Numero 323
Data 29 gennaio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Consultiva per gli Atti Normativi
Adunanza di Sezione del 17 gennaio 2019
NUMERO AFFARE 1386/2018
OGGETTO:
Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
regolamento recante la disciplina delle modalità di utilizzo del contributo a valere sul fondo per l'assistenza dei bambini affetti da malattia oncologica, ai sensi dell'articolo 1, comma 338, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, recante "Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020";
LA SEZIONE
Vista la nota di trasmissione della relazione prot. n. 29170 pervenuta in data 9 gennaio 2019, con la quale il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Paolo Carpentieri;
Premesso:
1. Con parere interlocutorio n. 2044 del 9 agosto 2018 la Sezione, all'esito dell'esame di un primo schema di decreto trasmesso con nota n. prot. n. 0004731 del 13 luglio 2018, ha svolto alcuni rilievi e ha sollecito il Ministero del lavoro e delle politiche sociali a procedere a una parziale riformulazione del testo e a fornire talune delucidazioni su alcuni punti della proposta normativa.
2. Il Ministero vi ha provveduto con l'invio, con nota prot. n. 29170 pervenuta in data 9 gennaio 2019, di un nuovo schema di decreto, parzialmente riformulato, accompagnato dalla relazione debitamente sottoscritta dal Sottosegretario di Stato delegato.
Considerato:
1. Richiamate le considerazioni generali svolte nel citato parere interlocutorio della Sezione, occorre concentrare l'attenzione in questa sede sulle riformulazioni proposte dal Ministero a seguito dell'ora detto parere interlocutorio e sui chiarimenti forniti su taluni punti problematici in quella sede segnalati.
2. I profili problematici emersi nell'esame del primo schema di decreto possono riassumersi nei seguenti punti:
a. la definizione di «bambini oncologici»;
b. chiarimenti sulle ragioni della mancata menzione, tra gli enti a base associativa potenzialmente idonei a conseguire i contributi, degli Enti filantropici previsti dalla lettera c) del richiamato articolo 46 del codice di settore;
c. non conformità alla norma primaria (legge 27 dicembre 2017, n. 205, articolo 1, comma 338) del proposto rinvio della disciplina dell'utilizzo del fondo alle fonti non regolamentari previste dagli articoli 72 e 73 del Codice del Terzo Settore ed esigenza di una puntuale disciplina delle modalità di erogazione e utilizzo dei fondi già direttamente nella fonte regolamentare in esame;
d. necessità di una motivazione più analitica circa l'assenza di altre "associazioni che svolgono attività di assistenza psicologica, psicosociologica e sanitaria in tutte le forme a favore dei bambini affetti da malattia oncologica e delle loro famiglie" che, pur non appartenenti al Terzo settore, possano anch'esse legittimamente aspirare al contributo previsto dalla legge della cui esecuzione si tratta (atteso che la norma primaria non ha espresso una siffatta scelta limitativa della platea dei possibili beneficiari).
3. Il nuovo testo consta di 18 articoli (rispetto ai 5 del testo iniziale), concernenti l'oggetto, i soggetti beneficiari, l'utilizzo del fondo, le azioni ammissibili al finanziamento, la durata dei progetti finanziati, la disciplina delle spese, i requisiti di partecipazione al procedimento di ammissione al finanziamento del fondo, l'avvio del procedimento (ossia la disciplina dell'avviso pubblico annuale e la definizione della relativa modulistica), le cause di inammissibilità delle domande di finanziamento, l'esame e la valutazione delle domande di finanziamento (con indicazione analitica dei criteri di valutazione e dei relativi punteggi), la convenzione regolativa del finanziamento da stipulare con gli enti proponenti i progetti ammessi al finanziamento, le modalità e i tempi di erogazione del finanziamento, le garanzie (fideiussione bancaria o assicurativa) che i soggetti beneficiari del finanziamento statale devono stipulare, il monitoraggio e il controllo dei progetti finanziati, le forme di pubblicità del finanziamento statale che i soggetti beneficiari devono assicurare in ogni atto, documento ed iniziativa realizzate in attuazione del progetto, i casi e le modalità di revoca del finanziamento, le disposizioni transitorie e, infine, la disciplina dell'entrata in vigore (il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale).
