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ASSESSORATO DELLA SANITA'

DECRETO 21 novembre 1992

G.U.R.S 19 dicembre 1992, n. 59

Disposizioni per la disciplina dell'approvviggionamento ed utilizzo delle acque da destinare al consumo umano e per l'utilizzo igienico-sanitario delle acque reflue e dei fanghi di depurazione.

N.d.R."Titolo modificato come da errata corrige pubblicata in GURS 16/01/1993 n. 3".

L'ASSESSORE PER LA SANITA'

Visto lo Statuto della Regione;

Visto il testo unico delle leggi sanitarie;

Vista la legge n. 833/78 ed, in particolare, l'art. 32;

Visto il D.P.R. n. 515/82;

Visto il D.P.R. n. 256/88;

Visto il D.P.R. n. 236/88;

Vista la legge n. 71/90;

Visto il D.M. 26 marzo 1991;

Visto il D.M. 20 gennaio 1992;

Visto il decreto legislativo n. 291 del 20 maggio 1992;

Vista la legge n. 319/76 e successive modifiche;

Vista la legge regionale n. 27/86;

Vista la delibera del Ministro dei lavori pubblici del 4 febbraio 1977;

Vista la circolare dell'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente n. 76820 del 18 dicembre 1989;

Visto il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99;

Atteso che il susseguirsi di disposizioni statali, anche di recepimento di direttive della Comunità economica europea, hanno di fatto profondamente modificato la normativa vigente nel settore delle acque potabili, sia dal punto di vista della classificazione delle acque superficiali che di altra origine, sia dal punto di vista del rilascio delle autorizzazioni per il consumo umano, sotto il profilo dei requisiti, sia dal punto di vista delle cautele da adottare per la salvaguardia delle risorse, sia dal punto di vista dei controlli durante le varie fasi di distribuzione;

Atteso che il pericolo prevalente ed immediato nell'utilizzo è per l'uomo quale consumatore sia dell'acqua tal quale che degli alimenti animali e vegetali e colture che possono concentrare gli inquinanti presenti;

Considerato, quindi, imprescindibile dovere regolamentare dal punto di vista igienico-sanitario anche gli utilizzi delle acque reflue e dei fanghi di depurazione;

Ravvisata, quindi, la necessità di dover fissare per gli aspetti igienico sanitari in un'unica normativa regionale i vari profili autorizzativi e di controllo che permettano e favoriscano la salvaguardia per la salute della popolazione e il corretto utilizzo igienico sanitario e non solo della risorsa idrica tal quale, ma anche degli alimenti che vengono con essa manipolati e delle colture che comunque con essa possono essere trattate;

Decreta:

Art. 1

Per il raggiungimento degli scopi indicati in premessa, nei cinque allegati, che fanno parte integrante del presente decreto assessoriale, vengono fissate le varie procedure autorizzative sanitarie ed i compiti della Regione, delle unità sanitarie locali e dei presidi multinazionali di prevenzione.

Art. 2

Ai sensi dell'art. 21 del D.P.R. n. 236/88, viene fatto divieto di utilizzo per il consumo umano di acque che non abbiano i requisiti previsti dalle leggi vigenti e che non abbiano acquisito le autorizzazioni di cui all'allegato II, lettera A e B, del presente decreto.

L'autorizzazione sanitaria emessa da questo Assessorato per l'uso potabile e/o al consumo è propedeutica e vincolante per ogni altra autorizzazione, ivi compresa quella da rilasciarsi da parte del Genio civile - Assessorato regionale dei lavori pubblici.

Art. 3

Le deroghe ai requisiti di qualità delle acque già destinate al consumo umano, disposte da questo Assessorato regionale ai sensi degli artt. 17 e 18 del D.P.R. n. 236/88, nel rispetto delle prescrizioni degli artt. 1 e 2 del decreto legge 20 maggio 1992, n. 291, sono prorogate relativamente ai parametri nitrati e fluoro, fino al 20 gennaio 1994.

La Regione, ai sensi dell'art. 1 del decreto legge 20 maggio 1992, n. 291, nel rispetto dei termini in esso precisati, elaborerà i piani d'intervento urgente che saranno trasmessi al Ministero competente con le modalità previste dall'art. 18 del D.P.R. n. 236/88 e dall'art. 2 del sopracitato decreto legge.

In particolare, ai sensi dell'art. 4 comma 2 e nel rispetto dei tempi fissati nel punto 3 del decreto 20 gennaio 1992, le province, entro 150 giorni dalla pubblicazione del presente decreto, coordineranno e presenteranno a questo Assessorato le proposte d'intervento in base alle richieste che gli enti gestori dovranno inoltrare alle province entro 90 giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto, pena la decadenza dalla deroga e l'applicazione delle sanzioni previste dall'art. 21 del D.P.R. n. 236/88.

