
ASSESSORATO DEL TERRITORIO E DELL'AMBIENTE
DECRETO 25 novembre 2014
G.U.R.S. 19 dicembre 2014, n. 53
Direttive per la redazione degli studi di valutazione della pericolosità derivante da fenomeni di crollo.
IL DIRIGENTE GENERALE DEL DIPARTIMENTO REGIONALE DELL'AMBIENTE
Visto lo Statuto della Regione;
Vista la legge regionale n. 19 del 16 dicembre 2008, recante "Norme per la riorganizzazione dei Dipartimenti regionali. Ordinamento del Governo e dell' Amministrazione della Regione";
Visto il D.D.G. n. 1034 del 13 dicembre 2013, di cui vengono richiamate le premesse e le finalità;
Considerati i risultati della riunione tenutasi il 17 luglio 2014 presso gli uffici del servizio "Assetto del territorio e difesa del suolo" tra i rappresentanti dello stesso ufficio e degli ordini degli ingegneri e dei geologi in cui si è evidenziata la necessità di dover apportare delle modifiche alle "Direttive per la redazione degli studi di valutazione della pericolosità derivante da fenomeni di crollo" in quanto, nell'ambito della sua applicazione, per la Fase 2 B prevista nelle stesse Direttive si è messa in evidenza una non univocità dei risultati ottenuti in relazione alle diverse metodologie di calcolo utilizzate dai vari software in commercio, al variare dei parametri considerati;
Vista la nota della consulta degli ordini degli ingegneri della Sicilia, prot. n. 116/14 del 6 novembre 2014 e preso atto delle comunicazioni informali dell'Ordine regionale dei geologi di Sicilia, contenenti osservazioni e suggerimenti alla bozza del testo di sostituzione del decreto n. 1034/2013, che sono stati valutati e parzialmente inseriti nel presente provvedimento;
Ritenuto di dover procedere alla sostituzione del D.D.G. n. 1034 del 13 dicembre 2013, con una nuova direttiva che preveda una metodologia che garantisca l'univocità dei dati contenuti negli studi dei fenomeni di crollo utili per la definizione degli scenari di riferimento per la progettazione degli interventi di mitigazione, presentati dagli enti pubblici e dagli uffici territoriali a corredo delle richieste di compatibilità geomorfologica e di aggiornamento e modifica delle cartografie PAI;
Decreta:
1. Al fine di garantire l'univocità dei dati di analisi dei fenomeni di crollo per il rilascio di pareri conseguenti a studi per la valutazione della pericolosità dei fenomeni di crollo, sono approvate le allegate direttive che costituiscono parte integrante del presente decreto e sostituiscono quelle allegate al D.D.G. n. 1034 del 13 dicembre 2013.
2. Per quanto non espressamente previsto dal presente decreto si rimanda ai contenuti del D. Lgs. n. 152/06 e successive modifiche e integrazioni, e/o alle norme tecniche di settore vigenti in materia.
Avverso il presente provvedimento può essere proposto ricorso al T.A.R. e ricorso straordinario al Presidente della Regione, rispettivamente entro 60 giorni ed entro 120 giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana.
Il presente decreto sarà pubblicato per esteso nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana con le allegate direttive ed è consultabile anche nel sito internet del Dipartimento regionale dell'ambiente: http://pti.regione.sicilia.it/portal/page/portal/PIR _PORTALE/PIR_LaStrutturaRegionale/PIR _Assessoratoregionaledelterritorioedellambiente/PIR_DipTerritorioAmbientee presso gli uffici del servizio "Assetto del territorio e difesadel suolo" dello stesso Dipartimento.
Palermo, 25 novembre 2014.
GULLO
ALLEGATO
"DIRETTIVE PER LA REDAZIONE DEGLI STUDI DI VALUTAZIONE DELLA PERICOLOSITA' DERIVANTE DA FENOMENI DI CROLLO"
Motivazioni della sostituzione
Trascorsi solo 6 mesi dall'emanazione del D.D.G. n. 1034/2013, si è potuto verificare che la procedura semplificata e preliminare per la valutazione delle aree coinvolte a valle del fenomeno di crollo, utilizzando i modelli cinematici, può determinare giudizi con risultati troppo variabili che non permettono di garantire serenità di giudizio nel rilascio dei pareri di competenza di questo Dipartimento.
Si tratta in particolare di quegli aspetti dello studio geologico geotecnico che si riferiscono alla modellazione tipo "lumped mass" del fenomeno di crollo con l'uso di alcuni software commerciali atti a definire le traiettorie di caduta dei massi prevista nella Fase 2 B dal testo del decreto in argomento.
Tale procedura di studio era stata scelta come analisi preliminare della pericolosità alle valutazioni geotecniche in sito lungo la parete rocciosa sorgente dei crolli. L'esame delle pratiche pervenute ha evidenziato casi con evidente variabilità dei risultati ottenuti.
