N. 4181/2015 Reg. Prov. Coll.
N. 15065 Reg. Ric.
ANNO 2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis) ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 15065 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
V. A., rappresentata e difesa dagli avv.ti Antonello Rossi, Luisa Giua Marassi, con domicilio eletto presso Antonia De Angelis in Roma, Via Portuense, 104;
contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
M. D.;
per l'annullamento
del verbale della Commissione per gli accertamenti sanitari in data 4 novembre 2014, con il quale la ricorrente è stata dichiarata "non idonea", per l'effetto, esclusa dal concorso;
ove occorra dell'art. 12, comma 2 lett. a), del bando di concorso -indetto con decreto n. 187/2014 dell'8 luglio 2014 - «per titoli ed esami, per l'ammissione di 41 allievi al 7° Corso AUFP dell'Esercito per il conseguimento della nomina a tenente in forma prefissata, ausiliario del ruolo normale del corpo degli ingegneri, del corpo di commissariato e del corpo sanitario dell'Esercito» nella parte in cui prevede il possesso da parte dei concorrenti di una statura"non inferiore...[...]...a m. 1,61 se di sesso femminile";
di ogni ulteriore atto presupposto, conseguente e/o consequenziale.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2015 la dott.ssa Floriana Rizzetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
La ricorrente, laureata in ingegneria, ha partecipato al concorso per l'ammissione di 41 allievi al 7° corso AUFP dell'Esercito per il conseguimento della nomina a tenente in ferma prefissata, ausiliario del ruolo normale dei Corpo degli ingegneri, Corpo di commissariato e del Corpo sanitario dell'esercito - indetto con decreto n. 187 del 8.7.2014 (pubblicato sulla GU n. 55 del 15.7.2014) - superando le prove culturali, di efficienza fisica e di idoneità attitudinale.
Con il ricorso in esame la predetta impugna il giudizio di non inidoneità espresso dalla Commissione per gli accertamenti sanitari in data 4 novembre 2014 in quanto, essendo alta 1,57 mt., è risultata priva del requisito dell'altezza minima per le donne (1,61 mt) prescritto dall'art. 12 co. 2 lett. a) del bando di concorso; impugna altresì la predetta previsione del bando e la normativa che prescrive il requisito in parola.
Il ricorso è affidato a profili di censura riconducibili alla violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 del 2 del D.P.C.M. 22-7-1987 n. 411, nonché degli artt. 109 e 1955 del D.lvo. n. 66/2010 nonché dell'art. 120 del DPR n. 90/2010; Eccesso di potere sotto diversi profili.
Con motivi aggiunti la ricorrente impugna altresì il decreto n. 338/2014 con il quale è stata approvata la graduatoria finale di merito del concorso in questione.
Si è costituita in giudizio l'Amministrazione che deposita gli atti del procedimento e rapporto difensivo.
Non si è costituito il contro interessato intimato.
Alla Camera di Consiglio del 4.2.2015 la causa è trattenuta in decisione con sentenza in forma semplificata, sussistendone i presupposti e dandone avviso alle parti.
Costituiscono oggetto di impugnativa il provvedimento di esclusione della ricorrente dal concorso per il reclutamento di Ingegneri nell'Esercito - in quanto priva del requisito dell'altezza minima - nonché, quali atti presupposti, l'art. 12 co. 2 lett. a) del bando di concorso in contestazione nonché l'art. 587 del DPR n. 90/2010 (testo unico delle disposizioni regolamentari, anch'esso di natura compilativa) il quale, riproducendo quanto disposto dall'art. 2 del D.P.C.M. 22-7-1987 n. 411 (come modificato dall'art. 1 del D.P.C.M. 16 marzo 2000, n. 112) prescrive il limite minimo di altezza per l'ammissione ai concorsi per il reclutamento del personale delle Forze armate, fissato in mt. 1,61 per le donne.
