
DECRETO PRESIDENZIALE 31 marzo 2015
G.U.R.S. 17 aprile 2015, n. 16
Approvazione degli standards strutturali ed organizzativi delle tipologie di servizio: Centro antiviolenza, Casa di accoglienza ad indirizzo segreto e strutture di ospitalità in emergenza, Casa di accoglienza per gestanti e madri con figli.
IL PRESIDENTE DELLA REGIONE
Visto lo Statuto della Regione;
Viste le leggi regionali 22 dicembre 1962, n. 28 [N.d.R. recte: 29 dicembre 1962, n. 28] e 10 aprile 1978, n. 2 e successive modifiche e integrazioni;
Vista la legge regionale del 16 dicembre 2008, n. 19;
Visto il decreto presidenziale del 18 gennaio 2013, n. 6, recante "Regolamento di attuazione del Titolo II della legge regionale 16 dicembre 2008, n. 19. Rimodulazione degli assetti organizzativi dei Dipartimenti regionali di cui al decreto del Presidente della Regione 5 dicembre 2009, n. 12 e successive modifiche ed integrazioni";
Vista la legge regionale n. 22/86 e il successivo regolamento di attuazione approvato con D.P.R.S. del 28 maggio 1987 di riordino dei servizi e delle attività socio-assistenziali;
Visto il D.P.R.S. del 29 giugno 1988 concernente la definizione degli standard strutturali organizzativi dei servizi e degli interventi socio-assistenziali;
Visto il D.A. 29 marzo 1989 dell'Assessorato degli enti locali "Istituzione dell'albo regionale degli enti di assistenza, previsto dall'art. 26 della legge regionale 9 maggio 1986, n. 22;
Visto il D.P. 4 giugno 1996 di Approvazione degli schemi di convenzione-tipo per le gestioni da parte dei comuni della Regione dei servizi socio-assistenziali previsti dalla legge regionale 9 maggio 1986, n. 22;
Vista la legge 8 novembre 2000, n. 328 "Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali";
Vista la legge regionale n. 3 del 2012 "Norme per il contrasto e la prevenzione della violenza di genere" che prevede l'istituzione dei centri antiviolenza e delle case di accoglienza ad indirizzo segreto per donne vittime di violenza;
Preso atto che i cambiamenti normativi e sociali determinano la necessità di ridefinire le sezioni dell'albo regionale e delle tipologie di servizio, ciò al fine di utilizzare una terminologia che meglio descriva i servizi attivati e il target di riferimento;
Ritenuto, pertanto, necessario apportare alcune rettifiche allo standard "Casa di accoglienza per gestanti e ragazze madri" sia in termini di denominazione che di requisiti strutturali e organizzativi, nonché ampliare l'offerta dei servizi socio-assistenziali rivolti alle donne vittime di violenza, così come previsti dagli artt. 7 e 8 della legge regionale n. 3 del 2012;
Visto il D.A. n. 1907 del 19 ottobre 2011, successivamente integrato con D.A. n. 455 del 9 marzo 2012, che istituisce specifico tavolo tecnico, composto da rappresentanti dell'Assessorato regionale della salute, dell'ANCI Sicilia, dell'URPS, del Tribunale per i minori di Palermo, della Procura della Repubblica operante presso il Tribunale per i minorenni di Palermo, del Centro per la giustizia minorile, da rappresentanti del Terzo settore, dai sindacati e da esperti di nomina assessoriale, con l'obiettivo di rettificare gli standard strutturali e organizzativi già operanti, nonché di elaborare nuovi standard di tipologie di servizio innovative, già sperimentate sul territorio siciliano, ma non ancora adeguatamente normate;
Preso atto delle proposte inoltrate dal suddetto tavolo tecnico in merito alle tipologie di servizio rivolte a donne in difficoltà e/o vittime di violenza;
Preso atto delle indicazioni fornite dal Coordinamento tecnico interregionale in materia di standard per i servizi rivolti a donne vittime di violenza, quali i centri antiviolenza e le case di accoglienza ad indirizzo segreto;
Considerato che la definizione di nuovi standard strutturali ed organizzativi per le suddette tipologie e la conseguente iscrizione all'albo regionale costituiscono un presupposto per acquisire i finanziamenti nazionali previsti per lo specifico settore;
Su proposta dell'Assessore regionale per la famiglia, le politiche sociali e il lavoro;
Decreta:
Per quanto in premessa indicato, sono approvati gli standards strutturali e organizzativi delle seguenti tipologie di servizio: Centro antiviolenza; Casa di accoglienza ad indirizzo segreto e strutture di ospitalità in emergenza; Casa di accoglienza per gestanti e madri con figli.