I limiti sono stati registrati soprattutto perché in assenza di dati relativi a eventi precedenti che possano fornire elementi di raffronto reali, la valutazione dei parametri necessari alla modellazione risulta troppo soggettiva anche avendo definito una tabella di valori di riferimento.
Le diversità di risultato delle modellazioni è riconosciuta in campo bibliografico internazionale, in quanto è stato dimostrato che i modelli cinematici sono molto sensibili alle scelte soggettive dell'operatore, ed inoltre sono presenti differenze nell'approccio matematico tra i diversi programmi, per cui risulta sempre consigliato un loro utilizzo solo quando è possibile avere dei raffronti con eventi già accaduti e di cui si conoscono le traiettorie di caduta ed il punto di arresto.
Al fine quindi di superare queste difficoltà di giudizio per il rilascio di pareri conseguenti a studi per la valutazione delle pericolosità dei fenomeni di crollo, si è deciso, in accordo con gli ordini professionali coinvolti, di sospendere l'uso della modellistica come metodo di individuazione preliminare dell'areale di propagazione dei fenomeni di crollo e di presentare un nuovo decreto con un testo che preveda una diversa modalità di svolgimento degli studi a vantaggio della semplificazione delle fasi e della cautela di giudizio.
In alternativa all'uso preliminare delle modellistiche cinematiche sarà introdotta una metodologia di maggiore cautela e di evidente minore complessità. La metodologia a cui si fa riferimento è quella del "cono d'ombra", già presente nel precedente decreto come modello di tipo "morfologico" nel paragrafo sulla "scelta del metodo di calcolo" della Fase 2B, presentato in alternativa ai modelli "cinematici".
Premesse
Le norme di attuazione del Piano Stralcio per l'assetto Idrogeologico (P.A.I.) della Regione Siciliana, allegate al decreto di approvazione di ogni singolo bacino idrografico o gruppo di bacini e aree territoriali, prevedono che lo stesso possa essere oggetto di integrazioni e modifiche su segnalazione di enti pubblici e uffici territoriali in relazione a studi e indagini a scala di dettaglio (art. 5, comma 1).
Inoltre, nell'ambito delle norme specifiche, l'art. 8 disciplina le aree a pericolosità geomorfologica ed in particolare prevede che nelle aree a pericolosità molto elevata (P4) ed elevata (P3), la realizzazione di eventuali elementi inseriti nelle classi E4 ed E3 della tabella 11.2 della relazione generale, sia subordinata all'esecuzione degli interventi necessari alla mitigazione dei livelli di "rischio" attesi e di pericolosità esistenti. Infine, lo stesso art. 8 norma, nelle stesse aree a pericolosità P3 e P4, l'attività edilizia e di trasfermazione del territorio relativa agli elementi E1 ed E2 (tabella 11.2), subordinandola alla verifica della "compatibilità geomorfologica".
Stessa procedura è prevista nell'ambito dei procedimenti di concessione o autorizzazione in sanatoria per le leggi nn. 47/1985, 724/1994 e 326/2003.
Finalità
Le frane di crollo, in ragione della loro elevata velocità, costituiscono una grave minaccia per la vita umana, l'edificato e le infrastrutture.
Per tale motivo risulta estremamente importante riuscire ad analizzare e valutare l'entità dei fenomeni, la loro diffusione spaziale e i conseguenti effetti sugli elementi a rischio.
La presente direttiva si pone l'obiettivo di esplicitare e regolamentare i contenuti minimi degli studi geologici e geotecnici che supportano le richieste degli enti pubblici e uffici territoriali per il parere di compatibilità geomorfologica e per gli elaborati propedeutici all'aggiornamento delle pericolosità del P.A.I. limitatamente alle frane di crollo.
In particolare la direttiva si rivolge a quegli studi di valutazione degli areali di pericolosità da crolli da utilizzare:
- per stabilire la presenza o meno di interferenze tra le traiettorie di caduta dei massi e i fabbricati e/o infrastrutture già presenti (ai fini della sanatoria edilizia e/o per una riclassificazione parziale dell'area a pericolosità);
- per il parere di compatibilità geomorfologica di nuove edificazioni ed infrastrutture con valore dell'elemento a rischio E1 ed E2 (vedi relazione generale PAI) in aree a pericolosità elevata o molto elevata per crollo;
- per il supporto alla progettazione di opere di mitigazione del rischio in relazione ai fenomeni di crollo.
