REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Giuseppe Maria Berruti - Presidente
Dott. Lina Rubino - Rel. Consigliere
Dott. Giuseppa Carluccio - Consigliere
Dott. Enzo Vincenti - Consigliere -
Dott. Marco Rossetti - Consigliere -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA N. 11127/2015
sul ricorso 28360-2011 proposto da:
B. SRL in persona del suo legale rappresentante pro tempore FABIO BAREL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 103, presso lo studio dell'avvocato MASSIMO SEGNALINI, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato FRANCESCA SCIARROTTA giusta procura speciale a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
X in persona del legale rappresentante p.t. Dott. RENATO GISLIMBERTI, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OTRANTO, 36, presso lo studio dell'avvocato DAMIANO GIANANDREA, rappresentata e difesa dall'avvocato MAURIZIO GUIDONI giusta procura speciale a margine del controricorso;
- controricorrente -
nonché contro
MINISTERO DELLA DIFESA, D. M.;
- intimati -
avverso la sentenza n. 583/2011 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA, depositata il 18/03/2011, R.G.N. 1229/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/03/2015 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;
udito l'Avvocato; MASSIMO SEGNALINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso per l'inammissibilità in subordine rigetto del ricorso;
I FATTI
Nel 2000 una autocisterna della B. s.r.l. rimaneva coinvolta in un incidente stradale a X, provocato da un autotreno condotto da D. M., assicurato con la X. L'autotreno agganciava l'autocisterna e ne causava l'uscita di strada e il ribaltamento, con dispersione sul terreno degli idrocarburi trasportati.
Subito dopo l'incidente la V. spontaneamente pagava alla R. s.r.1., soggetto incaricato dalla B. della bonifica dei terreni, lire 50 milioni per la prestazione di bonifica dei terreni eseguita in favore della B..
Seguiva una causa civile dinanzi al Tribunale di Belluno, in cui la B. chiedeva al danneggiante e alla sua compagnia assicuratrice per la r.c.a. il risarcimento di tutti i anni subiti dall'automezzo, indicando analiticamente le singole voci (tra le quali non era riportata alcuna voce di spesa relativa alla bonifica del terreno inquinato) e li quantificava in un totale di lire 112.705.154 dando atto di aver ricevuto un acconto di 40 milioni di lire dall'assicuratrice per i danni patiti dall'autocisterna.
La causa si spostava per competenza dinanzi al Tribunale di Venezia, previa chiamata in causa dell'Amministrazione della Difesa, ritenendo la V. corresponsabile dell'incidente un automezzo dei carabinieri che si era arrestato tardivamente allo stop.
La B. riproponeva dinanzi al giudice veneziano le medesime conclusioni limitandosi a convertire l'importo originariamente richiesto da lire in euro. Soltanto in sede di memoria ex art. 183, quinto comma c.p.c., nel 2003, atteso che la V. dopo aver versato spontaneamente l'acconto alla R. s.r.l. rifiutava di versare il saldo per l'intervento di bonifica eseguito sul terreno che si era inquinato a seguito del ribaltamento del l'autocisterna, e che la società incaricata, R. s.r.1., aveva richiesto nei confronti della B. un decreto ingiuntivo per il saldo, la B. integrava la domanda chiedendo al tribunale di considerare che ai danni indicati in atto di citazione dovessero aggiungersi anche quelli determinati dalla richiesta della R. e comunque conseguenti alla necessità di attivarsi per rimuovere l'inquinamento del terreno provocato dall'incidente.
La V. dichiarava di non accettare il contraddittorio sulla domanda nuova, quindi, previa una consulenza tecnica sulla dinamica del sinistro, la B. concludeva in primo grado chiedeva la condanna, all'esito della c.t.u., al pagamento di euro 25.333,34 per i danni all'autocisterna, e di euro 104.285,50 per il danno ambientale (o meglio a rifusione delle spese necessaria per eliminare il danno ambientale provocato dal sinistro di cui era stato responsabile l'autotreno).
Il Tribunale di Venezia liquidava alla ricorrente un importo a saldo dei danni riportati al veicolo, mentre riteneva inammissibile in quanto tardiva la domanda di risarcimento legata ai costi di bonifica, ritenendola domanda nuova in quanto totalmente eterogenea rispetto alle voci precedentemente indicate dall'attrice.
La V. proponeva appello principale, la B. proponeva appello incidentale per il mancato riconoscimento della voce di danno legata alla necessità di intervenire per bonificare i terreni.
La Corte d'Appello di Venezia confermava integralmente la pronuncia di primo grado.
La B. s.r.l. propone ricorso articolato in due motivi per la cassazione della sentenza n. 583/2011 della Corte d'Appello di Venezia, con la quale è stato confermato il rigetto della sua domanda di risarcimento dei danni rivolta nei confronti del Ministero della Difesa, della X e di D. M..
La sola V. s.p.a. resiste con controricorso, gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.
LE RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, la B. deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 183, quinto comma c.p.c. nella sua precedente formulazione e delle disposizioni di cui agli artt. 99,112, 163 n. 3 e 4 c.p.c..
