Direzione editoriale di Massimiliano Mangano - Chiara Campanelli
Diritto dei figli minori al mantenimento di un rapporto affettivo stabile con la ex convivente same sex della genitrice biologica
Il Tribunale di Palermo ha dichiarato il diritto dei figli minori al mantenimento di un rapporto affettivo stabile con la ex convivente same sex della genitrice biologica sulla scorta della interpretazione convenzionalmente orientata degli art. 337 bis e ter c.c..
Con una pronuncia storica il Tribunale di Palermo ha riconosciuto il diritto di due minori a mantenere un rapporto stabile con la ex convivente more uxorio e dello stesso sesso della genitrice biologica.
La fattispecie concreta riguarda una coppia di donne conviventi more uxorio da lungo tempo, che, volendo diventare genitrici, avevano, per volontà di entrambe provveduto alla inseminazione artificiale della odierna resistente, la quale a compimento della gravidanza, dava alla luce due gemelli. I minori erano stati accuditi fin da subito come "figli" di entrambe le donne, le quali volendo garantire loro una crescita serena ed armoniosa, costituendo un vero e proprio nucleo familiare, tanto che nel settembre 2011 adivano il Tribunale dei Minori, affinché alla ricorrente non genitrice biologica) fosse riconosciuta una potestà analoga a quella genitoriale. Il Tribunale e la Corte di Appello in sede di reclamo decidevano entrambi di rigettare la richiesta.
A causa dei dissensi insorti bella coppia, all'inizio del 2014 la coppia si separa e ciò comporta per la ricorrente difficoltà sempre maggiori nella frequentazione dei minori che oramai vivono stabilmente con la madre biologica.
Per questo la ricorrente adisce il Tribunale di Palermo ex art. 337 -bis e -ter c.c. affinché "nel supremo interesse dei bambini" venga emesso un provvedimento che ne regoli il rapporto con questi, richiedendo a tal fine una ctu che verificasse l'effettiva esistenza di un legame affettivo.
Dopo avere verificato la propria competenza per materia e la competenza territoriale, il Tribunale dichiara la carenza di legittimazione attiva della ricorrente, non esistendo nell'ordinamento italiano alcun appiglio normativo su cui fondare alcun asserito diritto dell'ex convivente del genitore biologico nei confronti dei figli minori, né, conseguentemente, alcuna legittimazione ad agire in giudizio nell'interesse di questi ultimi.
La fattispecie però viene comunque decisa nel merito, grazie alla presenza in giudizio del p.m., interveniente necessario, ex art. 70 c.p.c., il quale faceva proprie le istanze della ricorrente.
Espletata la ctu, la quale accertava la effettiva sussistenza di un rapporto affettivo profondo fra i minori e la ricorrente, i quali insieme alla genitrice biologica avevano formato un nucleo familiare stabile, il Tribunale riteneva di dover decidere avendo come centro nevralgico delle proprie decisioni "il superiore interesse" dei minori.
In tal senso, privare i gemelli, che identificano la ricorrente in una "mamma", di un "simile legame affettivo, avrebbe significato precludere loro di poter fare affidamento su una figura positiva fondamentale e di riferimento per la loro esistenza".
Il diritto dei minori a fruire dei vantaggi che derivano loro dal mantenimento di un rapporto stabile con una figura da loro percepita come genitoriale, trova, secondo il Tribunale, fondamento giuridico nelle Carte internazionali (Dichiarazione universale dei diritti del fanciullo del 1959) e nel diritto dell'Unione Europea (art. 24 della Carta europea dei diritti dell'uomo) oltre che nell'art. 8 della CEDU, nonché nella giurisprudenza della Corte di Giustizia U.E. e della Corte EDU, queste ultime conformi nell'affermare che la corretta interpretazione dell'art. 8 CEDU è volta alla tutela di una famiglia latu sensu esistente.
Per affermare ciò il Tribunale si rifà alla giurisprudenza costituzionale che afferma l'obbligo del giudice nazionale di adottare una interpretazione della norma interna conforme alle norme convenzionali (ex art. 117 co. 1, Cost.) e dunque vincolata a quella data Corte EDU, la quale costituisce "diritto vivente". Salvo ovviamente il caso di sollevare questione di costituzionalità laddove la norma interna contrasti con la norma convenzionale, per violazione del co. 1 del citato art. 117, Cost..
Poiché dunque la ratio degli art. 337 bis e ter c.c. è quella di dare preminenza all'interesse morale e materiale della prole, specie se minore, anche restringendo i diritti di terzi soggetti coinvolti, senza inutili tipizzazioni, ma bensì rendendoli flessibili alle esigenze che di volta in volta si verificano, anche alla luce della nuova conformazione dei nuclei familiari.
A tal fine, secondo il Tribunale, la "discendenza genetica" non costituisce più l'elemento determinante ai fini del diritto del minore a mantenere relazioni affettive stabili con chi ha di fatto rivestito un ruolo sostanziale di genitore. Quando, dunque, il rapporto fra il minore ed il "genitore sociale" è tale da fondarne l'identità personale, esso deve essere salvaguardato al pari di quanto riconosce oggi l'art. 337 ter c.c. ai figli nei confronti dei genitori biologici. In tal modo non verrà creato un "nuovo diritto", ma verrà garantita tutela giuridica ad uno stato di fatto già esistente da anni, nell'esclusivo interesse dei minori.
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