N. 188/2016 Reg. Prov. Coll.
N. 392 Reg. Ric.
ANNO 2015
REPUBBLICA ITALIANA
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima) ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 392 del 2015, proposto da:
N. S.p.A., rappresentata e difesa dall'avv. Daniele Sassaroli, con domicilio eletto presso l'avv. Daniele Sassaroli, in Ancona, corso Amendola, 58;
contro
Regione Marche, rappresentata e difesa dall'avv. Lucilla Di Ianni, con domicilio eletto presso il Servizio Legale Regione Marche, in Ancona, piazza Cavour, 23;
nei confronti di
Banca S.p.A., non costituita;
per l'annullamento
previa sospensione,
del decreto n. 36/IRE dell'11/5/2015 (D.D.P.F.) del Dirigente della Posizione di Funzione Innovazione, ricerca e competitività dei settori produttivi avente ad oggetto "POR FESR MARCHE 2007/2013 - Intervento 1.2.05.01- Bando 2010 - Revoca del contributo concesso all'Impresa N. S.p.A. in concordato preventivo e recupero del contributo liquidato", notificato in data 15/5/2015;
- della comunicazione di avvio del procedimento di revoca dell'intervento agevolativo concesso con Decreto n. 13/IRE del 20/3/2012 del Dirigente della P.F. Innovazione, Ricerca, Sviluppo economico e competitività dei Settori produttivi della Regione Marche;
- di tutti gli atti connessi, preparatori e conseguenti, anche non conosciuti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Marche;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 marzo 2016 il dott. Tommaso Capitanio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
ESPOSIZIONE DEL FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La ditta ricorrente, a premessa dei motivi di ricorso, espone quanto segue.
1.1. Con D.D.P.F. n. 267/IRE_11 del 9/11/2010, la Regione Marche approvava il bando e la modulistica per l'attuazione dell'intervento 1.2.1.05.01 del Programma Operativo Regionale (POR) del FESR Marche 2007-2013, approvato dalla Commissione Europea con decisione n. 3986 del 17/8/2007. Tale intervento si inserisce nell'ambito di operatività dell'art. 11 del D.L. 29/8/1994, n. 516, convertito in L. 27/10/1994, n. 598.
L'odierna ricorrente, in possesso dei requisiti di ammissibilità della domanda e di concedibilità degli incentivi, avanzava richiesta di agevolazione in data 13 aprile 2011.
Con D.D.P.F. n. 13/IRE del 20/3/2012 veniva concesso all'impresa N. s.p.a. un contributo complessivo di euro 144.052,58 a fronte di una spesa ammissibile pari ad euro 665.262,91, con anticipo, su richiesta dell'interessata e previa esibizione di specifica polizza fideiussoria, pari al 50% del contributo spettante.
L'Organismo Intermedio M. (M.) S.p.A. di Roma procedeva, pertanto, ad effettuare il versamento dell'anticipazione pari a euro 72.026,29, corrispondente al 50% del contributo.
1.2. In data 18 novembre 2013, dopo aver ultimato l'investimento agevolato, N. S.p.A. effettuava la rendicontazione delle spese e contestualmente richiedeva la liquidazione del saldo del contributo assegnato.
Il successivo 24 dicembre 2013 la società presentava richiesta di concordato preventivo in continuità presso il Tribunale di Macerata, il quale dichiarava aperta la procedura di concordato preventivo con decreto del 15 ottobre 2014, pubblicato il successivo 23 ottobre 2014.
1.3. Con lettera raccomandata prot. n. 1276/15 dell'11 febbraio 2015, l'Organismo Intermedio M. S.p.A. di Roma notificava all'impresa ricorrente l'avvio del procedimento di revoca delle agevolazioni concesse, motivato dalla perdita dei requisiti di ammissibilità al finanziamento a seguito dell'ammissione dell'impresa beneficiaria a procedura concorsuale, secondo il combinato disposto dell'art. 1 ("soggetti beneficiari") e dell'art. 20 ("cause di revoca"), lett. h), del bando.
Il 5 marzo 2015 la ricorrente presentava le proprie controdeduzioni, richiedendo l'annullamento del procedimento di revoca. L'Organismo Intermedio notificava all'impresa, con lettera raccomandata prot. n. 2880/15 del 20 marzo 2015, la risposta alle controdeduzioni, confermando che la sottoposizione dell'impresa N. S.p.A. alla procedura di concordato preventivo si sostanziava in una delle fattispecie previste come ostative all'ammissione dell'agevolazione, ai sensi dell'art. 1 par. 7 let. c) Reg. CE n. 800/2008 e dell'art. 1 del DDPF n. 267/IRE_11 del 9 novembre 2010.
