. L'azione ipocalcemica è principalmente dovuta alla potente azione inibitoria esercitata sugli osteoclasti. Questa caratteristica è efficacemente sfruttata nel trattamento dei disturbi ossei come la malattia di Paget e nella ipercalcemia.

Per quanto riguarda l'osteoporosi non vi sono prove univoche di efficacia clinica in termini di riduzione di fratture. Nonostante la calcitonina produca, rispetto al placebo, un aumento della massa ossea, non sono documentate in letteratura variazioni di rilievo dell'incidenza di fratture e, comunque, l'aumento di massa ossea è minore rispetto a quello indotto dall'alendronato.

Uno studio condotto dal Cochrane Group per stabilire l'efficacia del trattamento con calcitonina rispetto al placebo, nei pazienti in trattamento con corticosteroidi, non ha evidenziato differenze statisticamente significative tra i due gruppi per quanto riguarda l'aumento di massa ossea e il rischio relativo di fratture. La calcitonina può causare nausea, diarrea e flushing. Alcuni pazienti possono diventare resistenti nelle terapie a lungo termine forse a causa dello sviluppo di anticorpi neutralizzanti.

Nota 42

Classe A, limitatamente alle seguenti indicazioni:

- morbo di Paget.

Principio attivo: acido etidronico.

Principio attivo: acido clodronico.

Motivazioni e criteri applicativi

I bifosfonati rallentano la formazione e la dissoluzione dei cristalli di idrossiapatite.

L'effetto dei bifosfonati da sfruttare in clinica è il potere di inibire il riassorbimento osseo. E' stato anche dimostrato che il bifosfonato acido clodronico agisce non solo tramite l'inibizione dell'attività degli osteoclasti ma anche tramite una riduzione diretta delle cellule tumorali dell'osso con meccanismi ancora da definire, sia di tipo indiretto (alterazioni del microambiente dell'osso) sia di tipo diretto (apoptosi delle cellule tumorali, oltre che degli osteoclasti).

Per quanto riguarda l'osteoporosi post menopausale, l'etidronato, somministrato ciclicamente per via orale, non ha dimostrato nei trial clinici controllati risultati univoci e quindi non è da considerare di sicura efficacia rispetto a end point clinici.

Nota 48

Classe A, limitatamente ai seguenti periodi di trattamento e alle seguenti indicazioni:

- durata di trattamento 4 settimane (occasionalmente 6 settimane): ulcera duodenale o gastrica positive per Helicobacter pylori; per la prima o le prime due settimane in associazione con farmaci eradicanti l'infezione; ulcera duodenale o gastrica Helicobacter pylori negativa (primo episodio); malattia da reflusso gastroesofageo con o senza esofagite (primo episodio);

- durata di trattamento prolungata, fino a un anno: sindrome di Zollinger-Ellison; ulcera duodenale o gastrica Helicobacter pylori negativa recidivante; malattia da reflusso gastroesofageo con o senza esofagite (recidivante).

Principio attivo: cimetidina.

Principio attivo: esomeprazolo.

Principio attivo: famotidina.

Principio attivo: lansoprazolo.

Principio attivo: nizatidina.

Principio attivo: omeprazolo.

Principio attivo: pantoprazolo.

Principio attivo: rabeprazolo.

Principio attivo: ranitidina.

Principio attivo: roxatidina.

Motivazioni e criteri applicativi

L'ulcera duodenale è associata a infezione da Helicobacter pylori (Hp) nel 90-95% dei casi e l'ulcera gastrica nel 75-85%.

E' stato dimostrato da numerosi trials randomizzati e da metanalisi che l'eradicazione dell'infezione previene le recidive dell'ulcera, riducendole al 5-10% o meno.

L'eradicazione è efficace nei linfomi gastrici hp-positivi a basso grado di malignità.

Il trattamento eradicante invece non migliora la sintomatologia della dispepsia non ulcerosa. Dopo gli iniziali risultati contrastanti, infatti, almeno quattro trial pubblicati negli ultimi due anni hanno dato risultati concordanti che dimostrano l'inefficacia della terapia eradicante.

In sintesi, il trattamento eradicante è fortemente raccomandato nell'ulcera duodenale e nell'ulcera gastrica, e lo è con particolare enfasi nei soggetti che hanno sofferto un'emorragia da ulcera per la prevenzione di risanguinamenti.

Non ci sono prove convincenti di efficacia del trattamento eradicante nella dispepsia non ulcerosa. La malattia da reflusso gastroesofageo ha tendenza alle recidive, può associarsi a esofagite e può esitare in metaplasia dell'epitelio (esofago di Barrett), a rischio di evoluzione neoplastica. Se la sintomatologia da reflusso è grave e recidivante, nei soggetti oltre i 45 anni, è fortemente raccomandata l'endoscopia. Per il trattamento della malattia da reflusso, particolarmente se associata a esofagite, i farmaci più efficaci sono gli inibitori della pompa protonica. Si segnala che nei soggetti Hp-positivi la malattia da reflusso gastroesofageo e l'esofagite possono essere aggravate dall'eradicazione dell'infezione, che è pertanto controindicata.

Per l'impiego degli antisecretori nel danno gastroduodenale da FANS si rimanda alla nota 1.

Nota 48 bis

Classe A, limitatamente alla seguente indicazione:

- trattamento per 2-4 settimane dell'ulcera peptica Helicobacter pylori positiva in associazione con altri farmaci eradicanti.

Principio attivo: ranitidina bismuto citrato

Motivazioni e criteri applicativi

La ranitidina bismuto citrato associa l'effetto antisecretorio dell'H2 antagonista con quello antibatterico nei confronti di Helicobacter pylori (Hp) del bismuto, non sufficiente da solo per l'eradicazione. La sua efficacia nell'ulcera peptica Hp-positiva è ben documentata. La tollerabilità è generalmente eccellente. Colora le feci di nero, e questo può suscitare allarme se falsamente interpretato come melena. E' controindicato nei soggetti con ridotta clearance renale (>25 ml/minuto), valore non infrequente negli anziani, nei quali va perciò somministrato con cautela. Nell'impiegare il farmaco bisogna tener presente che:

- non è efficace da solo per il doppio obiettivo di guarigione dell'ulcera e di eradicazione dell'Hp, finalità che richiede l'associazione con uno o due antibiotici;

- non è indicato nelle dispepsie, nel reflusso gastroesofageo e nelle rare ulcere Hp-negative, condizioni nelle quali non c'è ragione di somministrazione di bismuto;

- non deve essere usato per trattamenti prolungati oltre le 8 settimane. Una recente nota della European Medecines Evaluation Agency (EMEA) raccomanda di non superare due cicli di 8 settimane in un anno.

Nota 49

La nota è abolita e i medicinali in essa previsti sono riclassificati in classe C.

Nota 50

La nota è abolita.

Nota 51

Classe A, limitatamente alle seguenti indicazioni:

- carcinoma della prostata.

Principio attivo: buserelina.

Principio attivo: goserelina.

Principio attivo: leuprorelina.

Principio attivo: triptorelina.

- carcinoma della mammella.

Principio attivo: goserelina.

Principio attivo: leuprorelina.

Principio attivo: triptorelina.

- endometriosi.

Principio attivo: goserelina.

Principio attivo: leuprorelina.

Principio attivo: triptorelina.

- fibromi uterini non operabili.

Principio attivo: goserelina.

Principio attivo: leuprorelina.

Principio attivo: triptorelina.

- pubertà precoce.

Principio attivo: leuprorelina.

Principio attivo: triptorelina.

- trattamento prechirurgico.

Principio attivo: goserelina.

Principio attivo: leuprorelina.

Principio attivo: triptorelina.

Motivazioni e criteri applicativi.

Struttura: analoghi dell'LHRH.

Meccanismo d'azione: le dosi iniziali stimolano la produzione di FSH e LH; un trattamento prolungato determina desensibilizzazione dei recettori ipofisari e inibizione della produzione di entrambi gli ormoni gonadotropi. Funzionalmente si determina una condizione di castrazione farmacologica.

Indicazioni:

- carcinoma prostatico: l'uso clinico di questi principi attivi è soprattutto connesso all'inibizione della steroidogenesi da essi indotta. La leuprorelina in uno studio randomizzato ha mostrato gli stessi risultati del dietilstilbestrolo in pazienti con metastasi. La goserelina in diversi trial clinici controllati è risultata efficace quanto l'orchiectomia.

La stessa evidenza si ha anche per la triptorelina, la buserelina e la leuprorelina.

