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Norma - quotidiano d'informazione giuridica - DBI s.r.l.
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23/02/2021
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE / Espropriazione per pubblica utilità

Espropriazione, accessione invertita e restituzione del bene

Il giudicato sull'accessione invertita rende inammissibile la successiva domanda di restituzione e l'ex proprietario ha diritto alla trascrizione della nuova titolarità in capo alla P.A..

Con la sentenza in rassegna il Consiglio di Giustizia amministrativa, dopo aver ricordato che l'interpretazione della portata del giudicato va effettuata non solo alla stregua di quanto stabilito nel dispositivo della sentenza, ma anche della motivazione che la sorregge, ha affermato che, in caso di occupazione originariamente sine titulo o divenuta tale, l'intervenuto giudicato sul verificarsi dell'accessione invertita e sull'acquisto in capo alla p.a. della proprietà del bene trasformato, in base a principi giurisprudenziali ormai superati, impedisce comunque la riproposizione del petitum mediante una domanda diretta alla restituzione del bene, in base al principio generale dell'ordinamento giuridico comunitario, affermato dalla Corte di Giustizia, dell'intangibilità del giudicato nazionale, ammettendosi tuttavia che l'ex proprietario inciso da attività espropriative è titolare di un interesse qualificato ad ottenere le necessarie trascrizioni onde rendere conoscibile ed opponibile a terzi l'intervenuto passaggio di proprietà, al fine di evitare i fastidi derivanti - in termini di pagamento tasse, formulazione dichiarazione redditi, etc. etc. - dalla condizione apparente per cui il bene in oggetto figurerebbe ancora nel compendio di pertinenza dell'appellante.

Massimiliano Mangano
ALLEGATO 1 C.G.A. - Sez. Giurisdizionale - Sentenza 19 Febbraio 2021, n. 125
> Espropriazione ed occupazione - Occupazione senza titolo - Accessione invertita - Giudicato interno o esterno - Accertamenti contenuti nella motivazione - Acquisto proprietà in capo P.A. - Domanda diretta alla restituzione del bene - Attività espropriative
> L'interpretazione della portata del giudicato, sia esso interno od esterno, va effettuata alla stregua di quanto stabilito nel dispositivo della sentenza e nella motivazione che la sorregge, onde il contenuto decisorio di una sentenza è rappresentato, ai fini della estensione del relativo giudicato, non solo dal dispositivo, ma anche dalle affermazioni e dagli accertamenti contenuti nella motivazione, nei limiti in cui essi costituiscano una parte della decisione, in quanto risolvano questioni facenti parte del thema decidendi e specificamente dibattute tra le parti, ovvero integrino una necessaria premessa od un presupposto logico indefettibile della pronuncia. In caso di occupazione originariamente sine titulo o divenuta tale, l'intervenuto giudicato sul verificarsi dell'accessione invertita e sull'acquisto in capo alla p.a. della proprietà del bene trasformato impedisce la riproposizione del petitum mediante una domanda diretta alla restituzione del bene, in base al principio generale dell'ordinamento giuridico comunitario, affermato dalla Corte di Giustizia, dell'intangibilità del giudicato nazionale, al fine di garantire sia la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, sia una buona amministrazione della giustizia. L'ex proprietario inciso da attività espropriative è titolare di un interesse qualificato ad ottenere le necessarie trascrizioni onde rendere conoscibile ed opponibile a terzi l'intervenuto passaggio di proprietà, al fine di evitare i fastidi derivanti - in termini di pagamento tasse, formulazione dichiarazione redditi, etc. etc. - dalla condizione apparente per cui il bene in oggetto figurerebbe ancora nel compendio di pertinenza dell'appellante. A tale risultato può pervenirsi mediante accordo con l'interessata ricognitivo dell'avvenuto trasferimento della proprietà in virtù dei giudicati civili di cui in premesse, ovvero mediante un decreto di esproprio (ora per allora), ovvero ancora, attraverso un provvedimento ex art. 42 bis t.u. espr. (con esclusione di qualsiasi corresponsione di somme o indennità di sorta, essendo stata la questione economica definita con i giudicati civili che hanno riconosciuto all'interessata il diritto al risarcimento del danno per la perdita della proprietà degli immobili, esaurendo quindi la questione indennitario/risarcitoria) (1).