1.4. Infine, con l'impugnato decreto n. 36/IRE dell'11 maggio 2015, il competente ufficio della Regione Marche revocava il contributo già concesso a N. s.p.a. nella misura del 50% pari a euro 72.026,29, maggiorato degli interessi di euro 4.997,93 - calcolati, dal 7/12/2012 (data di liquidazione dell'anticipo) al 15/6/2015 (data della presunta restituzione della somma), al tasso ufficiale di riferimento vigente alla data del pagamento, pari a 0,75%, aumentato di due punti percentuali, ai sensi del comma 1, art. 55 della L.R. Marche n. 7 del 29/4/2011 - e delle spese di notifica del decreto di revoca (euro 12,90) e veniva stabilito che la somma disponibile di euro 72.026,29 (pari alla differenza tra il contributo complessivo concesso e l'anticipazione liquidata) non venisse disimpegnata, essendo già stata trasferita al M. s.p.a. di Roma affinché fosse utilizzata per procedere ai pagamenti delle ditte finanziate con risorse regionali stanziate a titolo di overbooking di cui al DDPF 128/IRE dell'11/12/2012.
2. La ditta N. S.p.A. censura il complessivo operato della Regione e dell'Organismo Intermedio M. per i seguenti motivi:
a) violazione e falsa applicazione dell'art. 11 D.L. n. 516/1994 (convertito in L. n. 598/1994). Violazione e falsa applicazione del POR MARCHE 2007/2013 (approvato dalla Commissione Europea con decisione n. 3986 del 17/8/2007). Violazione e falsa applicazione del Regolamento (CE) n. 800/2008 e, segnatamente, dell'art. 1 paragrafo 7. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 15 e 20 del DDPF n. 267/IRE_11 del 9/11/2010. Violazione del principio di buon andamento della P.A. Violazione e falsa applicazione dell'art. 3 L. 241/1990 per difetto di motivazione. Eccesso di potere sotto il profilo sintomatico del difetto di istruttoria.
Nello specifico, N. S.p.A. evidenzia al riguardo che:
- l'art. 1 del bando approvato dalla Regione Marche con il decreto n. 267/IRE_11 del 9/11/2010 prevede che le imprese piccole e medie, qualora in possesso di specifici requisiti strutturali e dimensionali, possano beneficiare degli incentivi "se, al momento della presentazione della domanda risulta, [...] che non siano in condizioni di difficoltà ai sensi dell'art. 1 par. 7 Regolamento 800/08";
- l'art. 1 par. 7 del Regolamento (CE) 800/2008 - richiamando il precedente par. 6 che esclude dall'ambito applicativo del regolamento "gli aiuti alle imprese in difficoltà" - individua tre condizioni alternative alla presenza delle quali le imprese possono definirsi "in difficoltà", tra le quali il caso in cui, "indipendentemente dal tipo di società, ricorrano le condizioni previste dal diritto nazionale per l'apertura nei loro confronti di una procedura concorsuale per insolvenza";
- essa ricorrente ha presentato la domanda di ammissione al bando il 13 aprile 2011, ossia in un momento in cui non si trovava in condizioni di difficoltà ai sensi dell'art. 1 par. 7 Reg. CE 800/2008. Ed in effetti, la richiesta di concordato preventivo in continuità è stata presentata solo il 24 dicembre 2013, ossia quasi tre anni dopo la predetta richiesta di partecipazione, e la procedura di concordato preventivo veniva dichiarata aperta solo un anno dopo, con decreto del Tribunale di Macerata del 15 ottobre 2014;
- circa l'ammissibilità della domanda, l'art. 1 del bando prevede che l'impresa beneficiaria non debba essere in difficoltà al momento della presentazione della domanda e la società N. non si trovava affatto in tali condizioni alla data del 13 aprile 2011;
- è vero che l'art. 20 del bando prevede che "L'Ente gestore (Banca s.p.a.) dispone la revoca delle agevolazioni [...] h) qualora si riscontri, in sede di verifiche e/o accertamenti, la mancanza dei requisiti di ammissibilità ovvero la presenza di irregolarità che investono il complesso delle spese rendicontate", ma la disposizione si riferisce esclusivamente ai casi di revoca del contributo legati all'accertamento del mancato possesso, ab origine, dei requisiti di ammissibilità alla procedura. Non si tratta, dunque, dei casi in cui, nel corso della fase di erogazione, venga meno uno dei suddetti requisiti, bensì di tutte le situazioni nelle quali l'Ente Gestore e/o la Regione non avrebbero dovuto né potuto concedere il contributo sin dall'inizio;
- ciò è confermato anche dal comma 3 del suddetto art. 20, in cui si prevede che: "al fine di accertare l'effettivo svolgimento del progetto e/o la veridicità delle dichiarazioni rilasciate ai sensi del D.P.R. 445/00, la Regione potrà eseguire visite o controlli ispettivi". La revoca, quindi, viene funzionalmente connessa all'inadempienza o alla mala fede del beneficiario, assumendo un ruolo sanzionatorio: nel caso di mancato svolgimento del progetto o di false dichiarazioni, la Regione provvede a revocare il contributo;
- essa ricorrente non è risultata né inadempiente né in mala fede, dato che è rimasta in possesso dei requisiti di ammissibilità alla procedura dal momento della presentazione della domanda sino alla rendicontazione finale delle spese relative all'investimento agevolato. Al riguardo, la data ultima da considerare ai fini della verifica del possesso dei requisiti è il 18 novembre 2013, giorno in cui è stata eseguita la rendicontazione delle spese ed è stata chiesta la liquidazione del saldo;
b) eccesso di potere sotto il profilo della inadeguatezza dell'istruttoria, dell'erronea valutazione dei presupposti e del travisamento dei fatti. Ulteriore eccesso di potere per insufficienza e contraddittorietà della motivazione. Ulteriore violazione e falsa applicazione dell'art. 3 L. 241/1990 per difetto di motivazione.