In caso d'inadempienza, le province si sostituiranno agli enti gestori nell'elaborazione delle proposte di risanamento e trattamento che entreranno a far parte del piano d'intervento urgente di cui all'art. 1 del decreto legge n. 291/92.

I piani di risanamento tenderanno ad assicurare il rientro nei valori delle concentrazioni massime ammissibili di cui all'art. 3 del D.P.R. n. 236/88.

Nel rispetto delle procedure precisate, le deroghe per i parametri indicati nel punto C dell'art. 4 del D.M. 20 gennaio 1992 sono prorogate sino al 21 maggio 1995.

Art. 4

Per le motivazioni di cui in premessa, l'autorizzazione sanitaria rilasciata da questo Assessorato per il riutilizzo delle acque reflue anche depurate e dei fanghi biologici è propedeutica e preclusiva al rilascio di ogni altra autorizzazione di competenza statale o regionale.

Art. 5

Il presente decreto viene inviato alla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana per la pubblicazione.

Palermo, 21 novembre 1992.

FIRRARELLO

Allegato I

Lettera A

I seguenti allegati, parte integrante del presente decreto, mirano a garantire uniformi procedure autorizzative in tutto il territorio regionale, al fine di assicurare un più efficace controllo sulle acque destinate o da destinare al consumo umano ed intendono offrire agli operatori pubblici e privati uno strumento di rapida consultazione sulla normativa vigente e sugli adempimenti amministrativi previsti.

In particolare, si intende garantire l'igienicità dell'alimento acqua, sia che sia consumato tal quale, che congiunto ad altri alimenti, attraverso il rispetto delle procedure autorizzative e di controllo individuate dalla normativa in materia. Tutto ciò a tutela della salute pubblica ed a difesa del patrimonio idrico regionale.

Infine si fa riferimento alle disposizioni normative e agli adempimenti amministrativi in materia di riutilizzo di acque reflue e di fanghi di depurazione in agricoltura, con particolare attenzione ai connessi aspetti igienico - sanitari.

Lettera B

IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO

Preliminarmente si precisa che la normativa in materia di acque potabili trova i suoi punti di riferimento nel D.P.R. n. 236/88 al quale si collegano i decreti del Ministro della sanità del 26 marzo 1991 e del 13 dicembre 1991. Questi ultimi decreti dettano le norme tecniche di attuazione del citato decreto presidenziale.

Il D.P.R. n. 236/88, attuativo della direttiva CEE n. 80/778, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano stabilisce i requisiti di potabilità delle stesse al fine di tutelare la salute pubblica e migliorare le condizioni di vita.

Sono considerate acque destinate al consumo umano tutte quelle che, qualunque ne sia l'origine, allo stato in cui si trovano o dopo trattamento, vengono fornite al consumo, o utilizzate da imprese alimentari in vario modo, per l'immissione sul mercato di prodotti e sostanze.

Il decreto non trova applicazioni per le acque minerali e termali.

Il D.P.R. n. 236/88 associa l'enunciazione giuridica con quella più specificatamente tecnica attraverso l'elaborazione di alcuni allegati, nei quali sono individuate le singole sostanze ed i limiti di accettabilità delle stesse (all. I), nonché la frequenza dei campionamenti (all. II) e le tecniche analitiche da seguire (all. III).

I requisiti di qualità delle acque dovranno essere accertati facendo specifico riferimento ai parametri ed alle indicazioni dell'allegato I, tenendo presente che la concentrazione massima ammissibile (C.M.A.) di ciascun parametro non può essere superata (art. 3).

A tal fine l'art. 3 dello stesso decreto prescrive che le acque i cui parametri non rispettino anche uno solo dei valori limiti riportati nell'allegato I non saranno idonei al consumo umano, con la conseguenza che le stesse non potranno essere autorizzate e, se già distribuite, qualsiasi utilizzazione dovrà essere sospesa.

Al decreto n. 236/88 ed al decreto del Ministro della sanità del l4 novembre 1988 e successive modifiche ed integrazioni, bisognerà fare riferimento per la disciplina sulle deroghe, considerando i valori massimi ammissibili di superamento (V.M.A.) relativi ai singoli parametri.

La regolamentazione sarà in particolare ricavata, collegando le prescrizioni degli articoli 16, 17, e 18 del D.P.R. n. 236/88 con quelle precisate nel decreto del Ministro della sanità del 20 gennaio 1992.

Una particolare attenzione deve essere riservata alle acque superficiali, soggette ad una disciplina speciale, la cui applicazione è propedeutica e preliminare a quella dettata dal D.P.R. n. 236/88.

La regolamentazione concernente la qualità delle acque superficiali, destinate alla produzione di acque potabili, è stabilita dal D.P.R. n. 515/82, attuativo della direttiva CEE n. 75/440 e dalla legge n. 71/90.

Le problematiche connesse ai metodi di misura, alla frequenza dei campionamenti ed alle analisi trovano la loro dettagliata regolamentazione nei decreti del Ministro della sanità del l5 febbraio 1983 e del 26 marzo 1991.