(1) Cass. Civ., sez. lav., 7-8-2019 n. 21165; Cons. Stato, sez. III, 16-11-2018 n. 6471; sez. IV, 13-4-2016 n. 1466; C.G.A., 3-9-2009 n. C-2/08; sez. I, 16-3-2006 n. C-234/04.
N. 125/2021 Reg. Prov. Coll.
N. 810 Reg. Ric.
ANNO 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana Sezione giurisdizionale ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 810 del 2020, proposto da S. C., rappresentata e difesa dagli avvocati Girolamo Bongiorno e Salvatore Ziino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
A. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, n. 6;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza) n. 1734/2020, resa tra le parti in data 3.8.2020, nel procedimento n. 2744 del 2019, con la quale è stato dichiarato inammissibile il ricorso per l'accertamento dell'obbligo di A. di provvedere ai sensi dell'art. 42 bis D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 (T.U. Espropriazioni); per la dichiarazione di illegittimità del silenzio inadempimento tenuto da A.; per il conseguimento dell'ordine rivolto ad A. di concludere il procedimento; per la nomina di un commissario "ad acta" nell'ipotesi di mancato adempimento dell'obbligo di conclusione del procedimento entro il termine assegnato".
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'A. S.p.A.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 febbraio 2021, tenutasi da remoto ai sensi dell'art. 4, d.l. n. 28/2020 e dell'art. 25, d.l. n. 137/2020, il Cons. Maria Stella Boscarino;
Vista la richiesta di passaggio in decisione senza discussione presentata dall'Avvocatura dello Stato con nota di carattere generale a firma dell'Avvocato distrettuale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. L'appellante premette che, con Decreto di occupazione di urgenza del Prefetto di Agrigento n. 2416 del 29.4.1980, la società "R.", per conto dell'A., veniva autorizzata ad occupare d'urgenza per cinque anni i terreni ricadenti all'interno delle particelle 1 e 20 del foglio 120 del Comune di Agrigento, di proprietà dell'appellante.
Con sentenza n. 2108/1991, il Tribunale di Palermo, adito dall'interessata, dichiarava che, a seguito della trasformazione irreversibile del fondo, si era verificata la c.d. occupazione appropriativa e condannava l'A. al risarcimento dei danni.
2. Con Decreto di occupazione di urgenza del Prefetto di Agrigento n. 1333 del 29.3.1982, l'impresa "B.", per conto dell'A., veniva autorizzata ad occupare d'urgenza per cinque anni un ulteriore appezzamento di terreno all'interno delle particelle 1 e 20 del foglio 120, della particella 4 del foglio 113 e della particella 63 del foglio 119 del Comune di Agrigento.
Con sentenza n. 2177/1994, il Tribunale di Palermo, adito dalla sig.ra S. C., accertava che, nel corso dell'occupazione legittima del terreno, erano state eseguite le opere che avevano determinato una radicale ed irreversibile trasformazione delle aree e, pertanto, condannava l'impresa B. al risarcimento dei danni e rigettava la domanda risarcitoria nei confronti dell'A.
La sig.ra S. C. proponeva appello e, con sentenza n. 9/2001, la Corte di Appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza di primo grado, condannava l'A., quale ente espropriante e proprietario dell'opera, al risarcimento dei danni subiti dalla sig.ra S. C., in solido con l'impresa costruttrice.
3. Essendo, tuttavia, dette aree rimaste intestate alla sig.ra S. C., quest'ultima, con nota del 19.2.2019, invitava l'A. a provvedere a quanto di sua competenza per completare le procedure espropriative.
Poiché la lettera rimaneva priva di riscontro, con atto di intimazione ad adempiere notificato nelle date 8/12.11.2019, la sig.ra S. C. invitava A. ad avviare il procedimento ex art. 42 bis T.U. Espropriazioni sui beni in atto occupati e ad emettere tutti i provvedimenti conseguenti, chiedendo inoltre il risarcimento dei danni in conseguenza del perdurante inadempimento.
4. Poiché l'A. rimaneva inerte, con ricorso proposto avanti al Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, iscritto al numero di registro generale 2744 del 2019, la sig.ra S. C. chiedeva di accertare l'inadempimento di A. s.p.a. e di ordinare alla stessa di provvedere.