Pare inoltre che le reline possano agire non solo sulle neoplasie androgeno dipendenti, ma anche su quelle androgeno indipendenti a causa di una verosimile interferenza con l'attività stimolante sull'epidermal growth factor. In genere, nella malattia avanzata, entro i primi 3 mesi di trattamento, le risposte obiettive si aggirano intorno al 50%; un ulteriore 25% mostra una stabilità di malattia, mentre il restante 25% progredisce;

- carcinoma mammario: l'uso clinico di questi principi attivi è soprattutto connesso all'inibizione della steroidogenesi da essi indotta. Nelle pazienti in pre-menopausa e peri menopausa portano a uno stato menopausale alterando i livelli ovarici di estradiolo, LH e FSH. Nella malattia metastatica le risposte obiettive si aggirano intorno al 37-45%. Un recente trial clinico randomizzato ha evidenziato un overall survival in donne con metastasi simile a quella dell'ovariectomia. La positività per i recettori per gli estrogeni (RE+) è predittiva di risposta. Tuttavia, vista la possibile interferenza con l'epidermal growth factor, non può essere, in teoria, esclusa un'attività RE indipendente. In post menopausa i risultati sono meno soddisfacenti con risposte obiettive dell'11% in pazienti RE+;

- pubertà precoce: il limite inferiore di età per l'inizio della pubertà, ancorché non semplice da definire, può essere stabilito a 7 anni (7-13 anni) per le femmine e a 9 anni (9-13,5 anni) per i maschi. Solo la pubertà precoce di origine centrale (pubertà precoce vera o LHRH dipendente) risponde al trattamento con analoghi stabili dell'LHRH naturale. L'uso di analoghi dell'LHRH è stato raccomandato da un comitato di approvazione della FDA. I benefici della terapia per la pubertà precoce includono una completa cessazione del ciclo mestruale nelle ragazze, l'interruzione o un netto rallentamento della maturazione dei caratteri sessuali secondari, il restaurarsi di comportamenti adeguati all'età anagrafica, la prevenzione della maturazione scheletrica precoce; quest'ultimo effetto previene anche la riduzione della statura in età adulta;

- endometriosi: la terapia dell'endometriosi con reline è di alta efficacia. Scompaiono i dolori, si ha una rapida involuzione degli impianti dell'endometrio e aumentano le probabilità di successo del trattamento dell'infertilità;

- trattamento prechirurgico: il trattamento per tre mesi con reline di pazienti metrorragiche, in preparazione a interventi chirurgici sull'utero, porta a una netta riduzione delle formazioni fibroidi uterine e aumenta il successo di interventi di tipo conservativo che consentono di preservare la fertilità in donne giovani.

Nota 52

La nota è abolita in quanto integrata nella nuova nota 32.

Nota 53

La nota è abolita e i medicinali in essa previsti rimangono in classe A senza nota.

Nota 54

La nota è abolita e i medicinali in essa previsti rimangono in classe A senza nota, eccetto le specialità a base di diazepam in gocce che vengono riclassificate in classe C.

Nota 55

Classe A, limitatamente alle seguenti indicazioni:

- trattamento iniettivo di infezioni moderate e gravi delle vie respiratorie, delle vie urinarie, dei tessuti molli, intraddominali, ostetrico-ginecologiche, ossee e articolari o setticemie.

Principio attivo: carbenicillina.

Principio attivo: cefamandolo.

Principio attivo: cefmetazolo.

Principio attivo: cefonicid.

Principio attivo: cefotetan.*

Principio attivo: cefoxitina.*

Principio attivo: ceftezolo.

Principio attivo: cefurossima.

Principio attivo: mezlocillina.

Principio attivo: piperacillina.

Principio attivo: piperacillina + tazobactam.

Principio attivo: ticarcillina + ac. clavulanico.

Principio attivo: carbenicillina.

Principio attivo: cefepime.

Principio attivo: cefodizima.

Principio attivo: cefoperazone.

Principio attivo: cefotaxima.

Principio attivo: ceftazidima.

Principio attivo: ceftizoxima, ceftriaxone.

Mezlocillina, piperacillina, piperacillina + tazobactam, ticarcillina + ac. clavulanico.

* I medicinali a base di cefotetan e cefoxitina, nelle formulazioni somministrabili per via intramuscolare, saranno riclassificati in classe A con nota 55, ai sensi dell'art. 2, comma 5, del decreto 22 dicembre 2000.

Motivazioni e criteri applicativi

Gli antimicrobici compresi nella presente nota sono rappresentati da beta-lattamine iniettabili, di cui due carbossipenicilline (carbenicillina-storica e ticarcillina) e due ureidopenicilline (mezlocillina, piperacillina), anche in associazione a inibitori di betalattamasi (acido clavulanico, tazobactam) e le rimanenti cefalosporine iniettabili di II, III e IV generazione.

Tutti si distinguono per uno spettro più o meno esteso nei riguardi dei Gram negativi, conservando tuttavia un'attività contro i Gram positivi talvolta pari (specie le penicilline), sebbene più spesso inferiore a quella delle cefalosporine di I generazione.

Le carbossipenicilline, le ureidopenicilline e le cefalosporine iniettabili di II generazione (cefamandolo, cefmetazolo, cefonicid, cefotetan, cefoxitina, ceftezolo, cefurossima) presentano rilevanti analogie di spettro antibatterico e di attività clinica in infezioni, moderate e gravi, da germi sensibili.

Non presentano attività contro Pseudomonas spp.

Le carbossi e, di più, le ureidopenicilline in associazione con inibitori di betalattamasi, le cefalosporine di III generazione (cefoperazone, cefodizima, cefotaxima, ceftazidima, ceftizoxima e ceftriaxone) e di IV (cefepime) dimostrano attività nei riguardi di Gram negativi produttori di betalattamasi non, o non sufficientemente, inibiti da carbossi e ureidopenicilline non associate a inibitori di betalattamasi e ad altre cefalosporine, quali Pseudomonas, Citrobacter, Serratia, Providencia, B. fragilis e ceppi di Haemophilus e Neisseria elaboratori di betalattamasi e cefalosporinasi. I suddetti antimicrobici sono a queste altamente stabili mentre sono sensibili a betalattamasi, cosiddette a spettro esteso (ESBL), specificatamente elaborate da diverse specie di enterobatteri, soprattutto Enterobacter e Klebsiella, risultando di regola non granché efficaci su specie di questi, nei cui riguardi può risultare più attiva cefepime (ceftizoxima ha una buona attività contro B. fragilis).

Sono pertanto da usare con cautela nelle infezioni dovute ai microrganismi detti, dato che, per mettere in evidenza la produzione di ESBL, occorrono particolari procedure.

Le cefalosporine di III generazione possono altresì, fatta eccezione per il cefoperazone, essere utili, dato il passaggio della barriera ematoencefalica, nelle meningiti da H. influenzae, meningococchi ed Enterobacteriaceae, pneumococchi, Pseudomonas aeruginosa.

Carbossi e ureidopenicilline in associazione a inibitori delle betalattamasi e cefalosporine di III e IV generazione dovrebbero essere riservate al trattamento di infezioni nosocomiali da germi "difficili", multiresistenti e anche per il trattamento empirico tempestivo di sepsi e altre infezioni gravi, intra ed extraospedaliere. Sono questi, infatti, gli antibiotici meno tossici fra quelli utilizzabili. Ciò eviterebbe il largo uso attuale delle betalattamine iniettive nella pratica corrente, che è improprio per due importanti motivi. Innanzitutto perché le infezioni extraospedaliere sono suscettibili di un trattamento efficace con agenti a spettro più ristretto per via orale (per esempio infezioni di orecchio, naso e gola, sinusiti, infezioni delle basse vie respiratorie, dei tessuti molli, delle vie urinarie). Fra tali agenti sono numerosi, infatti, quelli battericidi e resistenti alle betalattamasi; le loro favorevoli caratteristiche di spettro antibatterico, farmacodinamiche e farmacocinetiche, ben documentate nella letteratura internazionale, li rendono pienamente atti al trattamento di infezioni anche non banali.

In secondo luogo (ma non meno importante) una generale limitazione dell'uso delle betalattamasi iniettive avrebbe il grande vantaggio di non espandere ulteriormente la resistenza batterica verso questi agenti, problema che per la sua diffusione e per la gravità delle conseguenze è oggi particolarmente evidente nella letteratura internazionale e nella preoccupazione degli organismi di sanità pubblica.

Nota 55 bis

Classe A, per criticità d'uso limitatamente alla seguente indicazione:

- gravi infezioni da microrganismi difficili resistenti ai più comuni antibiotici, particolarmente nei pazienti defedati o immunocompromessi.

Principio attivo: amikacina.

Principio attivo: gentamicina.

Principio attivo: netilmicina.

Principio attivo: tobramicina.

Motivazioni e criteri applicativi

Gli aminoglicosidi sono usati contro gravi infezioni (per esempio delle basse vie aeree o delle vie urinarie) da microrganismi Gram negativi difficili, specialmente se resistenti agli antibiotici, e nel sospetto di uno stato setticemico in soggetti defecati o immunocompromessi.

Sono, in tali condizioni, non infrequentemente impiegati in associazione con betalattamine (più spesso carbossi o ureidopenicilline, cefalosporine iniettabili di III e IV generazione) per estenderne l'attività nei riguardi di potenziali Gram positivi patogeni (contro cui gli aminoglicosidi hanno relativamente scarsa attività) e avvantaggiarsi del rilevante sinergismo tra i due tipi di antibiotici. Sono stati altresì utilizzati (gentamicina) con penicilline o con vancomicina per ottenere attività battericida nel trattamento delle endocarditi enterococciche e ridurre il decorso di quelle da Streptococcus viridans o stafilococco.

Il tipo di aminoglicoside e la dose giornaliera vanno scelti sulla base della tipologia dell'infezione e della suscettibilità del microrganismo responsabile. La tossicità è tempo e concentrazione dipendente per il rene e l'apparato otovestibolare. Il trattamento non dovrebbe superare i 7 giorni e andrebbe seguito con il rilievo delle concentrazioni dell'antibiotico nel siero e con il controllo della funzione renale.

Per tutti gli aminoglicosidi, la criticità d'uso è espressa dalla gravità delle affezioni con essi trattabili, di regola di interesse ospedaliero, da seguire con controllo stretto della loro somministrazione e adeguate indagini di laboratorio anche per la possibilità di effetti sfavorevoli gravi.

Nota 56

Classe A, limitatamente al trattamento prescritto in ambito ospedaliero.

Principi attivi: aztreonam.

Principi attivi: imipenem + cilastatina.