A completamento di questo inquadramento complessivo ed in relazione alla normativa in materia di riutilizzo in agricoltura dei reflui urbani e dei fanghi da depurazione, normativa desunta dalla legge n. 319/76 e successive modifiche (legge Merli), dalla delibera del comitato del Ministero dei lavori pubblici del 4 febbraio 1977, dalla circolare dell'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente n. 76820 del 18 dicembre 1989, dal decreto legislativo n. 99 del 27 gennaio 1992, si stabilisce con il presente decreto l'obbligatorietà dell'autorizzazione sanitaria che dovrà essere rilasciata dall'Assessorato regionale della sanità, a tutela della salute pubblica, preliminarmente ad ogni altra autorizzazione di competenza statale o regionale.

Lettera C

NUOVE FONTI DI APPROVVIGIONAMENTO IDRICO

La problematica connessa alle procedure autorizzative per la destinazione ad uso potabile di un'acqua si manifesta in tutta la sua complessità nel momento in cui è necessario reperire nuove fonti idriche per soddisfare le esigenze delle comunità.

Preliminarmente, per attuare la ricerca e lo sfruttamento di nuove risorse da destinare all'approvvigionamento idrico, occorre dotarsi dell'autorizzazione alla ricerca e captazione e/o della concessione alla derivazione secondo le prescrizioni del R.D. n. 1775 dell'1 dicembre 1933 e successive modifiche.

La richiesta va accompagnata da un progetto di ricerca, corredato da uno studio idrogeologico della zona e da una relazione tecnica, contenente tra l'altro, le caratteristiche dell'impianto di captazione e delle opere di presa.

Occorrerà inoltre precisare i dati relativi alla portata (che si intende utilizzare) e l'uso cui l'acqua deve essere destinata. Nella fattispecie, bisogna attenersi alle indicazioni del decreto del Ministero della sanità del 26 marzo 1991, allegato II, ed in special modo a quelle precisate al punto 4.

Il rilascio dell'autorizzazione alla ricerca e captazione e/o la concessione alla derivazione sono condizionati dal parere nel merito emesso dall'Assessorato regionale della sanità sulla base dell'attività istruttoria, svolta dalla U.S.L. territorialmente competente, espletando le indagini e gli accertamenti prescritti dall'allegato III del decreto del Ministro della sanità del 26 marzo 1991.

Allegato II

Lettera A

PROCEDURE AUTORIZZATIVE PER LE ACQUE SORGIVE O DI FALDA DESTINATE AL CONSUMO UMANO D.P.R. N. 236/88

I meccanismi autorizzativi previsti dalla vigente normativa per la destinazione ad uso potabile di un'acqua si differenziano a secondo del tipo di acqua.

La distinzione si fonda in particolare tra acque superficiali ed acque che non sono tali.

Nel caso si tratti di acque sorgive o di falda, quindi non superficiali, la regolamentazione dovrà essere desunta dal D.P.R. n. 236/88.

Perché un'acqua non superficiale possa essere destinata ad uso potabile occorrerà preliminarmente richiedere il rilascio dell'autorizzazione al consumo umano [2].

La richiesta va inoltrata all'Assessorato regionale della sanità, gruppo 2° I.R.S., allegando alla domanda la seguente documentazione:

a) planimetria 1:2.000 del territorio con la precisa ubicazione della fonte idrica e con la individuazione della zona di tutela assoluta prevista dagli articoli 4 e 5, D.P.R. n. 236/88, relativamente alle opere di presa ed a costruzioni di servizio.

La zona di tutela assoluta dovrà essere dotata di idonee strutture di recinzione di canalizzazione delle acque meteoriche ed avere ove possibile una estensione di raggio non inferiore a 10 metri (art. 6 D.P.R. n. 236/88). La salvaguardia della fonte idrica dovrà inoltre essere assicurata dalla previsione di una zona di rispetto avente una estensione non inferiore a 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione. Tale estensione è riducibile od estensibile in relazione alla situazione locale di vulnerabilità e rischio della risorsa.

Una particolare attenzione deve essere prestata all'allegato I, punto 2, del decreto del Ministro della sanità 26 marzo 1991 che indica alcune delle prescrizioni tecniche da osservare nella attuazione delle opere di protezione relative agli impianti di attingimento.

Indicazioni tecniche devono, altresì, desumersi dall'allegato 3 della delibera del comitato interministeriale per la tutela delle acque dall'inquinamento del 4 febbraio 1977.

La documentazione relativa alla zona di rispetto della fonte idrica dovrà contenere allegata l'ordinanza sindacale di divieto delle attività o destinazioni indicate nei punti 2 e 3 dell'art. 6 D.P.R. n. 236/88;

b) analisi chimico - fisico - batteriologiche complete, effettuate dai laboratori interni dell'ente gestore o da un ente pubblico, relative ai parametri indicati nell'allegato al D.P.R. n. 236/88, secondo le metodologie e le frequenze nello stesso decreto precisati.

