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Direzione scientifica di M. Alessandra Sandulli e Andrea Scuderi
03/09/2015
FINANZA PUBBLICA / IRAP

L'avvocato che esercita presso la propria abitazione deve pagare l'IRAP?

Quando deve ritenersi sussistente il criterio ermeneutico dell'autonoma organizzazione che costituisce il presupposto per la definizione dei soggetti passivi dell'IRAP?

Con la pronuncia in commento, la Suprema Corte torna ad esprimersi sui presupposti per l'applicazione dell'IRAP e a chiarire quali siano gli elementi fondamentali da tenere in considerazione per l'esistenza o meno dell'obbligo di versamento dell'imposta sui professionisti. L'art. 2 del D.Lgs. n. 446/1997, infatti, non ha confini soggettivi d'applicazione ben delineati e la giurisprudenza ha, nel tempo, tentato di dirimere i dubbi. L'esercizio abituale di un'attività autonomamente organizzata ricorre qualora il contribuente sia il responsabile dell'organizzazione ed impieghi beni strumentali eccedenti il "minimo indispensabile", ovvero si avvalga di lavoro altrui non occasionale.
Su tali premesse la Sezione Tributaria ha aggiunto che l'autonoma organizzazione non va intesa in senso soggettivo, come auto-organizzazione creata e gestita dal professionista, bensì in senso oggettivo,come esistenza di un apparato esterno che esuli dalla persona del professionista, frutto dell'organizzazione di beni strumentali e/o lavoro altrui. Pertanto, tale apparato non si denota allorquando il contribuente sia legato da un rapporto di mera collaborazione ad altro studio ed esercita la professione presso la propria abitazione.