4. La Sezione rileva che il Ministero proponente ha solo parzialmente recepito le indicazioni contenute nel parere interlocutorio; in particolare:
a. è definita normativamente la nozione di "bambino oncologico"; nell'art. 2 (Soggetti beneficiari) si precisa che rientrano in questa nozione i "bambini, da 0 a 18 anni di età, affetti da malattia oncologica". Manca, tuttavia, una nuova relazione illustrativa, sicché non è dato di sapere in base a quale criterio l'amministrazione si sia infine determinata in tal senso. Ferma rimane la potestà di scelta dell'amministrazione riguardo alla definizione della nozione in questione, essendo tale scelta per certi versi anche in parte discrezionale, in mancanza di indici normativi univoci che possano vincolare questa indicazione. Tuttavia si tratta pur sempre di una c.d. discrezionalità tecnica sottoposta ad un giudizio di legittimità, sia pure considerato estrinseco, che verifichi la congruenza, la logicità, la non contraddittorietà palesi e, soprattutto, la presenza di una motivazione congrua, adeguata e non perplessa. In conclusione, il Consiglio non ha os ad loquedum per suggerire una età corrispondente alla nozione di bambino, ma non può esimersi dal ricordare che qualunque scelta sia operata essa deve essere congruamente motivata.
A tal proposito, la Sezione non può non rilevare -e far presente all'amministrazione per le sue successive valutazioni, anche di opportunità - come l'estensione della nozione di "bambini" fino all'età di 18 anni strida oggettivamente con il senso fatto palese dal significato proprio delle parole usate nella legge, poiché nel linguaggio comune il termine "bambino" designa l'essere umano nell'età compresa tra la nascita e l'inizio della fanciullezza, cui segue l'adolescenza, ovvero la maturità sessuale, che segna l'ultima fase dell'età evolutiva, tra la fanciullezza e l'età adulta; ora, non v'è dubbio sul fatto che, superata una certa età i giovani non possano certo essere considerati "bambini", ma adolescenti.
Per altro va osservato che anche in campo sanitario sussistono non poche discrasie e incertezze. In particolare, la pediatria è considerata la scienza medica che si occupa dell'essere umano dalla nascita a dodici anni. In tale età, infatti, secondo le norme del SSN, può discrezionalmente essere abbandonato il medico di base pediatra optando per il medico generico. Allo stesso tempo, le stesse norme sanitarie obbligano a tale passaggio al compimento di quattordici anni. Sotto altro profilo, nelle convenzioni internazionali l'età dei sedici anni è spesso presa a termine per alcune definizioni giuridiche (come ad esempio quella di "bambino soldato"). In sostanza, non vi è unicità nell'uso dei termini.