A questo riguardo, la ricorrente evidenzia che:
- il provvedimento impugnato risulta affetto anche dal vizio di eccesso di potere sotto il triplice aspetto dell'inadeguatezza dell'istruttoria, dell'erronea valutazione dei presupposti e del travisamento dei fatti. L'atto, infatti, riprende le risultanze del documento istruttorio allegato dal quale è chiaro che l'amministrazione ha omesso di considerare che N. fosse in possesso di tutti i requisiti di ammissibilità al contributo al momento di presentazione dell'istanza, di concessione, erogazione e rendicontazione del beneficio. Tale circostanza era stata riportata nelle controdeduzioni che l'impresa aveva presentato in data 5 marzo 2015 in seguito alla notifica dell'avvio del procedimento di revoca. Il provvedimento di revoca, rinviando all'atto istruttorio si limita a specificare "la perdita dei requisiti di ammissibilità a seguito dell'ammissione dell'impresa beneficiaria a procedura concorsuale". Non è fatta menzione di alcuna attività istruttoria espletata al fine di conoscere i tempi di richiesta e ammissione al concordato preventivo, né al fine di comparare tale tempistica con la tempistica relativa all'erogazione dell'agevolazione, alla rendicontazione ed esecuzione del progetto approvato.
- l'atto, inoltre, risulta illegittimo anche per violazione dell'art. 3 L. 241/1990, ossia per insufficienza e contraddittorietà della motivazione. La motivazione della revoca è individuata, infatti, mediante il richiamo al documento istruttorio, che però contiene solo un generico riferimento alla sopravvenuta ammissione dell'impresa alla procedura concorsuale, senza alcuna specificazione in ordine al presunto legame tra tale circostanza e la revoca di un beneficio già concesso, in parte erogato e integralmente rendicontato.
3. Si è costituita in giudizio la Regione Marche, chiedendo il rigetto del ricorso sulla base dei seguenti principali argomenti:
- il bando (art. 1) prevedeva quale condizione di ammissibilità, e quindi a pena di esclusione (art. 10.3 e art. 19), che gli aspiranti al momento della presentazione della domanda non fossero in situazione di difficoltà ai sensi dell'art. 1, paragrafi 6 e 7, del Reg. CE n. 800/2008;
- il successivo art. 17.3. del bando stabilisce che il beneficiario del contributo è tenuto, per i 5 anni successivi alla data di ultimazione dell'operazione cofinanziata, al rispetto del vincolo di stabilità dell'operazione medesima ovvero deve garantire che con riguardo alla stessa non si verifichino modifiche sostanziali che ne alterino la natura o le modalità di esecuzione o che provochino vantaggi indebiti a un'impresa o a un ente pubblico;
- l'art. 20 stabilisce i casi in cui è possibile procedere alla revoca dell'aiuto;
- dal combinato disposto fra le suddette disposizione del bando (le quali richiamano il Reg. CE n. 800/2008), nonché alla luce del disposto dell'art. 107 TFUE e degli Orientamenti della Commissione UE sugli aiuti di Stato (2004/C 244/02 - 2014/C-249/01), emerge che i fondi strutturali non possono essere erogati in favore di imprese in difficoltà e che tale situazione non va verificata solo in base alla situazione esistente al momento della presentazione della domanda o, al massimo, entro la data di conclusione dell'operazione, ma anche con riguardo ai 5 anni successivi alla conclusione dell'operazione;
- il fatto che nella specie la ditta N. sia stata ammessa al concordato preventivo con continuità è irrilevante, visto che il POR Marche 2007-2013 è stato approvato prima dell'entrata in vigore del D.L. 22/6/2012, n. 83, convertito in L. 7/8/2012, n. 134 (che ha introdotto tale nuova procedura concorsuale). Pertanto, in assenza di specifiche disposizioni derogatorie sia comunitarie che nazionali, non è stato possibile tenere conto delle peculiarità di tale istituto, come invece è accaduto in occasione dell'approvazione del POR 2014-2020.