5. Con sentenza n. 1734/2020, emessa in data 3.8.2020, il Tribunale adito dichiarava il ricorso inammissibile, ritenuto comunque infondato perché, con le sentenze nn. 2108/1991 e 2177/1994 del Tribunale di Palermo (quest'ultima poi modificata dalla Corte di Appello con la sentenza 9/2001), passate in giudicato, il Giudice Ordinario avrebbe dichiarato l'estinzione del diritto di proprietà della sig.ra S. C. e l'acquisto della proprietà in capo all'A.
6. La sig.ra S. C. ricorre in appello, richiamando, in ordine alla declaratoria di inammissibilità, la decisione di questo Consiglio n. 307 del 25.5.2020, che ha riformato la sentenza n. 101/2020 del T.A.R. Sicilia, che costituisce la parte motiva della decisione impugnata.
L'appellante lamenta, poi, nel merito:
- che, nelle sentenze civili intervenute tra la stessa e l'ANAS, l'Autorità Giudiziaria ha fatto applicazione di orientamenti in palese contrasto con il diritto della CEDU;
- il Tribunale Civile ha ritenuto "consolidato l'acquisto della proprietà a titolo originario in capo al realizzatore dell'opera" (sent. 2177/1994) e che si fosse verificata "l'estinzione del diritto di proprietà dell'attrice" (sent. 2108/1991) soltanto incidenter tantum, al fine di qualificare la condotta della P.A. come "illecita" e dichiarare il diritto della sig.ra S. C. al risarcimento del danno, in coerenza con la domanda della sig.ra S. C.;
- non vi sarebbe stata alcuna pronuncia espressa sul trasferimento dell'area, la cui estensione non viene neppure indicata nella sentenza.
L'appellante argomenta, poi, che la sentenza della Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 2 del 20.1.2020 ha escluso che si possa configurare la c.d. "rinuncia abdicativa" in capo al privato che agisce in giudizio per chiedere il risarcimento del danno per perdita della proprietà illecitamente occupata dalla P.A. e ha sottolineato che l'effetto traslativo non "può essere recuperato attraverso l'ordine di trascrizione della sentenza di condanna al risarcimento del danno".
Comunque, anche a ritenere che le sentenze di condanna della Amministrazione abbiano potuto trasferire la proprietà alla stessa Amministrazione pur in mancanza di un provvedimento di esproprio, va comunque considerato che l'iter amministrativo non si è concluso e che l'Amministrazione deve ultimare gli adempimenti a suo carico.
Come sottolineato dall'Adunanza Plenaria, non è possibile una "trascrizione della sentenza di condanna al risarcimento del danno"; ma l'interessata, rimasta formalmente proprietaria del bene, ha interesse alla emanazione dei necessari provvedimenti di completamento dell'iter amministrativo, mediante il frazionamento e la corretta intestazione catastale dei beni, occupati dalla P.A.
Tali argomentazioni vengono ribadite ed approfondite con memoria depositata il 12.1.2021.
7. L'ANAS, costituitasi in giudizio, ha presentato una memoria con la quale si oppone alle richieste dell'appellante, sostenendo la correttezza della decisione appellata, per un verso, perchè il provvedimento amministrativo eventualmente adottato ex art. 42bis d.p.r. n. 327/2001 risponde unicamente all'interesse della P.A. di evitare la restituzione, previa riduzione in pristino, del bene immobile occupato, per cui la ricorrente, a fronte dell'occupazione illegittima del proprio fondo, non vanta un interesse legittimo pretensivo.
In secondo luogo, perché non sussiste più il diritto di proprietà in capo all'appellante, poiché in forza dei due giudicati del giudice civile è stata riconosciuta l'occupazione appropriativa, che ha provocato l'estinzione del diritto di proprietà.
Ne discenderebbe l'inammissibilità dell'appello, per carenza di interesse della parte a conseguire una pronuncia relativa ad una sentenza dichiarativa dell'obbligo dell'Amministrazione di provvedere sull'istanza volta all'adozione del provvedimento di acquisizione sanante, ex art. 42 bis d.p.r. n. 327/2001, atteso che l'odierna appellante ha già conseguito il bene della vita al quale aspirava, vale a dire l'estinzione del proprio diritto di proprietà e la liquidazione di una somma per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale sofferto.
