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Direzione scientifica di M. Alessandra Sandulli e Andrea Scuderi
20/01/2016
SICUREZZA PUBBLICA / Ordine pubblico

Ordine di rimpatrio per prostituzione di strada: è sempre legittimo?

Il fatto che un soggetto sia colto nell'esercizio della prostituzione di strada è sufficiente a motivare il provvedimento questorile di rimpatrio? Il T.A.R. Bologna fornisce le opportune precisazioni.

Il D.Lgs. n.159/2011 disciplina una serie di provvedimenti che, ai sensi dell'articolo 1 lettera c), possono essere erogati verso coloro i quali "per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che siano dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica.".
Tra tali provvedimenti rientra, ai sensi dell'articolo 2, il provvedimento questorile di rimpatrio del soggetto autore del reato.
A quali condizioni è possibile ricondurre chi sia accusato di prostituzione di strada alla categoria individuata dall'articolo 1 lettera c)?
Una consolidata giurisprudenza (cfr. T.A.R. Bologna n. 1001/2014, n. 1255/2014, n. 480/2015) ha affermato che la prostituzione "di strada" non costituisce reato, sicché lo svolgimento di una simile attività non fa di per sé rientrare l'esercente in una delle categorie di persone indicate dalla normativa in materia di misure di prevenzione.
Affinché tale comportamento sia qualificato come pericoloso per la sicurezza pubblica o per la pubblica moralità, esso dev'essere effettuato con particolari modalità, quali ad esempio l'adescamento, le molestie ai passanti, i clamori e gli assembramenti idonei a provocare litigi, gli atti osceni in luogo pubblico e simili. In altre parole, è sempre necessaria la presenza di circostanze tali da configurare una situazione rilevatrice di condizioni di pericolosità per la sicurezza pubblica, la quale, pur non richiedendo prove compiute della commissione di reati, deve comunque fondarsi su concreti comportamenti dell'interessato che, secondo la valutazione dell'Autorità di polizia, rivelino oggettivamente un'apprezzabile probabilità che il soggetto commetta reati.
Quando - come avvenuto nel caso di specie - nessun concreto elemento sia stato addotto dall'Amministrazione a fondamento del pericolo che alla prostituzione si associno comportamenti penalmente rilevanti; quando si richiami troppo genericamente alla possibilità di atti osceni in luogo pubblico - senza accertamenti circa gli abituali comportamenti dell'interessata e le modalità di consumazione dei rapporti - e al rischio di adescamento di minori (del tutto ipotetico) o quando non di dimostrino compiutamente le circostanze legate ad eventuali altre condotte in concreto pregiudizievoli per la sicurezza pubblica, il provvedimento questorile di rimpatrio non può che essere illegittimo.

