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Direzione scientifica di M. Alessandra Sandulli e Andrea Scuderi
24/02/2015
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE / Comune e provincia

Tetto al lavoro flessibile negli enti locali virtuosi

La Sezione autonomie della Corte dei conti chiarisce l'effettiva portata applicativa della disciplina introdotta dal D.L. n. 90/2014.

Gli enti in regola con il contenimento della spesa di personale devono mantenere i costi del lavoro flessibile (cioè gli oneri per i contratti a termine, i contratti di somministrazione, il lavoro accessorio, i contratti di formazione e lavoro e i rapporti formativi, nonché per tutte le collaborazioni coordinate e continuative) entro il 100 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nel 2009, anziché entro il limite del 50%.
Lo ha rilevato la Sezione Autonomie della Corte dei conti, con la Deliberazione n. 2/2015, con la quale ha chiarito l'effettiva portata applicativa della disciplina introdotta dal dl 90/2014, laddove (comma 4-bis) si dispone che alle amministrazioni locali che rispettano la riduzione della spesa di personale ex commi 557 e 562 della L. n. 296/2006, non si applica il limite del 50 per cento dei costi di lavoro flessibile sostenuti nel 2009, fermo restando "che comunque la spesa complessiva non può essere superiore alla spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009".
Alcune sezioni della Corte hanno interpretato tale disposizione come un premio agli enti virtuosi, volto a consentire loro una maggiore flessibilità, riconoscendogli la facoltà di incrementare la spesa di personale senza alcun limite, compensando i maggiori costi con una corrispondente riduzione di altre voci di bilancio, fermi restando naturalmente i vincoli del patto di stabilità interno.
Secondo questa interpretazione gli enti locali virtuosi non incontrerebbero, per il lavoro flessibile, il limite della spesa complessiva sostenuta per le stesse finalità nel 2009, residuando come unico limite quello delle risorse disponibili a legislazione vigente.
Secondo un orientamento più restrittivo, adottato da altre Sezioni regionali, invece, l'espressa conferma del limite del 100% della spesa sostenuta nel 2009 per le stesse finalità, avrebbe il chiaro significato di porre comunque un tetto agli oneri di personale degli enti virtuosi derivante dai contratti flessibili, seppure elevandolo dal 50% al 100% dei costi sostenuti nell'esercizio 2009.
La Sezione Autonomie accoglie quest'ultima interpretazione, secondo cui il premio agli enti virtuosi si risolve nella possibilità di destinare più risorse alle forme di lavoro flessibile rispetto alle altre amministrazioni locali, senza arrivare tuttavia allo svincolo da qualsiasi limite.
Ciò sull'assunto che le ipotesi di esclusione dai vincoli alla spesa di personale introdotte dal D.L. n. sono "ben precise", cioè specifiche e tassative, e non possono essere integrate in via interpretativa, soprattutto in una fase, come quella attuale, caratterizzata dalla crisi economica e dalla necessaria conseguente adozione di interventi di rigore.
Da ciò si ricava che se effettivamente la ratio della norma fosse stata quella di sopprimere ogni limite alla spesa per lavoro flessibile degli enti virtuosi non sarebbe stato introdotto l'inciso in forza del quale in ogni caso "la spesa complessiva non può essere superiore alla spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009".
Naturalmente la disciplina sui vincoli alla spesa di lavoro flessibile va coordinata con le altre disposizioni che prescrivono i requisiti per l'attivazione di tali tipologie contrattuali, ed in particolare con l'art. 36 del D.Lgs. n. 165/2001, che consente l'attivazione di questo genere di rapporti di lavoro esclusivamente per rispondere ad esigenze di carattere temporaneo o eccezionale, e con l'art. 7 comma 6 del D.Lgs. n. 165/2001 che delinea i presupposti per il ricorso alle collaborazioni coordinate e continuative. Il superamento del tetto di spesa, così come l'inottemperanza alle suddette disposizioni, costituisce fonte di responsabilità disciplinare, dirigenziale ed erariale, oltre che di nullità dei contratti attivati.

