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Norma - quotidiano d'informazione giuridica - DBI s.r.l.
Direzione scientifica di M. Alessandra Sandulli e Andrea Scuderi
31/10/2019
ATTIVITÀ ECONOMICHE / Concorrenza

Individuazione di una linea di demarcazione tra uso e abuso della posizione di concorrente dominante

Quali sono le condizioni minime per ritenere che le attività commerciali costituiscano una strategia idonea a produrre effetti anticoncorrenziali?

La Sezione Prima del TAR Lazio con la sentenza in rassegna ha annullato il provvedimento sanzionatorio di oltre 16 milioni di euro emanato dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ("Agcm") nei confronti di operatori - che svolgono attività di vendita di energia elettrica sul c.d. mercato libero dell'energia - per abuso di posizione dominante. L'Agcm, in particolare, ha contestato alle società ricorrenti l'aver realizzato una condotta commerciale idonea ad alterare le dinamiche competitive nel mercato della vendita al dettaglio di energia elettrica ai clienti finali domestici e non domestici di minori dimensioni nei territori nei quali il gruppo gestisce l'attività di distribuzione, in quanto finalizzato a indurre gli utenti del servizio di maggior tutela a passare sul mercato libero sfruttando l'esclusiva disponibilità di anagrafiche di clienti del SMT, nonché le informazioni sul posizionamento di mercato dei concorrenti di detenute in esclusiva dalle società del gruppo. Alla luce dei canoni interpretativi enunciati dalla giurisprudenza in tema di abusi di posizione dominante, il Collegio giunge alla decisione che nella fattispecie non sussistono le condizioni minime per ritenere che le attività poste in essere dalle società ricorrenti costituiscano una strategia idonea a produrre effetti anticoncorrenziali, osservando in particolare che il soggetto che si trova in posizione dominante commette un illecito antitrust abusando della sua condizione attraverso una o più condotte, anche singolarmente lecite, qualora tali condotte presentino un sufficiente margine di gravità e di potenziale offensività, tale da denotare l'idoneità a produrre l'effetto escludente sul mercato. Non esiste, quindi, un abuso significativo per il sol fatto di rivestire la posizione di monopolista in un mercato né nel volere intraprendere attività di "retention", volte a mantenere la propria clientela anche nella fase di passaggio a un mercato concorrenziale. Le condotte dell'impresa assumono, invece, rilevanza ai fini antitrust quando le politiche di marketing dimostrano l'esistenza di una strategia di tipo discriminatorio, in grado di determinare una preclusione concorrenziale nei confronti degli altri operatori.

Lucia Interlandi
ALLEGATO 1 T.A.R. - T.A.R. Lazio - Roma - Sentenza 17 Ottobre 2019, n. 11960
> Autorità indipendenti - Garante concorrenza - Posizione dominante - Illecito antitrust - Abuso posizione dominante - Condotte con sufficiente margine di gravità e di potenziale offensività - Idoneità a produrre l'effetto escludente sul mercato
> Il soggetto che si trova in posizione dominante commette un illecito antitrust abusando della sua condizione attraverso una o più condotte, anche singolarmente lecite, qualora tali condotte presentino un sufficiente margine di gravità e di potenziale offensività, tale da denotare l'idoneità a produrre l'effetto escludente sul mercato. Non esiste, quindi, un abuso significativo per il sol fatto di rivestire la posizione di monopolista in un mercato né nel volere intraprendere attività di "retention", volte a mantenere la propria clientela anche nella fase di passaggio a un mercato concorrenziale. Le condotte dell'impresa assumono, invece, rilevanza ai fini antitrust quando le politiche di marketing dimostrano l'esistenza di una strategia di tipo discriminatorio, in grado di determinare una preclusione concorrenziale nei confronti degli altri operatori.