Giuseppe Bruno
ALLEGATO 1 T.A.R. - T.A.R. Emilia Romagna - Bologna - Sentenza 13 Gennaio 2016, n. 39
> Pubblica sicurezza - Ordine pubblico - Misure di prevenzione - Prostituzione "di strada" - Pericolosità - Presupposti
> La prostituzione "di strada" non costituisce reato, sicché lo svolgimento di una simile attività non fa di per sé rientrare l'esercente in una delle categorie di persone indicate dalla normativa in materia di misure di prevenzione (persone abitualmente dedite a traffici delittuosi, persone che vivono abitualmente dei proventi dell'attività delittuosa, persone dedite alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica), ma può essere qualificato come pericoloso per la sicurezza pubblica o per la pubblica moralità solo allorquando sia effettuato con particolari modalità, quali ad esempio l'adescamento, le molestie ai passanti, i clamori e gli assembramenti idonei a provocare litigi, gli atti osceni in luogo pubblico e simili (1), con la conseguenza che è in ogni caso necessaria la presenza di circostanze tali da configurare una situazione rilevatrice di condizioni di pericolosità per la sicurezza pubblica, la quale, pur non richiedendo prove compiute della commissione di reati, deve comunque fondarsi su concreti comportamenti dell'interessato, ossia su episodi di vita che, secondo la valutazione dell'Autorità di polizia, rivelino oggettivamente un'apprezzabile probabilità che il soggetto commetta reati (2).
(1) Cfr. T.A.R., Emilia Romagna Bologna, sez. II, 27-10-2014 n. 1001; v. anche T.A.R., Emilia Romagna Bologna, sez. I, 18-12-2014 n. 1255 e T.A.R., Emilia Romagna Bologna, sez. I, 21-5-2015 n. 480.
(2) Cfr. T.A.R. Toscana, sez. II, 7-5-2014 n. 777.
N. 39/2016 Reg. Prov. Coll.
N. 902 Reg. Ric.
ANNO 2015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna (Sezione Prima) ha pronunciato la presente
SENTENZA
ai sensi dell'art. 60 cod.proc.amm.
sul ricorso n. 902 del 2015 proposto da ...omissis..., rappresentata e difesa dall'avv. Massimiliano Orrù, con domicilio presso la Segreteria del Tribunale;
contro
il Ministero dell'Interno e la Questura di Rimini, in persona dei legali rappresentanti p.t., difesi e rappresentati dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Bologna, domiciliataria ex lege;
per l'annullamento
del provvedimento questorile in data 27 giugno 2015, con cui è stato ordinato alla ricorrente il rimpatrio nel luogo di origine o provenienza, con divieto di fare ritorno nel Comune di Rimini per il periodo di anni tre.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura di Rimini;
Vista l'istanza cautelare della ricorrente;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore il dott. Italo Caso;
Uditi l'avv. Massimiliano Orrù e l'avv. Mario Zito, per le parti, alla Camera di Consiglio del 17 dicembre 2015;
Visto l'art. 60 cod.proc.amm., che consente l'immediata assunzione di una decisione di merito, con "sentenza in forma semplificata", ove nella Camera di Consiglio fissata per l'esame della domanda cautelare il giudice accerti la completezza del contraddittorio e dell'istruttoria e nessuna delle parti dichiari che intende proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale, regolamento di competenza o regolamento di giurisdizione;
Considerato che con decreto in data 27 giugno 2015, richiamando la circostanza che "...nella serata del 26.06.2015 è stata identificata da personale di questo Ufficio impegnato in servizio di controllo del territorio teso a contrastare il fenomeno della prostituzione, in Rimini ...omissis..., luogo notoriamente d'incontro tra donne che esercitano il meretricio su strada e potenziali clienti ed in inequivocabile atteggiamento in attesa di occasionali accompagnatori ...", adducendo che "...per le circostanze di tempo e di luogo con cui la predetta esercita la sua attività, si ha fondata ragione di ritenere che vengano commessi atti osceni in luogo pubblico nonché che, offrendosi incondizionatamente a chiunque, possa anche accompagnarsi a minori senza cautela alcuna ..." ed evidenziando che "...il fastidioso esercizio della prostituzione sulla pubblica via causa degrado urbano e costituisce una seria offesa ed un pericolo per la tranquillità pubblica tanto, naturalmente, per i più gravi risvolti criminogeni, quanto per l'evidente disagio che mostrano coloro che risiedono in luoghi ove avvengono gli incontri tra donne che si offrono ed i loro potenziali clienti e che spesso sfocia in vera e propria protesta ...", la Questura di Rimini ordinava alla ricorrente, cittadina bulgara, il rimpatrio nel luogo di origine o provenienza, con divieto di fare ritorno nel Comune di Rimini per il periodo di anni tre, in quanto persona che, per mettere in pericolo la sicurezza e la tranquillità pubblica, si sarebbe caratterizzata per una condotta "...riconducibile alle previsioni dell'art. l lettera C del Decreto Legislativo nr. 159/2011 del 06.09.2011 ...";