4. Con ordinanza n. 251/2015 il Tribunale ha accolto la domanda cautelare, fissando per il 4 marzo 2016 l'udienza di trattazione del merito.
In vista dell'udienza di merito, le parti hanno ulteriormente esposto le rispettive tesi difensive. La ricorrente, replicando alla memoria depositata dalla difesa regionale il 1° febbraio 2016, ha evidenziato in particolare che:
- l'art. 17.3 del bando (che la Regione ha richiamato nella citata memoria) non è applicabile nella specie, sia perché non è stato richiamato nell'atto impugnato, sia perché, soprattutto, esso riguarda casi di modifica sostanziale dell'operazione oggetto del cofinanziamento a valere sul FESR (mentre nella specie alcuna modifica ha riguardato l'operazione cofinanziata);
- quanto al fatto che né il Reg. n. 800/2008 né il bando della presente procedura contemplano il concordato preventivo in continuità quale fattispecie esclusa dal campo di applicazione dell'art. 1 par. 7, la spiegazione risiede nel fatto che al momento della pubblicazione del bando l'istituto non era ancora esistente nell'ordinamento italiano (essendo stato introdotto per l'appunto dal D.L. 22/6/2012, n. 83, convertito in L. 7/8/2012, n. 134). Ciò non toglie, però, che il Reg. n. 800/2008 vada interpretato in maniera evolutiva, essendo la più recente normativa comunitaria improntata al chiaro obiettivo di favorire la ristrutturazione di imprese sostanzialmente sane, quali sono evidentemente quelle ammesse al concordato con continuità.
5. Alla pubblica udienza del 4 marzo 2016 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Questioni processuali preliminari.
6. Va preliminarmente affermata la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere della presente controversia, e ciò in quanto nella specie non si è in presenza di una revoca del contributo o di una pronuncia di decadenza per inadempimento del beneficiario, bensì di una riconsiderazione da parte della Regione circa il possesso dei requisiti soggettivi per l'ammissione al beneficio. E al riguardo non rileva il fatto che, nella prospettazione dell'amministrazione, tale requisito sia venuto meno dopo la concessione della prima tranche del contributo, e ciò perché secondo la concordante giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione e dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato in subiecta materiail discrimine in punto di giurisdizione è costituito dalla consistenza della posizione giuridica soggettiva di cui si chiede tutela. Tale posizione è qualificata come interesse legittimo con riguardo alle controversie afferenti la fase dell'ammissione alla graduatoria, nonché a quelle in cui la P.A. esercita il potere di autotutela (ma sempre con riguardo ai requisiti di partecipazione), mentre è qualificata come diritto soggettivo con riguardo alle controversie inerenti la pretesa del privato a vedersi materialmente corrisposto il finanziamento e/o a conservare le somme già ottenute a fronte di contestazioni di inadempimenti agli obblighi assunti da parte dell'autorità concedente.
7. Ugualmente sussiste la legittimazione attiva in capo a N. S.p.A., visto che la società ricorrente è stata ammessa e risulta tuttora sottoposta al concordato preventivo con continuità aziendale. Come affermato dalla giurisprudenza citata in ricorso (Cons. Stato, III, n. 5101/2013 e giurisprudenza civile ivi richiamata), l'imprenditore ammesso al concordato preventivo non perde la capacità processuale.
Illustrazione preliminare del quesito. Diritto comunitario applicabile alla controversia.
8. Nel merito il Tribunale ritiene che la decisione della presente controversia non possa prescindere dalla risoluzione di una questione di pregiudizialità comunitaria, della quale è quindi necessario investire la Corte di Giustizia CE, ai sensi dell'art. 267 TFUE.