La ricorrente sostiene che la sentenza impugnata avrebbe violato la norma sopra indicata laddove ha ritenuto che l'inserimento di una specifica richiesta con autonoma quantificazione del danno pari alle spese sostenute per la bonifica del terreno inquinato dal liquido sversato dalla propria autocisterna in conseguenza dell'incidente fosse da considerare domanda nuova, come tale inammissibile, e non semplice modifica della domanda precedente. Sostiene che questa lettura della norma si porrebbe anche contro l'orientamento giurisprudenziale che afferma, qualora uno abbia chiesto il risarcimento di tutti i danni, che la stessa indicazione sia volta a conseguire l'integrale risarcimento di tutte le voci di danno legittimamente ricollegabili ad un determinato evento lesivo.
Il motivo è infondato.
Il richiamo alla giurisprudenza sopra indicata non è pertinente. Tale orientamento fa riferimento alle ipotesi in cui il danneggiato si limiti a chiedere un risarcimento onnicomprensivo, il che non esclude una successiva più dettagliata richiesta pur sempre riconducibile alla stessa causa petendi.
Nel caso di specie, invece, non c'è stata una richiesta generica nei cui ampi margini ricondurre una determinata voce a seguito di una più analitica precisazione delle varie voci o componenti del danno. C'è stata, al contrario, una assai analitica richiesta di risarcimento dei danni subiti, indicati voce per voce e poi sommati, sulla base di una precisa allegazione di fatti, legata esclusivamente all'incidente e al danno da questo provocato all'automezzo di proprietà della società attrice, senza la formulazione di alcuna pretesa risarcitoria riconducibile ad altri danni provocati dallo stesso incidente.
Il principio di diritto a cui richiamarsi (che discende dalli unitarietà del diritto al risarcimento, il cui riflesso processuale è la, ordinaria infrazionabilità del giudizio di liquidazione), correttamente richiamato dalla corte d'appello, è quello secondo il quale qualora nell'atto di citazione siano indicate specifiche voci di danno e tra le stesse non sia stata indicata, come nella fattispecie, una voce del tutto diversa rispetto a quelle originariamente richieste, l'eventuale domanda successivamente proposta al riguardo dal danneggiato deve ritenersi domanda nuova, e come tale inammissibile (Cass. n. 22987 del 2004).
Deve escludersi che costituisca modifica consentita della domanda originaria, qualora il danneggiato abbia proceduto fin dall'atto introduttivo ad elencare analiticamente le varie voci in cui può scomporsi il danno subito per poi sommarle chiedendo il "risarcimento di tutti i danni subiti", l'inserimento di una voce di danno non precedentemente riportata, legata causalmente allo stesso fatto dannoso ma del tutto autonoma e diversa rispetto alle altre, il cui accertamento richieda un accertamento diverso rispetto alle altre voci e il cui importo, che l'attore intende sommare con quello richiesto con la domanda originaria, sia da solo di molto ad essa superiore e quindi in ogni caso non ricompreso all'interno della richiesta originaria (v. Cass. n. 25249 del 2013. In ipotesi di morte di un familiare, la domanda di risarcimento del danno da perdita degli introiti dell'impresa familiare cui partecipava il defunto è nuova rispetto a quella di risarcimento del danno da perdita dell'apporto economico del parente deceduto, e perciò inammissibile; né rileva, ai fini dell'ammissibilità della suddetta domanda, che nell'atto di citazione fossero genericamente richiesti "tutti i danni" o "la somma maggiore o minore ritenuta di giustizia", se nella motivazione dell'atto si illustrava un solo e specifico motivo di danno).
A ciò si aggiunga che appare correttamente qualificata come domanda nuova, come tale non ricompresa nella possibilità dell'attore di procedere, fino al termine ultimo indicato dall'art. 183 quinto comma c.p.c. a introdurre delle semplici modifiche delle domande originariamente proposte, la domanda che, come nella specie, introduca nel thema decidendum elementi attuali nuovi, pur sempre riconducibili ad una stessa causa scatenante ma non precedentemente fatti oggetto di indagine (l'avvenuto inquinamento del terreno a seguito del riversamento di idrocarburi fuoriuscenti dall'autocisterna, la spesa necessaria per bonificare il terreno) ed il cui accertamento richieda il compimento di attività diverse sotto il profilo probatorio rispetto a quelle connesse alla domanda originaria, con l'effetto di disorientare la difesa della controparte e di alterare il regolare svolgimento del contraddittorio.
Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente deduce, sempre sotto il profilo della ipotesi di cui all'art. 360, primo comma n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 112 c.p.c e 1223 c.c., assumendo che il giudice di merito abbia omesso di pronunciarsi su tutta la domanda e che abbia violato altresì l'art. 1223 c.c. laddove esso dispone che il risarcimento debba ricomprendere tutte le componenti del danno che siano conseguenza immediata e diretta del fatto illecito.
Al rigetto del primo motivo consegue il rigetto del secondo.
Come sopra evidenziato, il giudice non ha omesso di pronunciarsi sulla parte di domanda risarcitoria relativa al ristoro delle somme che B. dovrà sborsare per la bonifica dei terreni, ma ha accolto una eccezione processuale di tardività della domanda stessa e di conseguenza non ha neppure esaminato la fondatezza nel merito di tale domanda.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso. Pone a carico della ricorrente le spese di lite sostenute dalla controricorrente e le liquida in complessivi curo 7.000,00, di cui 200,00 per spese, oltre accessori e contributo spese generali.
Così deciso nella camera di consiglio della Corte di cassazione il 6 marzo 2015.
IL PRESIDENTE
Giuseppe Maria Berruti
IL CONSIGLIERE EST.
Lina Rubino
Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2015