che avverso il provvedimento questorile ha proposto impugnativa l'interessata, adducendo l'insussistenza di elementi che, pur in presenza di attività prostitutiva, ne palesassero un comportamento effettivamente riconducibile alla fattispecie di cui all'art. 1, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 159 del 2011, lamentando inoltre l'omessa previa emanazione dell'avviso orale ex art. 3 del d.lgs. n. 159 del 2011, denunciando infine il difetto di motivazione e la carenza della comunicazione di avvio del procedimento;
che si sono costituiti in giudizio il Ministero dell'Interno e la Questura di Rimini, a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, resistendo al gravame;
che alla Camera di Consiglio del 17 dicembre 2015, ascoltati i rappresentanti delle parti, la causa è passata in decisione;
Ritenuto che, ai sensi dell'art. 2 del d.lgs. n. 159 del 2011, "qualora le persone indicate nell'articolo 1 siano pericolose per la sicurezza pubblica e si trovino fuori dei luoghi di residenza, il questore può rimandarvele con provvedimento motivato e con foglio di via obbligatorio, inibendo loro di ritornare, senza preventiva autorizzazione ovvero per un periodo non superiore a tre anni, nel comune dal quale sono allontanate";
che, come questo Tribunale ha già avuto occasione di evidenziare (v. Sez. II, 27 ottobre 2014 n. 1001; v. anche Sez. I, 18 dicembre 2014 n. 1255 e 21 maggio 2015 n. 480), la prostituzione "di strada" non costituisce reato, sicché lo svolgimento di una simile attività non fa di per sé rientrare l'esercente in una delle categorie di persone indicate dalla normativa in materia di misure di prevenzione (persone abitualmente dedite a traffici delittuosi, persone che vivono abitualmente dei proventi dell'attività delittuosa, persone dedite alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica), ma può essere qualificato come pericoloso per la sicurezza pubblica o per la pubblica moralità solo allorquando sia effettuato con particolari modalità, quali ad esempio l'adescamento, le molestie ai passanti, i clamori e gli assembramenti idonei a provocare litigi, gli atti osceni in luogo pubblico e simili, con la conseguenza che è in ogni caso necessaria la presenza di circostanze tali da configurare una situazione rilevatrice di condizioni di pericolosità per la sicurezza pubblica, la quale, pur non richiedendo prove compiute della commissione di reati, deve comunque fondarsi su concreti comportamenti dell'interessato, ossia su episodi di vita che, secondo la valutazione dell'Autorità di polizia, rivelino oggettivamente un'apprezzabile probabilità che il soggetto commetta reati (v. TAR Toscana, Sez. II, 7 maggio 2014 n. 777);
che nella fattispecie, tuttavia, nessun concreto elemento è stato addotto dall'Amministrazione a fondamento del pericolo che alla prostituzione si associno comportamenti penalmente rilevanti, del tutto generico presentandosi il richiamo alla possibilità di atti osceni in luogo pubblico (in assenza di documentati accertamenti circa gli abituali comportamenti dell'interessata e le modalità di consumazione dei rapporti, frutto di mere congetture) e al rischio di adescamento di minori (del tutto ipotetico), ed indimostrate risultando le circostanze legate ad eventuali altre condotte in concreto pregiudizievoli per la sicurezza pubblica;
che, in ragione di ciò, il ricorso va accolto, assorbite le restanti doglianze, con conseguente annullamento dell'atto impugnato;
Considerato, in definitiva, che - stante la sussistenza dei presupposti di legge - la Sezione può decidere con "sentenza in forma semplificata", ai sensi dell'art. 60 cod.proc.amm.;
che nel corso della Camera di Consiglio il Collegio ha avvertito i presenti dell'eventualità di definizione del giudizio nel merito;
che le spese di lite possono essere compensate, stante la non agevole determinazione dell'ambito di operatività della normativa in materia
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia-Romagna, Bologna, Sez. I, pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l'effetto, annulla l'atto impugnato.
Compensa le spese di lite, ma con la rifusione alla ricorrente del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare ...omissis....
Così deciso in Bologna, nella Camera di Consiglio del 17 dicembre 2015, con l'intervento dei magistrati:
 
IL PRESIDENTE
Giuseppe Di Nunzio
IL CONSIGLIERE EST
Italo Caso
IL PRIMO REFERENDARIO
Ugo De Carlo
 
Depositata in Segreteria il 13 gennaio 2016
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


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