La questione pregiudiziale investe la corretta interpretazione dell'art. 1, par. 6 e par. 7, lett. c), del Reg. 800/2008, applicabileratione temporis alla presente controversia, nella parte in cui le predette norme, lette unitariamente, escludono dai finanziamenti a valere sui fondi strutturali le imprese in difficoltà, quali in particolare sono definite quelle nei cui confronti ricorrano le condizioni previste dal diritto nazionale per l'apertura di una procedura concorsuale per insolvenza (le quali imprese possono beneficiare di finanziamenti pubblici solo se questi vengono autorizzati dalla Commissione UE, alla quale debbono essere previamente notificati).
Illustrazione dei motivi del rinvio pregiudiziale.
9. In punto di rilevanza della questione, il Tribunale osserva che:
- le tesi della ditta ricorrente non possono essere condivise nella parte in cui viene dedotto che nella specie il bando e la normativa in esso richiamata non stabilivano alcun periodo temporale per il quale debbono essere conservati i requisiti di ammissione e la destinazione funzionale degli interventi ammessi a beneficio;
- come eccepito dalla difesa regionale, infatti, l'art. 17.3. del bando stabilisce chiaramente che il beneficiario è tenuto, per i 5 anni successivi alla data di ultimazione dell'operazione cofinanziata, al rispetto del vincolo di stabilità dell'operazione medesima ovvero deve garantire che con riguardo alla stessa non si verifichino modifiche sostanziali che ne alterino la natura o le modalità di esecuzione o che provochino vantaggi indebiti a un'impresa o a un ente pubblico. Si tratta, del resto, del termine che ordinariamente viene posto in procedure quale quella per cui è causa ed esso obbedisce all'esigenza di garantire che i fondi strutturali di origine comunitaria vengano impiegati effettivamente per le finalità indicate nei relativi bandi. Uno dei meccanismi attraverso cui si può verificare la coerenza dell'impiego dei fondi rispetto alle finalità dei bandi è proprio quello di inibire ai destinatari la possibilità di apportare modifiche rilevanti all'operazione cofinanziata per un certo periodo di tempo. Fra le modifiche sostanziali va senz'altro ricompresa l'insorgenza di una situazione di difficoltà dell'impresa che sia tale da inverare, ad esempio, un vantaggio indebito, ai sensi dell'art. 17.3 del bando;
- da un punto di vista sostanziale, poi, è ben difficile negare la sussistenza di una situazione di difficoltà ai sensi e per gli effetti dell'art. 1, par. 6 e 7, del Reg. CE n. 800/2008 in una vicenda in cui l'istanza di ammissione al concordato preventivo segue di pochissimi giorni la data di rendicontazione finale degli interventi. E' evidente che lo stato di "difficoltà" di un'impresa ad onorare i propri impegni non nasce in pochi giorni.
Pertanto, sotto questo profilo (che avrebbe valenza dirimente e renderebbe quindi non necessario il rinvio pregiudiziale) il ricorso non può trovare accoglimento.
10. Vanno invece esaminate nel merito le altre doglianze, con cui la ditta N. deduce, nella sostanza, che il Reg. CE n. 800/2008 (e con esso il bando della presente procedura) va in parte qua letto ed interpretato in una prospettiva dinamica e non statica. In particolare, andrebbe tenuta presente l'evoluzione normativa nazionale e comunitaria che ha interessato negli ultimi anni il settore delle procedure concorsuali.
Va in premessa confermato che, secondo il diritto nazionale, anche il concordato preventivo appartiene al genus delle procedure concorsuali, visto che:
- l'istituto è disciplinato dal Titolo III della vigente legge fallimentare italiana (R.D. 16/3/1942, n. 267 e s.m.i.);
- anch'esso si svolge sotto la vigilanza del competente Tribunale (il quale può nominare un commissario giudiziale);
- è prevista la partecipazione alla procedura di tutti i creditori dell'imprenditore che versa in situazione di difficoltà (nel che consiste, come è noto, la concorsualità di una procedura di risoluzione di crisi aziendali);
- la procedura può anche sfociare nel fallimento vero e proprio (artt. 173 e 186-bis R.D. n. 267/1942).