Nel parere interlocutorio n. 2044 del 9 agosto 2018 la Sezione aveva osservato che, sulla base dei documenti trasmessi in allegato allo schema di decreto, si poteva ricavare solo indirettamente che la nozione di «bambini oncologici» utile ai fini del decreto andava identificata con i "bambini ricompresi nella fascia di età 0-14 anni" (cui si faceva riferimento in un passaggio della nota a firma del Ministro mirante all'esenzione dall'analisi d'impatto della regolazione), ed aveva pertanto raccomandato di precisare questa nozione nella disposizione normativa, tenendo debitamente conto di ogni indice normativo utile, sia di diritto interno, sia di diritto internazionale (con riferimento, evidentemente, alle varie convenzioni internazionali sulla protezione del fanciullo), rivestendo tale nozione un ruolo essenziale per la corretta perimetrazione della platea dei soggetti associativi legittimati a richiedere il contributo. Ma la Sezione non aveva in quella sede espresso alcuna contrarietà o assenso all'idea che la definizione potesse essere effettivamente quella che delimita entro i 14 anni di età il confine della nozione di "bambino" utile ai fini dell'applicazione del decreto; la Sezione si era limitata a chiedere di esplicitare nella norma tale nozione e di motivare, ove possibile, i criteri in base ai quali la scelta era stata effettuata (anche, si può qui aggiungere, avendo riguardo ai protocolli terapeutici della medicina, che tratta per l'appunto i "bambini oncologici"). Suscita dunque perplessità la scelta dell'amministrazione - che non trova motivazione negli atti - di dilatare la nozione di bambino oncologico fino a ricomprendevi anche i diciottenni. Tale osservazione, deve precisarsi, non è comunque ostativa alla conferma, da parte dell'amministrazione, di una siffatta scelta e non pregiudica, dunque, l'ulteriore corso del provvedimento in esame, nei limiti che si esporranno tra breve.
Quindi, pur prendendo atto della non univocità dei limiti di età che scandiscono nell'uso terapeutico i termini prima infanzia, seconda infanzia, fanciullezza, preadolescenza, adolescenza, (tutti termini a vario titolo utilizzati nelle scienze mediche e psicologiche) si deve al contempo osservare che il Legislatore non ha utilizzato alcuna di dette dizioni, preferendo riferirsi ai "bambini" quasi evocando un linguaggio familiare più che giuridico o scientifico.
Spetta pertanto all'Amministrazione, in sede di interpretazione motivata della norma primaria, riempire il vuoto legislativo con norma regolamentare, ma opportunamente motivando. La riconduzione sic et simpliciter del termine bambino a quello di minore (compiuta attraverso la semplice indicazione dell'arco temporale che va dalla nascita a diciotto anni), - in disparte l'avere lasciato aperta la problematica se la condizione di bambino termini al compimento dei diciassette anni, coincidendo così con l'insorgere della capacità di agire, o perduri per tutto il diciottesimo anno - potrebbe anche avere una sua logica, fondamento e validità, ma questi sono del tutto sconosciuti allo stato, il che non permette di individuare, in maniera giuridicamente esatta, la platea dei beneficiari delle iniziative. Su ciò, per altro, la Sezione, nel precedente parere interlocutorio, aveva già posto in guardia l'Amministrazione che non se ne è data per inteso, e non ha fornito alcun chiarimento.
E' quindi necessario che l'amministrazione, nell'art. 2 del regolamento inserisca il riferimento al criterio prescelto per individuare l'età, qualunque essa sia, anche per relationem a testi normativi, protocolli medici, convenzioni internazionali, letteratura scientifica accreditata o quant'altro riterrà opportuno. In tal senso è condizionato il parere favorevole della Sezione.
b. il nuovo schema di regolamento, molto articolato e analitico, assolve senz'altro al rilievo, formulato nel parere interlocutorio, relativo all'insufficienza del rinvio al meccanismo attuativo predisposto dagli articoli 72 e 73 del codice del Terzo Settore di cui al d.lgs. 3 luglio 2017, n. 117 (talune osservazioni sui contenuti di questa disciplina saranno svolte nei successivi paragrafi), ma non ha considerato che l'osservazione doveva essere recepita in uno con i dubbi sollevati subito dopo circa la individuazione della platea dei beneficiari, di cui amplius avanti.
c. Il profilo della mancata menzione, tra gli enti a base associativa potenzialmente idonei a conseguire i contributi, degli Enti filantropici previsti dalla lettera c) del richiamato articolo 46 del codice di settore, risulta superato dalla nuova formulazione dell'art. 2, comma 2, che ha incluso, tra gli enti potenziali beneficiari del contributo, anche gli enti i iscritti nella sezione c) - Enti filantropici - del registro unico nazionale del Terzo settore di cui all'articolo 46 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, si deve ciò non ostante osservare che l'amministrazione non ha ben compreso il senso delle osservazioni contenute nel detto parere interlocutorio che andavano ben oltre la semplice omissione di una tra le categorie degli enti del Terzo Settore.