Introduzione
Le frane di crollo in roccia rappresentano dei fenomeni di dissesto piuttosto gravosi da un punto di vista tecnico, sia per la loro diffusione in diversi ambiti geografici e geomorfologici (scarpate montane, creste collinari, falesie costiere, ecc.), che per la complessità della loro analisi che può riguardare aspetti molto diversi: dalla valutazione dell'equilibrio dei blocchi, alla previsione delle traiettorie di propagazione dei massi e alla valutazione del livello di rischio residuo dopo gli interventi di messa in sicurezza.
Il processo infatti, pur essendo in apparenza riconducibile ad una schematizzazione piuttosto semplice dei meccanismi che lo governano, in realtà è complicato dal fatto che la definizione dei parametri che controllano i fenomeni di rottura ed evoluzione risente di un grado elevato di incertezza.
La fase di caduta è in realtà costituita da un insieme di fenomeni, spesso tra loro interagenti e ripetuti in rapida sequenza, di:
- caduta libera: regolata dalle leggi della balistica;
- urti (impatti): regolati, in base alle modellazioni ritenute attendibili, dal coefficiente di restituzione o, meglio, dai coefficienti di restituzione normale (Kn) e tangenziale (Kt) al pendio nel punto di impatto, che sono funzione di:
- massa e forma del corpo
- angolo di incidenza
- proprietà meccaniche del corpo e del materiale presente sul pendio
- velocità di traslazione e di rotazione del corpo.
- pseudo-rotolamenti e rotolamenti: prosecuzione della caduta verso l'arresto, con un tipo di moto differente ma spesso interagente con gli urti e regolato dai coefficienti di restituzione e dal coefficiente di attrito al rotolamento (Cr).
Approccio logico degli studi
La procedura è stata rielaborata pur mantenendo il concetto di più fasi con grado di approfondimento crescente. Ad un primo livello di analisi preliminare (FASE 1) che permette di valutare, in una prima approssimazione cautelativa, l'area di transito ed arresto dei massi in caduta per alcune tipologie e dimensioni delle frane di crollo segue una fase di scenario progettuale (FASE 2) per la definizione delle energie che si possono sviluppare lungo gli scendimenti dei massi ed una terza fase di progetto (FASE 3) per il dimensionamento degli interventi attivi e/o passivi.
La prima fase ha la funzione di permettere una valutazione cautelativa dell'areale interessato dalla caduta dei massi, eseguendo una verifica morfologica dell'area in studio, utilizzando il "metodo dei coni". I risultati ottenuti permettono di dimostrare il coinvolgimento o meno di una struttura, di un'area o di un fabbricato con l'areale di propagazione del crollo e di valutare eventuali richieste di modifica delle attuali aree individuate nel PAI.
Ciò permette di interrompere favorevolmente, in caso di esclusione dal coinvolgimento, le procedure relative alle istanze di singoli cittadini che debbano richiedere la compatibilità per una nuova concessione edilizia o in sanatoria.
La seconda fase è necessaria nel caso in cui l'oggetto dello studio risulti interno alla zona di propagazione degli scoscendimenti di massi in frana e sia possibile e necessaria la realizzazione di opere di mitigazione del rischio. Comprende tutte le analisi e valutazioni quantitative di dettaglio, in situ e di laboratorio, che le recenti norme tecniche di riferimento europeo e nazionale prescrivono. (UNI 11211).
La terza fase riguarda gli elaborati progettuali necessari per la realizzazione delle opere di mitigazione del rischio da caduta massi.
Con riferimento alle competenze professionali coinvolte, ciascuna fase dovrà essere svolta da professionisti geologi ed ingegneri ognuno per gli aspetti di relativa competenza in base alle vigenti normative e con riferimento a quanto previsto dalle N.T.C. 2008; per la Fase 2, in ragione delle complesse analisi da svolgere sarebbe preferibile che lo studio risulti a firma congiunta ed in un unico elaborato, al fine di garantire al meglio la coerenza tra il modello geologico ed il modello geotecnico.
Fase 1 - analisi preliminare
La prima fase comprende gli aspetti conoscitivi utili a definire i confini dell'ambito di riferimento ed una prima valutazione dell'areale di propagazione del crollo.
In particolare, la prima fase deve contenere i seguenti argomenti e contenuti:
1) Studio geologico-strutturale con individuazione di faglie, pieghe, stratificazione, set di discontinuità e loro assetto, fratture beanti e/o di elevata persistenza (di ordine metrico), zone di taglio o di debolezza della roccia ed esistenza nell'ammasso di livelli argillosi o di fasce alterate e argillificate e di fratture da trazione (Tension Cracks). Si dovrà inoltre evidenziare l'esistenza di sorgenti o emergenze d'acqua e descrivere eventuali tracce di venute idriche lungo le fratture;
2) analisi geomorfologica comprensiva della descrizione della scarpata rocciosa, specificando altezza, sviluppo, acclività, presenza di zone aggettanti. Analisi dei dissesti presenti e dei loro elementi morfologici, dei processi erosivi in atto e delle opere di difesa eventualmente esistenti. Lo studio dovrà comprendere anche il rilievo di massi già presenti lungo il pendio o alla base di esso, indicando la forma e volume e la loro distanza massima dal piede del pendio.