11. Le tesi di parte ricorrente possono essere così sintetizzate:
- come confermato anche dalle difese della Regione, all'epoca di pubblicazione del presente bando (e prima ancora al momento dell'entrata in vigore del Reg. n. 800/2008) l'istituto del concordato preventivo con continuità aziendale non esisteva nell'ordinamento nazionale, essendo stato introdotto dal citato D.L. n. 83/2012 convertito in L. n. 134/2012. Ciò è tanto vero che la stessa Regione ha evidenziato che in sede di approvazione del POR 2014-2020 si è tenuto conto dell'esistenza dell'istituto;
- il concordato preventivo con continuità aziendale risponde all'obiettivo di consentire, per quanto possibile, la prosecuzione dell'attività aziendale dell'imprenditore che decide di avvalersene, e tale obiettivo è sicuramente degno di considerazione, visto che la chiusura delle aziende provoca ripercussioni negative per l'intero tessuto produttivo di un Paese, ed in particolare per i lavoratori, i creditori, etc.;
- il Reg. n. 800/2008 va dunque interpretato in base ad un criterio di buon senso, dovendosi ritenere che la volontà del legislatore comunitario fosse quella di escludere dai bandi relativi ai fondi strutturali solo le imprese veramente in difficoltà (e quindi, in pratica, solo quelle sottoposte a fallimento o la cui ammissione al concordato sia stata revocata per inadempienze dell'imprenditore o per oggettive difficoltà a tenere fede agli impegni assunti). Va poi considerato che non è sempre possibile aggiornare in tempo reale le norme primarie ai mutamenti legislativi, comunitari o nazionali, che riguardano istituti connessi, e proprio a questi inconvenienti supplisce l'interpretazione c.d. adeguatrice.
Posizione del Tribunale.
12. Il Tribunale ritiene di dover aggiungere le seguenti ulteriori considerazioni sul punto.
Come è noto, il legislatore italiano del D.L. n. 83/2012 ha inteso recepire specifici orientamenti della Commissione UE e, quindi, di anticipare la modifica dei testi normativi comunitari che disciplinano le procedure concorsuali.
Ormai da qualche anno, infatti, la Commissione UE ha posto sotto la propria lente di osservazione le procedure concorsuali, evidenziando i profili problematici derivanti dalle legislazioni degli Stati membri e propugnando un cambio di prospettiva epocale in questo delicatissimo settore. Tale percorso è stato connotato, in particolare, dall'Atto per il Mercato Unico II - COM(2012) 573 del 3 ottobre 2012 e dalla comunicazione "Un nuovo approccio europeo al fallimento delle imprese e all'insolvenza" - COM(2012) 742 del 12 dicembre 2012.
Da ultimo, nella "Raccomandazione della Commissione del 12/3/2014 su un nuovo approccio al fallimento delle imprese e all'insolvenza" C(2014) 1500 del 12 marzo 2014, l'Esecutivo comunitario ha in particolare evidenziato l'opportunità di:
- facilitare la ristrutturazione delle imprese in difficoltà finanziaria agevolando meccanismi di early intervention prima ancora che si manifesti lo stato di insolvenza;
- consentire all'imprenditore di adottare misure di intervento e di programmazione del risanamento della propria impresa senza necessità di ricorrere a procedure giudiziali (c.d. ristrutturazione preventiva);
- offrire alle imprese in difficoltà una sospensione temporanea prima che i creditori aggrediscano il patrimonio aziendale che presenta ancora potenzialità produttive;
- adottare, laddove possibile, misure c.d. di win-win che consentano di ristrutturare l'impresa e, ad un tempo, di trovare un equilibrato rapporto con le esigenze di soddisfacimento dei creditori;
- prevedere modalità di "riabilitazione" dell'imprenditore fallito onesto, in modo da consentirgli un nuovo ingresso nel mercato.
E' pertanto evidente che le Istituzioni comunitarie già da tempo avevano avvertito l'esigenza di rivedere a fondo gli istituti concorsuali, muovendosi soprattutto in tre direzioni:
a) anticipazione della soglia di allarme e di tutela;
b) ricerca di un equilibrio nuovo fra l'esigenza di ristrutturare l'impresa e la necessaria tutela dei creditori;
c) eliminazione o riduzione, a vantaggio degli imprenditori onesti, di tutte le "sanzioni" che in passato trasformavano le procedure de quibus in una sorta di damnatio memoriae (o morte civile) dell'imprenditore fallito.
13. Ed è altrettanto evidente che, viste le premesse, gli Stati nazionali avevano la possibilità di procedere nei sensi suindicati anche prima dell'adozione di specifiche direttive o regolamenti in materia, rispettando ovviamente tutti gli altri principi generali del TFUE che possano venire in rilievo con riguardo alla materia in trattazione.
E, come evidenziato da attenta dottrina di settore, in questo caso l'ordinamento nazionale si presenta molto avanzato soprattutto a seguito di recenti interventi di modifica della legge fallimentare del 1942, soprattutto in ragione della introduzione e/o modifica di istituti quali il concordato in bianco o con riserva e il concordato con continuità aziendale, nonché delle importanti innovazioni in tema di erogazione di nuove risorse finanziarie all'impresa in crisi ed al potenziamento delle opzioni a favore dell'imprenditore (ad esempio, l'autorizzazione a sciogliersi da determinati contratti pendenti).