Principi attivi: rifabutina.

Principi attivi: teicoplanina.

Motivazioni e criteri applicativi

La nota riguarda antimicrobici potenti di impiego selettivo in determinate affezioni critiche (teicoplanina, rifabutina) a spettro antibatterico limitato ai soli Gram negativi "difficili", simile, nei riguardi di questi, alle cefalosporine di III e IV generazione (aztreonam), ovvero (imipenem + cilastatina) da riservare, per potenza di efficacia clinica a vasto raggio, ai casi più delicati, cercando di conservare, con una prescrizione inizialmente ospedaliera confortata da adeguate indagini microbiologiche, la loro pienezza di azione antibatterica evitando il più possibile l'insorgenza di resistenza.

Le motivazioni da cui ha origine la nota 56 si basano pertanto non solo sulla criticità d'uso clinico degli antimicrobici in essa compresi, ma anche su rilevanti aspetti medico sociali a tutela della salute pubblica per il costante aumento di resistenza verso gli antimicrobici, legato a un impiego spesso indiscriminato e non selettivo. Attualmente, il problema di assicurare un uso sempre più mirato degli antimicrobici per controllare l'insorgere delle resistenze, viene riconosciuto a livello internazionale come una vera e propria emergenza sanitaria.

La nota 56 garantisce di fatto la possibilità di proseguire, qualora necessario, a livello domiciliare e a totale carico del servizio sanitario nazionale, una terapia antimicrobica mirata e specifica prescritta in ambito ospedaliero, previa individuazione della patologia, assicurando in modo concreto la continuità assistenziale ospedale territorio.

Nota 57

Classe A, limitatamente alla seguente indicazione: prevenzione e trattamento di nausea e vomito causati da chemioterapia emetizzante.

Principio attivo: dolasetron.

Principio attivo: granisetron.

Principio attivo: ondansetron.

Principio attivo: tropisetron.

Motivazioni e criteri applicativi

Gli antagonisti dei recettori serotoninergici (5-HT3) sono indicati nel trattamento della nausea e vomito indotti da chemioterapia. La concomitante somministrazione di desametasone ne migliora l'efficacia proteggendo fino al 90% dei pazienti dalla comparsa di nausea e vomito acuti (entro 24 ore dopo la chemioterapia).

L'efficacia si riduce (40-60%) quando il trattamento viene effettuato in pazienti con vomito tardivo (entro 5 giorni dopo chemioterapia). Il meccanismo d'azione di questi farmaci non è ben chiaro ma è noto che bloccano i recettori specifici presenti nell'area postrema alla base del IV ventricolo e le fibre vagali afferenti nello stomaco e duodeno.

Gli antagonisti dei recettori 5-HT3 non sono efficaci nel trattamento di nausea e vomito in pazienti con rallentato svuotamento gastrico o dispepsia e non dovrebbero essere usati nel trattamento di pazienti con malattie gastrointestinali, nausea e vomito. L'azione rallentante il tempo di transito intestinale giustifica la comparsa di stipsi che è uno degli effetti collaterali più frequenti degli antagonisti dei recettori 5-HT3; altri effetti collaterali in ambito digestivo sono la comparsa di dolore addominale e singhiozzo. Sono inoltre stati descritti cefalea, sensazione di calore e rossore cutaneo, alterazione degli enzimi epatici, affaticamento, oltre che reazioni gravi di ipersensibilità.

Nota 58

L'uso terapeutico dell'ossigeno gassoso è a carico del servizio sanitario nazionale. L'ossigeno terapeutico in forma liquida è a carico del servizio sanitario nazionale con possibilità di distribuzione diretta anche da parte delle strutture pubbliche limitatamente ai soggetti affetti da insufficienza respiratoria cronica in ossigeno-terapia a lungo termine, accertata secondo le modalità previste dal D.M. n. 329/99 "Regolamento recante norme di individuazione delle malattie croniche e invalidanti". La dispensazione di ossigeno terapeutico liquido e gassoso, in qualsiasi volume e per qualunque tipo di patologia, attuata tramite le farmacie aperte al pubblico, deve avvenire senza onorario professionale relativo alla dispensazione.

Nota 59

Classe A, limitatamente alla seguente indicazione:

- encefalopatia porto-sistemica in corso di cirrosi epatica.

Principio attivo: lattitolo.

Principio attivo: lattulosio.

Nota 61

La nota è abolita in quanto integrata nella nuova nota 32.

Nota 63

La nota è abolita e i medicinali in essa previsti rimangono in classe A senza nota.

Nota 65

Classe A, limitatamente alle seguenti indicazioni:

- sclerosi multipla relapsing-remitting (recidivante-remittente) nei pazienti con punteggio di invalidità compreso fra 1 e 5,5 all'EDSS di Kurtzke.

Principio attivo: interferone beta-1a.

Principio attivo: interferone beta-1b.

Principio attivo: interferone beta-1b.

Nota 66

Classe A, limitatamente alle seguenti indicazioni:

- artropatie su base connettivitica;

- osteoartrosi in fase algica o infiammatoria;

- dolore neoplastico lieve o moderato;

- dolore neoplastico grave, in associazione con gli oppiacei;

- attacco acuto di gotta;

- L'associazione tra COXIB e inibitori di pompa (PPI) non è giustificata.

Principio attivo: aceclofenac.

Principio attivo: acemetacina.

Principio attivo: acido mefenamico.

Principio attivo: acido niflumico.

Principio attivo: acido tiaprofenico.

Principio attivo: amtolmetina guacile.

Principio attivo: cinnoxicam.

Principio attivo: diclofenac.

Principio attivo: diclofenac + misoprostolo.

Principio attivo: fentiazac.

Principio attivo: flurbiprofene.

Principio attivo: furprofene.

Principio attivo: ibuprofene.

Principio attivo: ibuprofene sale di lisina.

Principio attivo: ibuprofene + arginina.

Principio attivo: indometacina.

Principio attivo: ketoprofene.

Principio attivo: ketoprofene sale di lisina.

Principio attivo: meloxicam.

Principio attivo: nabumetone.

Principio attivo: naprossene.

Principio attivo: nimesulide.

Principio attivo: nimesulide betaciclodestrina.

Principio attivo: oxaprozina.

Principio attivo: piroxicam.

Principio attivo: piroxicam betaciclodestrina.

Principio attivo: proglumetacina.

Principio attivo: sulindac.

Principio attivo: tenoxicam.

Principio attivo: rofecoxib.

Principio attivo: celecoxib.

Motivazioni e criteri applicativi

In dosi singole, i FANS hanno attività antalgica paragonabile a quella del paracetamolo. In dosi adeguate e per somministrazioni ripetute hanno effetto antalgico protratto e attività antinfiammatoria, proprietà che li rendono particolarmente efficaci per il dolore associato a flogosi. I FANS sono gravati da una incidenza di effetti gastrointestinali sfavorevoli anche gravi quali ulcera peptica, perforazione, ostruzione, emorragia. Il rischio di ospedalizzazione per tali complicanze gravi è stimato per i FANS non selettivi fra l'1 e il 2% per anno. Questa incidenza aumenta nei soggetti a rischio, come specificato nella nota 1. Per questo motivo uno dei FANS in nota associa come gastroprotettore il misoprostolo e, pertanto, va riservato ai pazienti a rischio. I FANS possono inoltre ridurre l'efficacia degli antipertensivi e dei diuretici, e in soggetti predisposti in associazione con altri farmaci nefrolesivi, determinare o aggravare un'insufficienza renale funzionale o uno scompenso cardiaco.

I COXIB (celecoxib e rofecoxib) sono inibitori selettivi della ciclossigenasi 2 (COX2) e lasciano immodificata, a dosi terapeutiche, l'attività della ciclossigenasi 1 (COX1), mentre i FANS non selettivi inibiscono sia COX1 sia COX2. Il rapporto efficacia-sicurezza dei COXIB è ancora da definire in modo sicuro. Non vi sono dati adeguati di confronto diretto tra celecoxib e rofecoxib che possano evidenziare con certezza un profilo diverso di efficacia e tollerabilità tra i due farmaci. Un rischio di complicanze gastrointestinali gravi (emorragia, perforazione, ostruzione) è documentato in letteratura, sia pure in misura ridotta rispetto ai FANS tradizionali. I COXIB possono indurre un danno renale funzionale in pazienti a rischio alla pari di quanto avviene con i FANS tradizionali. L'esistenza di un eccesso di rischio cardiovascolare è controversa e attualmente oggetto di verifica da parte di studi prospettici internazionali. Il restante profilo di tollerabilità di questi farmaci appare simile, per ora, a quello evidenziato dai FANS tradizionali.

E' perciò opportuno impiegare i COXIB con prudenza pari a quella che accompagna la prescrizione dei FANS tradizionali.

Nota 67

La nota è abolita e i medicinali in essa previsti rimangono in classe A senza nota.

Nota 69

La nota è rinumerata a 48 bis.

Nota 70

La nota è abolita e i medicinali in essa previsti rimangono in classe A senza nota.

Nota 71

La nota è abolita e trasformata in un elenco di farmaci per i quali è prevista la possibilità di distribuzione diretta anche da parte delle strutture pubbliche.

Nota 71 bis

La nota è abolita e i medicinali in essa previsti rimangono in classe A senza nota. Le motivazioni di tale abolizione sono di seguito riportate.