d. Non risulta, infatti, affrontato, né nel testo dell'articolato, né nei documenti trasmessi a corredo, il profilo, pure sollevato nel parere interlocutorio, della esclusione a priori, tra i soggetti beneficiari, di qualsiasi soggetto associativo che svolga attività di assistenza psicologica, psicosociologica e sanitaria a favore dei bambini affetti da malattia oncologica e delle loro famiglie, ma che non sia iscritto nei registri del Terzo Settore, e dunque più esattamente non sia una associazione disciplinata dal codice del Terzo Settore. L'amministrazione evidentemente postula che - nel sistema delineato dall'art. 4 del decreto legislativo n. 117 del 2017 (dove sono definiti "enti del Terzo Settore", tra gli altri tipi, "le associazioni, riconosciute o non riconosciute ... costituit[e] per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento", ... etc.) - non vi sia la possibilità di un'associazione benefica (non lucrativa) che svolga una tale attività pur non appartenendo (de jure o de facto) al Terzo settore. In altri termini, postula l'amministrazione che determinate attività meritorie, costituenti l'oggetto e lo scopo di una libera associazione, rilevino giuridicamente a livello pubblicistico solo se essa sia giuridicamente introdotta in un ordinamento settoriale a disciplina pubblica, denominato Terzo Settore, assorbente l'intera platea delle associazioni private che annoverano tali attività tra i propri scopi statutari, il che, per la verità, non emerge dall'art. 1 della legge di delegazione 6 giugno 2016, n. 106, e sarebbe comunque in contrasto con l'art. 18, primo comma, della Costituzione.
Viceversa, nell'osservare che non appariva discendente dalla legge (art. 1, co. 338 della l. 27 dicembre 2017, n. 205) il rinvio agli articoli 72 e 73 del codice del Terzo Settore, cioè in altri termini che il presente regolamento non attiene alla disciplina del Terzo Settore, la Sezione ha precisato immediatamente dopo, che "appare necessario che il Ministero proponente motivi in modo più analitico e puntuale l'assenza di altre "associazioni che svolgono attività di assistenza psicologica, psicosociologica e sanitaria in tutte le forme a favore dei bambini affetti da malattia oncologica e delle loro famiglie" che, pur non appartenenti al Terzo settore, possano anch'esse legittimamente aspirare al contributo previsto dalla legge della cui esecuzione si tratta, atteso che, come già sopra evidenziato, la riconduzione della procedura stabilita dalla legge di bilancio per il 2018 esclusivamente ed esaustivamente all'interno del Terzo settore rappresenta una "scelta regolatoria" dell'amministrazione, invero non enunciata, né altrimenti evincibile in modo diretto dalla norma speciale contenuta nel comma 338 dell'articolo 1 della ripetuta legge n. 205 del 2017.". Con chiarezza, anche se con discrezione, la Sezione aveva già individuato l'illegittimità della scelta di riservare i benefici alle sole associazioni iscritte nel registro sia pure invitando ad una motivazione sul punto, che invece l'Amministrazione ha del tutto omesso, immotivatamente riconfermando la norma.
E' quindi opportuno ribadire, più esplicitamente e chiaramente, che nel ripetuto co. 338 non si rinviene alcuna finalizzazione dei contributi ai soli soggetti rientranti nel sistema del Terzo Settore (in disparte i dubbi di costituzionalità di una norma che ciò avesse disposto). La legge espressamente si limita ad istituire, in maniera autonoma e in alcun modo riferentesi alle dotazioni finanziarie o alle attività proprie del Terzo Settore, un fondo "per l'assistenza dei bambini affetti da malattia oncologica,". Inoltre dispone che: "Al fondo possono accedere le associazioni che svolgono attività di assistenza psicologica, psicosociologica e sanitaria in tutte le forme a favore dei bambini affetti da malattia oncologica e delle loro famiglie." Lungi dal menzionare tra i legittimati i soli soggetti del Terzo Settore, il Legislatore usa un termine giuridicamente preciso e avente un significato univoco: associazione. Con tale termine, nel nostro ordinamento, si identifica l'istituto previsto e disciplinato dal Titolo II, del Libro I del c.c. (nella forma con o senza personalità giuridica) quale espressione della autonomia privata e della libertà di associazione riconosciuta dall'art. 18, primo comma della Costituzione.