In particolare, il concordato preventivo con continuità sembra obbedire in pieno alle esigenze prospettate nella citata Raccomandazione n. 1500, il che si desume dalla disciplina dell'art. 186-bis della Legge fallimentare italiana (letto ovviamente alla luce delle restanti disposizioni della legge fallimentare che disciplinano l'istituto del concordato preventivo - artt. 160 e ss. del R.D. n. 267/1942), che così recita:
"Art. 186-bis (Concordato con continuità aziendale)
Quando il piano di concordato di cui all'articolo 161, secondo comma, lettera e) prevede la prosecuzione dell'attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell'azienda in esercizio ovvero il conferimento dell'azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione, si applicano le disposizioni del presente articolo. Il piano può prevedere anche la liquidazione di beni non funzionali all'esercizio dell'impresa.
Nei casi previsti dal presente articolo:
a) il piano di cui all'articolo 161, secondo comma, lettera e), deve contenere anche un'analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell'attività d'impresa prevista dal piano di concordato, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura;
b) la relazione del professionista di cui all'articolo 161, terzo comma, deve attestare che la prosecuzione dell'attività d'impresa prevista dal piano di concordato è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori;
c) il piano può prevedere, fermo quanto disposto dall'articolo 160, secondo comma, una moratoria fino a un anno dall'omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. In tal caso, i creditori muniti di cause di prelazione di cui al periodo precedente non hanno diritto al voto.
Fermo quanto previsto nell'articolo 169-bis, i contratti in corso di esecuzione alla data di deposito del ricorso, anche stipulati con pubbliche amministrazioni, non si risolvono per effetto dell'apertura della procedura. Sono inefficaci eventuali patti contrari. L'ammissione al concordato preventivo non impedisce la continuazione di contratti pubblici se il professionista designato dal debitore di cui all'articolo 67 ha attestato la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento. Di tale continuazione può beneficiare, in presenza dei requisiti di legge, anche la società cessionaria o conferitaria d'azienda o di rami d'azienda cui i contratti siano trasferiti. Il giudice delegato, all'atto della cessione o del conferimento, dispone la cancellazione delle iscrizioni e trascrizioni.
Successivamente al deposito del ricorso, la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici deve essere autorizzata dal tribunale, acquisito il parere del commissario giudiziale, se nominato; in mancanza di tale nomina, provvede il tribunale.
L'ammissione al concordato preventivo non impedisce la partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici, quando l'impresa presenta in gara:
a) una relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), che attesta la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento del contratto;
b) la dichiarazione di altro operatore in possesso dei requisiti di carattere generale, di capacità finanziaria, tecnica, economica nonché di certificazione, richiesti per l'affidamento dell'appalto, il quale si è impegnato nei confronti del concorrente e della stazione appaltante a mettere a disposizione, per la durata del contratto, le risorse necessarie all'esecuzione dell'appalto e a subentrare all'impresa ausiliata nel caso in cui questa fallisca nel corso della gara ovvero dopo la stipulazione del contratto, ovvero non sia per qualsiasi ragione più in grado di dare regolare esecuzione all'appalto. Si applica l'articolo 49 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.
Fermo quanto previsto dal comma precedente, l'impresa in concordato può concorrere anche riunita in raggruppamento temporaneo di imprese, purché non rivesta la qualità di mandataria e sempre che le altre imprese aderenti al raggruppamento non siano assoggettate ad una procedura concorsuale. In tal caso la dichiarazione di cui al quarto comma, lettera b), può provenire anche da un operatore facente parte del raggruppamento.
Se nel corso di una procedura iniziata ai sensi del presente articolo l'esercizio dell'attività d'impresa cessa o risulta manifestamente dannoso per i creditori, il tribunale provvede ai sensi dell'articolo 173. Resta salva la facoltà del debitore di modificare la proposta di concordato".
14. Va fra l'altro evidenziato che ai sensi dell'art. 186-bis, commi 3, 4 e 5, del R.D. n. 267/1942 gli operatori ammessi al concordato preventivo con continuità aziendale possono, sia pure soddisfacendo alcuni oneri indicati dallo stesso art. 186-bis, continuare l'esecuzione di contratti pubblici già stipulati nonché partecipare alle gare d'appalto bandite da amministrazioni aggiudicatrici ai sensi del D.Lgs. n. 163/2006 e stipulare quindi ulteriori contratti, il che consente di dire che il legislatore nazionale ha già espresso a monte un giudizio di affidabilità di tali operatori.