Dovranno inoltre essere delimitate le probabili aree sorgenti, le aree di transito e quelle di accumulo dei crolli. Queste ultime potranno essere definite in base all'estensione della falda di detrito e alla distanza raggiunta dai massi anche secondo dati storici, se disponibili;
3) analisi preliminare delle condizioni qualitative dell'ammasso roccioso attraverso l'uso di classificazioni empiriche riconosciute in ambito tecnico internazionale e la metodologia predisposta dal Dipartimento parzialmente modificata rispetto alla versione precedente.
Se dalle verifiche effettuate la classificazione dell'ammasso rientra tra le categorie D ed E della metodologia di classificazione di cui all'allegato 1 del presente decreto e/o risulta evidente che il potenziale crollo può riguardare masse con volumi superiori ai 1000 m3, non è possibile eseguire una valutazione preliminare con il metodo empirico e si dovrà seguire necessariamente la Fase 2.
A supporto dello studio geomorfologico dovranno essere fomiti i seguenti allegati:
a) Carta di inquadramento geologico-strutturale in scala 1:2.000;
b) Carta geomorfologica in scala 1:2.000;
c) Carta delle aree sorgente dei potenziali crolli, delle pendenze del versante a scala 1:2.000 o più di dettaglio e dei rinvenimenti lungo il pendio di massi provenienti da eventi precedenti; per le classi di pendenza da rappresentare si preferisce siano almeno considerati i seguenti intervalli espressi in gradi sessagesimali: O<5; 5<15; 15<27,5; 27,5<40; 40<60 e oltre 60".
d) Documentazione fotografica relativa agli aspetti morfologici delle pareti rocciose;
4) Successivamente all'analisi del contesto geomorfologico e nei casi previsti dal precedente punto 3, sarà possibile eseguire una prevalutazione dell'areale di probabile transito ed arresto dei blocchi in frana. Questa dovrà essere condotta con il metodo dei coni con le specifiche descritte di seguito oppure, solo se sono presenti dati sufficienti di eventi di crollo precedenti utili ad effettuare "back analysis" per la determinazione dei coefficienti di restituzione, sarà possibile eseguire calcoli probabilistici con modellazione cinematica di tipo "lumped mass".
Il metodo dei coni è un modello empirico a carattere morfologico che può essere utilizzato per una prima valutazione del massimo avanzamento dei massi; esso dipende dalla topografia del versante e dal rapporto spaziale tra la parete sorgente dei crolli ed il versante sottostante. Rappresentativi di questo approccio sono i metodi zenitali (cono d'ombra) sviluppati da diversi autori (Onofri & Candian, 1979; Heinimann et al., 1998; Jaboyedoff & Labiouse, 2003).
Il metodo previsionale empirico del cono d'ombra o semplicemente del cono, si basa sul concetto di linea di energia e di angolo di attrito equivalente; l'area interessata da un crollo può venir delimitata da un cono definito utilizzando l'angolo minimo in relazione al rapporto tra energia del moto e l'attrito lungo la traiettoria di caduta, a partire da una parete o da una porzione di versante possibile origine di crolli.
Per l'applicazione di questo metodo devono essere valutati attentamente alcuni parametri quali l'altezza complessiva dell'area sorgente, il raccordo con il versante sottostante e la presenza di morfologie complesse che impediscono l'applicazione del metodo.
Particolarmente importante è l'identificazione della zona sorgente, che può essere riconosciuta mediante rilievi di campo o telerilievi.
Oltre alle zone sorgente individuate con i rilievi, dovranno essere considerate anche tutte le zone di potenziale distacco deducibili dalla ricostruzione delle pendenze superiori ai 40 gradi derivate dal DEM utilizzato (sempre con dettaglio pari o superiore al DEM 2x2 della Regione Siciliana), in ogni caso, particolare attenzione va posta nel caso che siano presenti affioramenti rocciosi caratterizzati da asperità che possono isolare singoli blocchi instabili anche con pendenze del versante inferiori ai 40 gradi. In questo caso bisogna rappresentare i singoli blocchi e considerare ciascuno come punto di distacco potenziale, su cui applicare la procedura del cono.
Le considerazioni sulla morfologia della parete rocciosa devono essere particolarmente attente quando la stessa risulta sub verticale o aggettante.
In questi casi il DEM, per quanto sia di buon dettaglio, non riesce spesso a rappresentare adeguatamente la realtà. E' quindi necessario eseguire un rilievo di controllo di tipo topografico diretto o indiretto, realizzato sui luoghi e atto a definire la possibile correzione del DEM. In caso contrario sarà necessario completare il rilievo di campo e utilizzarlo per l'uso del metodo del cono.