> Autorità indipendenti - Garante concorrenza - Posizione dominante - Norme in materia di concorrenza - Uso e abuso della posizione di concorrente dominante - Linea di demarcazione tra uso e abuso della posizione di concorrente dominante
> L'elencazione dei comportamenti descritti nell'art. 102 Trattato di funzionamento dell'Unione Europea non è esaustiva, pertanto la norma delinea una fattispecie aperta, rimettendo all'interprete la specificazione dei concetti generali presenti nella disposizione, nonché l'individuazione delle fattispecie delle condotte meritevoli di sanzione. L'esistenza di una posizione dominante, inoltre, non è di per sé incompatibile con le norme in materia di concorrenza, atteso che è possibile che l'impresa competa lecitamente sul mercato con gli altri concorrenti. Il problema è allora quello di individuare una linea di demarcazione tra uso e abuso della posizione di concorrente dominante, ciò che dovrà avvenire in ragione del principio generale di proporzionalità, individuando, in concreto, il potere economico dell'impresa e comparando lo stesso alle distorsioni della concorrenza che la condotta di quell'impresa in quello specifico ambito è in grado di generare (1).
(1) Cons. Stato, sez. VI, 8-4-2014 n. 1673.
N. 11960/2019 Reg. Prov. Coll.
N. 3306 Reg. Ric.
ANNO 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3306 del 2019, proposto da A. S.p.A. e E. S.p.A., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Fabio Cintioli, Carlo Edoardo Cazzato, Paolo Giugliano e Antonio Catricalà, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Vittoria Colonna, 32;
contro
Autorità garante della concorrenza e del mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
T., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Gennaro D'Andria, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
G. S.p.A. in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Rino Caiazzo e Federico Tedeschini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Federico Tedeschini in Roma, largo Messico 7;
Associazione C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Carmine Laurenzano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
X. S.p.A. non costituita in giudizio;
e con l'intervento di
ad opponendum:
Associazione L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Cesare San Mauro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Guido D'Arezzo 2;
per l'annullamento
del provvedimento del 20 dicembre 2018 n. 27496, notificato in data 8.1.2019, con il quale è stato accertato che A. S.p.A. ed E. S.p.A. avrebbero commesso un abuso di posizione dominante, in violazione dell'art. 102 TFUE, ed è stata irrogata una sanzione amministrativa di euro 16.199.879,09; nonché, per quanto occorrer possa, di ogni atto ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguenziale, nessuno escluso, ivi compresi: (i) il provvedimento di avvio del procedimento n. 26590 del 4 maggio 2017; (ii) il provvedimento del 16.11.2017, con la quale è stato disposto il rigetto degli impegni presentati da A. ed E.; (iii) il provvedimento di estensione oggettiva e soggettiva del procedimento n. 26928 del 10 gennaio 2018; (iv) la comunicazione delle risultanze istruttorie del 3 agosto 2018;
del Regolamento concernente l'organizzazione e il funzionamento dell'Autorità, adottato dalla medesima Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in Bollettino, ed. speciale, Anno XXVII, supplemento al numero 20.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, di T., di G. S.p.A. in liquidazione e di Associazione C.;
Visto l'atto di intervento ad opponendum di Associazione L.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 ottobre 2019 la dott.ssa Lucia Maria Brancatelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
A. S.p.A. ("A."), E. S.p.A. ("E.") e I. S.p.A. ("I.") sono società attive nel mercato dell'energia elettrica. In particolare, A. è la capogruppo dell'omonimo gruppo societario, di cui fanno parte le società interamente controllate E. e I.. E. opera nella fornitura di energia elettrica sia in regime di c.d. maggiore tutela (in poi, anche "SMT) che sul mercato libero ("ML), mentre I. è la società del gruppo che gestisce il servizio di distribuzione di energia elettrica negli ambiti territoriali dei Comuni di Roma e Formello.
Con il ricorso in epigrafe, A. e E. impugnano il provvedimento con il quale l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (in avanti, "Agcm" o "Autorità") ha ritenuto che tali società, unitamente ad I., abbiano posto in essere un abuso di posizione dominante, contrario all'art. 102 del TFUE, consistito nell'adozione di una strategia di tipo escludente a danno di operatori che svolgono attività di vendita di energia elettrica sul c.d. mercato libero dell'energia.
Agcm, in particolare, contesta alle menzionate società del gruppo A. l'aver realizzato una condotta commerciale idonea ad alterare le dinamiche competitive nel mercato della vendita al dettaglio di energia elettrica ai clienti finali domestici e non domestici di minori dimensioni nei territori nei quali il gruppo gestisce l'attività di distribuzione, in quanto finalizzato a indurre gli utenti del servizio di maggior tutela a passare sul mercato libero sfruttando l'esclusiva disponibilità di anagrafiche di clienti del SMT, nonché le informazioni sul posizionamento di mercato dei concorrenti di E. detenute in esclusiva da I..