Motivazioni

L'avvento in clinica dei neurolettici nella terapia delle psicosi di tipo schizofrenico trasformò a suo tempo l'assistenza psichiatrica, ma l'uso prolungato di questi farmaci è rimasto materia di dibattito che l'introduzione dei cosiddetti antipsicotici atipici ha solo in parte risolto. La valutazione comparativa fra clozapina e neurolettici tipici dimostra:

- l'efficacia della clozapina in oltre il 25% dei soggetti resistenti agli antipsicotici classici in studi a breve e medio termine condotti per la maggior parte in ambiente ospedaliero;

- una riduzione valutata attorno all'85% del rischio di suicidio nei soggetti trattati con clozapina.

Il secondo punto ha portato a una valutazione costo/beneficio del tutto favorevole all'uso della clozapina.

Il Cochrane Schizofrenia Group sta completando una serie di revisioni sistematiche e meta-analisi sulla farmacoterapia della schizofrenia. La conclusione del Cochrane Schizofrenia Group è che la rassegna sistematica degli studi sulla clozapina conferma in maniera convincente la superiorità di questo farmaco rispetto ai neurolettici tipici nel:

a) ridurre i sintomi della schizofrenia;

b) indurre un miglioramento sostanziale delle condizioni generali del paziente;

c) ridurre la frequenza delle ricadute.

L'effetto tossico più grave della clozapina, che ne limita la prescrivibilità ai pazienti resistenti agli antipsicotici classici, è l'agranulocitosi, che colpisce lo 0,80% dei soggetti trattati a un anno e lo 0,91% a un anno e mezzo di trattamento, ed è spesso preceduta da un breve episodio di incremento dei leucociti; questo fatto facilita una diagnosi precoce se il paziente è adeguatamente monitorato. L'agranulocitosi, definita da un numero di neutrofili <500/mm;

- compare precocemente: il 75-82% dei casi sono diagnosticati durante le prime 6-18 settimane di trattamento;

- colpisce soprattutto pazienti anziani e solo raramente soggetti giovanissimi: il rischio aumenta del 53% per ogni 10 anni in più d'età all'inizio della terapia;

- è più frequente in soggetti di origine asiatica;

- è più frequente nei soggetti che si stabilizzano a bassi dosaggi: il rischio si riduce del 21% per ogni 100 mg. in più della dose necessaria;

- è trattabile con G-CSF (granulocyte colony-stimulating factor) o GM-CFS (granulocyte-macrophage colony-stimulating factor) e ha una mortalità dello 0,012-0,016% nei pazienti che ricevono clozapina. La clozapina può indurre anche neutropenia (2,7% dei soggetti trattati), che:

- compare nel 49% dei casi durante le prime 6-18 settimane e nel 76% durante il primo anno di trattamento;

- colpisce preferenzialmente i soggetti giovani: il rischio si riduce del 17% per ogni 10 anni in meno d'età all'inizio della terapia;

- presenta una percentuale di rischio inversamente correlata al numero basale di globuli bianchi (per ogni 1.000 globuli bianchi/mm3 in meno nella conta iniziale il rischio aumenta del 31%);

- è più frequente nei soggetti che si stabilizzano a bassi dosaggi: per ogni 100 mg d'aumento della dose si ha una diminuzione del 31% del rischio;

- è nettamente più frequente in soggetti d'origine africana;

- è reversibile.

Un uso appropriato della clozapina presuppone:

- l'esclusione dalla terapia di soggetti con una conta basale di globuli bianchi <3.500/mm3;

- l'interruzione della terapia se il numero di globuli bianchi diventa <3.000/mm3;

- il controllo settimanale dei globuli bianchi nelle prime 18 settimane di trattamento;

- l'esclusione dalla terapia di soggetti che abbiano presentato un precedente episodio di agranulocitosi;

- una frequenza dei controlli successivi (ogni 2 o ogni 4 settimane) in base alla valutazione dei fattori di rischio aggiuntivi sopra riportati.

Queste misure di sicurezza sono previste nella scheda tecnica e imposte dalle autorità sanitarie.

La loro applicazione ha consentito di mantenere la mortalità da agranulocitosi da clozapina a livelli inferiori rispetto a quella derivante da altre sostanze di corrente uso in clinica, ma meno controllate. Altre rassegne sistematiche valutano comparativamente la clozapina vs gli antipsicotici atipici (risperidone, olanzapina, quetiapina, ecc.), il risperidone vs i neurolettici tipici o atipici, o prendono in considerazione studi sui singoli principi attivi.

Le conclusioni contenute in queste rassegne derivano sempre da una serie di critiche preliminari sulla letteratura esistente:

a) gli studi clinici sono per la maggior parte a breve termine;

b) i criteri di randomizzazione non sono ben definiti;

c) il numero di soggetti che abbandonano lo studio è in genere così elevato da impoverire il significato dei risultati;

d) i criteri di valutazione si basano principalmente su scale di valutazione dei sintomi psicotici e non consentono di stabilire il grado di reinserimento sociale e la qualità di vita dei soggetti trattati;

e) il disegno degli studi privilegia l'acquisizione di dati di efficacia e non consente una valutazione comparativa soddisfacente sulla tossicità. Per cui, mentre si può concludere che gli antipsicotici atipici inducono meno sintomi extrapiramidali e provocano un più netto aumento di peso rispetto a quelli tipici, non è quantificabile il rapporto fra tossicità ematica da clozapina e quella da neurolettici atipici.

Le conclusioni sull'efficacia degli antipsicotici atipici, clozapina esclusa, si riferiscono soprattutto a trattamenti a breve termine e dimostrano per tutti la capacità di attenuare o interrompere un episodio psicotico acuto. Peraltro, i limiti di disegno e potenza statistica degli studi esaminati non consentono di definire eventuali differenze d'efficacia e accettabilità da parte dei pazienti fra i vari principi attivi atipici, clozapina inclusa, né di stabilire se, a parte la clozapina, altri antipsicotici atipici siano attivi sui pazienti resistenti ai neurolettici classici o riducano la frequenza di suicidi.

Nota 72

La nota è abolita e i medicinali in essa previsti rimangono in classe A senza nota.

Nota 74

Classe A, limitatamente alla seguente indicazione:

- trattamento dell'infertilità femminile e dell'infertilità maschile.

Principio attivo: follitropina alfa.

Principio attivo: follitropina beta.

Principio attivo: menotropina.

Principio attivo: urofollitropina.

Motivazioni e criteri applicativi

Le alterazioni dei fenomeni fisiologici dell'ovulazione rappresentano un'importante causa di infertilità di coppia (18-25% dei casi).

L'individuazione dell'ovulazione in queste donne è finalizzata a indurre lo sviluppo follicolare e la conseguente ovulazione.

Il trattamento dell'infertilità femminile con gonadotropine è pertanto consigliato in caso di situazioni patologiche quali anovulazione ipogonadotropica (di origine ipofisaria o ipotalamica) o anovulazione normogonadotropica e normoestrogenica (sindrome dell'ovaio policistico eccetera) solo dopo stimolo dell'ovulazione con altri farmaci (clomifene) o alterato rapporto nelle gonadotropine. L'infertilità maschile ha diverse cause, spesso difficilmente diagnosticabili e, in non più del 10% dei casi, esiste un razionale per un intervento terapeutico efficace. Il trattamento con gonadotropine è consigliato in caso di accertata carenza di queste.

Oltre a situazioni patologiche di infertilità, le gonadotropine sono utilizzate in donne normo-ovulanti per lo sviluppo follicolare multiplo ai fini della cosiddetta "terapia riproduttiva assistita", per esempio per la fertilizzazione in vitro.

Tale trattamento, effettuato spesso con dosi di gonadotropine improprie e alte, può essere responsabile:

a) della cosiddetta sindrome di iperstimolazione ovarica, con passaggio di liquido nello spazio peritoneale e conseguenti ipovolemia, oliguria, emoconcentrazione, ascite massiva, eventualmente emoperitoneo, shock anche ad esito letale, cui occorre tempestivamente provvedere;

b) di eventi tromboembolici in concomitanza o indipendenti dalla suddetta sindrome a carico di organi critici (cervello, polmone e delle estremità);

c) di complicazioni polmonari (atelettasia, dispnea, tachipnea, sindrome della insufficienza respiratoria acuta), oltre a cisti ovariche, torsione degli annessi, forti caldane, reazioni febbrili, nausea, crampi addominali, meteorismo, gravidanze ectopiche e multiple.

Il carcinoma ovarico viene anche ricordato come un evento avverso tardivo dopo iperstimolazione gonadotropinica in donne normo-ovulanti.

Assolutamente controindicati sono i rapporti sessuali nei casi in cui si ha un grosso aumento delle ovaie dopo stimolazione con gonadotropine, per pericolo di emoperitoneo e rottura di cisti ovariche. Nell'uomo, la somministrazione di gonadotropine provoca ginecomastia, dolore al seno, mastite, nausea, anormalità delle frazioni lipoproteiche, aumento nel sangue degli enzimi epatici, eritrocitosi.

Nota 75

Classe A, limitatamente a soggetti medullolesi.

Principio attivo: alprostadil.

Principio attivo: sildenafil.

Motivazioni e criteri applicativi

Pur nel massimo rispetto delle norme sulla riservatezza dei dati personali dei propri assistiti, il medico prescrittore deve essere sempre in grado di documentare ai servizi delle ASL che ne facessero richiesta che le prescrizioni del farmaco sono indirizzate a soggetti con lesioni permanenti del midollo spinale con compromissione della funzione erettile.

Nota 76

Classe A, limitatamente ai bambini nei primi tre anni di vita, alle donne in gravidanza e agli anziani.

Principio attivo: ferrico gluconato sodico.

Principio attivo: ferromaltoso.

Principio attivo: ferroso polistirensolfonato.