Il problema della difficoltà di rappresentazione delle scarpate sub verticali deve essere considerato in ogni fase dello studio della pericolosità da crolli quindi. in presenza di evidenze di errori del DEM, bisognerà realizzare sempre un rilievo sul campo diretto o indiretto.
Per gli ambiti del territorio regionale, in funzione dei limiti del metodo e della necessità di introdurre criteri cautelativi, si individua nell'angolo pari a 27.50° "l'angolo del cono" da utilizzare in prima approssimazione a partire dal punto più alto della zona sorgente. Resta sempre possibile utilizzare altri valori in funzione di opportuni e supportati ragionamenti in relazione alle condizioni locali.
Non sempre, infatti, il metodo dei coni può essere utilizzato su morfologie complesse che non presentano un pendio con andamento regolare e generalmente concavo verso l'alto. Per cui l'utilizzo di questo metodo deve essere sempre attentamente vagliato con le osservazioni di campo e, in caso di valutazione non soddisfacente rispetto a quanto osservato dal punto di vista morfologico e nel confronto con gli scenari di caduta massi precedenti nell'area in esame, abbandonato per proseguire con la fase 2 di approfondimento in parete.
L'analisi potrà essere eseguita sia in 2D, per mezzo di un numero adeguato di sezioni lungo le linee di massima pendenza elaborate con l'uso di un DEM almeno 2m X 2m o in 3D con l'uso di applicativi GIS tipo CONEFALL 1.0 (distribuito gratis da www.quanterra.org) o con le funzioni di "viewshed" dei programmi GIS.
Sia utilizzando le applicazioni GIS che operando su sezioni 2D, dovrà essere considerato un angolo di apertura sul piano orizzontale di ogni punto di lancio pari a 20°.
Vengono qui rappresentati alcuni casi particolari del rapporto tra la scarpata "sorgente" dei crolli ed il pendio sottostante in cui possono essere utilizzati angoli del cono diversi da quello indicato in termini generali.
In particolare, nel caso il versante sottostante la zona sorgente del crollo risulti inferiore ai 27,5° oppure presenti ripetuti cambi di pendenza aventi valori inferiori ai 27,5°, si potrà utilizzare un angolo di 33°. Quando le pendenze del versante sottostante la scarpata rocciosa si presentano in media inferiori ai 10°, sarà possibile incrementare l'angolo del cono fino ad arrivare ad un massimo di 40°.
Nel caso di zona pianeggiante sottostante la parete il valore da utilizzare sarà di 45° o di 40° in caso di pendenze della parete rocciosa minori di 70° in ragione di probabili rimbalzi lungo il primo tratto di volo.
In allegato allo studio dovranno essere presentate tutte le sezioni utilizzate e riportati in cartografia adeguata (1:2.000 o a dettaglio maggiore) i risultati (inviluppo dei coni comprendente gli angoli di apertura nel piano orizzontale) con ubicazione dei singoli punti di partenza e delle tracce delle sezioni.
In caso il metodo empirico del cono d'ombra indichi che la zona in esame non rientra nella zona di propagazione del crollo, è possibile, a seguito di opportuna valutazione dello studio da parte dei competenti uffici regionali, concludere gli studi.
Fase 2 - Valutazione dei blocchi instabili e delle energie lungo la zona di transito del crollo per la definizione dello scenario progettuale
Questa fase risulta obbligatoria per tutti quei casi in cui non è possibile una prevalutazione dell'area di transito ed arresto dei blocchi in caduta (vedi punto 3 della Fase 1) e quando deve essere progettato il sistema di interventi attivi (in parete) e passivi (barriere paramassi) per la mitigazione del rischio da frana di crollo.
In questa Fase dovrà essere condotto uno studio geomeccanico di dettaglio a mezzo di un rilievo diretto in parete, esteso a tutti i fronti rocciosi i cui blocchi in frana possono interferire con l'oggetto del progetto di mitigazione del rischio.
Il rilievo dovrà essere coordinato da un professionista rocciatore esperto in rilievi geomeccanici, che seguirà i lavori direttamente in parete. Le stazioni di misura, realizzate per ogni zona di omogeneità, dovranno essere in grado di determinare le caratteristiche geostrutturali e di fratturazione delle aree sorgenti.
A tale scopo si debbono applicare i riferimenti forniti dall'ISRM "Suggested Methods for the Quantitative Description of Discontinuità in Rock Masses", per la descrizione quantitativa delle discontinuità nelle rocce.
Il rilievo in parete deve giungere all'individuazione dei blocchi in equilibrio instabile sul fronte roccioso e alla valutazione delle relative caratteristiche geometriche e geostrutturali per individuare i volumi e i possibili cinematismi. Ogni singolo blocco o raggruppamento di blocchi dovrà essere distinto in planimetria con apposita numerazione e con schede ove verranno riportate le caratteristiche geometriche (forma e dimensioni dei lati).