A seguito del giudicato, invero, si è esaurito il potere dell'Amministrazione di acquisire un bene già dichiarato di proprietà dell'ANAS e dunque non suscettibile di esproprio, come puntualmente rilevato dalla sentenza gravata.
8 L'appellante, con memoria del 20.1.2021, replica adducendo che l'art. 42 bis non riconosce all'Amministrazione il potere insindacabile di non concludere il procedimento amministrativo, ma lascia libera l'Amministrazione di scegliere come concludere il procedimento amministrativo.
Inoltre, poiché le sentenze civili non possono aver determinato l'estinzione del diritto di proprietà della sig.ra S. C., né si può configurare la c.d. "rinuncia abdicativa" alla proprietà illecitamente occupata dalla P.A., quest'ultima resta obbligata a concludere il procedimento amministrativo per tutti gli adempimenti non ancora ultimati (compresa la regolarizzazione catastale).
L'appellante precisa che il presente giudizio non ha ad oggetto la richiesta di liquidazione dell'indennizzo derivante dall'occupazione illegittima, già incassato, ma la conclusione del procedimento.
9. L'appellante ha presentato note di udienza, insistendo nella richiesta della decisione del giudizio.
Nella camera di consiglio del giorno 3 febbraio 2021, tenutasi da remoto, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
10. L'appello è fondato nei limiti e termini di cui infra.
10.1. In ordine all'ammissibilità del ricorso, l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2 del 2020, ha certificato l'obbligo dell'Amministrazione di rimuovere "l'illecito permanente" e di adeguare la situazione di fatto a quella di diritto.
Ha precisato il Supremo Consesso che "L'art. 42-bis ha, quindi, definito in maniera esaustiva la disciplina della fattispecie, con una normativa autosufficiente, rispetto alla quale non trovano spazio elaborazioni giurisprudenziali che, se forse giustificate in assenza di una base legale, non si giustificano più una volta che intervenga un'esplicita disciplina normativa, ritenuta conforme al diritto europeo e alla Costituzione, che viene a costituire la base legale espressa della fattispecie in questione.
La fattispecie di cui al predetto art. 42-bis è evidentemente delineata in termini di potere-dovere: non implica certo che l'Amministrazione debba necessariamente procedere all'acquisizione del bene, ma impone che essa eserciti doverosamente il potere di valutare se apprendere il bene definitivamente o restituirlo al soggetto privato, secondo una concezione di potere-dovere, o doverosità di certe funzioni, che è nota da tempo nel tessuto del diritto amministrativo e che discende dai noti principi di imparzialità e buon andamento della P.A. (art. 97 Cost.)".
Deve trarsi la conclusione che "Pertanto, il giudice amministrativo, in caso di inerzia dell'Amministrazione e di ricorso avverso il silenzio ex art. 117 c.p.a., può nominare già in sede di cognizione il commissario ad acta, che provvederà ad esercitare i poteri di cui all'art. 42-bis d.P.R. n. 327-2001 o nel senso della acquisizione o nel senso della restituzione del bene illegittimamente espropriato."
Questo Consiglio ha, quindi, più volte ribadito l'obbligo della P.A. di concludere i procedimenti ex art. 42 bis Testo Unico Espropriazioni (ad esempio, decisione n. 307/2020 del 25.5.2020).
In conformità ai numerosi precedenti di questo Consiglio, la decisione appellata deve quindi essere riformata in ordine alla ritualità del ricorso introduttivo.
11. Nel merito, deve escludersi, contrariamente alla prospettazione dell'appellante, che la stessa sia rimasta proprietaria dei beni in questione.
11.1. Il Tribunale di Palermo adito dall'interessata, con sentenza n. 2108/1991, accertava che nel corso della occupazione legittima del terreno era stata iniziata e completata l'esecuzione delle opere, per la realizzazione delle quali l'occupazione era stata disposta; e ciò aveva determinato la radicale ed irreversibile trasformazione dell'immobile occupato.
Applicando il principio della c.d. occupazione appropriativa, il Tribunale affermava che l'avvenuta trasformazione irreversibile del fondo aveva "provocato l'estinzione del diritto di proprietà dell'attrice; ma costituendo un illecito ha fatto contemporaneamente sorgere a favore della stessa il diritto al risarcimento del danno derivante dalla perdita della titolarità del bene".