Dario Immordino
ALLEGATO 1 Corte dei Conti - Sez. delle Autonomie - Deliberazione 09 Febbraio 2015, n. 2
> Comune e provincia - Finanza - Spesa per lavoro flessibile - Enti locali virtuosi - Limite del 100% dei costi sostenuti nel 2009 - Sussiste
> Gli enti in regola con l'obbligo di riduzione degli oneri di personale previsto dall'art. 1 co. 557 e 562, L. n. 296/2006 sono esclusi dalla applicazione del limite del 50% della spesa di lavoro flessibile sostenuta nel 2009, ma devono comunque mantenersi entro il limite del 100% dei costi sostenuti a tale titolo nell'esercizio 2009.
CORTE DEI CONTI
SEZIONE DELLE AUTONOMIE
 
N. 2/SEZAUT/2015/QMIG
 
Adunanza del 29 gennaio 2015
Composta dai magistrati:
Mario Falcucci - Presidente della Sezione delle autonomie - Funzione di coordinamento
Antonio De Salvo - Presidente di Sezione
Adolfo Teobaldo De Girolamo - Presidente di Sezione
Ciro Valentino - Presidente di Sezione
Raffaele Dainelli - Presidente di Sezione
Salvatore Sfrecola - Presidente di Sezione
Anna Maria Carbone - Presidente di Sezione
Gaetano d'Auria - Presidente di Sezione
Maria Giovanna Giordano - Presidente di Sezione
Carlo Chiappinelli - Presidente di Sezione
Maurizio Graffeo - Presidente di Sezione
Simonetta Rosa - Presidente di Sezione
Teresa Bica - Presidente di Sezione
Diodoro Valente - Presidente di Sezione
Agostino Chiappiniello - Presidente di Sezione
Mario P. G. - Presidente di Sezione
Ermanno Granelli - Presidente di Sezione
Rosario Scalia - Presidente di Sezione
Francesco Petronio - Presidente di Sezione
Carmela Iamele - Consigliere
Alfredo Grasselli - Consigliere
Rinieri Ferone - Consigliere
Paola Cosa - Consigliere
Francesco Uccello - Consigliere
Adelisa Corsetti - Consigliere
Elena Brandolini - Consigliere
Laura D'Ambrosio - Consigliere
Stefania Petrucci - Consigliere
Angela Pria - Consigliere
Simonetta Biondo - Consigliere
Valeria Franchi - Primi Referendari
Luigi Di Marco - Primi Referendari
Visto l'art. 100, secondo comma, della Costituzione;
Vista la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;
Visto l'art. 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;
Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214 e le successive modificazioni ed integrazioni;
Visto l'art. 3 della legge 14 gennaio 1994, n. 20;
Visto il regolamento per l'organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, approvato dalle Sezioni riunite con la deliberazione n. 14 del 16 giugno 2000, come dalle stesse modificato con le deliberazioni n. 2 del 3 luglio 2003 e n. 1 del 17 dicembre 2004, e da ultimo, ai sensi dell'art. 3, comma 62, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, dal Consiglio di Presidenza con la deliberazione n. 229/CP/2008 del 19 giugno 2008;
Visto l'art. 17, comma 31, del d.l. 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102;
Visto l'art. 6, comma 4, del d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, come da ultimo modificato dall'art. 33, comma 2, del d.l. 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla legge 11 agosto 2014 n. 116, ai sensi del quale, al fine di prevenire o risolvere contrasti interpretativi rilevanti per l'attività di controllo o consultiva o per la risoluzione di questioni di massima di particolare rilevanza, la Sezione delle autonomie adotta specifiche delibere di orientamento alle quali si conformano le Sezioni regionali di controllo;
Viste le deliberazioni n. 327/2014/QMIG della Sezione di regionale controllo per la Lombardia, n. 220/2014/PAR della Sezione regionale di controllo per il Molise, nonché n. 66/2014 della Sezione regionale di controllo per la Liguria, con le quali sono state rimesse al Presidente della Corte dei conti le valutazioni, ai sensi dell'art. 17, comma 31, del d.l. n. 78/2009 e dell'art. 6, comma 4, del d.l. n. 174/2012, in ordine al deferimento delle relative questioni di massima alla Sezione delle autonomie ovvero alle Sezioni riunite in sede di controllo;
Viste le ordinanze n. 3 del 9 gennaio 2015 e n. 4 del 21 gennaio 2015 con le quali il Presidente della Corte dei conti ha deferito alla Sezione delle autonomie le tre questioni rimesse;
Vista la nota del Presidente della Corte dei conti n. 54 del 23 gennaio 2015 di convocazione della Sezione delle autonomie per l'adunanza del 29 gennaio 2015;
Udito il relatore, Consigliere Carmela Iamele
PREMESSO