Tali analisi potranno essere comparate con quelle che a richiesta dell'Assessorato regionale della sanità saranno effettuate dal P.M.P., o dai laboratori del servizio di igiene pubblica della U.S.L. competente per territorio [1]. In ogni caso nella esecuzione delle analisi si dovranno osservare le prescrizioni indicate nell'allegato III del decreto del Ministro della sanità del 26 marzo 1991 con specifica attenzione al punto 2 lett. a, sottoparagrafo 1;

c) studio idro-geologico della zona con specifica attenzione alle indicazioni dell'allegato II, punto 4, sottoparagrafi 1 e 2 del decreto del Ministro della sanità 26 marzo 1991.

In particolare, dovranno essere precisate le portate di massima e di minima della risorsa e nel caso di pozzi, il livello piezometrico nel corso delle prove di portata;

d) progetto esecutivo relativo all'impianto di emungimento della fonte idrica, in osservanza alle prescrizioni dell'allegato II del citato decreto ministeriale;

e) relazione di sopralluogo effettuato dal medico provinciale, dal capo servizio di igiene pubblica o da altro funzionario del servizio di igiene, con qualifica non inferiore a coadiutore dal tecnico dell'U.T.C.

Nella relazione deve essere specificato l'accertamento della esistenza delle condizioni indicate nella lett. a). Tali condizioni saranno soggette a verifiche effettuate, annualmente, dalle sopraprecisate autorità;

f) relazione congiunta del capo servizio igiene pubblica specialista in igiene della U.S.L. che deve utilizzare la risorsa e del responsabile del rep. medico e chimico del L.I.P., da cui si evinca la compatibilità ad uso potabile dell'acqua.

Tale relazione può essere resa in via sostitutiva od alternativa, da un docente universitario di ruolo presso un istituto di igiene.

L'Assessore per la sanità provvederà al rilascio dell'autorizzazione al consumo umano sulla base delle prescrizioni normative indicate nel D.P.R. n. 236/88 e negli artt. 3, lettera a, e 4 del decreto del Ministro della sanità del 26 marzo 1991, secondo le indicazioni degli allegati III e VI;

g) procedure d'urgenza.

Si precisa che, in caso d'urgenza o comunque quando occorra garantire una adeguata dotazione idrica in un determinato territorio, l'Assessore regionale per la sanità potrà, in via provvisoria, adottare delle procedure più snelle e rapide, sempre che sia garantito il rispetto delle condizioni previste dall'art. 17 del D.P.R. n. 236/88.

Lettera B

PROCEDURE AUTORIZZATIVE PER L'UTILIZZO AD USO POTABILE DI UN'ACQUA SUPERFICIALE - D.P.R. N. 515/82

Più complessa si presenta la procedura per la destinazione ad uso potabile di un'acqua superficiale, la cui disciplina va desunta coordinando le disposizioni del D.P.R. n. 515/88 e della legge n. 91/90 con quelle del D.P.R. n. 236/88.

L'articolo 1, comma secondo, del D.P.R. n. 515/88 precisa che debbono essere considerate acque superficiali i corsi d'acqua, i laghi e gli invasi naturali ed artificiali.

La destinazione ad uso potabile di una delle acque sopradette sottostà ad una particolare procedura; in particolare, le acque dovranno essere preventivamente classificate ai sensi dell'art. 4 del D.P.R. n. 515/82.

La richiesta di classificazione è preliminare alla richiesta di autorizzazione al consumo umano e quest'ultima risulta essere condizionata dal tipo di classificazione che si adotterà.

La richiesta di classificazione va inoltrata all'Assessorato regionale della sanità, gruppo II - I.R.S., allegando alla domanda la seguente documentazione:

a) ciclo completo delle analisi chimico - fisiche e batteriologiche effettuate dai laboratori interni degli enti gestori o da un ente pubblico.

Tali analisi potranno essere comparate con quelle effettuate, a richiesta dell'Assessorato regionale della sanità, dal P.M.P. [1] o dal laboratorio del servizio di igiene della U.S.L. competente per territorio.

Le stesse saranno distribuite uniformemente nel corso dell'anno, in modo da avere una conoscenza puntuale delle caratteristiche delle acque nelle varie situazioni.

In particolare, ci si atterrà alle prescrizioni indicale nell'allegato III ed in specie al punto 3 lett. a, sottoparagrafo 2, del decreto del Ministro della sanità del 26 marzo 1991.

Le modalità di misura e la frequenza dei campionamenti sono indicati negli articoli 3 e 5 del decreto ministeriale 15 febbraio 1983 i parametri da analizzare ed i metodi di misura sono specificati negli allegati I e II.

