REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SECONDA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Ettore Bucciante - Presidente
Dott. Emilio Migliucci - Rel. Consigliere
Dott. Lina Matera - Consigliere
Dott. Vincenzo Correnti - Consigliere
Dott. Antonino Scalisi - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA N. 11454/2015
sul ricorso 2373-2010 proposto da:
D. R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BOCCA DI LEONE 78, presso lo studio dell'avvocato CURZIO CICALA, rappresentato e difeso dall'avvocato MAURO GADALETA;
- ricorrente -
contro
D. F., I. R., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PO 102 presso lo studio dell'avvocato SALVATORE SILVANO MARIA PASCULLI (Studio Legale Sciumè ed Associati), rappresentati e difesi dagli avvocati DOMENICO DELL'AERE, GIUSEPPE D'AGNELLI;
- controricorrenti -
avverso la sentenza n. 1084/2008 della CORTE D'APPELLO di BARI, depositata il 09/12/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/04/2015 dal Consigliere Dott. EMILIO MIGLIUCCI;
udito l'Avvocato MAURO GADALETA, difensore del ricorrente, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito l'Avvocato DOMENICO DELL'AERE, difensore del resistente, che si è riportato alle difese in atti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso per l'accoglimento del solo quarto motivo di ricorso e per l'inammissibilità o per il rigetto dei restanti motivi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Il tribunale di Trani accoglieva l'opposizione proposta da D. F. e I. R. avverso il decreto con cui era stato loro ingiunto di pagare a D. R. la somma di Lire 6.099.598 a titolo di saldo degli onorari per l'attività professionale (redazione progetto calcoli strutture in cemento armato e direzione lavori) relativa a un fabbricato da costruirsi.
Con sentenza dep. il 9 dicembre 2008 la Corte di appello di Bari confermava la revoca dell'opposto decreto, accogliendo la domanda degli opponenti di restituzione della somma (euro 3.874,42) dai medesimi versata in esecuzione del decreto munito di provvisoria esecuzione.
Per quel che interessa ancora nella presente sede, i Giudici di appello ritenevano che, in base al tenore della fattura quietanzata n. 3/98 emessa dal professionista, era risultato che il D. R. aveva ricevuto dagli opponenti la somma di lire 3.000.000 a saldo della prestazione parziale eseguita ovvero per redazione progetto e calcoli strutture in cemento armato, posto che era venuta meno la parte della prestazione relativa alla direzione dei lavori, come era desumibile dalla causale menzionata nella stessa fattura (per la non avvenuta realizzazione dell'opera) e che il saldo era liquidato per una prestazione parziale ovvero ridotta. Né, al riguardo poteva assumere rilevanza - secondo la sentenza impugnata - che soltanto successivamente alla emissione della fattura, i committenti ebbero a revocare al professionista l'incarico della direzione dei lavori, posto che - attesa la ricordata indicazione contenuta nella stessa fattura- il D. R. era consapevole che tale prestazione era venuta meno e la prestazione si era ridotta.
2. - Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il D. R. sulla base di quattro motivi illustrati da memoria.
Resistono con controricorso gli intimati.
Le parti hanno depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1. - Il primo motivo denuncia che la sentenza di appello era stata emessa lo stesso giorno (14-11-2008) in cui scadeva il termine per il deposito delle memorie di replica, che pertanto non era stato possibile depositare, con conseguente violazione del principio del contraddittorio.
1.2.- Il motivo è infondato.
Deve ritenersi che la sentenza impugnata era stata deliberata in camera di consiglio il 14-11-2008 senza che fino al termine di chiusura delle cancellerie l'attuale ricorrente avesse depositato alcuna memoria di replica: al riguardo, va rilevato che, nonostante quanto in proposito controdedotto dai resistenti con il controricorso, il ricorrente non ha formulato alcuna contestazione ovvero non ha neppure allegato di avere presentato memoria di replica prima della chiusura delle cancellerie nel giorno in cui la decisione è stata deliberata.