Per tale motivo, il Tribunale condannava l'ANAS a pagare alla Sig.ra S. C. il risarcimento del danno ivi quantificato.
Con sentenza n. 2177/1994, relativamente all'altro stacco di terreno di cui in premesse, il Tribunale di Palermo accertava che "...il 25 aprile 1990 ... deve ritenersi cessata la legittimità dell'occupazione temporanea e consolidato l'acquisto della proprietà a titolo originario in capo al realizzatore dell'opera, con nascita del diritto al risarcimento in capo alla proprietaria sacrificata".
Con sentenza n. 9/2001, la Corte di Appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza di primo grado, condannava l'A., quale ente espropriante e proprietario dell'opera, al risarcimento dei danni subiti dalla Sig.ra S. C. in solido con l'impresa costruttrice.
Ciò posto, le eccezioni formulate dalla ricorrente non possono trovare accoglimento.
11.2. In primo luogo, non risponde al vero che gli immobili non siano stati compiutamente descritti nelle sentenze civili, nelle quali invero vengono riportate alcune indicazioni idonee alla identificazione dei bani e comunque si fa rinvio alle (complete) descrizioni contenute negli atti di citazione dell'interessata e nelle consulenze tecniche d'ufficio.
11.3. La circostanza che nel dispositivo delle decisioni in questione non risulti espressamente trasferita la proprietà degli immobili dipende dalla circostanza che, nella ricostruzione giurisprudenziale alla quale si uniformano dette decisioni, la perdita della proprietà del bene irreversibilmente destinato alle esigenze dell'opera pubblica dipendeva da un comportamento illecito della Pubblica Amministrazione; la realizzazione dell'opera pubblica comportava, in tale ricostruzione, l'estinzione del diritto di proprietà del privato e la contestuale acquisizione, a titolo originario, della proprietà in capo all'ente procedente. Sicché l'acquisizione avviene ipso iure, con il maturarsi delle circostanze richieste dalla legge e la sentenza avrebbe potuto solo accertare l'intervenuto acquisto.
Ed è, di fatti, quanto avvenuto con le sentenze in questione, sebbene le stesse non riportino, nel dispositivo, l'espressa declaratoria, dato che nella motivazione contengono, comunque, chiaramente l'accertamento dell'intervenuto acquisto della proprietà in capo all'Amministrazione espropriante.
Il giudicato deve quindi intendersi formato (anche) sul passaggio di proprietà, quale antecedente logico giuridico della statuizione sul risarcimento del danno, costituendo l'accertamento in fatto circa la perdita della proprietà da parte dell'attrice il punto di partenza per l'accertamento del diritto al danno risarcibile.
La giurisprudenza, posto che l'interpretazione della portata del giudicato, sia esso interno od esterno, va effettuata alla stregua di quanto stabilito nel dispositivo della sentenza e nella motivazione che la sorregge (Cassazione civile sez. lav., 07/08/2019, n. 21165), ha chiaramente affermato che il contenuto decisorio di una sentenza è rappresentato, ai fini della estensione del relativo giudicato, non solo dal dispositivo, ma anche dalle affermazioni e dagli accertamenti contenuti nella motivazione, nei limiti in cui essi costituiscano una parte della decisione, in quanto risolvano questioni facenti parte del thema decidendi e specificamente dibattute tra le parti, ovvero integrino una necessaria premessa od un presupposto logico indefettibile della pronuncia; in tal caso è lecito invocare il principio della integrabilità del dispositivo con la motivazione della sentenza, e la portata precettiva di una pronuncia giurisdizionale va individuata non solo tenendo conto delle statuizioni formalmente contenute nel dispositivo, ma coordinando questo con la motivazione (Consiglio di Stato sez. III, 16/11/2018, n. 6471).
Ne consegue l'intervenuto giudicato sulla questione dell'assetto della proprietà, non più contestabile.
La giurisprudenza (Consiglio di Stato sez. IV, 13/04/2016, n. 1466) ha, al riguardo, chiarito che in caso di occupazione originariamente sine titulo o divenuta tale, l'intervenuto giudicato sul verificarsi dell'accessione invertita e sull'acquisto in capo alla p.a. della proprietà del bene trasformato impedisce la riproposizione del petitum mediante una domanda diretta alla restituzione del bene.