Ulteriori indicazioni circa le metodologie ed i criteri per il rilevamento delle caratteristiche delle acque da potabilizzare potranno essere desunte dalla delibera del Comitato interministeriale del 4 febbraio 1977 per il rilevamento generale dei corpi idrici e dalla delibera dello stesso Comitato del 26 marzo 1983.

L'Assessorato regionale della sanità, attesa la grave carenza idrica che continua ad interessare la Regione, potrà procedere, prescindendo da specifiche richieste, alla preclassificazione ed alla successiva classificazione di corpi idrici che possono avere rilevanza in relazione ad un eventuale utilizzo ad uso potabile.

A tale fine, per un primo inquadramento, si potranno utilizzare anche i dati forniti dal C.N.R. o da altri enti pubblici;

b) planimetria 1:2.000 della zona di ubicazione della fonte idrica con l'individuazione dell'area di salvaguardia prevista dall'art. 4 D.P.R. n. 236/88, nel rispetto delle indicazioni precisate negli articoli 5, 6 e 7 dello stesso decreto.

In particolare, si dovrà tenere conto del punto 4 dell'art. 6 che relativamente alla captazione di acque superficiali sottolinea l'applicabilità per quanto è possibile delle prescrizioni dettate ai punti 1 2, 3, dello stesso articolo.

Occorrerà, in ogni caso, curare le opere di protezione e sistemazione di pendici e sponde, al fine di prevenire i dissesti idrogeologici deviando a valle delle opere di presa e degli invasi, ove possibile, le prime acque meteoriche di ruscellamento e quelle provenienti da scarichi non depurati.

Indicazioni tecniche sulle caratteristiche dell'impianto di emungimento potranno essere desunte dall'allegato II del decreto del Ministro della sanità 26 marzo 1991 ed in particolare dal punto 2 sottoparagrafo 4 lett. c e d;

c) carta topografica con la individuazione dei centri urbani ricadenti nel bacino imbrifero della fonte idrica; bisognerà in specie fare riferimento all'allegato II punto 4, sottoparagrafi 3 e 4 del decreto ministeriale sopra citato;

d) studio e relazione igienico-sanitaria effettuati dal responsabile del servizio di igiene pubblica della U.S.L. territorialmente competente, da cui si evincano le caratteristiche della risorsa idrica e la sua compatibilità con i fini potabili.

Detta relazione può essere resa, in alternativa, da un docente universitario di ruolo presso un istituto di igiene;

e) studio idro-geologico della zona con riferimento al punto 4, sottoparagrafi 3 e 4, dell'allegato II del decreto del Ministro della sanità 26 marzo 1991;

f) relazione di sopralluogo effettuato dal capo servizio di igiene pubblica della U.S.L. competente per territorio unitamente ad un tecnico dell'U.T.C., da un rappresentante dell'ufficio del medico provinciale e dal rappresentante del rep. chimico del L.I.P. che accertino l'attuazione degli adempimenti indicati nella lett. b.

Tali adempimenti sono soggetti a controllo annuale che sarà effettuato dalle sovraprecisate autorità:

g) ordinanza sindacale che prescriva i divieti di attività o di destinazione previsti dall'art. 6 D.P.R. n. 236/88.

Per ciò che attiene alle aree di salvaguardia della fonte idrica, occorre precisare che i bacini imbriferi e le aree di ricarica delle falde sono tutelati attraverso la creazione di una apposita area di protezione.

Ai sensi dell'art. 7 D.P.R. n. 236/88 nelle zone di protezione possono essere adottate misure relative alla destinazione del territorio interessato, limitazioni per gli insediamenti civili, produttivi, turistici, agroforestali e zootecnici.

Sulla base delle caratteristiche indicate nell'allegato al D.P.R. n. 515/82 le acque superficiali potranno essere inquadrate in tre categorie principali: A1, A2, A3. A ciascuna categoria corrisponde un differenziato metodo di trattamento.

La classificazione di un'acqua in A1, comporta che, ai fini di una sua destinazione ad uso potabile, la stessa dovrà subire un trattamento fisico semplice e disinfezione.

La classificazione in A2, comporta la necessità di operare un trattamento fisico, chimico e di disinfezione.

Infine la classificazione in A3, condiziona l'utilizzo ad uso potabile ad un trattamento fisico e chimico spinto, affinazione e disinfezione.

L'art. 4 del D.P.R. n. 515/82, ultimo comma, prevede la possibilità di classificare un'acqua superficiale al di sotto della categoria A3; in tal caso l'utilizzo ad uso potabile è eccezionale ed è ammissibile solo quando non è possibile reperire altre fonti idriche.

In ogni caso, in quest'ultima ipotesi, le acque devono essere sottoposte ad un idoneo trattamento che consenta di portarle entro i limiti di qualità dell'acqua potabile, nel rispetto del D.P.R. n. 236/88.