2.1. - Il secondo motivo denuncia l'omessa e contraddittoria motivazione in merito alla natura di quietanza di saldo di tutte le prestazioni effettuate dal professionista attribuito dai Giudici della fattura n. 3 del 1998, la quale faceva riferimento soltanto ad alcune.
2.2.- Il motivo è inammissibile.
Al sensi dell' art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dall'art. 6 del d.lgs. n. 40 del 2006, ratione temporis applicabile, i motivi del ricorso per cassazione devono essere accompagnati, a pena di inammissibilità (art. 375 n. 5 cod. proc. civ.,) dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto nei casi previsti dall'art. 360 primo comma n. 1), 2), 3), 4) cod. proc. civ.,e qualora il vizio sia denunciato anche ai sensi dell'art. 360 n. 5 cod. proc. civ., l'illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contradditt9ria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione.
Analogamente a quanto è previsto per la formulazione del quesito di diritto nei casi previsti dall'art. 360 primo comma n. 1), 2), 3), 4) cod. proc. civ., nell'ipotesi in cui il vizio sia denunciato ai sensi dell'art. 360 n. 5 cod. proc. civ., la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto),separatamente indicato in una parte del ricorso a ciò specificamente deputata e distinta dall'esposizione del motivo,che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (S.U. 20603/07),In tal caso,l'illustrazione del motivo deve contenere la indicazione del fatto controverso con la precisazione del vizio del procedimento logico-giuridico che, incidendo nella erronea ricostruzione del fatto,sia stato determinante della decisione impugnata. Pertanto,non è sufficiente che il fatto controverso sia indicato nel motivo o possa desumersi dalla sua esposizione. La norma aveva evidentemente la finalità di consentire la verifica che la denuncia sia ricondotta nell'ambito delle attribuzioni conferite dall'art. 60 n. 5 cod. proc. civ. al giudice di legittimità, che deve accertare la correttezza dell'iter logico-giuridico seguito dal giudice esclusivamente attraverso l'analisi del provvedimento impugnato, non essendo compito del giudice di legittimità quello di controllare l'esattezza o la corrispondenza della decisione attraverso l'esame e la valutazione delle risultanze processuali che non sono consentiti alla Corte, ad eccezione dei casi in cui essa è anche giudice del fatto. Si era, così, inteso precludere l'esame di ricorsi che, stravolgendo il ruolo e la funzione della Corte di Cassazione, sollecitano al giudice di legittimità un inammissibile riesame del merito della causa.
Nella specie, il motivo non contiene la formulazione del momento di sintesi con la indicazione del fatto controverso e del vizio di motivazione.
3.1. - Il terzo motivo denuncia la violazione dei criteri ermeneutici nell'interpretazione, del contenuto della c.d. convenzione del 10/3/ 1998. I Giudici avevano proceduto a una interpretazione del documento, che, in violazione dell'art. 1362 cod. civ., non aveva considerato il tenore letterale della fattura n. 3 /98 estraendone conseguenze che non trovavano riscontro nella volontà del solutore, che non poteva essere desunta dalla prova orale né in quella dei committenti che soltanto un anno dopo ritenevano di revocare l'incarico; non si era tenuto conto del comportamento anche successivo al contratto posto in essere dalle parti, che deve essere convergente ovvero comune; nella specie, non era univoco il comportamento tenuto dai controricorrenti che non potevano sostenere di avere saldato l'intero rapporto se poi soltanto successivamente avevano revocato l'incarico; il comportamento non era comune alle parti, posto che, da un lato, il creditore aveva rilasciato quietanza per una parte del debito e, dall'altro, i debitori ritenevano di non avere saldato l'intera prestazione; la interpretazione era in contrasto con quanto previsto dall'art. 1364 cod. civ., posto che la quietanza, essendo stata rilasciata per alcune prestazioni, non poteva essere stata rilasciata a saldo anche di quelle relative alla direzione dei lavori, che sarebbe stata revocata successivamente; l'inciso "identificato in prestazione parziale per la per la non avvenuta realizzazione dell'opera, non poteva estendersi fino a ricomprendere una prestazione che non è stata né considerata né menzionata; era stato altresì violato l'art. 1369 cod. civ..