Devono essere acquisite tutte le informazioni di laboratorio e/o in situ, necessarie per la caratterizzazione della resistenza al taglio della roccia lungo le discontinuità (almeno per quelle che rendono cinematicamente possibile lo scivolamento dei blocchi), da porre a base dei criteri di rottura per le rocce lapidee.
La determinazione della caratteristiche di resistenza della matrice rocciosa potrà essere ottenuta anche attraverso prove di schiacciamento in laboratorio su campioni rocciosi rappresentativi (schiacciamento semplice o point load) e di misure di rimbalzo dello sclerometro da roccia su superfici di discontinuità integre ed alterate.
Sulla base del complesso dei dati acquisiti, occorrerà effettuare le verifiche dei singoli blocchi identificati dai rilievi in parete, al fine di determinarne l'effettivo stato di stabilità.
Per le determinazioni delle caratteristiche geotecniche e degli spessori dei terreni affioranti lungo la zona di transito, così come identificata nella fase precedente, dovrà essere eseguita una campagna di indagini geognostiche consistenti sia in indagini geofisiche (tomografie sismiche e/o altri mezzi di indagine se motivati) che in saggi geognostici (realizzazione di pozzetti e/o trincee con raccolta di campioni mediante scatola cubica o perforazioni meccaniche con raccolta di campioni indisturbati).
Per la determinazione dei coefficienti di restituzione e attrito dei terreni di copertura, sui campioni prelevati lungo la zona di transito degli scendimenti devono essere condotte le necessarie prove per la determinazione delle caratteristiche granulometriche e per la classificazione secondo i metodi ASTM 1969-1975 o CNR UNI 10006.
Per ciò che concerne le metodologie di calcolo della distribuzione spaziale delle energie potranno essere applicati sia i metodi dove i blocchi sono trattati come punti materiali "Lumped Mass", che quelli ove i blocchi hanno forma e dimensione assegnate tipo CRSP o altri riconosciuti internazionalmente, in relazione alle caratteristiche dimensionali e geotecniche dei blocchi in rotolamento individuati dalle indagini svolte. La scelta del metodo deve essere giustificata appropriatamente in base alle caratteristiche dei luoghi o in ragione dei risultati ottenuti nel confronto tra le diverse metodologie.
Le indagini previste in questa fase permettono:
- una migliore caratterizzazione della zona di transito per la determinazione dei coefficienti di restituzione e di attrito;
- il posizionamento certo del punto di partenza dei blocchi;
- il dimensionamento tridimensionale dei blocchi potenzialmente instabili.
Alla luce delle nuove informazioni sarà possibile ripetere l'analisi delle traiettorie con dati certi sulle dimensioni e forma dei blocchi in caduta, in maniera da poter definire la distribuzione delle energie lungo il pendio, ai fini del dimensionamento delle opere di difesa passive.
Gli scenari di riferimento per la progettazione delle opere "attive" e/o "passive" del sistema di interventi per la riduzione delle pericolosità e del rischio, sono il risultato ultimo degli studi geologici e geotecnici di cui alla presente direttiva.
La modellazione utile alla definizione del "crollo di progetto" deve attenersi almeno a quanto definito all'interno delle linee guida predisposte dall'European Organisation for Technical Approvals (EOTA) nella guida per il benestare tecnico europeo di sistemi di protezione paramassi denominato ETAG 027. In relazione a ciò il professionista dovrà elaborare la modellazione in base ai differenti cinematismi riscontrati ed in particolare, facendo riferimento alle seguenti tipologie indicate dalla normativa tecnica:
1) crollo di un masso isolato:
2) crollo di uno sciame di blocchi;
3) crollo che si esplica in condizioni temporali tali da poter essere considerato come un unico evento;
4) crolli ripetuti, concentrati in tempi ristretti, lungo la stessa direttrice.
Una volta completate tutte le analisi e le modellazioni in una relazione conclusiva verranno presentati i risultati ottenuti in un'organica rappresentazione quantitativa delle instabilità presenti lungo le pareti rocciose e degli scenari di riferimento per la progettazione delle opere di difesa.
Ai fini del necessario interscambio tra gli studi geologici e geotecnica ed il progetto, risulta evidente che quanto fin qui indicato si riferisce alla fase pre progettuale e che i calcoli sulla stabilità dei blocchi instabili in parete e le traiettorie dei rotolamenti dovranno essere ripetuti in fase di verifica delle soluzioni progettuali per la convalida della fattibilità tecnica delle opere.