I comuni lombardi di Cavernago (BG) e Introzzo (LC), il comune di Cantalupo nel Sannio (IS) e il comune di Vado Ligure (SV), quest'ultimo tramite il Consiglio delle autonomie locali della Liguria, hanno chiesto alle rispettive Sezioni regionali di controllo il rilascio di un parere, ai sensi dell'art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003, sulla corretta applicazione dell'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78/2010, riguardante le limitazioni al tetto di spesa del 2009 per il lavoro flessibile agli enti in regola con l'obbligo di ridurre la spesa di personale, di cui ai commi 557 e 562 dell'art. 1 della legge n. 296/2006.
Le questioni, rimesse al Presidente della Corte dei conti ai sensi dell'art. 17, comma 31, del d.l. n. 78/2009 e deferite alla Sezione delle autonomie con le ordinanze richiamate nel preambolo, sono state riunite in adunanza per identità di materia.
Nelle citate deliberazioni di rimessione si prospetta un evidente contrasto giurisprudenziale: da un lato, le Sezioni regionali di controllo per la Lombardia (deliberazione n. 327/2014/QMIG) e per il Molise (deliberazione n. 220/2014/PAR) asseriscono che gli enti non sono tenuti all'osservanza di alcun limite; dall'altro, la Sezione regionale di controllo per la Liguria (deliberazione n. 66/2014/PAR) sostiene la tesi opposta, condivisa dalle Sezioni regionali per la Puglia (deliberazione n. 174/2014/PAR) e per la Campania (deliberazione n. 232/2014/PAR) che non hanno rimesso la questione. Trattasi dunque di dirimere un contrasto interpretativo tra Sezioni regionali di controllo in merito alla vigenza, nei confronti degli enti locali in regola con gli obblighi di riduzione delle spese di personale, del limite della spesa sostenuta nel 2009 per il lavoro flessibile.
La normativa limitativa delle assunzioni di personale con forme di lavoro flessibile si rinviene nell'art. 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, primo e secondo periodo, secondo cui: "A decorrere dall'anno 2011, le pubbliche amministrazioni statali, le agenzie, ecc. (omissis) possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni, ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. Per le medesime amministrazioni la spesa per personale relativa a contratti di formazione lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonché al lavoro accessorio di cui all'articolo 70, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 non può essere superiore al 50 per cento di quella sostenuta per le rispettive finalità nell'anno 2009".
Il comma 28 del citato articolo 9, contenente ulteriori disposizioni in materia di lavoro flessibile, è stato più volte integrato e modificato.
Ai fini che qui interessano, rileva l'art. 11, comma 4-bis, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, introdotto in fase di conversione dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, che ha inserito, in forma di inciso novellato, il settimo periodo, secondo cui: "Le limitazioni previste dal presente comma non si applicano agli enti locali in regola con l'obbligo di riduzione delle spese di personale di cui ai commi 557 e 562 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente". All'inciso fa seguito il periodo immediatamente successivo, l'ottavo, già presente, che contiene la seguente disposizione: "Resta fermo che comunque la spesa complessiva non può essere superiore alla spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009".
CONSIDERATO
Per meglio comprendere la questione deferita alla Sezione delle autonomie, occorre considerare che il contrasto interpretativo nasce dall'adozione di una tecnica legislativa caratterizzata dalla stratificazione di molteplici disposizioni, più volte modificate e sempre con provvedimenti "omnibus" non dedicati alla specifica materia del personale.
Ciò premesso, la posizione delle Sezioni regionali di controllo per Lombardia e per il Molise, si fonda sulla formulazione dell'art. 9, comma 28, d.l. n. 78/2010, precedente all'inserimento del richiamato nuovo settimo periodo ad opera dell'art. 11, comma 4-bis, d.l. n. 90/2014. Nell'interpretazione delle predette Sezioni, l'ottavo periodo ("Resta fermo che comunque la spesa complessiva non può essere superiore alla spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009") risulta riferito all'attuale sesto periodo riguardante "le assunzioni strettamente necessarie a garantire l'esercizio delle funzioni di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale, nonché per le spese