Principio attivo: ferroso gluconato.

Nota 77

La nota è abolita e i medicinali in essa previsti sono riclassificati in classe C.

Nota 78

Classe A, limitatamente a pazienti che non rispondono ai betabloccanti o in cui i betabloccanti siano terapeuticamente insufficienti o controindicati.

Principio attivo: apraclonidina.

Principio attivo: brimonidina.

Principio attivo: brinzolamide.

Principio attivo: dorzolamide.

Principio attivo: dorzolamide + timololo.

Principio attivo: latanoprost.

Principio attivo: latanoprost + timololo.

Principio attivo: travoprost.

Nota 79

Classe A, limitatamente alle seguenti indicazioni: profilassi secondaria di fratture osteoporotiche post menopausa in donne con pregresse fratture vertebrali o del femore non dovute a traumi efficienti. La frattura di un corpo vertebrale deve essere documentata da un esame radiologico che evidenzi una riduzione di 4 mm o più (15%) della altezza globale del corpo vertebrale.

Principio attivo: alendronato.

Principio attivo: risedronato.

Principio attivo: raloxifene.

Principio attivo: alendronato.

Principio attivo: alendronato.

Principio attivo: risedronato.

Motivazioni e criteri applicativi

Profilassi secondaria di fratture osteoporotiche post menopausa. Per ognuno dei tre farmaci è documentata l'efficacia nel ridurre l'incidenza di fratture post menopausali. L'entità di questo effetto, espressa nel numero di donne da trattare (NNT) per 3 anni per evitare una frattura vertebrale è compreso fra 10 e 20; l'effetto è più modesto per le fratture non vertebrali e per quelle del femore. L'utilità di questi farmaci per la prevenzione di fratture in donne con osteoporosi ma senza fratture pregresse è fortemente limitata dalla minore frequenza di fratture (NNT~100) e dalle riserve sull'accuratezza della densitometria minerale ossea come singolo indicatore del rischio di fratture. Va ricordato inoltre che per la prevenzione delle fratture, e particolarmente per quelle del femore, sono necessari anche provvedimenti non farmacologici, come l'esercizio fisico, un ambiente che minimizzi il rischio di traumi eccetera, e un adeguato apporto dietetico di calcio e vitamina D.

Profilassi secondaria di fratture osteoporotiche in uomini. L'efficacia nel prevenire le fratture osteoporotiche è stata valutata in un trial controllato e randomizzato per il solo alendronato, al quale pertanto si riferisce la nota. Nel trial il trattamento preveniva solo le fratture vertebrali. Tuttavia, il numero dei pazienti del trial (241) non era calcolato per valutare gli effetti del trattamento sulle fratture osteoporotiche, fra cui quelle vertebrali sono le meno frequenti, pertanto non si può escludere un risultato falso negativo.

Profilassi secondaria di fratture osteoporotiche in donne o uomini trattati per più di 6 mesi con più di 7,5 mg al giorno di prednisone.

Effetti favorevoli dei bifosfonati sulla densità minerale ossea sono stati rilevati in più trial randomizzati.

L'efficacia per la prevenzione delle fratture vertebrali (ma non delle fratture non vertebrali) è stata dimostrata in un trial randomizzato per il risedronato, e più recentemente per l'alendronato, mentre un trial con etidronato aveva ottenuto una riduzione di fratture statisticamente non significativa. In questi e in altri studi, l'esposizione ai corticosteroidi che induce il rischio di osteoporosi clinicamente significativa e di fratture osteoporotiche è generalmente stimata in 7,5 mg al giorno o più di prednisone o equivalenti per 6 o più mesi. E' importante l'osservazione che gli effetti favorevoli dei bifosfonati sulle fratture e sulla densità minerale ossea sono più evidenti nelle donne in post menopausa. Mentre alendronato e risedronato appartengono entrambi alla classe dei bifosfonati, il raloxifene è un modulatore dei recettori estrogenici. Esso associa agli effetti sull'osso quello di ridurre fattori aterogeni come il colesterolo e le lipoproteine LDL; non è ancora noto se quest'effetto su indicatori biochimici si traduca in una riduzione di eventi cardiovascolari (infarto del miocardio, altri).

I tre farmaci della nota non sono privi di effetti indesiderati: l'alendronato può causare o accentuare esofagite particolarmente in donne con reflusso gastroesofageo o alterata motilità esofagea, o che assumono FANS, o che sono incapaci di seguire le raccomandazioni del foglietto illustrativo (compressa presa a digiuno con abbondante acqua, posizione eretta o seduta per almeno trenta minuti dopo). Secondo i dati riportati in alcuni piccoli trial pubblicati in abstract e un trial comparativo su 515 donne, il risedronato risulterebbe meglio tollerato. E' tuttavia necessario tener presente che i danni esofagei da alendronato non emergono dai trial, ma dalla più estesa e meno controllata esperienza post commercializzazione.

Gli effetti indesiderati del ralossifene sono correlati al suo meccanismo d'azione: effetti minori sono vampate di calore, crampi alle gambe, edema periferico. L'effetto indesiderato più grave, peraltro comune agli estrogeni, è rappresentato dall'incidenza di tromboembolia venosa, che era dell'1% nelle donne trattate, e dello 0,3% nelle donne che ricevevano un placebo.

Nota 80

La nota è abolita e i medicinali in essa previsti rimangono in classe A senza nota. Le motivazioni di tale abolizione sono di seguito riportate.

Motivazioni

La nota 80 che regolamenta l'uso in clinica dei farmaci antidepressivi è stata abolita poiché le evidenze cliniche esistenti non consentono distinzioni in termini di efficacia antidepressiva fra le diverse classi di principi attivi attualmente disponibili.

L'American Psychiatric Association (APA) e la British Association of Psychopharmacology (BAP) hanno di recente pubblicato l'edizione aggiornata delle rispettive linee-guida per la terapia della depressione maggiore. Un punto di completa convergenza fra i due documenti si ha nella valutazione d'efficacia dei farmaci antidepressivi:

- i farmaci antidepressivi appaiono equiparabili, cioè non distinguibili fra loro, per efficacia, sia in termini di classi diverse che di principi attivi di una stessa classe. Entrambe le società scientifiche hanno utilizzato la nosografia del DSM-IV, per cui è agevole una lettura comparata dei due elaborati, e hanno ristretto al disturbo depressivo unipolare maggiore il contenuto dell'analisi. Inoltre, per quanto concerne la farmacoterapia, entrambi i gruppi hanno utilizzato come riferimento la stessa meta-analisi. Il tentativo di porre l'accento su un impiego preferenziale di uno specifico principio attivo nella terapia dei diversi tipi di depressione maggiore (tipo melanconico, psicotico, ecc.) non appare sostenuto da sufficienti prove d'efficacia clinica. I criteri di scelta del farmaco da utilizzare si concentrano quindi su:

- i diversi effetti collaterali che caratterizzano le varie classi di antidepressivi, tenendo conto delle condizioni obiettive e delle preferenze soggettive del paziente, cui vanno esposti in dettaglio gli effetti collaterali dei singoli farmaci. In linea di massima, la tollerabilità a lungo termine dei triciclici e di altri antidepressivi di più recente introduzione è buona e questo ne consente un uso a lungo termine relativamente sicuro nella maggior parte dei pazienti. Alcuni autori sottolineano che gli SSRI hanno un minor numero di effetti collaterali rispetto ai triciclici, ma è più corretto affermare che ciascuna classe di farmaci ha un suo spettro di tossicità. Spetta al medico stabilire se sia più accettabile o meno dannoso per il singolo paziente un effetto antimuscarinico o una sintomatologia dispeptica, le vertigini o una duratura diminuzione della libido;

- la diversità di indicazioni cliniche aggiuntive che caratterizza principi attivi genericamente accomunati dall'effetto antidepressivo quale il disturbo ossessivo-compulsivo, l'ansia generalizzata, i disturbi fobici, la bulimia, il disturbo di panico associato o meno ad agorafobia. Ad esempio, in presenza di una diagnosi di disturbo di panico dovrebbe essere prescritto un principio attivo che abbia il disturbo di panico come indicazione clinica, e sarebbe razionale prescrivere ad un paziente con doppia diagnosi di depressione e disturbo ossessivo-compulsivo un principio attivo che abbia entrambe le indicazioni cliniche. Le limitazioni all'impiego di SSRI e venlafaxina contenute nella nota 80 non facevano riferimento a specifiche indicazioni cliniche, anche in considerazione del fatto che solo la fluoxetina ha un'indicazione, la bulimia, non prevista per i derivati triciclici.

Nota 81

La nota è abolita e i medicinali in essa previsti rimangono in classe A senza nota. Le motivazioni di tale abolizione sono di seguito riportate.

Motivazioni

Rispetto all'eparina non frazionata, le eparine a basso peso molecolare hanno un effetto anticoagulante uguale, ma con rischio emorragico probabilmente minore; miglior biodisponibilità dopo iniezione sottocute; tempo di dimezzamento più lungo; minor legame alle proteine di reazione; minor frequenza di produzione di IgG antipiastrine.