Il procedimento ha avuto avvio a seguito di una segnalazione pervenuta all'Autorità da parte di T. ("Associazione Italiana di Grossisti di Energia e Trader"), nonché di quelle di singoli consumatori, dalle quali l'Autorità ricavava l'esistenza di indizi di una strategia posta in essere dal gruppo A., volta a far transitare il proprio parco clienti dal mercato tutelato al mercato libero, anche attraverso modalità che facevano leva sulle prerogative detenute in quanto esercente in esclusiva il servizio di maggior tutela.
Il procedimento era avviato il 4 maggio 2017 nei confronti di A. e E. e venivano effettuati accertamenti ispettivi, anche presso la società I..
Con provvedimento dell'8 novembre 2017, Agcm rigettava l'istanza di assunzione di impegni ai sensi dell'articolo 14-ter della legge 10 ottobre 1990, n. 287, volti a rimuovere i profili anticoncorrenziali dell'infrazione contestata.
Con atto del 10 gennaio 2018, l'Autorità deliberava l'estensione del procedimento ad I..
La Comunicazione delle Risultanze Istruttorie (di seguito, "CRI") era inviata alle parti del procedimento il 3 agosto 2018 e l'istruttoria si concludeva con il provvedimento del 20 dicembre 2018, oggetto di gravame, reso al termine del procedimento A513.
L'Autorità, accertata la sussistenza di un abuso di posizione dominante posto in essere da A., E. e I., dal marzo 2014 e fino al 2017, le inibiva la reiterazione di condotte analoghe a quelle oggetto dell'infrazione e condannava le società in solido al pagamento di una sanzione amministrativa di euro 16.199.879,09.
Le ricorrenti A. e E. impugnano il provvedimento formulando, al primo motivo, censure avverso la definizione di mercato rilevante operata dall'Autorità, sostenendo che sarebbe stata attribuita ad E. la titolarità di una posizione dominante in assenza di una analisi puntuale delle dinamiche concorrenziali del settore in cui opera la società.
Nel secondo mezzo di gravame, premessa la descrizione delle condotte che secondo l'Autorità dimostrerebbero l'esistenza di una strategia abusiva escludente nei confronti degli altri esercenti la vendita di energia elettrica sul ML, le ricorrenti confutano le contestazioni presenti nel provvedimento, in ragione della insussistenza di offerte mirate indirizzate alla clientela SMT di E. e del travisamento dei documenti richiamati nell'istruttoria, che non sarebbero idonei a dimostrare che E. avrebbe impostato la propria campagna commerciale su prerogative irreplicabili dai concorrenti. Inoltre, sarebbe carente l'analisi dell'effetto escludente che la condotta del gruppo A. avrebbe determinato nei confronti dei concorrenti di E. sul ML. Viene anche contestata la ricostruzione dell'Autorità in relazione alla condotta di E. di acquisizione del consenso privacy nei confronti della propria clientela e sulla esistenza di una profilazione dei clienti SMT contrattualizzati sul ML. Agcm, inoltre, avrebbe omesso di considerare che, in ragione di un cambio dei vertici del gruppo nel mese di aprile del 2017, la presunta strategia elaborata a livello di top management preordinata allo svuotamento del bacino clienti del SMT non sarebbe stata comunque portata a termine.
Al terzo motivo di impugnazione, le ricorrenti contestano la ricostruzione dell'Autorità circa l" "esistenza di una costante osmosi informativa tra la società di distribuzione I. e la società di vendita [E.] avente a oggetto informazioni privilegiate", riguardanti l'esatta consistenza numerica della base clienti dei principali concorrenti nel ML dell'area territoriale di Roma.
