REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Luigi Antonio Rovelli - Primo Pres.te f.f.
Dott. Giuseppe Salmè - Presidente Sezione
Dott. Renato Rordorf - Presidente Sezione -
Dott. Renato Bernabai - Rel. Consigliere
Dott. Gianfranco Bandini - Consigliere -
Dott. Angelo Spirito - Consigliere -
Dott. Camilla Di Iasi - Consigliere -
Dott. Antonino Di Blasi - Consigliere -
Dott. Alberto Giusti - Consigliere -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA N. 6062/2015
sul ricorso 9276-2011 proposto da: C. E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FABIO MASSIMO 60, presso il proprio studio, rappresentato e difeso da sé medesimo
- ricorrente -
contro
X IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA, in persona del Commissario Liquidatore pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 82, presso lo studio dell'avvocato ANTONELLA IANNOTTA, che la rappresenta e difende, per delega a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 453/2011 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 07/02/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/01/2015 dal Consigliere Dott. RENATO BERNABAI;
uditi gli avvocati Letizia C. E. per delega dell'avvocato C. E., Antonella IANNOTTA;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. UMBERTO APICE, che ha concluso per l'accoglimento, p.q.r., del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con istanza ex art. 101 legge fallimentare depositata presso il Tribunale di Roma il 13 Marzo 2002, l'avv. C. E. chiedeva l'ammissione al passivo della X in liquidazione coatta amministrativa, al rango privilegiato, del proprio credito da interessi sulla somma di euro 1.202.320,90, già riconosciuta, con pari grado, all'udienza fissata per la verifica dello stato passivo, a titolo di compenso per l'attività professionale svolta in favore della compagnia.
La X si costituiva, eccependo la preclusione da giudicato per effetto dell'intervenuta ammissione al passivo della sola sorte-capitale.
Con sentenza 24 novembre 2005 il Tribunale di Roma accoglieva la domanda e per l'effetto ammetteva allo stato passivo gli interessi, con il medesimo privilegio riconosciuto al credito principale e con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto fino alla data di definitività dello stato passivo.
In accoglimento del gravame proposto in via principale dalla X, la Corte d'appello di Roma con sentenza 7 febbraio 2011, disattesa implicitamente l'eccezione pregiudiziale di inammissibilità, per genericità dei motivi, ex art. 342 cod. proc. civile, dichiarava inammissibile la domanda di insinuazione tardiva; assorbito l'appello incidentale dell'avv. C. E., volto ad ottenere il riconoscimento degli interessi fino al diverso diem ad quem della data di cessazione dell'attività di liquidazione.
Motivava che sussisteva la preclusione pro judicato in ordine al credito accessorio per interessi, dal momento che la verifica dello stato passivo ed il successivo procedimento ex art. 101 legge fallimentare erano fasi del medesimo accertamento giurisdizionale riguardante un credito da lavoro professionale, frazionato dal ricorrente nella sorte-capitale e negli interessi nonostante l'identica causa petendi.
Avverso la sentenza, non notificata, l'avv. C. E. proponeva ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo e notificato 1'11 aprile 2011.
Deduceva la violazione gli articoli 2909 cod. civ., 97 e 101 legge fallimentare in ordine al ritenuto giudicato interno per effetto dell'ammissione al passivo del credito per sorte-capitale, preclusivo dell'ulteriore pretesa relativa agli interessi, successivamente azionata ex art. 101 legge fallimentare.
Riproponeva quindi anche la censura relativa al termine finale di decorrenza degli interessi, assorbita nella decisione di appello.
Resisteva con controricorso la X in liquidazione coatta amministrativa.
La sezione 6-1 della Corte di cassazione, cui la causa era stata assegnata in base ai criteri tabellari, sull'ordinanza del giudice relatore ex art. 380 bis cod. proc. civ. che proponeva l'accoglimento del secondo motivo, con ordinanza interlocutoria 19 dicembre 2012, rimetteva la causa alla pubblica udienza del luglio 2013.
All'esito della discussione il collegio, ravvisata una questione di particolare importanza, con ordinanza 8 agosto 2013 1 rimetteva la causa al Primo Presidente, che la assegnava alle sezioni unite. Entrambe le parti depositavano memoria illustrativa ex art. 378 cod. proc. civile.
All'udienza del 27 gennaio 2015 il Procuratore generale precisava le conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con unico motivo l'avv. Cardi deduce la violazione degli articoli 2909 cod. civ., 97 e 101 legge fallimentare.
Il motivo è fondato.
Il problema della proponibilità tardiva, ex art. 101 legge fallimentare, della domanda relativa al credito accessorio da interessi, quando già si sia proposta istanza tempestiva per la sorte-capitale (nella specie, a titolo di compenso di attività professionale) - accolta in sede di verifica dello stato passivo - presenta diverse sfaccettature, in parte riconducibili a profili di diritto processuale ordinario, in parte propri del rito speciale fallimentare.
Il primo aspetto da prendere in considerazione è l'identificazione stessa della domanda, ai fini della sua distinguibilità da quella già ammessa al passivo. Si tratta di attività interpretativa che deve muovere dall'ordinaria disamina degli elementi costitutivi della fattispecie: persone, causa petendi e petitum.