La giustificazione all'utilizzo di un'acqua inferiore ad A3 verrà rilasciata, sussistendo i menzionati presupposti, dall'Assessorato regionale della sanità solo dopo preventiva approvazione del Comitato dei ministri, previsto dall'art. 2 del D.P.R. n. 236/88, che a sua volta provvederà a notificare l'autorizzazione, alla Commissione delle comunità europee; ai sensi dell'art. 4, ultimo comma, D.P.R. n. 515/82.

Anche in tali casi l'istruttoria e l'inoltro al suddetto Comitato comunitario saranno curati dall'Assessorato regionale della sanità, gruppo 2° - I.R.S.; ottenuta la classificazione, l'utilizzo ad uso potabile dell'acqua è subordinato al rilascio dell'autorizzazione al consumo umano ai sensi del D.P.R. n. 236/88.

La concessione dell'autorizzazione dipende dalla concreta applicazione del tipo di trattamento previsto per ciascuna categoria di classificazione.

In sostanza il processo di potabilizzazione adottato dovrà garantire la rispondenza dell'acqua distribuita alle prescrizioni di cui al D.P.R. n. 236/88.

La domanda di rilascio dell'autorizzazione al consumo umano va inoltrata all'Assessorato regionale della sanità, gruppo 2° - I.R.S. allegando la seguente documentazione:

a) relazione sullo schema di trattamento;

b) progetto dell'impianto di trattamento;

c) analisi chimico fisiche batteriologiche sulle acque pre e post il trattamento, rilasciate dal presidio multizonale di prevenzione o, se non costituito, dal laboratorio di igiene e profilassi competente per territorio.

L'Assessorato regionale della sanità provvederà al rilascio dell'autorizzazione al consumo umano tenendo presente le disposizioni del decreto ministeriale del 26 marzo 1991, allegato VI.

Con il rilascio di tale provvedimento l'acqua potrà essere utilizzata ai fini potabili.

Allegato III

Lettera A

IL REGIME DEI CONTROLLI SULLE ACQUE DESTINATE O DA DESTINARE AL CONSUMO UMANO

Il meccanismo dei controlli sulle acque autorizzate va desunto dal decreto del Ministro della sanità del 26 marzo 1991 attuativo del D.P.R. n. 236/88, che, in ogni caso, rimane un costante punto di riferimento.

L'art. 10 del D.P.R. n. 236/88 rimanda espressamente ai suoi allegati II e II per la determinazione dei modelli e per le frequenze minime di campionamento.

Nei menzionati allegati sono precisati i metodi analitici da adottare per il controllo qualitativo delle acque destinate al consumo umano nei punti significativi della rete.

I requisiti di qualità delle acque sono fissati nell'allegato I dello stesso decreto.

In tema di controlli di qualità ed in particolare sulle modalità di prelievo, conservazione e trasporto dei campioni, tipi di controlli ed indagini analitiche e procedure operative in genere bisognerà fare costante riferimento agli allegati III e IV del decreto del Ministro della sanità 26 marzo 1991.

L'ambito di operatività dei controlli è delimitato dall'art. 11 del D.P.R. n. 236/88, che al fine di verificare la buona qualità delle acque stabilisce controlli periodici da effettuare:

c) alla sorgente, ai pozzi ed al punto di presa delle acque;

b) agli impianti di adduzione, di accumulo e di potabilizzazione;

c) alla rete di distribuzione.

Questo sistema di controlli ha come soggetti attivi gli stessi gestori degli impianti (controlli interni) ed in posizione differenziata le U.S.L. ed i presidi multizonali di prevenzione (controlli esterni) [1].

Tutto il sistema dei controlli tende a garantire che l'acqua distribuita venga efficacemente protetta alla fonte e correttamente trattata e controllata nella delicata fase della distribuzione.

Lettera B

CONTROLLI INTERNI

Tali controlli sono effettuati, sempre secondo le prescrizioni del D.P.R. n. 236/88 e del decreto del Ministro della sanità 26 marzo 1991, dai laboratori gestionali interni che dovranno essere costituiti ai sensi dell'art. 13 del citato decreto presidenziale, dai soggetti gestori degli impianti di acquedotto.

Questi controlli perseguono le finalità indicate nell'allegato I del decreto del Ministro della sanità 26 marzo 1991.

I soggetti gestori sono tenuti ad operare i controlli sui servizi essenziali del ciclo dell'acqua, osservando le prescrizioni dell'allegato V del decreto ministeriale sopracitato (art. 1, comma 3).

In particolare, il decreto ministeriale stabilisce una serie di obblighi a carico dei soggetti gestori cui corrispondono del poteri ispettivi in capo alle UU.SS.LL. ed ai presidi multizonali di prevenzione.

I gestori devono permettere l'accesso agli impianti ai tecnici delle sopradette autorità di controllo ed agli ispettori nominati ai sensi dell'art. 8 del decreto del 26 marzo 1991.

Gli addetti agli impianti devono rendersi disponibili a fornire ogni notizia ed a prestare la loro collaborazione.