Successivamente all'adozione dell'atto impugnato, la normativa in materia è stata oggetto di profonde modifiche introdotte dalla L. 12-1-2015 n. 2, che ha disposto che "1. Al fine di sostituire il requisito dei limiti di altezza per il reclutamento del personale delle Forze armate, previsto dall'articolo 587 del testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, di cui al DPR 15.3.2010, n. 90, con parametri atti a valutare l'idoneità fisica del candidato al servizio, la lettera d) del comma 1 dell'articolo 635 del codice dell'ordinamento militare, di cui al D.lvo 15.3.2010, n. 66, è sostituita dalla seguente: «d) rientrare nei parametri fisici correlati alla composizione corporea, alla forza muscolare e alla massa metabolicamente attiva, secondo le tabelle stabilite dal regolamento».
La legge in parola, pubblicata nella Gazz. Uff. 22.1.2015, n. 17, entrata in vigore dal 6 febbraio 2015, non comporta l'abrogazione immediata delle vigenti disposizioni sui limiti minimi di altezza, in quanto, al secondo comma del precitato articolo, prevede che con regolamento da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della predetta legge (cioè entro 6 agosto 2015) saranno apportate al DPR 15.3.2010, n. 90 le modificazioni necessarie per adeguarlo alla disposizione di cui al comma 1 del presente articolo. Al comma 4 precisa che "Nelle more dell'entrata in vigore delle nuove disposizioni recanti i parametri fisici per il reclutamento del personale delle Forze armate, delle Forze di polizia ad ordinamento militare e civile e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che devono entrare in vigore contemporaneamente, continuano ad applicarsi i limiti dialtezza previsti dalla vigente normativa".
Ne consegue che non è venuto meno l'interesse della ricorrente alla decisione del ricorso in esame, con cui si impugnano le norme, di livello regolamentare, oltre che le previsioni del bando, che impongono il requisito dell'altezza minima per l'ammissione alla carriera militare.
Nel merito il ricorso è palesemente fondato.
Come già chiarito nella sentenza della Corte Costituzionale n. 163 del 1993 - che ha dichiarato illegittima per contrasto con gli articoli 3, 37 e 51 Cost., una normativa che prevedeva requisiti di altezza minima indifferenziata per uomini e donne per l'accesso al Corpo dei Vigili Urbani della Provincia di Trento - il fine obiettivo della disciplina normativa in materia di limiti di altezza "è quello di selezionare l'accesso al posto di lavoro sulla base di criteri attinenti alla statura fisica". Le previsioni regolamentari sui limiti di altezza, pertanto, si possono ritenere legittime solo in base alla loro rispondenza funzionale ad esigenze obiettive dell'Amministrazione, essendo irragionevole, in quanto contrario allo scopo, una restrizione della platea dei concorrenti che non corrisponda alla finalità di consentire la selezione dei migliori, in quanto contraria al principio di imparzialità e buon andamento sancito dall'art. 97 della Cost., nonché, in quanto introducono una discriminazione arbitraria all'accesso alla pubblica funzione, in contrasto con l'art. 3 della Costituzione.
I principi costituzionali soprarichiamati hanno trovato espressa sanzione normativa nella legge 13-12-1986 n. 874, Norme concernenti i limiti d'altezza per la partecipazione ai concorsi pubblici, che all'art. 1 poneva il principio, valido come regola generale, del divieto di discriminazione delle persone sulla base dell'altezza che "non costituisce motivo alcuno per la partecipazione ai concorsi pubblici indetti dalle pubbliche amministrazioni, comprese quelle ad ordinamento autonomo, e dagli enti pubblici, salvo i casi previsti dall'articolo 2". In tal modo vengono individuate le finalità ed i limiti entro cui la deroga al predetto principio generale può operare e all'art. 2 viene demandato ad un emanando DPCM di stabilire "le mansioni e qualifiche speciali per le quali è necessario definire un limite di altezza e la misura di detto limite". Le disposizioni in parola sono state abrogate dall'art. 57 del D.Lgs. 11-4-2006 n. 198, Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, che era stato autorizzato dall'art. 6 co. 1 lett b) 6 della legge 28.11. 2005, n. 246 alla rimozione di sovrapposizioni e duplicazioni, e riprodotte, nel loro contenuto, dall'art. 31 del dlvo n. 198/06, Divieti di discriminazione nell'accesso agli impieghi pubblici(legge 9 febbraio 1963, n. 66, articolo 1, comma 1; legge 13 dicembre 1986, n. 874, articoli 1 e 2) che al comma 2 ribadisce che "L'altezza delle persone non costituisce motivo di discriminazione nell'accesso a cariche, professioni e impieghi pubblici ad eccezione dei casi in cui riguardino quelle mansioni e qualifiche speciali, per le quali è necessario definire un limite di altezza e la misura di detto limite, indicate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti i Ministri interessati, le organizzazioni sindacali più rappresentative e la Commissione per la parità tra uomo e donna, fatte salve le specifiche disposizioni relative al Corpo nazionale dei vigili del fuoco".