Pertanto, l'art. 2 deve essere interamente riformulato nel senso di riconoscere che possono accedere alle risorse del fondo tutti i soggetti costituiti in forma di associazione ai sensi del Libro I, Titolo II del c.c. che perseguano come scopo statutario l'attività di assistenza psicologica, psicosociologica e sanitaria in tutte le forme a favore di bambini affetti da malattia oncologica e delle loro famiglie, a prescindere dalla loro appartenenza all'ordinamento settoriale del Terzo Settore e, a fortiori, dalla iscrizione al relativo registro.
A tale modifica è condizionato il parere favorevole della Sezione.
5. Non si hanno osservazioni da svolgere circa gli artt. 3 (utilizzo del fondo), 4 (azioni ammissibili al finanziamento), 5 (durata dei progetti finanziati), 6 (disciplina delle spese), 7 (requisiti di partecipazione) 8 (avvio del procedimento).
6. Riguardo all'art. 9 dello schema di decreto, relativo alle cause di inammissibilità delle domande di finanziamento, occorre riformulare il testo come segue: piuttosto che dire "Saranno escluse dalla successiva fase di valutazione di cui all'articolo 10 le domande di finanziamento che versino in una o più delle seguenti cause di inammissibilità", è preferibile usare la locuzione verbale "per le quali ricorrano (una o più etc.)", e dunque riformulare il successivo elenco nei seguenti termini:
a) mancanza di uno o più dei requisiti di partecipazione di cui all'articolo 7;
b) redazione su modulistica diversa da quella citata all'articolo 8, comma 1;
c) assenza della firma del legale rappresentante, ove esplicitamente richiesta; ... etc.
7. Riguardo all'articolo 10, concernente l'esame e la valutazione delle domande di finanziamento, si osserva l'opportunità di specificare, alla fine del comma 1, che la nomina della commissione valutatrice dovrà essere effettuata solo dopo spirato il termine per la presentazione delle domande. Resta comunque opportuno specificare altresì che la nomina dei componenti della commissione dovrà ricadere, nel caso di scelta di terzi estranei all'amministrazione, su persone in possesso di adeguata esperienza nel settore che garantiscano la massima indipendenza e autonomia di giudizio. La Sezione valuta congruo e proporzionato il criterio di riparto dei punteggi tra i diversi parametri di valutazione - fino a 20 punti per il profilo soggettivo dell'esperienza pregressa e specifica dell'ente proponente e degli eventuali partners nelle aree di attività d'interesse; fino a 50 punti perle caratteristiche (qualitative) del progetto e fino a 30 punti per i profili di sostenibilità economico-finanziaria -, ma raccomanda di prevedere la facoltà, e non l'obbligo, della commissione, nella sua prima seduta e prima dell'apertura delle buste con le domande e le proposte progettuali, di specificare eventualmente dei sub-criteri, all'intero dei parametri generali indicati, per meglio dettagliare la disamina dei progetti e fornire una migliore e più completa motivazione ai punteggi attribuiti. Costituisce una scelta di merito, che non pare peraltro irragionevole o sproporzionata, quella, espressa nel comma 5 dell'art. 10, di attribuire preminenza al punteggio relativo alla voce C3 "Minore incidenza delle spese di coordinamento e funzionamento (di cui all'articolo 6, comma 2) sul totale delle spese del progetto", in caso di parità di punteggio.