I soggetti gestori hanno l'obbligo, qualora si verifichino cambiamenti nelle opere acquedottistiche con possibili influenze sulle attività di controllo della qualità dell'acqua, di darne immediata comunicazione ai servizi competenti della Regione, del comune, della U.S.L. competente e del presidio di prevenzione multizonale.

Nell'allegato V del decreto ministeriale 26 marzo 1991 il legislatore precisa che tutte le attività di manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti devono essere programmate e dovranno essere annotate in un apposito registro che sarà tenuto a disposizione delle autorità sanitarie.

Nel registro dovranno annotarsi:

a) interventi di pulizia e disinfezione dei serbatoi di compenso, raccolta e distribuzione, effettuati con frequenze fissate in funzione delle caratteristiche dell'acqua, degli impianti e dei luoghi;

b) interventi di esecuzione tempestiva delle operazioni di manutenzione degli impianti di trattamento e disinfezione;

c) ispezioni delle reti di distribuzione, con adeguate tecnologie non distruttive, interventi di riparazione conseguenziali con frequenze varianti a secondo delle caratteristiche dell'acqua dell'impianto, della pressione d'esercizio e dei luoghi.

In un distinto registro dovranno essere annotate le risultanze dei controlli sui servizi essenziali del ciclo dell'acqua in particolare le analisi di routine effettuate e le modalità di trattamento.

Questi dati, così annotati, vanno comunicati anche in forma sintetica, almeno mensilmente, alle UU.SS.LL. nel cui territorio ricadono i comuni che utilizzano, la risorsa.

Lettera C

CONTROLLI ESTERNI

Tali controlli sono previsti dagli artt. 11 e 12 del D.P.R. n. 236/88 con il preciso scopo di perseguire le finalità indicate nell'allegato I del decreto del Ministro della sanità 26 marzo 1991.

L'art. 1 del citato decreto ministeriale, comma 2, precisa che i controlli esterni sono assicurati dalle U.S.L. e dai presidi e servizi multizonali di prevenzione di cui all'art. 22, legge n. 833/78 [1], secondo le prescrizioni degli allegati II, III e IV del decreto del Ministro della sanità 26 marzo 1991.

L'art. 3 del decreto ministeriale determina le precise competenze delle UU.SS.LL. e dei presidi; le prime, in particolare, attuano i controlli per le finalità precisate nell'articolo 3, lettere b, c e d.

Le UU.SS.LL. assicurano, inoltre, ai sensi dell'art. 4 decreto del Ministro della sanità 26 marzo 1991, nel rispetto delle prescrizioni precisate nell'allegato III, punto 2, lettera a, e negli allegati del presente decreto regionale gli esami ispettivi ed i controlli analitici sui quali si fonderà l'emissione del giudizio di qualità ed idoneità d'uso compreso nella autorizzazione al consumo umano rilasciata da questo Assessorato della sanità [1] relativamente alle acque di nuova utilizzazione.

L'autorizzazione al consumo umano si potrà fondare anche sulle risultanze delle analisi fornite dai presidi e servizi multizonali [2].

L'esame ispettivo ed i controlli analitici saranno effettuati secondo i criteri fissati negli allegati III, IV e VI del citato decreto ministeriale.

Dai controlli eseguiti dalle UU.SS.LL. può scaturire il potere di intervento previsto dall'articolo 3, lett. c, e dall'articolo 5 dello stesso decreto.

Infatti i servizi di igiene pubblica delle UU.SS.LL. propongono, anche sulla scorta degli esami analitici effettuati dai P.M.P., i provvedimenti cautelativi, contigibili ed urgenti richiesti da esigenze di tutela della salute degli utenti, quando dagli esami risultino situazioni di non conformità alla normativa vigente. Gli stessi servizi, ancora, devono trasmettere periodicamente anche in forma sintetica, le risultanze dell'esame ispettivo e dei dati analitici rilevati, al comune, alla Regione ed ai soggetti gestori di impianto d'acquedotto.

A questa disposizione si collega il recente decreto legislativo n. 291 del 20 maggio 1992, che all'art. 4, comma 6, sottolinea che "il responsabile della gestione dell'acquedotto che, dopo la comunicazione dell'esito delle analisi, non abbia adottato le misure idonee ad adeguare la qualità dell'acqua e prevenire l'erogazione di acqua non idonea al consumo umano, è punito ai sensi dell'art. 21 D.P.R. n. 236/88".

L'art. 4, comma 3, del citato decreto ministeriale precisa che per le acque già in distribuzione il giudizio di qualità ed idoneità d'uso si intende acquisito semprechè "risultino conformi alla normativa gli ultimi controlli analitici ed ispettivi".

Le stesse acque devono però risultare autorizzate precedentemente al 1985 anche con provvedimento del medico provinciale.