sostenute per lo svolgimento di attività sociali, mediante forme di lavoro accessorio di cui all'articolo 70, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276". In particolare, La Sezione di controllo per la Lombardia, pur riconoscendo che la collocazione della modifica normativa potrebbe anche far deporre per una diversa soluzione (valorizzando il dato testuale che impone il rispetto del tetto di spesa del 2009 per le assunzioni flessibili), ritiene che l'espressione contenuta nel settimo periodo "le limitazioni previste dal presente comma non si applicano", si presti ad un'interpretazione più favorevole per gli enti locali virtuosi, essendo indistintamente riferita a tutte le molteplici limitazioni contenute nello stesso comma 28. Sulla base di tale assunto, l'attuale settimo periodo avrebbe dovuto, più correttamente, essere collocato dopo l'ottavo, in modo da costituire una norma di chiusura alla deroga prevista per le funzioni di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale (di cui all'attuale sesto periodo).
Invero, già una precedente deliberazione della stessa Sezione per la Lombardia (n. 264/2014/PAR) così argomentava: "come sembra ricavabile anche dagli atti preparatori della disposizione in esame, l'intervento legislativo è volto a consentire agli enti locali in regola con l'obbligo di riduzione delle spese di personale di cui ai commi 557 e 562 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 una maggiore flessibilità, riconoscendogli la facoltà di incrementare la spesa di personale, da compensarsi comunque con corrispondente riduzione di altre voci di bilancio, fermi restando naturalmente i vincoli del patto di stabilità interno".
La Sezione per la Lombardia sottolinea, infine, che la ratio ispiratrice della riforma del 2014 è volta a riconoscere agli enti locali virtuosi una maggiore libertà di scelta, consentendo loro, in via premiale, la facoltà di incrementare la spesa di personale con l'utilizzo di forme di lavoro flessibile, visto che possono poi provvedere autonomamente alla compensazione con la corrispondente riduzione di altre voci di spesa dell'aggregato spese di personale.
La Sezione per il Molise, pur ammettendo che entrambe le impostazioni offrono sufficienti argomenti a sostegno, afferma che per superare l'impasse non può essere trascurato, in primo luogo, che nella precedente formulazione del comma il parametro del limite di spesa sostenuta nel 2009 per le stesse finalità si riferiva evidentemente ed univocamente alla deroga introdotta dal periodo immediatamente precedente. Già questo basterebbe a ritenere erronea l'attuale collocazione dell'inciso inserito con la riforma del 2014 e, di conseguenza, a ritenere più che opportuno il mantenimento della consecutività tra i periodi anteriori e successivi all'inciso stesso, periodi che logicamente sono strettamente connessi tra loro.
In sostanza, per le Sezioni della Lombardia e del Molise gli enti locali virtuosi non incontrerebbero, per il lavoro flessibile, il limite della spesa complessiva sostenuta per le stesse finalità nel 2009, residuando come unico limite quello delle risorse disponibili a legislazione vigente.
Secondo l'orientamento restrittivo, adottato dalla remittente Sezione per la Liguria, nell'eventualità del ricorso a forme di lavoro flessibile, gli enti locali sono in ogni caso tenuti a garantire l'osservanza della disposizione vincolistica che impedisce di oltrepassare l'ammontare della spesa sostenuta, nell'esercizio 2009, per le medesime finalità. Tale interpretazione, formulata dalle Sezioni regionali di controllo per la Puglia e per la Campania con le deliberazioni richiamate in premessa, si fonda sull'insuperabile interpretazione letterale della disposizione all'esame. In effetti, l'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78/2010, dopo avere affermato che tutte le limitazioni ivi previste non si applicano ai c.d. "enti virtuosi", sottolinea che "resta fermo che comunque la spesa complessiva non può essere superiore alla spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009". È proprio l'avverbio comunque ad introdurre una proposizione avversativa rispetto al concetto immediatamente esposto, per cui va inteso come espressione tendente necessariamente a correggere quella che precede.
