N. 682/2015 Reg. Prov. Coll.
N. 174 Reg. Ric.
ANNO 2015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso n. 174/ 2015 R.G. proposto da:
G. A., rappresentato e difeso dall'avv. Girolamo Rubino, con domicilio eletto presso Girolamo Rubino in Palermo, via G. Oberdan n. 5;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro in carica;
Commissione esame Avvocato - Sessione 2013 - presso la Corte D'Appello di Palermo, in persona del Presidente pro tempore;
Quarta sottocommissione dell'esame di Avvocato - Sessione 2013 - presso la Corte di Appello di Palermo, in persona del Presidente pro tempore;
Commissione centrale per l'abilizazione all'esercizio della professione di Avvocato - Sessione 2013;
Tutti rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura dello Stato, presso la cui sede distrettuale in Palermo, via A. De Gasperi, n. 81, sono domiciliati;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. SICILIA - PALERMO (Sez. III) n. 00251/2015, resa tra le parti, concernente Esami di abilitazione alla professione di avvocato - Sessione 2013 - Inidoneità
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia e di Commissione Esame Avvocato - Sessione 2013 - presso la Corte D'Appello di Palermo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 maggio 2015 il Consigliere Giuseppe Mineo e uditi per le parti gli avvocati G. Rubino e l'avv. dello Stato La Spina;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Viene in discussione l'appello avverso la sentenza citata in epigrafe, con la quale il primo Giudice ha accolto il ricorso per l'annullamento: 1) Del Verbale delle prove orali degli esami di avvocato del giorno 10 novembre 2014 nella parte in cui al dott. G. A., parte appellata nel presente giudizio, è stato attribuito un punteggio pari a n. 238/450 e, per l'effetto, lo stesso è stato ritenuto non idoneo all'esercizio della professione dell'avvocatura; nonché 2) Della deliberazione della Commissione per l'esame di stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato presso la Corte d'Appello di Palermo datato 22 maggio 2014, nella parte in cui la citata Commissione ha deliberato di "non ricorrere al sorteggio delle domande". In ragione della complessiva condotta processuale delle parti e dell'esito del giudizio reso con sentenza semplificata, è stata quindi decisa la integrale compensazione delle spese processuali tra le parti.
Resiste al gravame la convenuta Amministrazione per mezzo dell'Avvocatura dello Stato, che in data 23 aprile 2015 ha altresì depositato memoria per riaffermare la perfetta legittimità dell'operato della Commissione d'Esami, chiedendo a tale effetto il definitivo rigetto del ricorso principale.
Nell'udienza del 28 maggio 2015 l'appello è stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
Il primo Giudice ha deciso per il rigetto del ricorso dopo aver ritenuto infondati tutti i motivi di cesura proposti dalla difesa del dott. G. A., con i quali era stato eccepito: 1°) Violazione e falsa applicazione dell'art. 12 DPR n. 487/1994: nella parte in cui la Commissione esaminatrice non avrebbe formulato le domande della prova orale sulla base di quesiti predeterminati ed estratti a sorte; 2°) Violazione e falsa applicazione dell'art. 17 bis, comma 3, lett. a) del R.D. n. 37/1934: nella parte in cui prevede la preliminare illustrazione delle prove scritte, in quanto sarebbe stata omessa una motivata valutazione in merito da parte della Commissione; 3°) Violazione e falsa applicazione dell'art. 26, comma 1°, R.D. n. 37/1934, nella parte in cui prescrive la durata minima di 45 minuti dell'esame orale; 4°) Violazione e falsa applicazione dell'art. 22 R.D.L. n. 1578/1933 e dell'art. 24 R.D. n. 37/1934, per la parte in cui disciplina la presidenza della Commissione esaminatrice; infine, 5°) Violazione e falsa applicazione degli art. 17 bis, comma 3, e 26 R.D. n. 37/1934, nonché dell'art. 3 legge n. 241/1990.
La difesa di parte appellante ripropone in questa sede tutti i motivi di censura già sollevati in primo grado, deducendo a tale stregua l'erroneità della sentenza adottata dal primo Giudice.
Come già ritenuto con l'ordinanza n. 174/2015 - con la quale questo Consiglio, accogliendo l'istanza cautelare, aveva per l'effetto sospeso l'esecutività della sentenza qui impugnata - l'appello è fondato, in particolare, riguardo alle censure sollevate per il mancato sorteggio delle domande della prova orale, per i motivi che qui di seguito si precisano.