3.2.- Il motivo è infondato.
La sentenza, interpretando la fattura quietanzata, ha correttamente tenuto conto della espressione letterale usata, ritenendo univoca la dichiarazione del creditore che non dava, adito a dubbi, laddove si dava atto che la somma indicata era corrisposta e riscossa a saldo delle prestazioni effettivamente realizzate ovvero prestazione parziale per la non avvenuta realizzazione dell'opera: progettazione e calcolo in c.a.. Pertanto, appare immune dalle lamentate censure, la sentenza la quale ha ritenuto che, in base alle risultanze della quietanza rilasciata, la stessa si riferiva senza ombra di dubbio al pagamento di quelle che doveva considerarsi le attività professionali effettuate e che era stata rilasciata a saldo della prestazione parziale, essendosi tenuto conto del mancato svolgimento della direzione dei lavori, laddove si indicava che l'opera da costruire non era stata mai realizzata.
Peraltro, deve escludersi che potesse essere indagata la ricerca della comune intenzione delle parti e il comportamento dalle medesime tenuto, dovendo considerarsi che in tema di atti unilaterali (fra i quali rientra la fattura) trovano applicazione le norme sull'interpretazione dei contratti (articoli 1362 segg. cod. civ.) in quanto siano compatibili, per cui non può aversi riguardo alla comune I intenzione delle parti, che non esiste, ma deve indagarsi l'intento proprio del soggetto che ha posto in essere il negozio, senza che possa farsi ricorso, per determinarlo, alla valutazione del comportamento dei destinatari dell'atto stesso.
4.1. Il quarto motivo denuncia che, tenuto conto del valore della controversia (euro 3.150,18), la liquidazione degli onorari del giudizio di appello era stata compiuta dalla sentenza impugnata in violazione dei massimi della tariffa forense.
4.2. - Il motivo è fondato
Tenuto conto del valore della controversia andava applicato lo scaglione della tariffa forense, di cui al decreto n. 127 del 2004, compreso fra euro 2.600,00 ed euro 5.200,00, per cui l'importo di euro 3.600,00 liquidato dalla sentenza impugnata per gli onorari di avvocato è superiore ai massimi della tariffa forense vigente che non avrebbe potuto essere determinato in un compenso superiore a euro 1.015,00: è appena il caso di chiarire che il valore della controversia era da determinare con riferimento all'importo del decreto ingiuntivo opposto e che, al tal fine, la suddetta somma non avrebbe potuto sommarsi a quella chiesta dagli opponenti in restituzione ovvero a quella che questi ultimi avevano corrisposto sempre in esecuzione del medesimo decreto, come erroneamente sostenuto dai resistenti.
Pertanto, la sentenza va cassata in relazione al motivo accolto; non essendo necessari ulteriori accertamenti, merito ai sensi dell'art. 384 cod. proc. civ.: la causa va decisa nel l'importo relativo agli onorari di avvocato del giudizio di appello - al pagamento dei quali è stato condannato l'opponente in favore degli opposti - va rideterminato e liquidato in euro 700,00.
In considerazione del marginale accoglimento del ricorso, le spese della presente fase possono compensarsi per 1/4 mentre vanno poste nella misura di 3/4, a carico del ricorrente, risultato per il resto soccombente
P. Q. M.
Accoglie il quarto motivo del ricorso rigetta gli altri cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, determina gli onorari di avvocati, liquidati a favore degli opposti nel giudizio di appello nella somma di euro 700,00;
Condanna il ricorrente al pagamento in favore dei resistenti dei 3/4 delle spese relative alla presente fase che liquida in totale in euro 1.500,00 di cui euro 200,00 per esborsi ed euro 1.300,00 per onorari di avvocato oltre spese forfettarie e accessori di legge, dichiarando compensato il residuo 1/4.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 15 aprile 2015.
IL PRESIDENTE
Ettore Bucciante
IL CONSIGLIERE EST.
Emilio Migliucci
Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2015
IL FUNZIONARIO GIUDIZIARIO
Valeria Neri