I suddetti standard, di cui all'allegato 1, costituiscono parte integrante del presente decreto.
Sono revocate le precedenti disposizioni previste nel D.P.R.S. 29 giugno 1988 e successive modifiche e integrazioni per la tipologia di servizio "Casa di accoglienza per gestanti e ragazze madri". Con successivo provvedimento verranno adeguate le sezioni dell'albo regionale, ex art. 26, legge regionale n. 22/86, di cui al D.A. 29 marzo 1989 dell'Assessorato degli enti locali.
Gli standard approvati devono essere intesi come standard minimi che vanno applicati sia per l'iscrizione all'albo regionale (art. 26, legge regionale n. 22/86), sia per l'iscrizione all'albo comunale (art. 27, legge regionale n. 22/86).
Il limite massimo di mq previsto per le strutture di tipo residenziale o semiresidenziale può essere derogato fino al 10% previsto per quella tipologia di servizio.
Per gli enti già iscritti all'albo ex art. 26, legge regionale n. 22/86, è previsto un periodo massimo di tre anni per l'adeguamento agli standard regionali approvati con il presente decreto.
Nel caso di enti del privato sociale già accreditati presso i comuni per tipologie di servizio normate con il presente decreto, ma non inserite nei precedenti standard regionali, agli stessi potrà essere riconosciuto dai comuni il periodo di transizione previsto per gli enti già iscritti all'albo regionale, di cui al precedente art. 5.
Il presente decreto, unitamente all'allegato 1, sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana e nella pagina web dell'Assessorato della famiglia, delle politiche sociali e del lavoro.
Palermo, 31 marzo 2015.
CROCETTA
CARUSO
ALLEGATO 1
CENTRO ANTIVIOLENZA
Premessa
I principi della Convenzione di Istanbul ratificata dall'Italia con le legge 27 giugno 2013 n. 77, della legge 15 ottobre 2013 n. 119 e della legge regionale 3 gennaio 2012, n. 3 rappresentano punti di riferimento per la costituzione della rete di servizi per contrastare la violenza e tutelarne le vittime con riferimento agli obiettivi, alle definizioni, all'uguaglianza e non discriminazione, nonché agli obblighi generali e soprattutto alla necessità di attivare, come indicato dall'articolo 7 della Convenzione, "politiche globali e coordinate" che comprendano misure adeguate per prevenire e contrastare ogni forma di violenza contro le donne, ponendo in essere tutte le misure necessarie per il riconoscimento dei diritti delle vittime di violenza, attraverso una efficace collaborazione tra Enti, Istituzioni, Organizzazioni di tutela delle vittime stesse del privato sociale.
In tale contesto diviene essenziale garantire uniformità diffusa individuando alcuni requisiti organizzativi e strutturali, nonché di qualità dei servizi specializzati quali Centri antiviolenza e case di accoglienza ad indirizzo segreto e strutture di ospitalità in emergenza.
Servizi specializzati previsti dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119 e dalla legge regionale n. 3/2012 che hanno la finalità di prevenire la violenza di genere verso le donne con azioni di sostegno e di protezione alle vittime e ai minori a loro carico.
Definizione
Il Centro antiviolenza è un luogo in cui vengono accolte le donne italiane e straniere (ed le/i loro figlie/i) che chiedono aiuto perché subiscono o hanno subito una qualsiasi forma di violenza di genere (violenza fisica, psicologica, sessuale, economica e stalking da parte del partner, ex partner o da membri della famiglia oltre che da estranei).
Grazie all'accoglienza telefonica, ai colloqui personali, alle consulenze fornite con il personale del Centro (sociali, psicologiche e legali), all'ospitalità in case rifugio e ai numerosi altri servizi offerti direttamente o dai servizi delle reti locali a cui i centri sono connessi, le donne sono coadiuvate nel loro percorso di uscita dalla violenza.
Il Centro offre una prima e immediata risposta alla domanda di aiuto della donna e attiva un percorso individuale, attraverso professionalità specializzate (operatrice di accoglienza), al fine di superare le esperienze traumatiche e acquisire maggiore consapevolezza delle proprie qualità, competenze e risorse per elaborare difese e soluzioni per sé e per i propri figli e porre le basi per una vita indipendente e autonoma. Il Centro antiviolenza svolge, inoltre, attività di consulenza psicologica, consulenza legale, gruppi di sostegno, formazione e aggiornamento delle operatrici e degli operatori istituzionali, promozione, sensibilizzazione e prevenzione, raccolta ed elaborazione dati, orientamento ed accompagnamento al lavoro, raccolta materiale bibliografico e documentario sui temi della violenza.