Fase 3 - Elaborati del progetto di mitigazione del rischio da crolli
La fase è relativa alla progettazione delle soluzioni tecniche (da parte di enti pubblici o di soggetti privati), ed il suo svolgimento dovrà fare riferimento a quanto stabilito dalle recenti norme UNI specifiche per le "Opere di difesa dalla caduta massi" aventi codice UNI 11211, ed in particolare alla parte 4 - Progetto definitivo ed esecutivo.
Gli elaborati dovranno essere quelli previsti dalla normativa vigente (D.M. n. 207/2010) Per tutti gli aspetti di riferimento tecnico, il progetto dovrà essere coerente con quanto definito nel decreto ministeriale (infrastrutture) 14 gennaio 2008 "Approvazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni" (Gazzetta Ufficiale n. 29 del 4 febbraio 2008).
Il progetto di mitigazione del rischio per fenomeni di crollo dovrà affrontare una valutazione complessiva degli interventi in termini di efficacia e di limiti imposti dalle soluzioni individuate, in un paragrafo da inserire nella relazione tecnica di supporto al progetto stesso.
In particolare dovrà essere affrontato l'argomento del rischio residuo con valutazioni anche semi quantitative che permettano di meglio definire le successive norme di uso delle porzioni di territorio mitigate dal rischio e soprattutto l'efficacia delle opere dovrà essere correlata agli aspetti di manutenzione e al periodo di vita complessivo degli interventi in base alle norme tecniche vigenti.
Vanno inoltre segnalati eventuali necessità di monitoraggio di elementi delle strutture di difesa o di particolari ambiti della parete rocciosa e tutto quanto necessario per assicurare una gestione dell'opera da parte dell'ente o del privato a cui saranno consegnate le opere dopo il collaudo.
ALLEGATO 1
CLASSIFICAZIONE AMMASSI ROCCIOSI
1. Metodologia
La classificazione (tabella 1) viene effettuata attraverso la valutazione di una serie di fattori (n. 11) ai quali sono assegnati 5 livelli di punteggio crescente, aventi dei valori direttamente proporzionali al peso con cui può influire il fattore stesso sul dissesto di crollo.
Per ogni parametro si è stabilita una scala di punteggio differenziata, per tenere conto del peso diverso esercitato dai fattori considerati.
La somma aritmetica del punteggio attribuito ai singoli fattori individua 5 diverse classi di roccia (vedi tabella 2) aventi qualità e stabilità differenti (da completamente stabile a completamente instabile).
Nel dettaglio, i fattori che si considerano nella classificazione proposta sono i seguenti:
- Fattori geomeccanici:
I - Famiglie di giunti
II - Spaziatura giunti
III - Direzione, pendenza e discontinuità
IV - Apertura fessure
V - Volume del masso
- Fattori geomorfologici:
VI - Altezza della scarpata rocciosa
VII - Lunghezza del pendio
VIII - Inclinazione media del pendio
IX - Andamento topografico del pendio
- Fattori geologici:
X - Tipologia materiale presente sul pendio
- Fattori storici:
XI - Frequenza storica di caduta massi
2 - Descrizione dei fattori
I - Famiglie di giunti
Il numero delle famiglie di giunti che pervadono l'ammasso roccioso è un parametro fondamentale per descrivere lo stato di fatturazione dello stesso, poiché influenza le dimensioni dei blocchi rocciosi potenzialmente instabili, nonché il loro stato di mobilità e le modalità di rottura dell'ammasso roccioso.
Infatti, il punteggio attribuito cresce all'aumentare del numero delle famiglie di giunti presenti: se non esiste un numero sufficiente di famiglie di discontinuità le probabilità di rottura possono anche ridursi a zero, mentre con un elevato numero di famiglie il comportamento dell'ammasso può avvicinarsi a quello tipico dei terreni.
II - Spaziatura tra i giunti
La spaziatura tra i giunti è un importante parametro che caratterizza l'ammasso roccioso poiché incide sulla dimensione dei blocchi di roccia intatta.
Ovviamente si fa riferimento alla spaziatura media tra due discontinuità consecutive appartenenti alla stessa famiglia e nel caso di un ammasso roccioso interessato da due o più famiglie di giunti, il dato si riferisce alla spaziatura tra discontinuità appartenenti alla famiglia principale.
Il punteggio attribuito cresce al diminuire della spaziatura tra due giunti consecutivi appartenenti alla stessa famiglia.
III - Direzione e pendenza delle discontinuità
La giacitura delle discontinuità, determinata attraverso la direzione e la pendenza del giunto, viene considerata in relazione alla probabilità di agevolazione del fenomeno franoso.
Cosi come nel caso della spaziatura, si considera l'orientazione della famiglia di giunti principale.
Il punteggio viene infatti attribuito sulla base di un giudizio qualitativo distinto nelle seguenti categorie: molto favorevole, favorevole, discreto, sfavorevole e molto sfavorevole.