Ne deriva un notevole vantaggio clinico: minor numero delle iniezioni/die necessarie per mantenere un effetto anticoagulante costante; effetto anticoagulante più prevedibile e riproducibile, indipendente dalle variazioni delle proteine di reazione; minor rischio di trombocitopenia e conseguente trombofilia; monitoraggio del PTT non necessario. Queste caratteristiche hanno consentito di usare le eparine a basso peso molecolare sia per il trattamento della trombosi delle vene profonde prossimali (TVPP) degli arti inferiori e dell'embolia polmonare che per la profilassi della tromboembolia nei pazienti a rischio. Numerosi trial e numerose meta-analisi hanno dimostrato infatti che le eparine a basso peso molecolare sottocute hanno efficacia almeno pari a quella dell'eparina non frazionata somministrata per infusione continua (trattamento), o somministrata sottocute (profilassi), anche in regime extraospedaliero, con un favorevole rapporto costo/efficacia. Il trattamento delle TVPP con eparina non frazionata richiede la somministrazione per infusione continua e il monitoraggio del tempo di tromboplastina parziale (PTT), non praticabili se non in ospedale. La degenza in ospedale non è invece necessaria per il trattamento con eparine a basso peso molecolare, somministrate sottocute e senza necessità di monitoraggio. Si ricorda che per il trattamento delle TVPP l'eparina è necessaria all'inizio; dopo qualche giorno ad essa va associato un cumarinico, più adatto al trattamento prolungato. Eparina e cumarinico devono essere associati per il tempo necessario al raggiungimento di un INR (International Normalized Ratio) di poco superiore a 2, e comunque per non meno di 4-5 giorni. I cumarinici sono controindicati in gravidanza, nella quale l'eparina rimane il solo farmaco utilizzabile, particolarmente nel primo e nel terzo trimestre. Per la profilassi della tromboembolia venosa, l'evidenza di superiorità delle eparine a basso peso molecolare sull'eparina non frazionata è limitata al rischio post-operatorio. Comunque, per l'impiego in profilassi, la comune via sottocutanea ridimensiona uno dei più forti vantaggi pratici delle eparine a basso peso molecolare sull'eparina non frazionata (di usuale impiego in Italia l'eparina calcica).

Le eparine a basso peso molecolare tendono a sostituire le infusioni di eparina non frazionata anche nel trattamento dell'angina instabile, in associazione all'aspirina; quattro trial di confronto fra eparine a basso peso molecolare ed eparina non frazionata finora pubblicati hanno prodotto risultati di sostanziale equivalenza; la conclusione della revisione è che "several features make LMWH potentially more attractive than unfractionated heparin for routine use".8

Nota 82

Classe A, limitatamente alle seguenti indicazioni:

- nella terapia di mantenimento dell'asma persistente di moderata entità come trattamento aggiuntivo alla terapia steroidea per via inalatoria, qualora non si sia raggiunto un adeguato controllo della sintomatologia asmatica;

- nella profilassi dell'asma da esercizio fisico.

Principio attivo: montelukast.

Principio attivo: zafirlukast.

Motivazioni e criteri applicativi

Gli antagonisti dei recettori dei cisteinil-leucotrieni rappresentano il primo trattamento dell'asma bronchiale che sia derivato dalla ricerca di un inibitore di un specifico processo fisiopatologico. I leucotrieni infatti hanno la proprietà di essere potenti broncocostrittori e di indurre risposte fisiopatologiche simili a quelle associate all'asma (edema tessutale, migrazione degli eosinofili, secrezione da parte delle cellule delle vie respiratorie).

L'efficacia di questi farmaci nel trattamento cronico dell'asma bronchiale è stata valutata in numerosi studi clinici che hanno previsto periodi di osservazione variabili da 10 giorni a 6 mesi. In questi studi, gli antagonisti recettoriali dei leucotrieni sono stati confrontati con placebo in pazienti con asma lieve o moderata in trattamento o meno con i farmaci della terapia tradizionale. La loro somministrazione orale migliora la funzione respiratoria, attenua i sintomi dell'asma, riduce la dose dei cortisonici per via inalatoria richiesti per mantenere il controllo della malattia, riduce la frequenza delle esacerbazioni della malattia che richiedono l'uso di corticosteroidi per via orale e riduce l'uso di emergenza dei farmaci beta stimolanti. Lo specifico ruolo degli antagonisti dei leucotrieni nella terapia dell'asma è ancora in corso di valutazione da parte della comunità scientifica. A fronte degli aspetti fisiopatologici sopra ricordati, complessivamente i benefici clinici sono di entità modesta.

D'altro canto sono ancora pochi i trials clinici di confronto con i farmaci attualmente consigliati dalle linee guida internazionali.

C'è attualmente un accordo diffuso per considerare gli antagonisti dei leucotrieni tra i farmaci di "seconda linea", aggiuntivi cioè alla terapia steroidea per via inalatoria che costituisce la terapia di prima scelta.

Nell'asma da esercizio fisico riducono la broncocostrizione indotta dall'iperventilazione dal 50 all'80%. Quando gli antagonisti dei leucotrieni sono somministrati prima dell'esercizio riducono notevolmente il tempo di recupero di una normale funzione polmonare con grado di protezione che ha la caratteristica di risultare variabile da paziente a paziente, essendo completo in alcuni e scarso in altri.

Recenti dati indicano che la somministrazione prolungata di antagonisti dei leucotrieni determina un effetto di broncoprotezione di maggior durata nel tempo rispetto a quello indotto dai beta stimolanti, in rapporto al mancato sviluppo di tolleranza.

La recente introduzione degli antagonisti dei leucotrieni (primi mesi del 1998) ha fatto rilevare un favorevole indice terapeutico ma non ha ancora permesso di valutare compiutamente i possibili effetti collaterali. Alcune segnalazioni riportano quadri clinici di notevole gravità (sindrome di Churg Strauss), interpretati anche come dovuti a smascheramento di questa sindrome in seguito alla riduzione dei corticosteroidi. Si raccomanda, comunque, una riduzione graduale dei cortisonici nei pazienti trattati con antagonisti dei leucotrieni.

Nota 83

Classe A, limitatamente ai pazienti affetti da Sindrome di Sjögren primitiva o secondaria.

Principio attivo: carbomero.

Motivazioni e criteri applicativi

Non sono disponibili trattamenti curativi della sindrome di Sjögren primitiva e secondaria. La terapia è pertanto sintomatica delle manifestazioni di insufficienza esocrina. Anche se non esistono studi controllati che abbiano dimostrato l'efficacia clinica del trattamento con sostituti artificiali delle lacrime, tale terapia è considerata universalmente utile nel rilevare i sintomi legati alla secchezza oculare.

Nota 84

Classe A, limitatamente alle seguenti indicazioni:

- nei soggetti immunocompetenti: limitatamente a trattamento delle infezioni da herpes simplex a localizzazione genitale sia acute sia recidivanti. Profilassi delle recidive a localizzazione genitale.

Trattamento della varicella e delle infezioni da herpes zoster; nei soggetti immunodepressi: tutte le indicazioni autorizzate.

Principio attivo: aciclovir.

Principio attivo: valaciclovir.

Principio attivo: famciclovir.

Nota relativa ai cortisonici per uso topico

Classe A, limitatamente a patologie gravi e croniche, solo su diagnosi e piano terapeutico di centri individuati dalle regioni e province autonome di Trento e Bolzano.

Principi attivi:

- D07AB corticosteroidi, moderatamente attivi

(gruppo II): alclometasone; clobetasone; desametasone; desonide; flumetasone; fluocortin; idrocortisone; triamcinolone;

- D07AC corticosteroidi, attivi (gruppo III): beclometasone; betametasone; budesonide; desossimetasone; diflorasone; diflucortolone; fluocinolone; fluocinomide; fluocortolone; fluticasone; metilprednisolone; mometasone; prednicarbato;

- D07AD corticosteroidi, molto attivi (gruppo IV): alcinonide; clobetasolo 17-propionato.

INDICE ALFABETICO DEI PRINCIPI ATTIVI

Abacavir

Abacavir + Lamivudina + Zidovudina

Abciximab

Acarbosio

Acebutololo

Aceclidina

Aceclofenac

Acemetacina

Acenocumarolo

Acetazolamide

Acetilcisteina

Acetilcolina

Aciclovir

Acido acetilsalicilico

Acido alendronico

Acido ascorbico

Acido clodronico

Acido diatrizoico

Acido etidronico

Acido folico

Acido fusidico

Acido gadopentetico

Acido gadoterico

Acido iossaglico

Acido iotalamico

Acido mefenamico

Acido micofenolico

Acido neridronico

Acido pamidronico

Acido risedronico

Acido taurodesossicolico

Acido tiaprofenico

Acido tranexamico

Acido ursodesossicoloco

Acido valproico

Acido zoledronico

Acitretina

Acqua per preparazioni iniettabili

Adenosina

Adrenalina

Albendazolo

Albumina

Alcinonide

Alclometasone

Aldesleuchina

Alemtuzumab

Alfacalcidolo

Alfuzosina

Algasidasi beta

Algeldrato

Alizapride

Allopurinolo

Alluminio fosfato

Alluminio idrossido

Alluminio idrossido + Magnesio idrossido

Allumnio idrossido + Magnesio trisilicato

Almotriptan

Aloperidolo

Alprostadil

Alteplasi

Amfotericina

Amifostina

Amikacina

Aminoacidi

Aminoaicidi Ketoanaloghi + Lisina + Treonina + Tiroxina

Aminofillina

Aminoglutetimide

Amiodarone

Amisulpride

Amitriptilina

Amlodipina

Amoxicillina

Amoxicillina + Ac. Clavulanico

Ampicillina

Ampicillina + Sulbactam

Amprenavir

Amrinone

Amtolmetina guacile

Anakinra

Anastrazolo

Antitrombina III

Apomorfina

Apraclonidina

Argento

Argento proteinato

Associazioni di elettroliti

Associazioni varie

Atenololo

Atenololo + nifedipina

Atenololo + clortalidone

Atenololo + indapamide

Atorvastatina

Atosiban

Atovaquone

Atracurio bromuro

Aztreonam

Atropina

Atropina solfato

Auronofin

Azanidazolo

Azatioprina

Azitromicina

Baclofene

Balsalazide

Barbexaclone

Bario solfato con sostanze sospendenti

Bario solfato senza sostanze sospendenti

Basiliximab

Beclometasone

Befunololo

Benazepril

Benazepril + Idroclorotiazide

Benmetiamina + Piridossima + Cianocobalamina

Benzalconio

Benzilpenicillina

Benzilpenicillina benzatinica

Benzoxonio cloruro

Betaistina

Betametasone

Betaxololo

Bicalutamide

Bifonazolo

Bimatoprost

Biperidene

Bisacodil

Bisoprololo

Bleomicina

Bornaprina

Brimonidina

Brinzolamide

Bromocriptina

Bromopride

Bromperidolo

Budenoside

Bufetonolo

Bupivacaina

Buprenorfina

Buserelina

Busulfano

Butilscopolamina

C1-inibitore

Cabergolina

Calcio carbonato

Calcio carbonato + Magnesio carbonato basico leggero

Calcio carbonato + Magnesio carbonato basico leggero + Caolino pesante + Magnesio trisilicato