Le prestazioni dei centri antiviolenza sono resi a titolo gratuito e con la garanzia dell'anonimato.
Destinatarie
Il Centro opera in favore di donne italiane e straniere che abbiano subito o stiano subendo violenza (la definizione a cui ci si riferisce è quella di violenza contro le donne e violenza domestica seguendo le indicazioni della Convenzione di Istanbul), qualunque sia la forma in cui essa viene attuata: fisica, psicologica, economica e sessuale, persecuzioni, o connessa a tradizioni culturali dannose con la garanzia del più assoluto anonimato nella fase di primo contatto. I servizi vengono erogati secondo una specifica metodologia di intervento che prevede, come fondante, l'approccio di genere e la metodologia messa a punto dai centri antiviolenza italiani e dalla letteratura internazionale in materia. Il centro si rivolge inoltre alle diverse realtà, istituzionali e non, che svolgono un'attività di tipo educativa, sociale, sanitaria e di vigilanza e sicurezza.
Funzionamento
La gestione dei Centri antiviolenza può essere diretta da parte di enti locali o pubblici e/o da organizzazioni del Privato Sociale che operano nel campo della prevenzione e protezione delle vittime di violenza, da associazioni femminili operanti nella Regione, da organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus) e da cooperative sociali che abbiano come finalità statutaria la prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne come sopra definita, nonché il sostegno e la protezione delle vittime, da associazioni iscritte all'albo del volontariato. Le organizzazioni del privato sociale per gestire Centri antiviolenza devono avere nel loro Statuto il tema del contrasto alla violenza di genere quale obiettivo prioritario coerentemente con quanto indicato con gli obiettivi della Convenzione di Istanbul. Se tale finalità non è prevista nello Statuto, Organizzazioni e Associazioni del Privato Sociale debbono dimostrare una consolidata e comprovata esperienza nell'impegno contro la violenza alle donne. Detti enti devono essere in possesso dei requisiti strutturali e organizzativi di cui al presente standard e devono operare da almeno tre anni, come prescritto dalla legge regionale n. 3 del 2012.
I centri antiviolenza possono altresì essere gestiti da enti pubblici direttamente o in convenzione con i soggetti di cui al punto precedente.
I Centri antiviolenza "forniscono servizi di ascolto e di sostegno alle vittime di violenza di genere" e svolgono le seguenti funzioni:
a) colloqui preliminari atti a fornire le prime indicazioni utili e di valutazione del rischio;
b) percorsi personalizzati di uscita dal disagio e dalla violenza, tesi a favorire nuovi progetti di vita e di autonomia;
c) affiancamento, su richiesta delle vittime, nella fruizione dei servizi pubblici e privati, nel rispetto dell'identità culturale, sessuale e della libertà di scelta di ognuna di esse;
d) colloqui informativi di carattere legale;
e) supporto ai minori vittime di violenza assistita;
f) sostegno al cambiamento e al rafforzamento dell'autostima anche attraverso gruppi attività di gruppo (gruppi di parola, gruppi terapeutici, ecc.) condotti da personale specializzato;
g) orientamento al lavoro e sostegno al reinserimento socio-lavorativo;
h) orientamento all'autonomia abitativa attraverso convenzioni e protocolli con enti locali e altre agenzie;
i) promozione di iniziative culturali e sociali di prevenzione, di informazione, di sensibilizzazione e di denuncia in merito al problema della violenza di genere, anche in collaborazione con enti, istituzioni, associazioni e privati;
j) raccolta e diffusione di dati relativi alla propria utenza;
k) interconnessione coi principali servizi presenti nel territorio (servizi sociali, servizi sanitari, forze dell'ordine, scuole, ecc.) e con i Tribunali e le Procure (ordinaria e minorenni) nel caso in cui trattasi di minori; la rete territoriale dovrà essere formalizzata attraverso la definizione di accordi o di protocolli;
l) connessione e la collaborazione con gli organismi e i servizi pubblici o privati che si occupano degli autori di violenza verso le donne.