Le parti lamentano la mancata dimostrazione da parte dell'Autorità del nesso teleologico tra l'ottenimento dei dati sulla consistenza numerica dei concorrenti forniti da I. e la c.d. strategia di svuotamento contestata ad E., nonché dell'esistenza di un vincolo di strumentalità tra le condotte in questione, al fine di ricondurle a un unico abuso di posizione dominante. Sostengono, inoltre, che la condotta di I. sarebbe lecita, riguardando informazioni replicabili con ordinarie indagini di mercato e che non erano qualificabili come dati strategici.
Al quarto motivo, le ricorrenti deducono in via subordinata il vizio di incompetenza che inficerebbe il provvedimento, nella parte in cui, con riferimento all'asserita illiceità dello scambio di informazioni interno al Gruppo A., l'Autorità avrebbe posto in essere un controllo riservato dalla legge - specificatamente dall'art. 38, co. 2, lett. b, del Decreto Legislativo 1 giugno 2011, n. 93 - all'Arera.
In via ulteriormente subordinata, al quinto motivo, le ricorrenti contestano l'attività di quantificazione della sanzione posta in essere da Agcm, che sarebbe errata in relazione: al valore delle vendite preso a riferimento ai fini determinazione dell'importo base della sanzione, all'entità della percentuale (pari al 3%) applicata sull'importo base; alla durata dell'illecito; al mancato riconoscimento di circostanze attenuanti.
Con il sesto motivo di impugnazione, presentato sempre in via ulteriormente gradata, E. e A. sostengono l'illegittimità del provvedimento perché adottato da un collegio composto da soli due componenti. Sul punto, impugnano l'articolo 6, comma 1, e 7, comma 1, del Regolamento concernente l'organizzazione e il funzionamento dell'Autorità, che ritiene sufficiente il quorum costitutivo di due soli componenti, ritenuti contrastanti con le fonti di legge primaria e col principio generale che imporrebbe il numero minimo di tre componenti. Qualora le norme di legge fossero interpretate nel senso di consentire l'operatività dell'Agcm a due componenti, senza il Presidente, e col voto prevalente del componente "anziano", chiedono che sia sollevata questione di legittimità costituzionale per violazione dell'art. 97 della Costituzione, nonché per violazione e del principio di legalità ex artt. 23, 97 e 113 Cost. Sulla medesima questione domandano di sollevare questione pregiudiziale ai sensi dell'articolo 267 TFUE davanti alla Corte di giustizia, per presunto contrasto con l'art. 35 del Regolamento CE n. 1 del 2003.
Infine, al settimo motivo, sempre in via subordinata, deducono l'illegittimità del provvedimento per il mancato rispetto, nel corso del procedimento, dell'art. 6 della CEDU, in ragione della mancanza di una netta separazione tra gli uffici dell'Autorità che hanno condotto l'istruttoria e il Collegio che ha assunto la decisione.
L'Agcm e le controinteressate T., G. e Associazione C. si sono costituite in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso siccome infondato.
Si è altresì costituita con intervento ad opponendum l'Associazione L., anch'essa insistendo nella reiezione del gravame.
In vista dell'udienza di trattazione del ricorso, le parti hanno prodotto memorie e documentazione a sostegno delle reciproche posizioni.
Alla udienza pubblica del 2 ottobre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
In via preliminare, il Collegio fa presente che non terrà conto della memoria difensiva dell'Autorità del 17 settembre 2019, in quanto, come eccepito da parte ricorrente, essa è stata depositata tardivamente, oltre il termine di cui all'articolo 73, comma 1, c.p.a., dimidiato ex art. 119, comma 2, c.p.a.
Passando allo scrutinio delle questioni sollevate, il ricorso merita accoglimento, alla stregua delle considerazioni che seguono.
L'art. 102 sul Trattato di funzionamento dell'Unione Europea stabilisce che "E' incompatibile con il mercato interno e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato interno o su una parte sostanziale di questo.
Tali pratiche abusive possono consistere in particolare:
a) nell'imporre direttamente od indirettamente prezzi d'acquisto, di vendita od altre condizioni di transazione non eque;
b) nel limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori;
c) nell'applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza;
d) nel subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi".
L'elencazione dei comportamenti descritti nel richiamato articolo non è esaustiva, pertanto la norma delinea una fattispecie aperta, rimettendo all'interprete la specificazione dei concetti generali presenti nella disposizione, nonché l'individuazione delle fattispecie delle condotte meritevoli di sanzione. L'esistenza di una posizione dominante, inoltre, non è di per sé incompatibile con le norme in materia di concorrenza, atteso che è possibile che l'impresa competa lecitamente sul mercato con gli altri concorrenti.