Eugenio Erario Boccafurni
ALLEGATO 1 Cassazione Sezione Tributaria - Sentenza 19 Agosto 2015, n. 16941
> Imposte e tasse - IRAP - Presupposti - Autonoma organizzazione - Criterio oggettivo per la sua individuazione
> Il criterio ermeneutico dell'autonoma organizzazione (ovvero l'esercizio abituale di un'attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi, che ricorre qualora il contribuente sia il responsabile dell'organizzazione ed impieghi beni strumentali, eccedenti per quantità o valore il minimo generalmente ritenuto indispensabile per l'esercizio della professione, oppure si avvalga in modo non occasionate di lavoro altrui) costituisce il presupposto per la definizione dei soggetti passivi dell'IRAP. L'esistenza di detto presupposto non è da intendere in senso soggettivo, come "auto-organizzazione" creata dal professionista, bensì in senso oggettivo ovvero come esistenza di un apparato esterno alla persona del professionista e distinto da lui, frutto dell'organizzazione di Beni strumentati e/o di lavoro altrui (1). (Nel caso di specie la Corte ha ritenuto che non fosse dovuta l'IRAP da parte dell'avvocato che non ha uno studio proprio ma esercita presso la propria abitazione).
(1) Vedi tra le tante, Cass. n. 26161/2011; Cass. 3664/2007.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Antonio Greco - Presidente -
Dott. Mario Cigna - Rel. Consigliere -
Dott. Massimo Ferro - Consigliere -
Dott. Guido Federico - Consigliere -
Dott. Giulia Iofrida - Consigliere -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA N. 16941/2015
sul ricorso 18194-2010 proposto da:
G. G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA I. GOIRAN 23, presso lo studio dell'avvocato Giancarlo Contento, rappresentato e difeso dall'avvocato Michele Bianco giusta delega a margine;
- ricorrente -
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presto 1'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 31/2009 della COMM. TRIB. REG. di TORINO, depositata il 18 maggio 2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27 marzo 2015 dal Consigliere Dott. Mario Cigna;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Federico Sorrentino che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
G. G., di professione avvocato, ha proposto ricorso dinanzi alla CTP di Torino avverso la cartella emessa a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione relativa al periodo d'imposta 2003, con il quale gli era stato richiesto il pagamento della somma di euro 5.706,00 per omesso versamento IRAP.
L'adita CTP ha rigettato il ricorso.
Con sentenza depositata il 18 maggio 2009 la CTR Piemonte ha rigettato l'appello del contribuente; in particolare la CTR, precisato che il contribuente lavorava a Torino per conto di uno studio legate di Milano senza vincoli di orario e di esclusiva, ha poi evidenziato che lo stesso aveva promiscuamente adibito la propria abitazione a studio e, a fronte di un complessivo reddito dichiarato di euro 178.803,0; aveva sostenuto costi (dettagliatamente descritti per euro 37.033,00; ciò posto, ha ritenuto che siffatti elementi (in particolare le spese sostenute per lo svolgimento dell'attività e l'uso di beni strumentali) coordinati dall'interessato per offrire prestazioni professionali dimostravano l'esistenza di un'organizzazione autonoma finalizzata alla produzione di reddito, con conseguente assoggettabilità del contribuente all'IRAP.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il contribuente, affidato a due motivi, illustrato anche da successiva memoria ex art 378 cpc; ha resistito l' Agenzia.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il contribuente, denunziando violazione e falsa applicazione dell'art. 2 d. lgs 446/97, ha sostenuto che erroneamente la CTR, pur essendo incontestabile che esso contribuente si fosse avvalso di una struttura organizzata riferibile a terzi nella quale era inserito alla stregua di un collaboratore, aveva - ciò nononostante- dichiarato la sussistenza in capo al professionista di un'autonoma organizzazione, con conseguente assoggettamento all'IRAP.
Con il secondo motivo il contribuente, denunziando omessa motivazione su fatto controverso e decisivo per il giudizio, ha dedotto che la CTR aveva solo elencato i costi sostenuti, senza alcuna valutazione degli stessi.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente in quarto connessi, sono fondati.
Va, invero, rilevato che, per ormai costante e condiviso principio di questa Corte, in tema di IRAP, presupposto per l'applicazione dell'imposta, secondo la previsione dell'art. a del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, è l'esercizio abituale di un'attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi, che ricorre qualora il contribuente sia il responsabile dell'organizzazione ed impieghi beni strumentali, eccedenti per quantità o valore il minimo generalmente ritenuto indispensabile per l'esercizio della professione, oppure si avvalga in modo non occasionate di lavoro altrui; l'esistenza di un'autonoma organizzazione non deve essere intesa in senso soggettivo, come auto-organizzazione creata e gestita dal professionista senza vincoli di subordinazione, bensì in senso oggettivo, come esistenza di un apparato esterno alla persona del professionista e distinto da lui, frutto dell'organizzazione di Beni strumentati e/o di lavoro altrui (v. tra le tante, Cass. 26161/2011 e Cass. 3664/2007).
Nel caso di specie il contribuente non ha neanche uno studio proprio ma esercita presso la propria abitazione; lo stesso, inoltre, è solo collaboratore di altro studio (la cui eventuale organizzazione è, quindi, irrilevante) ed ha costi per euro 37.0332, che, se valutati nella loro specificità (euro 5.026,00 per quote di ammortamento, euro 1.773,00 per canoni di locazione finanziaria di beni mobili, euro 1.439,00 per consumi, euro 9.485,99 per spese locazione immobili, euro 19.210,00 per altre spese: v. sul punto, anche controricorso), non denotano autonoma organizzazione tale da rendere il cliente assoggettabile all'IRAP.
In conclusione, pertanto, in accoglimento del ricorso, va cassata l'impugnata sentenza, che non si è attenuta ai su esposti principi; non essendo, poi, necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384, comma 2, cpc, con raccoglimento del ricorso introduttivo.
In considerazione dell'evolversi delle decisioni, si ritiene sussistano giusti motivi per dichiarare compensate tra le parti le spese di lite relative ai gradi di merito; le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa l'impugnata sentenza, e decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo; dichiara compensate le spese di lite relative ai gradi di merito; condanna l'Agenzia pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 1500,00, oltre 15% per spese forfettarie ed oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il 27 marzo 2015.
 
IL PRESIDENTE
Antonio Greco
IL CONSIGLIERE EST
Mario Cigna
 
Depositato in Cancelleria il 19 agosto 2015
IL FUNZIONARIO GIUDIZIARIO
Marcello Baragona


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