Come riferito anche dalla stessa Difesa Erariale nella memoria depositata il 23 aprile 2015, in relazione allo svolgimento delle prove orali della sessione d'esami qui in discussione la Commissione Centrale per l'Abilitazione all'Esercizio della Professione di Avvocato, nel verbale del 6 dicembre 2012, ha indicato alle Commissioni giudicanti "la predisposizione, per singola seduta, di un congruo numero di argomenti per ogni materia oggetto della prova". Secondo la stessa Difesa Erariale, per come questa disposizione è formulata, in realtà si tratterebbe di un semplice "suggerimento" che non comporterebbe alcun "obbligo" per le singole Commissioni giudicatrici di predisposizione e di sorteggio delle domande. In tal modo viene ribadito quanto sostenuto sul punto dal TAR, che in effetti - andando in contrario avviso all'indirizzo affermato da questo Consiglio di Giustizia Amministrativa con ordinanza n. 41/2014 - ha ritenuto di aderire all'indirizzo, seguito diffusamente dai Giudici di primo grado, per il quale la denunciata "Violazione e falsa applicazione dell'art. 12 del D.P.R. n. 487/1994", in relazione al punto controverso non poteva invero essere condivisa, considerato: a) Che la norma in questione, per come è formulata, si riferisce esclusivamente all'accesso agli impieghi nelle Pubbliche Amministrazioni ed alle modalità di svolgimento dei concorsi e non anche agli esami di abilitazione professionale che soggiacciono a diversi criteri selettivi, non presupponendo una valutazione comparativa tra i candidati in relazione al ristretto numero di posti messi a concorso; b) Che a diversa conclusione non può giungersi sulla base della cit. indicazione fornita dalla Commissione Centrale, dal momento che la stessa "si è limitata a suggerire" che i componenti di ciascuna Sottocommissione predisponessero per ogni seduta un congruo numero di argomenti per ogni materia oggetto della prova e che da tale raccolta ogni candidato estraesse le proprie domande: sicché, a comprendere il significato di tale "suggerimento" varrebbe quanto ritenuto dal Consiglio di Stato ( IV, Ordinanza n. 923/2012 e n. 1723/2013) secondo il quale "le raccomandazioni formulate dalla Commissione Centrale non hanno carattere cogente"; c) Che, peraltro, in relazione alla fattispecie controversa, "l'indicazione era formulata in termini di mero suggerimento e non assumeva, dato il chiaro tenore letterale, alcuna efficacia vincolante per le Sottocommissioni, le quali, pertanto, erano libere di organizzare la prova orale secondo quanto ritenuto più opportuno e funzionale ".
Il significato ed il rilievo giuridico che il primo Giudice ha inteso attribuire alla "indicazione" data dalla Commissione centrale alle Commissioni giudicatrici non possono essere condivisi, a ben vedere, neppure se - dopo aver escluso ogni collegamento con le finalità d'ordine che ispirano l'art. 12 del D.P.R. n. 487/1994 - l'indicazione così fornita venisse ridotta a "suggerimento" per rendere più efficiente o razionale l'attività di esame svolta dalla Commissione d'esami. Giacché anche in questo caso non si giustificherebbe il fatto che tanto la predisposizione delle domande che il sorteggio possono essere ammessi o esclusi ad nutum - come in effetti ha proceduto la Quarta Sottocommissione qui convenuta quando ha deliberato di "non ricorrere al sorteggio delle domande": dal momento che, così ragionando e procedendo, dovrebbe allo stesso modo ammettersi per assurdo che già la stessa Commissione Centrale abbia accettato il fatto che possano esserci per la medesima attività di valutazione Commissioni più efficienti e razionali nella loro condotta d'esami, rispetto ad altre che, senza motivazione alcuna, possono disattendere il "mero" suggerimento. La qual cosa, in realtà finirebbe per ridurre il "suggerimento" o ad una indicazione inutiliter data, ovvero irragionevole, perché allo stesso tempo giustificherebbe, in contrasto con ogni criterio di buon andamento, per la stessa materia disparità di condotta prive di giustificazione alcuna, e non altrimenti commensurabili.
D'altra parte, ogni azione volta a garantire il buon andamento dell'azione amministrativa, o ad essa equiparata, specie se la medesima si svolge attraverso i moduli della c.d. discrezionalità tecnica, implica necessariamente misure volte a viepiù garantire l'imparzialità e la parità di trattamento tra i destinatari delle prestazioni rese, se non vuole risolversi in asimmetrie della condotta, fonte di privilegi imponderabilmente elargiti. La "controversa" indicazione della Commissione Centrale acquista perciò senso e significato normativo perché, in effetti, ha inteso legare il buon andamento della condotta delle Commissioni d'esami a ulteriori misure di garanzia ed imparzialità del giudizio, quali possono essere assicurati ai candidati dalla predisposizione e dal sorteggio delle domande, rese opportune in un tempo storico nel quale - a fronte della frammentazione della selezione operata nell'ambito nazionale dei muovi meccanismi di valutazione delle prove, e dei corrispondenti rischi di discriminazione territoriale che hanno reso già problematica la stessa attendibilità del solo voto numerico nelle prove scritte - accade che il conseguimento dell'abilitazione ha effetti "mediati" oltre il diretto esercizio della professione forense: ad esempio, per la diretta ammissione alle prove scritte per i concorsi in magistratura; - che ben giustificano sia l'indicazione che il rilievo garantista che questo Consiglio ha ritenuto di dovervi attribuire in contrario avviso rispetto a quanto ritenuto dal primo Giudice.
Per queste ragioni, la censura sollevata con il primo motivo dalla difesa appellante, in sintonia con quanto affermato dall'art. 12 del D.P.R. n. 487/1994 e dai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento della condotta amministrativa, trova un fondamento di giustificazione immediato e diretto proprio nelle determinazioni assunte dalla Commissione centrale, se correttamente interpretata secondo le finalità che le hanno ispirate.
In considerazione di ciò, assorbito ogni ulteriore motivo di censura, l'appello appare giustificato e deve essere accolto, con il conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati in primo grado.
La natura della controversia, considerato i contrasti giurisprudenziali, giustifica la compensazione delle spese del doppio grado del giudizio.
P. Q. M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, accoglie l'appello, come in epigrafe proposto, e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, annulla i provvedimenti impugnati in primo grado.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella Camera di Consiglio del giorno 28 maggio 2015 con l'intervento dei magistrati:
IL PRESIDENTE
Marco Lipari
IL CONSIGLIERE
Antonino Inastasi
IL CONSIGLIERE
Silvia La Guardia
IL CONSIGLIERE EST
Giuseppe Mineo
IL CONSIGLIERE
Alessandro Corbino
Depositata in Segreteria il 16 dicembre 2015
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)