Il problema è allora quello di individuare una linea di demarcazione tra uso e abuso della posizione di concorrente dominante, ciò che dovrà avvenire in ragione del principio generale di proporzionalità, individuando, in concreto, il potere economico dell'impresa e comparando lo stesso alle distorsioni della concorrenza che la condotta di quell'impresa in quello specifico ambito è in grado di generare (Consiglio di Stato, sez. VI, 8 aprile 2014, n. 1673).
In sostanza la dominanza genera nell'impresa una "speciale responsabilità" di non compromettere, con il suo comportamento, lo svolgimento di una concorrenza effettiva e non falsata in mercati in cui, proprio per il fatto che vi opera un'impresa dominante, il grado di concorrenza è già ridotto (Corte di giustizia CE, 14 novembre 1996, n. 333/94).
Ne deriva, anche alla luce della già rilevata portata proteiforme della nozione di abuso, che l'interprete dovrà identificare, pur nella varietà e eterogeneità delle situazioni di fatto, la sussistenza di un rapporto effettivo tra l'interesse generale tutelato dalle previsioni, riferito alla tutela della concorrenza e del mercato, e il comportamento concretamente tenuto e considerato dai provvedimenti.
La giurisprudenza ha pure osservato come il carattere abusivo di un comportamento alla luce dell'art. 102 TFUE non ha relazione con la sua conformità ad altre normative, giacché gli abusi di posizione dominante consistono, per lo più, proprio in comportamenti leciti alla luce di altri settori dell'ordinamento, diversi dal diritto alla concorrenza (Corte di giustizia CE, 6 dicembre 2012, C-457/10, Astrazeneca, Consiglio di Stato, VI, 15 maggio 2015, n. 2479 e 12 febbraio 2014, n. 693).
Ne consegue che, pur in presenza di comportamenti leciti alla luce di singole normative settoriali, l'interprete potrà ravvisare la sussistenza dell'illecito anticoncorrenziale laddove la combinazione degli stessi sia espressiva di un intento escludente, da accertare indiziariamente come un quid pluris che si aggiunge alla sommatoria di comportamenti altrimenti leciti.
Sempre in via generale, si è poi osservato come, stante la natura "di pericolo" dell'illecito antitrust, non occorre anche che se ne verifichino gli effetti concreti, purché venga appurata l'astratta idoneità della condotta ad alterare il normale svolgimento del gioco concorrenziale. L'illecito, in sostanza, si perfeziona attraverso la condotta anticoncorrenziale, nella misura in cui la stessa sia astrattamente idonea a produrre effetti anticoncorrenziali, vale a dire a turbare il funzionamento corretto e la libertà stessa del mercato.
Secondo la ricostruzione fornita da Agcm, E. avrebbe approfittato della propria prerogativa di operatore integrato verticalmente nell'attività, in monopolio, della distribuzione elettrica e nella conseguente gestione in esclusiva del servizio pubblico di vendita di energia elettrica in regime di maggior tutela, ponendo in essere due condotte abusive, volte allo svuotamento della maggior tutela in vista della soppressione per legge del relativo settore.
La prima condotta consisteva nella raccolta da parte di E. (direttamente o incrociando liste di contatti pubbliche o acquisite da terzi con il proprio database) e con modalità discriminatorie del consenso privacy per finalità commerciali degli utenti del mercato tutelato e nell'utilizzo dei relativi dati di contatto da parte della stessa E. per la propria attività commerciale sul mercato libero. La seconda, nell'utilizzo da parte di E. - sempre per finalità commerciali - di informazioni sensibili sul posizionamento di mercato dei suoi principali concorrenti e che si trovano nella esclusiva disponibilità di I., distributore del servizio di energia elettrica nell'area di Roma e Formello e parte del gruppo A..