11.4. Una volta chiarito che in ordine al trasferimento della proprietà si è formato il giudicato, si deve respingere la prospettazione dell'appellante, volta a contestare la compatibilità con il diritto eurounitario della ricostruzione seguita nelle decisioni civili intervenute tra la stessa e l'ANAS.
Premesso che le decisioni in questione non sono state impugnate, sul punto, dall'interessata, che, quindi, le ha ritenute satisfattive delle proprie ragioni, è comunque decisivo rilevare che la Corte di giustizia dell'Unione Europea ha ripetutamente precisato che il principio dell'intangibilità del giudicato nazionale è stato assunto anche come principio generale dell'ordinamento giuridico comunitario in quanto, al fine di garantire sia la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, sia una buona amministrazione della giustizia, è importante che le decisioni giurisdizionali nazionali divenute definitive non possano più essere messe in discussione e che, al di fuori di alcuni casi eccezionali, "il diritto comunitario non impone ad un giudice nazionale di disapplicare le norme processuali interne che attribuiscono autorità di cosa giudicata ad una decisione, anche quando ciò permetterebbe di porre rimedio ad una violazione del diritto comunitario da parte di tale decisione (sentenza del 3 settembre 2009 su causa C-2/08; cfr. anche sentenza della I Sez. del 16.3.2006 nel procedimento C-234/04)".
Il giudicato, pertanto, rappresenta il titolo che si frappone all'interesse della ricorrente a rivendicare la proprietà del bene.
12. Tanto chiarito, residua la fondatezza dell'ultima domanda formulata dall'appellante, volta ad ottenere le necessarie trascrizioni onde rendere conoscibile ed opponibile a terzi l'intervenuto passaggio di proprietà (e, in concreto, come efficacemente fatto presente negli scritti di parte appellante, al fine di evitare i fastidi derivanti - in termini di pagamento tasse, formulazione dichiarazione redditi, etc etc-dalla condizione apparente per cui il bene in oggetto figurerebbe ancora nel compendio di pertinenza dell'appellante).
A tale risultato l'ANAS può pervenire mediante accordo con l'interessata ricognitivo dell'avvenuto trasferimento della proprietà in virtù dei giudicati civili di cui in premesse, ovvero mediante un decreto di esproprio (ora per allora), ovvero ancora, come chiesto dall'appellante, attraverso un provvedimento ex art. 42 bis t.u. espr. (con esclusione di qualsiasi corresponsione di somme o indennità di sorta, essendo stata la questione economica definita con i giudicati civili che hanno riconosciuto all'interessata il diritto al risarcimento del danno per la perdita della proprietà degli immobili, esaurendo quindi la questione indennitario/risarcitoria).
In detti termini, in riforma della sentenza appellata, il ricorso dev'essere accolto, dichiarando l'illegittimità del silenzio serbato sull'istanza presentata dall'interessata dall'A. s.p.a., alla quale viene ordinato di provvedere (nei limiti di cui sopra) sulla suddetta istanza entro il termine giorni sessanta.
Con espressa riserva, in caso di persistente inerzia, di nominare un commissario ad acta per provvedere in luogo dell'amministrazione.
Le spese di questo grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate in complessivi euro 1.000,00, oltre accessori di legge; il contributo unificato relativo ad entrambi i gradi di giudizio viene posto a carico dell'A. s.p.a.
P. Q. M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e, per l'effetto, in riforma della sentenza di primo grado, ordina all'A. s.p.a. di provvedere (nei termini di cui in motivazione) sull'istanza presentata dall'appellante entro il termine di giorni sessanta.
Condanna l'A. s.p.a. al pagamento di spese e onorari del doppio grado di giudizio, nella misura complessiva di euro mille/00 oltre accessori di legge, ponendo a suo carico il contributo unificato relativo ad entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso dal C.G.A.R.S. con sede in Palermo nella camera di consiglio del giorno 3 febbraio 2021 tenutasi da remoto con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:
 
IL PRESIDENTE
Fabio Taormina
IL CONSIGLIERE EST
Maria Stella Boscarino
IL CONSIGLIERE
Sara Raffaella Molinaro
IL CONSIGLIERE
Maria Immordino
IL CONSIGLIERE
Antonino Caleca
 
Depositata in Segreteria il 19 febbraio 2021


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