Qualora l'acqua non sia mai stata autorizzata, gli enti gestori dovranno provvedere a richiederla entro 90 giorni dalla data del presente decreto, osservando le procedure fissate dallo stesso pena l'applicazione delle sanzioni previste dall'art. 21 del D.P.R. n. 236/88.

Sempre sulle acque in distribuzione, le UU.SS.LL. in tema di controlli dovranno tenere conto delle indicazioni fornite dall'allegato III del decreto del Ministro della sanità 26 marzo 1991, con particolare attenzione al controllo del trattamento effettuato ed al controllo delle acque in distribuzione.

Le UU.SS.LL. in collaborazione con i competenti uffici tecnici comunali, coadiuvati se del caso dai gestori degli impianti, devono assicurare controlli periodici sulle caratteristiche degli impianti di attingimento ai sensi dell'allegato II, punto 2, del citato decreto ministeriale, in particolare sui pozzi, sorgenti, laghi naturali, bacini artificiali e corsi d'acqua.

Allegato V

UTILIZZAZIONE DELLE ACQUE REFLUE DEPURATE E DEI FANGHI DA DEPURAZIONE IN AGRICOLTURA AUTORIZZAZIONE SANITARIA

La possibilità di riutilizzare in agricoltura le acque reflue derivate dai processi di depurazione degli scarichi urbani è prevista dalla normativa statale e regionale nella consapevole prospettiva di conseguire uno sfruttamento completo del ciclo delle acque.

La Regione Siciliana con la circolare dell'Assessore per il territorio e l'ambiente del 18 dicembre 1989, n. 76820, ai fini della tutela dell'ambiente, ha regolato le procedure autorizzative per attuare tale tipo di utilizzazione attraverso due distinte fasi procedurali.

In considerazione dei connessi e rilevanti rischi igienico-sanitari che tale impiego può comportare per la salute pubblica, ferme restando le procedure ed i vincoli idrogeologici, pedologici e sulle colture, fissati nella menzionata circolare questo Assessorato rilascerà apposita autorizzazione sanitaria che è preventiva al rilascio di ogni altro provvedimento autorizzativo.

Preliminarmente all'attivazione della prima fase, con la trasmissione dell'istanza e la scheda tecnica prevista nell'allegato I all'Assessorato del territorio e dell'ambiente, il sindaco dovrà presentare apposita domanda all'Assessorato regionale della sanità, gruppo 2° I.R.S.

Nella domanda si dovrà specificare l'uso, in relazione al tipo di coltura, che si intende fare del refluo e si dovrà allegare la seguente documentazione:

a) analisi mensili chimico-fisiche e batteriologiche relative al refluo grezzo e depurato, in modo da avere una visione precisa del refluo durante tutto l'anno.

Tali analisi dovranno essere effettuate da un istituto universitario di igiene e potranno essere comparate con quelle fatte eseguire da questo Assessorato dai P.M.P. o se non costituiti dai LIP o da altri enti pubblici;

b) relazione del capo servizio igiene pubblica della U.S.L. competente per territorio, che evidenzi la compatibilità del refluo con il suo utilizzo ad uso irriguo, in relazione ai rischi igienico sanitari connessi allo specifico impiego previsto;

c) planimetria del territorio in cui si intende utilizzare il refluo; in particolare nei mappali catastali occorre indicare la superfice dei terreni, la coltura in atto e quella prevista.

La coltura indicata nella richiesta di autorizzazione non potrà essere cambiata per tutta la durata dell'autorizzazione.

Successivamente al rilascio di tale autorizzazione potranno essere attivate le altre procedure previste dalla menzionata circolare.

FANGHI DA DEPURAZIONE

Altra apposita autorizzazione igienico-sanitaria dovrà essere richiesta per utilizzare in agricoltura i fanghi da depurazione, ai sensi del decreto legislativo n. 99 del 27 gennaio 1992.

Detta autorizzazione è rilasciata da questo Assessorato ai sensi dell'art. 9, lettera a, del citato decreto legge.

Chi ne chiede il rilascio deve specificare quanto indicato nel comma secondo dello stesso articolo.

Le analisi saranno effettuate in osservanza alle prescrizioni precisate dall'art. 11 del predetto decreto legge.

L'autorizzazione può avere una durata massima di 5 anni.

[1] Il giudizio di qualità ed idoneità d'uso previsto dall'art. 4 del decreto del Ministro della sanità del 26 marzo 1991 è compreso nell'autorizzazione al consumo umano rilasciata da questo Assessorato, nel rispetto delle prescrizioni previste nel citato decreto ministeriale e nel presente decreto.

[2] Le UU.SS.LL. potranno effettuare i prelievi dei campioni ed controlli sulle strutture. Per quanto riguarda le analisi se le UU.SS.LL sono prive di laboratori interni provvederanno ad effettuare i P.M.P. previsti dall'art. 23 della legge n. 833/78, se quest'ultimi non sono ancora istituiti i compiti analitici ed i controlli saranno assicurati dai laboratori d'igiene e profilassi.