Nello specifico, Agcm ritiene che la prima condotta fosse strutturata in due passaggi successivi: il primo finalizzato alla c.d. presa del consenso privacy - secondo modalità discriminatorie - dei clienti del SMT per scopi commerciali e il secondo all'inserimento dei contatti così "consensati" in liste di anagrafiche trasmesse da E. ai propri teleseller perché li chiamassero al fine di proporre loro la sottoscrizione di forniture energetiche sul mercato libero.
La strategia escludente, per l'Autorità, era corroborata dalla seconda condotta, con la quale E. adoperava il "set" di informazioni ottenuto per il tramite di I. relativo alla ricostruzione diacronica dell'andamento del mercato della vendita di energia elettrica sul mercato libero, consentendole di monitorare l'efficacia ed orientare le proprie strategie di marketing.
Tanto precisato, deve osservarsi che non possono essere condivise le censure formulate nel primo motivo di impugnazione, volte a contestare l'analisi presente nel provvedimento impugnato circa la definizione di "mercato rilevante". Per giurisprudenza consolidata, l'individuazione del mercato rilevante, presupposto dell'esistenza della posizione dominante, che identifica e delimita il contesto sociale ed economico ove opera l'impresa soggetta all'accertamento, è riservata all'Agcm e il giudice amministrativo non può sostituirsi ad essa, salvo che l'operato dell'Autorità presenti vizi di travisamento dei fatti, vizi logici e vizi di violazione di legge (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 25 luglio 2016, nn. 8499, 8500, 8502, 8504 e 8506; Cons. Stato, Sez. VI, 8 aprile 2014, n. 1673, id. 14 gennaio 2014, n. 693).
Lo scrutinio delle censure in esame non può che essere condotto entro i limiti del sindacato del giudice amministrativo sui provvedimenti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, tenendo conto che "la verifica diretta dei fatti posti a fondamento del provvedimento impugnato si estende altresì ai profili tecnici, laddove necessario per giudicare della legittimità di tale provvedimento; ma quando in siffatti profili tecnici siano coinvolti valutazioni ed apprezzamenti che presentano un oggettivo margine di opinabilità, detto sindacato, oltre che in un controllo di ragionevolezza, logicità e coerenza della motivazione del provvedimento impugnato, è limitato alla verifica che quel medesimo provvedimento non abbia esorbitato dai margini di opinabilità sopra richiamati, non potendo il giudice sostituire il proprio apprezzamento a quello dell'Autorità garante ove questa si sia mantenuta entro i suddetti margini" (Cass., SS.UU., 20 gennaio 2014, n. 1013; Cons. Stato, sez. VI, 26 gennaio 2015, n. 334 e, da ultimo, 21 marzo 2018, n. 1821).
La circostanza che, nella presente fattispecie, la dimensione geografica del mercato rilevante sia stata circoscritta ad un ambito locale (precisamente, alle aree di Roma e Formello) e non a quello nazionale è stata adeguatamente giustificata dall'Autorità, che ha tenuto conto, seguendo un ragionamento immune da vizi di illogicità, che al momento della contestazione dell'infrazione il mercato in questione era ancora disomogeneo e caratterizzato dalla presenza di vincoli competitivi distinti a livello locale, in ragione della generale inerzia dei consumatori ad abbandonare il regime di maggior tutela e i vantaggi connessi alla presenza storica sul territorio delle società esercenti il SMT.
Sono, invece, meritevoli di accoglimento le doglianze formulate dalla parte ricorrente nel secondo e terzo motivo di impugnazione.
Osserva il Collegio che, alla luce dei canoni interpretativi enunciati dalla surriferita giurisprudenza in tema di abusi di posizione dominante, non sussistono le condizioni minime per ritenere che le attività poste in essere dalle società ricorrenti costituiscano una strategia idonea a produrre effetti anticoncorrenziali.