Pacifica, nella specie, l'identità della componente soggettiva, non appare revocabile in dubbio, invece, contrariamente all'avviso della corte territoriale, la diversità della causa petendi.
Vertendosi in tema di diritto di credito eterodeterminato, la pretesa al compenso professionale trae origine, infatti, da un contratto di opera intellettuale; laddove, la domanda accessoria relativa agli interessi moratori ha natura risarcitoria, fondata com'è sul ritardo nell'adempimento.
Ne consegue anche la difforme modalità di determinazione del quantum: in misura fissa, con riferimento alla sorte-capitale, in conformità con il parametro in concreto applicabile, in tema di compenso dell'opera intellettuale (art. 2233 cod. civ.); soggetta, invece, ad incremento progressivo, ratione temporis acti, in ordine all'obbligazione accessoria per interessi.
Tale inquadramento concettuale, con la distinzione netta tra le due causae petendi, vale a risolvere in senso affermativo la questione della separata proponibilità delle relative domande, per compenso e per interessi, rispettivamente in sede di verifica dello stato passivo ed in via tardiva ex art. 101 l. fall.: fuori delle ipotesi, estranee al presente thema decidendum, in cui il debito per interessi resti, per contro, inscindibilmente legato alla sorte capitale, al punto da poter essere anche liquidato d'ufficio, senza vizio di ultrapetizione: come nel caso di credito da lavoro subordinato o di credito risarcitorio da illecito aquiliano.
La preclusione della domanda tardiva di insinuazione al passivo fallimentare degli interessi maturati, ex art. 101 legge fallimentare, dopo l'avvenuta ammissione tempestiva del credito principale (art. 96 legge fallimentare) è già stata esclusa, del resto, dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. 1, 22 marzo 2012, n. 4554). Si pone allora il problema se la medesima soluzione valga anche nella procedura di liquidazione coatta amministrativa, connotata da profili di specialità nell'officiosità nell'iter formativo dello stato passivo.
Al riguardo, si osserva che l'impulso d'ufficio sia temperato, peraltro, dalla facoltà del creditore di presentare osservazioni alla comunicazione delle somme risultanti a suo credito secondo le scritture contabili e i documenti dell'impresa (art. 207, prima e terzo comma l. fall.). Alternativamente, i creditori che non abbiano ricevuto la predetta comunicazione possono chiedere, mediante raccomandata entro il termine di 60 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del provvedimento di liquidazione, il riconoscimento dei propri crediti (art. 208 l. fall.).
Anche se si debba condividere l'orientamento prevalente, secondo cui non si tratta, in tal caso, di vera domanda giudiziale - perché diretta al commissario liquidatore, che è organo amministrativo - resta comunque che di essa, come delle osservazioni, il commissario debba tenere conto: cosicché il silenzio mantenuto sulle richieste formulate e l'omesso inserimento del credito nell'elenco di cui all'articolo 209, primo comma, legge fallimentare, assumono valore implicito di rigetto: contro il quale il creditore deve attivarsi mediante opposizione allo stato passivo, ex art. 98 legge fallimentare, per evitare il formarsi di una preclusione (Cass., sez. 1 11 novembre 2013 n. 25301; Cass., sez. 1, 19 febbraio 2003 n. 2476).
Simmetricamente, il mancato esercizio del potere di proporre specifica domanda o di presentare osservazioni alla comunicazione del commissario liquidatore - iniziative, previste solo come eventuali dalle norme citate - non preclude a proponibilità della domanda di ammissione tardiva del credito accessorio da interessi, non pregiudicata da alcun silenzio-rigetto.
Da ultimo, appare inconferente il richiamo argomentativo al principio di ragionevole durata, pure addotto dalla X in funzione preclusiva della domanda tardiva ex art. 101 l. fall..
Al riguardo, si osserva che il canone in questione, sancito innanzitutto dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (art. 6, paragrafo 1), poi recepito dalla legislazione nazionale costituzionale (art. 111 Cost., emendato, in parte qua, in forza della l. cost. 23 novembre 1999 n. 2) e ordinaria (legge 24 marzo 2001 n. 89) è rivolto allo stesso legislatore; e cioè, allo Stato-amministrazione affinché realizzi l'obiettivo della definizione del giudizio entro un termine ragionevole: onde, non può essere distorto al fine di penalizzare proprio la parte privata, che di tale principio dovrebbe invece beneficiare, riducendone le possibilità di iniziativa giudiziaria, pur se conformi alla disciplina speciale del rito fallimentare: nella specie, inibendo domande di ammissione al passivo fallimentare tardive, e financo "ultratardive", pur se rispettose dei limiti temporali fissati dall'art. 101, ultimo comma, L. fall., nel testo novellato.
L'ulteriore questione della individuazione del termine finale degli interessi resta impregiudicata, in quanto successiva, in via gradata, alla decisione rimessa alla Corte d'appello sulla domanda principale.
La sentenza dev'essere dunque cassata, con rinvio alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, per un nuovo giudizio ed anche per il regolamento delle spese della fase di legittimità.
P. Q. M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese della fase di legittimità.
Roma, 27 Gennaio 2015
IL PRESIDENTE
Luigi Antonio Rovelli
IL CONSIGLIERE EST.
Renato Bernabai
Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2015
IL CANCELLIERE
Francesca Campoli