Le finalità ed i limiti entro cui la deroga al divieto delle discriminazioni "non giustificate da esigenze di servizio" avrebbe dovuto essere rispettata dal DPCM attuativo al quale era demandato, appunto, il compito solo di individuare i requisiti di altezza necessari in quanto "connessi a specifiche mansioni e compiti del militare". Invece di provvedere nel senso indicato dalla legge in parola, il D.P.C.M. 22-7-1987 n. 411, dopo aver correttamente richiamato nelle premesse la legge alla quale doveva dare attuazione (la legge 13 dicembre 1986, n. 874) e ricordato le finalità perseguite (determinazione delle mansioni e qualifiche speciali per le quali è necessario stabilire un limite di altezza e la misura dello stesso), ha poi, nel dettare la disciplina concreta ad esso demandata, "tradito" il compito ad esso affidato. Infatti il DPCM in parola, anziché individuare limiti di altezza"giustificati" in quanto rispondenti ad esigenze dell'Amministrazione differenziate per mansioni e qualifiche, ha introdotto un limite di altezza unico per ciascuna Forza Armata, limitandosi ad operare la richiesta diversificazione solo con riferimento agli ufficiali piloti della Marina e per gli ufficiali dei ruoli naviganti normale e speciale dell'Aeronautica.
Sebbene la previsione regolamentare in contestazione sia stata formalmente "abrogata" dall'articolo 2269 del D.Lvo n. 66/2010 - codice dell'ordinamento militare (un testo unico di natura essenzialmente compilativa, cfr. parere del Consiglio di Stato, sez. III, n. 1622 del 10 giugno 2008) - "a decorrere dall'entrata in vigore del codice e del regolamento", il suo contenuto è stato riprodotto dall'art. 587 del DPR n. 90/2010 (testo unico delle disposizioni regolamentari, anch'esso di natura compilativa).
La previsione del limite minimo di altezza per l'arruolamento nell'Esercito è illegittima in quanto non tiene conto, come avrebbe dovuto, della diversità di mansioni e qualifiche, cui correlare la misura della statura minima, ma impone, in modo generale ed astratto, un limite di altezza minimo per il reclutamento nell'Esercito, valido per qualsivoglia profilo professionale della stessa Forza Armata, inclusi ruoli tecnici. È stata in tal modo introdotta una discriminazione degli aspiranti Ingegneri sulla base dell'altezza che non risulta "giustificata" da esigenze organizzative, dato che questi non svolgono attività operative, bensì mansioni e qualifiche che, come risulta dagli artt. 109 e 1955 del D.lvo. n. 66/2010 nonché dell'art. 120 del DPR n. 90/2010, non si differenziano per quelli svolti dai corrispondenti profili professionali dei ruoli civili. Pertanto si pone in violazione con i principi costituzionali sopra richiamati - oltre che con l'art. 1 della legge 13-12-1986 n. 874 - e risulta inficiata altresì da contraddittorietà con le sue stesse premesse. È evidente che i limiti di altezza, intesi in senso assoluto, quale ostacolo al reclutamento di qualunque tipo di figura professionale operante in ambito militare, a prescindere dalle specifiche qualificazioni professionali - quindi con l'inclusione anche di profili di particolare contenuto tecnico - e dalle condizioni di impiego - equiparando ai ruoli operativi anche quelli "tecnici" destinati a svolgere compiti "di tavolino" - finirebbe con l'imporre all'Amministrazione della difesa dell'obbligo di selezionare i tecnici in una platea definita sulla base delle sole caratteristiche fisiche, ingiustificatamente ristretta, precludendo all'Amministrazione la possibilità di arruolare quelli "più bravi", ma meno alti in violazione delle finalità e dei principi sui pubblici concorsi sanciti dall'art. 51 e dall'art. 97 della Costituzione, ed in danno anche degli stessi candidati, perpetrando un'irragionevole discriminazione in violazione dei principi di cui all'art. 3 della Costituzione; incorrendo altresì nel contrasto con la stessa finalità richiamata nelle premesse della normativa di livello primario e secondario.