Si è osservato che il soggetto che si trova in posizione dominante commette un illecito antitrust abusando della sua condizione attraverso una o più condotte, anche singolarmente lecite, qualora tali condotte presentino un sufficiente margine di gravità e di potenziale offensività, tale da denotare l'idoneità a produrre l'effetto escludente sul mercato. Non esiste, quindi, un abuso significativo per il sol fatto di rivestire la posizione di monopolista in un mercato né nel volere intraprendere attività di "retention", volte a mantenere la propria clientela anche nella fase di passaggio a un mercato concorrenziale. Le condotte dell'impresa assumono, invece, rilevanza ai fini antitrust quando le politiche di marketing dimostrano l'esistenza di una strategia di tipo discriminatorio, in grado di determinare una preclusione concorrenziale nei confronti degli altri operatori. Significativo, in proposito, è un recente arresto della giurisprudenza comunitaria (Corte di giustizia, causa C-413/14 P Intel) nel quale è stato affermato che la valutazione della capacità di escludere dal mercato è pertinente anche in un caso chiaramente rientrante nell'ambito del divieto di cui all'art. 102 TFUE, quale è la condotta dell'impresa in posizione dominante che applica promozioni mirate o sconti-fedeltà. Anche in simili ipotesi va effettuata "un'analisi della capacità di esclusione dal mercato di concorrenti quantomeno altrettanto efficaci, intrinseca alla pratica considerata".
Deve, allora, osservarsi che il provvedimento gravato risulta gravemente lacunoso, nel suo percorso motivazionale, in ragione dei travisamenti e delle carenze istruttorie nell'analisi della idoneità della prima condotta contestata a produrre effetti anticoncorrenziali, nonché per la presenza di considerazioni apodittiche circa la rilevanza, ai fini della dimostrazione dell'esistenza di una medesima strategia escludente, della seconda condotta.
Secondo l'Autorità, E. avrebbe fatto un uso discriminatorio del patrimonio di anagrafiche di clienti tutelati contattabili di cui trovava a disporre E. in qualità di esercente del SMT, riuscendo a contattare, attraverso una campagna massiva di acquisizione, secondo modalità discriminatorie, del consenso privacy a fini commerciali la propria clientela, escludendo gli altri operatori dalla possibilità di beneficiare della conoscenza delle liste dei clienti "consensati" e quindi contattabili. L'Autorità, nel ricostruire il presunto illecito, ha ritenuto non rilevanti una serie di argomenti prospettati dalle parti del procedimento, che erano tuttavia sufficientemente in grado di dimostrare l'inidoneità delle attività poste in essere ad integrare una condotta rilevante ai fini antitrust.
Nello specifico, dalle evidenze documentali raccolte nel corso del procedimento si evince che: ai clienti contattati non veniva mai proposta una "offerta mirata" ma una semplice offerta standard; l'offerta non veniva formulata secondo modalità discriminatorie (ad esempio, facendo leva sulla natura di "fornitore storico" ovvero ingenerando confusione sul cliente sulle ragioni e modalità del passaggio dal SMT al ML); i clienti contattati dai teleseller provenivano, in maniera preponderante, da liste di contatti presenti sulle pagine bianche (e, quindi, contattabili anche dai competitors) mentre quelli "consensati", che avevano prestato un consenso direttamente ad E. ad essere contattati per ricevere offerte commerciali, costituivano circa l'1% del totale. Quanto a questo ultimo aspetto, benché sia vero, come sottolinea l'Autorità, che la percentuale in questione riguarda un dato "spurio", che comprende tanto i clienti del MT che quelli del ML, esso è comunque significativo ai fini della prova che la strategia di marketing di A., per come concretamente realizzata (proponendo offerte standardizzate agli utenti del SMT e focalizzandosi su tutta la propria clientela, ivi compresa quella del ML) non era in grado di raggiungere un grado significativo di offensività, tale da essere anche solo ipoteticamente in grado di perseguire l'intento di escludere gli altri operatori presenti nel mercato libero attraverso "svuotamento" della base clienti servita in maggior tutela.
Deve, anche, osservarsi, che nella valutazione circa la natura discriminatoria dell'attività di acquisizione dei consensi ai fini privacy, l'Autorità, nell'intento di dimostrare la particolare ampiezza percentuale della clientela contattata, ha travisato il contenuto di alcune delle evidenze documentali acquisite nell'istruttoria. A fronte di una pluralità di canali adoperati per acquisire il consenso, l'Autorità sottolinea la particolare rilevanza, anche in termini numerici, dei clienti del mercato tutelato contattati tramite l'attività di "bonifica" anagrafica e di customer survey. Tuttavia, dal tenore testuale delle informative rese da tali clienti si evince che il consenso era reso anche a favore di società terze (era, infatti, prevista la possibilità di contattare l'utente per finalità di "promozione commerciale e/o vendita di prodotti e/o servizi di vario genere, anche mediante utilizzo di tecniche di comunicazione a distanza, da parte di società esterne, situate anche all'estero, che agiscano nell'interesse di A. o proprio, alle quali i suddetti dati potranno essere comunicati"). Ne consegue che il dato percentuale del 57%, riportato dall'Autorità e relativo ai clienti del SMT che sarebbero stati "consensati" in maniera discriminatoria, risulta falsato, includendo anche coloro che avevano prestato il consenso in favore di società terze.