Calcio carbonato + Magnesio idrossido

Calcio cloruro

Calcio gluconato

Calcio levofolinato

Calcipotriolo

Calcitonina

Calcitriolo

Candesartan

Candesartan + Idroclorotiazide

Canrenoato potassico

Canrenone

Capecitabina

Captopril

Captopril + Idroclorotiazide

Carbamazepina

Carbone medicinale attivo

Carboplatino

Carmustina

Carteololo

Carvedilolo

Caspofungin

Catrame di carbon fossile + allantoina

Cefaclor

Cefamandolo

Cefazolina

Cefepime

Cefodizima

Cefonicid

Cefoperazone

Cefotaxima

Cefotetan

Cefoxitina

Ceftazidima

Ceftizoxima

Ceftriaxone

Cefuroxime

Celecoxib

Celiprololo

Cetilpiridinio

Chinidina

Cianocobalamina

Ciclofenil

Ciclofosfamide

Ciclopentolato

Ciclopirox

Ciclosporina

Cidofovir

Cilazapril

Cilazapril + Idroclorotiazide

Cimetropio bromuro

Cinnarizina

Cinnoxicam

Cinoxacina

Ciprofloxacina

Ciproterone

Ciproterone + Etinilestradiolo

Cisplatino

Citalopram

Citarabina

Cladribina

Claritromicina

Clebopride

Clenbuterolo

Clindamicina

Clobetasolo

Clobetasone

Clofenotano + benzile + benzoato + benzocaina

Clomidazolo

Clomifene

Clomipramina

Clonazepam

Clonidina

Clopidogrel

Clorambucil

Cloramfenicolo

Clorexidina

Clorochina

Clorpromazina

Clortalidone

Clotiapina

Clotrimazolo

Clozapina

Cocarbossilasi + Piridossima + Cianocobalamina

Cocarbossilasi + Piridossima + Idroxocobalamina

Colchicina

Colestiramina

Colistina

Complesso protrombinico antiemofilico umano attivato

Complesso protrombinico umano

Complesso vitaminico

Complesso vitaminico idro e liposolubile

Complesso vitaminico idrosolubile

Complesso vitaminico liposolubile

Cortisone

Dacarbazina

Daclizumab

Dactinomicina

Dalteparina

Danazolo

Dantrolene

Darbepoietina

Daunorubicina

Deferiprone

Deferoxamina

Delapril

Delapril + Indapamide

Derivati della gelatina

Desametasone

Desflurano

Desipramina

Desloratadina

Desmopressina

Desonide

Desossicortisone

Desossimetasone

Destrano

Destrosio (glucosio) monoidrato

Dexrazoxano

Diazepam

Diazossido

Diclofenac

Diclofenamide

Didanosina

Didrogesterone

Diflorasone

Diflucortolone

Diossina

Diidrocedeina + Acido benzoico

Diidrochinidina

Diidrocodeina

Diidroergotamina

Diidrotachisterolo

Diltiazem

Dimercaprolo

Dimeticone

Dinoprostone

Dipiridamolo

Dipivefrina

Disopiramide

Disulfiram

Dixirazina

Dobutamina

Docetaxel

Dolasetron

Donezepil

Dopamina

Dopmeridone

Dornase alfa

Dorzolamide

Dorzolamide + timololo

Doxazosina

Doxiciclina

Doxorubicina

Droperidolo

Drospirenone + Etinilestradiolo

Ebastina

Ecalcitonina

Econazolo

Efavirenz

Eletriptan

Elettroliti

Elettroliti associati a carboidrati

Emulsioni di grassi

Enalapril

Enalapril + Idroclorotiazide

Enoxaparina

Enoximone

Eparina calcica

Eparina sodica

Epirubicina

Epoetina alfa

Epoetina beta

Epoprostenolo

Eprosartan

Eptadone

Eptifibatide

Ergocalciferolo

Ergotamina + Caffeina

Eritromicina

Esmololo

Esomeprazolo

Estradiolo

Estramustina

Estriolo

Estrogeni coniugati

Etambutolo

Etanercept

Etanolo

Etinilestardiolo

Etoposide

Etosuccimide

Exemestan

Famotidina

Fanciclovir

Fattore IX di coagulazione del sangue umano liofilizzato

Fattore VII di coagulazione del sangue umano liofilizzato

Fattore VIII di coagulazione del sangue umano

Fattore VIII di coagulazione del sangue umano liofilizzato

Fattore VIII di coagulazione di DNAr

Felbamato

Felodipina

Fenitoina

Fenobarbital

Fenoldopam

Fenolo

Fenoterolo

Fenoterolo + Ipratropio bromuro

Fentanil

Fentanil + droperidolo

Fentiazac

Fenticonazolo

Ferriprotinato

Ferritransferrina

Ferro citrato ammoniacale

Ferromaltoso

Ferroso gluconato

Ferroso solfato

Ferucarbotran

Fibrinogeno umano

Filgrastim

Finasteride

Fitomenadione

Flecainide

Floroglucinolo

Fluconazolo

Fludarabina

Flufenazina

Flumazenil

Flumetasone

Flunarizina

Flunisolide

Fluocinolone acetonide

Fluocinonide

Fluocortin

Fluocortolone pivalato e caproato

Fluoresceina sodica

Fluorometolone

Fluorouracile

Fluoxetina

Flurbiprofene

Flutamide

Fluticasone

Flutrimazolo

Fluvastatina

Fluvoxamina

Follitropina alfa

Follitropina beta

Formestane

Formocortal

Formoterolo

Foscarnet

Fosfolipidi naturali

Fosinopril

Fosinopril + Idroclorotiazide

Fotemustina

Frurosemide + Triamterene

Fruttosio 1,6-difosfato

Furosemide

Gadobutrolo

Gadodiamide

Gadoteridolo

Galantamina

Gallopamil

Ganciclovir

Gabapentina

Gemcitabina

Gemeprost

Gentamicina

Gestrinone

Glatiramer acetato

Glibenclamide

Glicerolo

Glicerolo + sodio cloruro

Glicina

Glicina + Mannitolo

Gliclazide

Glicosidi della senna

Glimepiride

Glipizide

Gliquidone

Glisolamide

Glucagone

Gonadorelina

Gonadotropina corionica

Goserelina

Granisetrone

Ialuronidasi

Ibuprofene

Idarubicina

Idoxuridina

Idroclorotiazide

Idroclorotiazide + Amiloride

Idroclorotiazide + Spironolattone

Idrocortisone

Idrocortisone + benzocaina

Idrocortisone butirrato

Idrolisati proteici

Idrossiclorochina

Idrossiprogesterone caproato

Idroxicarbamide

Idroxocobalamina

Ifosfamide

Iloprost

Imatinib

Imiglucerasi

Imipenem + Cilastatina

Imipramina

Immunoglobulina antilifocitaria

Immunoglobulina antitimocitaria

Immunoglobuline umane normali, per uso intramusc.

Immunoglobuline umane normali, per uso endovenoso

Immunoglobulina anti-D (Rh)

Immunoglobulina tetanica

Immunoglobulina anti-varicella/zoster

Immunoglobulina epatitica B

Immunoglobulina citomegaloviriche

Indapamide

Indenololo

Indinavir

Indio-111IN- Pentetreotide

Indometacina

Infliximab

Insulina glargine

Insulina lispro

Insulina umana

Insulina umana + Insulina umana isofano

Insulina umana aspart

Insulina umana HM iniettabile neutra

Insulina umana HM iniettabile neutra

Insulina umana HM iniettabile neutra + Insulina isofano

Insulina umana isofano

Insulina-Zinco umana HM sospensione composta

Insulina-Zinco umana sospensione (composta)

Insulina-Zinco umana sospensione (cristallina)

Insulina-Zn umana HM sospensione cristallina

Interferona alfacon-1

Interferone alfa-2b

Interferone alfa-n1

Interferone alfa naturale

Interferone alfa-2a

Interferone beta-1b

Interferone beta naturale

Interferone beta-1a

Interferone gamma

Iodamide

Iodamide (sale sodico) + Iodamide (sale di meglumina)