Ad ulteriore sostegno della mancanza di ragionevolezza della previsione in parola depongono, inoltre, diversi elementi che hanno costituito oggetto di attenta considerazione nel corso del dibattito parlamentare che ha condotto alla modifica dell'art. 635 del d.lvo n. 66/2010. In quella sede è stato evidenziato, per quanto riguarda l'aspetto storico, che le ragioni storiche che diedero vita al «deficit staturale» appaiono ormai anacronistiche - ed è stato al contrario osservato che rispetto a determinate mansioni (si pensi, per esempio, alle operazioni all'interno dei carri armati o al paracadutismo da elicottero) e in talune condizioni operative (si pensi agli spazi ristretti di aerei da combattimento e da ricognizione, come o anche navi e sommergibili ovvero alle funzioni, ad esempio del personale medico) appaiono più adatte persone di piccola statura - e non sono più corrispondenti alle moderne esigenze della Difesa. Inoltre, sotto il profilo comparatistico è stato evidenziato che nel Regno Unito, in Germania e in Francia, non solo sono previsti limiti di altezza più bassi di quelli prescritti in Italia (in Francia il limite minimo di statura, identico per uomini e donne, è di metri 1,50 per l'Esercito; in Germania il limite minimo è di metri 1,55; nel Regno Unito è previsto il limite di metri 1,48 per l'Esercito e di metri 1,51 per la Marina), ma soprattutto è prevista una valutazione funzionale complessiva dell'idoneità fisica del candidato, rapportata a determinati indici di massa corporea. Ed è proprio sulla base delle considerazioni soprarichiamate che è stato ritenuto che l'ammissione di militari di statura inferiore a quella attualmente richiesta non comporta pregiudizi alla funzionalità delle Forze armate, ed è stato deciso di "aggiornare" la disciplina in materia di requisiti minimi di altezza per l'arruolamento, rimodulando in un'ottica "funzionale" la determinazione dei relativi parametri la cui esatta individuazione è demandata a livello regolamentare.
Le considerazioni svolte in sede di dibattito parlamentare in merito alla inattualità dei parametri somatici in questione, dimostrata anche dall'adozione di diversi parametri da parte di Stati che hanno Forze Armate di pari efficienza di quelle del nostro Paese (nonché, sul piano storico, di validi e famosi militari di bassa statura) valgono anche ad evidenziare la palese irragionevolezza delle norme sulla fissazione di un limite di altezza minimo valido ad escludere "in astratto" l'accesso a qualunque Forza Armata, a prescindere dalle effettive funzioni e del ruolo ricoperto, anche se di natura meramente tecnica, qual è quello degli ingegneri dell'Esercito. In tale modo si impedisce all'Esercito di reclutare professionisti all'altezza dei compiti, sempre più impegnativi dal punto di vista tecnologico, ostacolando l'accesso alla carriera militare a professionisti capaci e motivati, preferendo loro candidati che, seppur meno dotati sotto il profilo tecnico-culturale, vantano una maggiore statura fisica.
Alla luce delle considerazioni sopra svolte, la normativa regolamentare in contestazione, così come la previsione dell'art. 12 del bando di concorso che la riproduce, sono illegittime e vanno pertanto annullate con conseguente annullamento del provvedimento applicativo di esclusione dell'interessata dalla procedura concorsuale in questione. In esecuzione della presente decisione l'Amministrazione è tenuta a riammettere la ricorrente alle successive fasi valutative della procedura concorsuale in questione.
Le spese di giudizio vanno compensate tra le parti, data la natura interpretativa della controversia.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis) accoglie il ricorso in epigrafe e, per l'effetto, annulla gli atti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2015 con l'intervento dei magistrati:
IL PRESIDENTE
Silvio Ignazio Silvestri
L'ESTENSORE
Floriana Rizzetto
IL CONSIGLIERE
Francesco Riccio
Depositata in Segreteria il 13 marzo 2015
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)