Una situazione molto favorevole si potrebbe identificare in una condizione di giacitura a "reggipoggio" delle discontinuità rispetto al versante; dei giunti suborizzontali, invece, identificano una condizione favorevole per la stabilità; nella situazione compresa tra discreta e sfavorevole si vogliono comprendere i casi in cui le discontinuità hanno orientazione a "franapoggio" con inclinazione minore del pendio, in funzione dell'inclinazione delle discontinuità; la situazione molto sfavorevole è invece attribuibile alla condizione di discontinuità disposte a franapoggio con l'inclinazione maggiore di quella del pendio.
IV - Apertura delle fessure e condizioni idrogeologiche
L'apertura di una discontinuità è la distanza media trai suoi lembi; questo parametro viene considerato in quanto l'apertura della discontinuità, a parità di altre condizioni consente un rilascio della roccia conseguente a una diminuzione (fino all'annullamento), dell'attrito radente.
Poiché l'apertura delle discontinuità influenza il flusso idrico presente negli ammassi rocciosi condizionandone la permeabilità e diminuendone la resistenza al taglio, i due parametri vengono considerati unitamente nella classificazione proposta.
Il punteggio attribuito aumenta all'aumentare dell'apertura delle fessure e conseguentemente della circolazione idrica presente.
V - Volume del masso
La dimensione dei blocchi di roccia integra è legata alla spaziatura media delle discontinuità e al numero di famiglie presenti nell'ammasso roccioso.
Ai fini della valutazione del presente parametro viene considerato come volume del masso il volume di roccia che rimane integro a seguito di una frana di crollo.
Il parametro può essere stimato considerando sia il valore della spaziatura sia il volume dei massi crollati più frequentemente presenti sul versante in analisi.
Il punteggio attribuito aumenta all'aumentare del volume del masso crollato in quanto nel moto di rotolamento e saltazione verso valle i massi di maggiore dimensioni possono raggiungere, a causa della maggiore inerzia, maggiori distanze dal punto di distacco.
VI - Altezza della scarpata
In considerazione del fatto che il moto di caduta del masso è influenzato inizialmente dall'altezza del punto di distacco, come parametro "altezza della scarpata" verrà prudenzialmente considerata quella compresa tra il ciglio superiore e la base della scarpata o del versante, pur ovviamente potendosi verificare dei distacchi di roccia da qualsiasi punto della scarpata.
VII - Lunghezza del pendio
Anche questo parametro assume importanza rilevante per descrivere il moto di caduta dei massi. Infatti, il rischio aumenta al diminuire della distanza percorsa dal masso lungo il pendio che si sviluppa alla base della scarpata.
Il punteggio attribuito in tabella di conseguenza diminuisce all'aumentare della lunghezza del pendio.
VIII - Inclinazione del pendio
Questo fattore è anch'esso di notevole importanza, in quanto una maggiora inclinazione del pendio aumenta la probabilità che il masso crollato percorra lunghe distanze.
A scopo prudenziale come inclinazione del pendio va considerata quella del tratto di versante in cui ha il massimo valore.
Il punteggio attribuito in tabella pertanto aumenta all'aumentare dell'inclinazione del pendio, tenendo presente che è stato attribuito un indice anche per i pendii aventi inclinazione inferiore a 15°, poiché da studi di settore risulta che anche su terreni suborizzontali si possono verificare casi di rotolamento o rimbalzo di massi crollati.
IX - Andamento topografico del pendio
Per la valutazione del presente parametro, data la grande varietà morfologica dei versanti, è proposta in tabella una descrizione approssimativa dell'andamento del pendio.
Il punteggio attribuito decresce all'aumentare dell'irregolarità del pendio, fino ad attribuire un valore pari a zero a un versante terrazzato.
X - Tipo di materiale
Questo parametro si riferisce alla tipologia di terreno che costituisce prevalentemente il versante lungo cui potrebbe avvenire il moto dei massi, in quanto influisce sullo smorzamento del moto. Il punteggio attribuito cresce passando dalle litologie terrigene variamente alterate a litologie rocciose integre.
XI - Frequenza storica di caduta dei massi
Questo parametro fornisce utili indicazioni sulle condizioni di stabilità della parete rocciosa.
L'osservazione dei massi caduti permette di valutare in prima approssimazione se la zona è stata oggetto di eventi in tempi storici.
E' importante però considerare che spesso nei centri abitati i massi crollati vengono rimossi, per cui oltre ad una analisi in situ è consigliabile effettuare un'indagine tra gli abitanti e presso gli uffici comunali allo scopo di ottenere informazioni a riguardo.
Il punteggio attribuito cresce all'aumentare della frequenza degli eventi franosi verificatisi nel tempo e del numero di massi crollati rinvenuti.