Iodio

Iodixanolo

Ioexolo

Iofuplano Iodio-123I

Iomeprolo

Iopamidolo

Iopentolo

Iopromide

Ioversolo

Ipratropio bromuro

Ipromellosa

Irbesartan

Irbesartan + Idroclorotiazide

Irinotecan

Isoconazolo

Isoflurano

Isoniazide

Isoniazide + Pirazinamide + Rifampicina

Isosorbide mononitrato

Isosorbide dinitrato

Isradipina

Itraconazolo

Kanamicina

Ketoconazolo

Ketoprofene

Ketorolac

Ketotifene

Labetalolo

Lacidipina

Lactobacillus fermentum

Lamivudina

Lamivudina + Zidovudina

Lamotrigina

Lanreotide

Lansoprazolo

Latanoprost

Lattitolo

Lattulosio

Leflunomide

Lenograstim

Lercanidipina

Letrozolo

Leuprorelina

Levetiracetam

Levobupivacaina

Levobunololo

Levocarnitina

Levodopa

Levodopa + Carbidopa

Levodopa + Bensazeride

Levodropropizina

Levofloxacina

Levomepromazina

Levosimendan

Levosulpride

Levotiroxina sodica

Lidocaina

Lidocaina + idrocortisone

Lincomicina

Linezolid

Liotironina sodica

Lisinopril

Lisinopril + Idroclorotiazide

Lisuride

Litio carbonato

Lomefloxacina

Lomustina

Loperamide

Lopinavir + Ritonavir

Lorazepam

Lornoxicam

Losartan

Losartan + Idroclorotiazide

Magnesio idrossido

Magnesio idrossido + Algeldrato

Mangafodipir trisodico

Manidipina

Mannitolo

Mannitolo + Sorbitolo

Mebendazolo

Meclociclina

Medrogestone

Medrossiprogesterone

Metilprednisolone aceponato

Meflochina

Megestrolo

Meglumina stibiato

Melfalan

Meloxicam

Menadiolo sodio solfato

Menotropina

Mepartricina

Mepivacaina

Merbromina

Mercaptamina

Mercaptopurina

Meropenem

Mesalazina

Mesna

Mesterolone

Metadone

Metergolina

Metformina

Metformina + Glibenclamide

Metildigossina

Metildopa levogira

Metilergometrina

Metilpranololo

Metilprednisolone

Metiltestosterone

Metixene

Metoclopramide

Metoprololo

Metoprololo + clortalidone

Metoprololo + Idroclorotiazide

Metotrexato

Metoxalene

Metronidazolo

Metronidazolo

Metronidazolo

Mexiletina

Mezlocillina

Mianserina

Miconazolo

Micronomicina

Microparticelle di galattosio

Microsfere di albumina umana

Miltefosina

Minociclina

Mirtazapina

Mitomicina

Mitoxantrone

Mivacurio cloruro

Modafinil

Moexipril

Molgramostim

Mometasone

Montelukast

Morfina

Morfina ed antispastici

Morniflumato

Moroctocog alfa

Moxifloxacina

Mupirocina

Nabumetone

Nadololo

Nadroparina

Naloxone

Naltrexone

Naprossene

Nebivololo

Nelfinavir

Neomicina

Neostigmina

Netilmicina

Neviparina

Nicardipina

Niclosamide

Nifedipina

Nifuratel

Nimesulide

Nimodipina

Nisoldipina

Nistatina

Nitrendipina

Nitroglicerina

Nizatidina

Nomegestrolo

Nonacog alfa

Noradrenalina

Noretisterone

Norfloxacina

Nortriptilina

Octocog alfa

Octreotide

Ofloxacina

Olanzapina

Olio di ricino

Olio etiodato

Olsalazina

Omatropina

Omeprazolo

Omoconazolo

Ondasetrone

Orfenadrina

Otilonio bromuro

Oxacarbazepina

Oxacillina

Oxaliplatino

Oxaprozina

Oxibuprocaina

Oxiconazolo

Oxitocina

Oxitropio bromuro

Oxprenololo

Oxprenololo + clortalidone

Paclitaxel

Palivizumab

Pancrelipasi

Pancuronio bromuro

Pantoprazolo

Paracetamolo

Paracetamolo + codeina

Paraffina liquida

Parnaparina

Paromomicina

Paroxetina

Pefloxacina

Peg-interferone alfa-2a

Peg-interferone alfa-2b

Penciclovir

Penicillamina

Pentamidina isetionato

Pentazocina

Pentostatina

Pentoxifillina

Perfenazina

Pergolide

Periciazina

Perindopril

Perindopril + Indapamide

Perossido d'idrogeno

Pilocarpina

Pimamperone

Pimozide

Pindololo

Pioglitazone

Piperacillina

Piperacillina + Tazobactam

Piperazina

Pipetanato

Pipobromano

Pirantel

Pirazinamide

Piretanide

Piridostigmina

Pirimetamina + sulfametopirazina

Piroxicam

Piroxicam + betaciclodestrina

Pizotifene

Podofillotossina

Polietilenglicole + sodio solfato + sodio carbonato acido + sodio cloruro + potassio cloruro

Potassio aspartato acido

Potassio cloruro

Potassio perclorato

Potassio permanganato

Povidone iodio

Pralidossima mesilato

Pramipexolo

Pranoprofen

Pravastatina

Prednicarbato

Prednisone

Prenisolone

Prifinio bromuro

Primidone

Procarbazina

Procaterolo

Progesterone

Proglumetacina

Promestriene

Propacetamolo

Propafenone

Propofol

Propranololo

Portamina

Proteina C del plasma umano

Proteine plasmatiche umane soluzione

Quetiapina

Quinapril

Quinapril + Idroclorotiazide

Quinupristin + Dalfopristin

Rabeprazolo

Raloxifene

Raltitrexed

Ramipril

Ramipril + Idroclorotiazide

Ranitidina

Reboxetina

Repaglinide

Reproterolo

Reteplasi

Retinolo

Reviparina

Ribavirina

Rifabutina

Rifamicina

Rifampicina

Rifaximina

Riluzolo

Risperidone

Ritodrina

Ritonavir

Rituximab

Rivastigmina

Rizatriptan

Rociverina

Rocuronio bromuro

Rofecoxib

Ropinirolo

Ropivacaina

Rosiglitazone

Roxatidina

Roxitromicina

Salbutamolo

Salmeterolo

Samario-153Sm-Lexidronam

Saquinavir

Scopolamina

Sermorelina

Sertaconazolo

Sertralina

Sevelamer

Sevoflurano

Simvastatina

Sirolimus

Sodio aurotiosolfato

Sodio cloruro

Sodio cloruro + potassio cloruro + calcio cloruro + magnesio cloruro + sodio acetato + sodio citrato

Sodio fenilbutirrato

Sodio ferrigluconato

Sodio fosfato monobasico + sodio fosfato di basico

Sodio ipoclorito

Sodio Oxibato

Sodio polistiren sulfonato

Soluzione aminoacidi + Destrosio + emulsioni lipidiche

Soluzioni isotoniche

Soluzioni per dialisi peritoneale

Soluzioni per emodiafiltrazione

Soluzioni per emodialisi

Soluzioni per emofiltarazione

Soluzioni per emofiltrazioni

Somatorelina

Somatostatina

Somatotropina

Sotalolo

Spiramicina

Spirapril

Spironolattone

Stavudina

Streptochinasi

Streptomicina

Stronzio cloruro (89 Sr)

Sucralfato

Sulconazolo

Sulesomab

Sulfadiazina argentina

Sulfadiazina argentica, associazioni

Sulfametoxazolo + Trimetoprim

Sulfasalazina

Sulindac

Sulpiride

Sulprostone

Sultopride

Sumatriptan

Tacalcitolo

Tacrolimus

Tadalafil

Tamoxifene

Tamsulosina

Tazarotene

Tecnezio 99 mTc Esametazina

Tecnezio-99 mTc- tetrofosmina

Tegafur

Tegafur,associazioni

Teicoplanina

Telitromicina

Telmisartan

Temozolamide

Tenectaplase

Teniposide

Tenofovir disoproxil

Tenoxicam

Teofillina

Terazosina

Terbinafina

Terbutalina

Terlipressina

Teromifene

Testosterone

Tetraciclina

Tetracosactide

Tiabendazolo

Tiagabina

Tiamazolo

Tiamina

Tiamina + Cianocobalamina

Tiamina + Cianocobalamina + Uridina trifosfato

Tiamina + Piridossima + Cianocobalamina

Tiapride

Tibolone

Ticlopidina

Tietilpirazina

Timololo

Timololo + latanoprost

Tinidazolo

Tioconazolo

Tioguanina

Tiopental sodico

Tioridazina

Tiotepa

Tireotropina alfa

Tirofiban

Tobramicina

Topiramato

Topotecan

Torasemide

Tosilcloramide sodica

Tossina botulinica A

Tossina botulinica B

Trandolapril

Trastuzumab

Travoprost

Trazodone

Tretinoina

Triamcinolone

Triesifenidile

Trifluoperazina

Trifluridina

Trimebutina

Trimetafano

Trimetrexato

Trimipramina

Triptorelina

Tropicamide

Tropicamide + Fenilefrina

Tropisetrone

Trospio cloruro

Tubercolina

Urea 13 C

Urochinasi

Urofollitropina

Vaccino BCG

Valaciclovir

Valpromide

Valsartan

Valsartan + Idroclorotiazide

Vancomicina

Vardenafil

Vari (G01AX49)

Vecuronio bromuro

Venlafaxina

Verapamil

Verteporfina

Vigarbatrina

Vinblastina

Vincristina

Vindesina

Vinorelbina

Voriconazolo

Warfarin

Zafirlukast

Zalcitabina

Zidovudina

Zofenopril

Zolfo esafluoruro

Zolmitriptan

Zuclopentixolo