Poiché, come è noto, la legislazione nazionale è tradizionalmente molto severa per quanto concerne sia i requisiti di ammissione alle procedure ad evidenza pubblica sia i presupposti che, in generale, consentono di contrattare con la P.A., se ne deve dedurre che le cautele che circondano l'ammissione al concordato preventivo con continuità e la successiva fase di attuazione dello stesso sono ritenute dal legislatore nazionale sufficiente garanzia per gli interessi della Pubblica Amministrazione e del mercato (e sono proprio questi gli interessi che giustificano in questa materia un rigoroso controllo sul possesso in capo ai partecipanti dei requisiti di ammissione ai bandi e sul rispetto degli impegni assunti dai beneficiari al momento della percezione del contributo pubblico).
15. Dal quadro ricostruttivo che si è cercato di tracciare, sembrerebbe emergere, dunque, la possibile distonia interna di un sistema che da un lato, in nome della tutela dell'economia complessiva dell'Area UE, consente alle imprese in difficoltà, ma che conservano oggettivi margini di produttività, di ristrutturarsi fruendo di indubbi vantaggi competitivi (compensati però dalla sottoposizione ad un controllo esterno giudiziale), e dall'altro consente che le stesse siano private - anche ex post - di risorse finanziarie di provenienza pubblica che, fino a prova contraria (ossia fino all'accertamento dell'avvenuta distrazione dei fondi rispetto ai progetti ammessi a finanziamento), debbono ritenersi impiegate proprio per perseguire l'obiettivo del risanamento e del rilancio.
Nella specie, la ditta N., soprattutto in sede cautelare, ha esposto che la revoca del contributo in parola - concesso fra l'altro per l'innovazione dei processi produttivi e dunque per accrescere le potenzialità aziendali - potrebbe gravemente pregiudicare la corretta esecuzione del concordato omologato dal Tribunale di Macerata e aprire così le porte al fallimento.
Formulazione dei quesiti.
16. Tutto ciò premesso, il Tribunale ritiene necessario sottoporre alla Corte di Giustizia CE i seguenti quesiti interpretativi:
"1. In via preliminare, se l'art. 1, par. 7, let. c), del Reg. n. 800/2008 riguarda solo le procedure che possono essere aperte d'ufficio dalle autorità amministrative e giurisdizionali degli Stati membri (in Italia, ad esempio, il fallimento) oppure anche quelle che possono essere avviate solo su istanza dell'imprenditore interessato (come è nel diritto nazionale il concordato preventivo). Questo perché la norma parla di "apertura nei loro confronti" di una procedura concorsuale per insolvenza.
2. Nel caso in cui si dovesse ritenere che il Reg. n. 800/2008 riguarda tutte le procedure concorsuali, se, con specifico riferimento all'istituto del concordato preventivo con continuità di cui all'art. 186-bis R.D. n. 267/1942, l'art. 1, par. 7. let. c), del Reg. CE n. 800/2008 va interpretato nel senso che la semplice sussistenza dei presupposti per l'apertura di una procedura concorsuale a carico dell'imprenditore che aspira ad ottenere un contributo a valere sui fondi strutturali inibisca la concessione del finanziamento oppure obblighi l'autorità nazionale di gestione a revocare i finanziamenti già concessi o se, al contrario, la situazione di difficoltà va verificata in concreto, tenendo conto, ad esempio, dei tempi di apertura della procedura, del rispetto da parte dell'imprenditore degli impegni assunti e di ogni altra circostanza rilevante".
17. Ai sensi delle "Raccomandazioni all'attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale" (2012/C 338/01) della Corte di Giustizia UE, si dispone che la Segreteria di questo Tribunale trasmetta alla Cancelleria della Corte di Giustizia, mediante plico raccomandato, copia del fascicolo di causa insieme al testo integrale degli artt. da 160 a 186-bis del R.D. n. 267/1942.
Visto l'art. 79 cod. proc. amm. e il punto 29 delle citate Raccomandazioni, il presente giudizio viene sospeso nelle more della definizione del procedimento incidentale di rinvio e ogni ulteriore decisione, anche in ordine al regolamento delle spese processuali, è riservata alla pronuncia definitiva.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), non definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe:
- rimette alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea la questione pregiudiziale indicata in motivazione;
- dispone la trasmissione, a cura della Segreteria del Tribunale, alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea della presente ordinanza e di copia degli atti indicati in motivazione, nonché di ogni ulteriore atto eventualmente richiesto in futuro dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea;
- sospende, nelle more, il presente giudizio.
Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 4 marzo 2016 con l'intervento dei magistrati:
IL PRESIDENTE
Maddalena Filippi
IL CONSIGLIERE EST
Tommaso Capitanio
IL PRIMO REFERENDARIO
Francesca Aprile
Depositata in Segreteria il 2 aprile 2016
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)