Anche la seconda condotta imputata alle parti ricorrenti sconta gravi vizi di illogicità nella motivazione.
L'Autorità ha sostenuto l'esistenza di una strumentalità tra l'attività di trasmissione da parte di I. del flusso dei dati relativi ai concorrenti di E. sul mercato libero e la prima condotta sopra descritta, in quanto legate dal perseguimento di un unico disegno anticoncorrenziale. Nello specifico, dopo avere sottolineato nel provvedimento che i dati trasmessi da I. consentivano ad A. "una conoscenza esatta, mensilmente aggiornata e distinta per tipologia (domestica, business e altri usi), della consistenza numerica dei clienti serviti da tutti i suoi concorrenti sul ML della vendita di energia elettrica nei comuni di Roma e Formello", Agcm ha sostenuto che tali informazioni erano stata oggetto "di specifico monitoraggio" da parte di E. e dalla stessa utilizzate per la definizione della propria politica industriale e di marketing (cfr. par. 134 del provvedimento).
Tuttavia, non viene spiegato in che modo le informazioni in questioni potevano essere, anche solo a livello ipotetico, utilizzate per implementare ovvero monitorare la strategia escludente oggetto di contestazione, che riguarda lo svuotamento del mercato tutelato. Manca, infatti, la ricostruzione del nesso teleologico che legherebbe le due condotte, tenuto conto del fatto che i dati forniti da I. riportavano, in forma aggregata, il solo posizionamento, nel tempo, dei concorrenti sul mercato libero. Agcm non chiarisce, quindi, nel provvedimento, e neppure prospetta a livello presuntivo, in che modo tali dati potevano essere utilizzati da A. per orientare o monitorare l'efficacia della sua politica di marketing volta a "trattenere" la clientela già presente nel mercato tutelato. La condotta illecita di I. viene, del resto, ricostruita in chiave puramente presuntiva, in assenza di alcuna spiegazione plausibile sulla astratta capacità delle informazioni acquisite di "facilitare" la realizzazione del piano di svuotamento del mercato tutelato. Anzi, la natura aggregata delle informazioni reperite, unita alla mancata predisposizione di offerte mirate in favore dei clienti del mercato tutelato da far transitare in quello libero, avrebbe dovuto portare l'Autorità a concludere che i dati in questione non rivestivano alcun interesse ai fini del perseguimento della presunta strategia di svuotamento del mercato tutelato. Ciò in quanto i dati trasmessi da I. non erano indicativi della capacità dei concorrenti di attrarre clientela del SMT ma costituivano mere analisi, seppure "diacroniche", sul posizionamento degli operatori presenti mercato libero, e come tali erano inconferenti rispetto alla definizione o al monitoraggio da parte di A. di una strategia per il passaggio della clientela tra i due mercati.
Anche sotto questo aspetto, pertanto, la ricostruzione offerta dall'Autorità non è in grado di dimostrare l'esistenza di un illecito anticoncorrenziale meritevole di sanzione.
Conclusivamente, con assorbimento di ogni altro motivo, il ricorso merita accoglimento e conseguentemente va annullato il provvedimento sanzionatorio impugnato.
La novità e complessità delle questioni sottoposte giustifica la compensazione delle spese di lite.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto annulla l'impugnato provvedimento sanzionatorio.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 ottobre 2019 con l'intervento dei magistrati:
 
IL PRESIDENTE
Antonino Savo Amodio
IL REFERENDARIO EST
Lucia Maria Brancatelli
IL CONSIGLIERE
Ivo Correale
 
Depositata in Segreteria il 17 ottobre 2019


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