L'espressione secondo cui resta fermo che la spesa complessiva non può superare quella sostenuta nel 2009 per le stesse finalità, ha il chiaro significato di porre un tetto alla spesa del personale derivante dai contratti flessibili, stabilendo un limite più elevato (100 per cento) rispetto a quello di cui all'art. 9, comma 28, primo periodo, del d.l. n. 78/2010 (50 per cento).
In tal senso si era orientata la stessa Sezione delle autonomie che, nella recente decisione n. 21/SEZAUT/2014/QMIG, ha evidenziato come il d.l. n. 90/2014 abbia introdotto ipotesi "ben precise", cioè specifiche e tassative, di esclusione dall'applicazione della disciplina vincolistica in materia di spese del personale, ribadendo la validità della linea ermeneutica di stretta interpretazione, che si sintetizza nell'adagio ubi lex voluit dixit.
Sarebbe infatti contraddittorio ipotizzare, in una fase caratterizzata dalla crisi economica e dalla necessaria conseguente adozione di interventi di rigore, come quello del limite del 50 per cento della spesa sostenuta nel 2009 per le assunzioni flessibili prevista dal primo periodo del citato comma 28, che si sia poi ritenuto di invertire completamente la tendenza, ancorché solo a favore degli enti che abbiano rispettato gli obblighi di riduzione, consentendo loro di incrementare senza alcun limite la spesa di personale.
Il settimo periodo del comma 28, inserito dall'art. 11, comma 4-bis del d.l. n. 90/2014, stabilisce che agli enti che rispettano la riduzione della spesa di personale ex commi 557 e 562 della l. n. 296/2006, non si applicano le limitazioni previste dal presente comma (ovvero assunzioni nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nel 2009). Il periodo successivo dispone: "Resta fermo che comunque la spesa complessiva non può essere superiore alla spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009".
Secondo l'interpretazione condivisa dal collegio, gli enti virtuosi, seppur esclusi dall'applicazione del limite del 50 per cento, ricadono inevitabilmente in quello del 100 per cento della spesa sostenuta nel 2009, regime, comunque, più favorevole rispetto al vincolo disposto dal primo periodo (50 per cento). Va considerato che tutte le diverse forme di lavoro flessibile a cui possono ricorrere gli enti virtuosi si avvantaggiano della deroga introdotta dall'art. 11, comma 4-bis del d.l. n. 90/2014 e che la ratio dell'esclusione dal rigore per le situazioni aventi esigenze premiali si risolve, necessariamente, in una disciplina di favore (100 per cento della spesa sostenuta nel 2009 per le medesime finalità), pur senza arrivare allo svincolo da qualsiasi limite.
E' dunque del tutto corretto rimanere all'interno del tetto del 100 per cento di quanto speso nel 2009, anche perché sarebbe incongruo, in un periodo in cui il Paese è fortemente impegnato sul fronte del risanamento della finanza pubblica, favorire l'incremento incontrollato della sola spesa di personale per lavoro flessibile, nel contesto dell'obbligo generale di ridurre le altre voci di bilancio afferenti alla spesa complessiva di personale.
P. Q. M.
La Sezione delle autonomie della Corte dei conti, sulle questioni di massima richiamate in premessa, poste dalle Sezioni regionali di controllo per la Lombardia, il Molise e la Liguria con le deliberazioni n. 327/2014/QMIG, n. 220/2014/PAR e n. 66/2014/PAR, pronuncia il seguente principio di diritto: "Le limitazioni dettate dai primi sei periodi dell'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78/2010, in materia di assunzioni per il lavoro flessibile, alla luce dell'art. 11, comma 4-bis, del d.l. 90/2014 (che ha introdotto il settimo periodo del citato comma 28), non si applicano agli enti locali in regola con l'obbligo di riduzione della spesa di personale di cui ai commi 557 e 562 dell'art. 1, l. n. 296/2006, ferma restando la vigenza del limite massimo della spesa sostenuta per le medesime finalità nell'anno 2009, ai sensi del successivo ottavo periodo dello stesso comma 28.
Le Sezioni regionali di controllo per la Lombardia, il Molise e la Liguria si atterranno al principio enunciato nel presente atto di indirizzo interpretativo, al quale si conformeranno tutte le Sezioni regionali di controllo ai sensi dell'art. 6, comma 4, d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213.
Così deliberato in Roma, nell'adunanza del 29 gennaio 2015
 
IL PRESIDENTE
Mario Falcucci
IL RELATORE
Carmela Iamele
 
Depositata in Segreteria il 9 febbraio 2015
IL DIRIGENTE
Renato Prozzo
 


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