8. Non si hanno osservazioni da formulare circa la disciplina della convenzione regolativa del finanziamento (articolo 11), circa la suddivisione in due quote, un anticipo e un saldo conclusivo, dell'erogazione del finanziamento (articolo 12), né circa l'obbligo di presentare un'apposita fideiussione bancaria o assicurativa a garanzia dell'anticipo pari all'80% del finanziamento statale concesso per il progetto (articolo 13). Idem per la disciplina (articolo 14) del monitoraggio e controllo dei progetti finanziati, che sembra ben articolata ed esaustiva.
9. Si osserva, invece, che l'obbligo previsto dall'art. 15 per gli enti beneficiari di evidenziare il finanziamento statale in ogni atto, documento ed iniziativa realizzate in attuazione del progetto, non rinviene nella norma primaria alcuna legittimazione. A maggior ragione la norma suscita perplessità se considerata nel combinato disposto col comma 1, lettera h) dell'art. 16 il quale prevede addirittura la sanzione della revoca del finanziamento per il caso di violazione dell'obbligo di pubblicità di cui all'articolo 15. E' appena il caso di ricordare che le sanzioni amministrative possono essere contemplate in un atto normativo secondario solo se previste nella norma primaria che autorizza il regolamento. Nel caso di specie nulla è previsto nel ripetuto comma 338. L'art. 16 legittimamente enumera una serie di circostanze che possono condurre alla revoca del finanziamento, ma non le inquadra sotto forma di sanzione amministrativa, che non potrebbe essere perché non prevista, bensì come inadempimento grave ad obblighi di correttezza o giuridici altrimenti ricavabili dall'ordinamento giuridico. In particolare l'obbligo di pubblicità, invece, è espressamente introdotto e sanzionato solo dalla medesima fonte secondaria, il che collide con i principi sopra enunciati. L'art. 15, pertanto, deve essere soppresso e l'obbligo di pubblicità, se ritenuta necessaria la sua permanenza, deve essere inserito tra i contenuti obbligatori della convenzione di cui all'art. 11. Ad esempio, introducendo alla fine del comma 1 dell'art. 11 una espressione quale: "e di pubblicità del finanziamento ricevuto." o simile. Solo in tal caso potrà mantenersi la previsione della lettera h) (opportunamente modificato il rinvio) sub specie di violazione dell'accordo convenzionale.
10. Non può, infine, considerarsi legittima la previsione dell'articolo 18, concernente l'entrata in vigore, dove è disposta, in deroga all'art. 10 delle "preleggi", l'entrata in vigore del decreto il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Come la Sezione ha avuto modo anche di recente di rilevare, una siffatta deroga deve giudicarsi inammissibile in mancanza di idonea autorizzazione nella norma primaria (con la considerazione ulteriore che l'inciso "salvo che sia altrimenti disposto", contenuta nell'art. 10 delle preleggi, è interpretato di regola nel senso che tale diversa disposizione spetta a una fonte di pari forza innovativa dell'ordinamento giuridico, e che - al limite - la fonte regolamentare può posticipare l'adozione di atti esecutivi, ma non può disporre del termine di entrata in vigore).
11. In punto di drafting si osserva che occorre sostituire, in tutti gli articoli i verbi al modo futuro con l'indicativo presente, in ottemperanza alle prescrizioni di cui alla circolare del Presidente del Consiglio dei Ministri 2 maggio 2001, n. 1/1.1.26/10888/9.92. Ad es.: all'art. 3, co 2: "è consentito" e non "sarà consentito".
Occorre altresì sostituire ovunque il verbo servile "dovere" con l'indicativo presente del verbo ausiliato.
P. Q. M.
In tali sensi è il parere condizionato della Sezione.
IL PRESIDENTE
Claudio Zucchelli
L'ESTENSORE
Paolo Carpentieri
IL SEGRETARIO
Maurizio De Paolis