Il Centro potrà prevedere tra le attività anche il recupero degli autori degli atti di violenza di genere e di stalking, con l'obbligo di realizzare le stesse in sedi distinte da quelle utilizzate per l'accoglienza delle vittime di violenza.
Il mantenimento da parte dei centri antiviolenza dei rapporti con il territorio costituisce elemento essenziale e indispensabile per garantire l'operatività dei soggetti coinvolti nel percorso di uscita dalla violenza della donna e dei suoi figli. I centri antiviolenza debbono pertanto garantire, laddove non ne siano gestori, un raccordo operativo con case di accoglienza ad indirizzo segreto e strutture di ospitalità in emergenza accreditate dalla Regione, con le reti antiviolenza locali e con i soggetti che possono garantire la protezione sociale, l'intervento sanitario e la sicurezza, attraverso la stipula di specifici accordi di cooperazione.
Il Centro antiviolenza ha come attività esclusiva il contrasto alla violenza di genere ed inoltre:
a) è specializzato nella protezione delle vittime di violenza, valuta i casi e favorisce la migliore presa in carico delle donne e dei loro figli dai servizi presenti nel territorio in cui operano, in un'ottica multidisciplinare;
b) è in grado di valutare (con strumenti idonei) il rischio fisico e mentale presente, di intervenire sull'emergenza ed attivare misure di protezione e di messa in sicurezza sia per la donna che per gli eventuali figli, attraverso i servizi presenti nella rete locale;
c) garantisce alle donne a ai/alle bambini/e che hanno subito violenza spazi dedicati e sicuri, adeguatamente protetti, a garanzia della loro riservatezza. Gli spazi destinati all'accoglienza non possono essere usati per altri scopi o altri tipi di utenza;
d) affronta, in ottemperanza alle leggi, la violenza verso le donne e i/le bambini/e;
e) ha al proprio interno personale adeguatamente formato ed in particolare tutto il personale impiegato, volontario e retribuito, deve avere un'appropriata e continua formazione specifica sulla violenza di genere, le sue dinamiche e i suoi effetti e una supervisione periodica atta a proteggerlo dalla traumatizzazione secondaria;
f) applica le direttive e i regolamenti della UE, tiene conto delle raccomandazioni di organismi internazionali, quali l'UE, le Nazioni Unite e l' OMS e dei protocolli di intervento con le vittime di violenza di genere;
g) garantisce, in collaborazione con gli enti locali, azioni di sensibilizzazione e formazione atte a far conoscere il fenomeno e ad affrontarlo in un'ottica di tutela delle vittime e dei loro diritti;
h) promuove, in collaborazione con gli enti locali, azioni preventive nelle scuole con alunni e studenti di varie fasce di età e grado di istruzione;
i) promuove reti formali ed informali con gli enti e gli operatori del territorio;
j) garantisce collegamenti con gli altri servizi pubblici e privati presenti sul territorio per la presa in carico e per la protezione delle vittime, da attestare attraverso copia di: lettere di collaborazione; accordi con enti o istituzioni; protocolli di rete;
k) deve essere inserito nella mappatura del servizio di pubblica utilità 1522;
l) garantisce a tutte le donne anonimato nella fase di primo contatto e riservatezza dei dati sensibili;
m) non applica la tecnica della mediazione familiare nei casi di violenza intra ed extra domestica contro le donne.
I Centri antiviolenza dovranno dotarsi di una Carta dei servizi.
Personale
Il Centro antiviolenza deve garantire la presenza di personale specializzato, retribuito e/o volontario con profili professionali specifici, adeguatamente formato attraverso la partecipazione a percorsi focalizzati sull'approccio di genere alla violenza e sulla presa in carico e trattamento di donne vittime di violenza intra ed extra familiare, stalking e sessuale.
Il Centro antiviolenza garantisce uno staff multidisciplinare con almeno le seguenti figure professionali:
1) operatori con formazione nell'area pedagogica e sociale;
2) operatori di accoglienza con funzione di ascolto, supporto nel progetto individuale e accoglienza ed esperti nella costruzione di percorsi di uscita dalla violenza;
3) psicologi e/o psicoterapeuti esperti nel trattamento degli effetti a breve e lungo termine della violenza di genere in ogni sua forma;
4) avvocati prioritariamente specializzati in diritto di famiglia, civilisti e penalisti con una formazione specifica sul tema della violenza contro le donne, consulenti del lavoro.
Laddove le situazioni lo richiedono, il Centro potrà avvalersi della presenza di altri operatori, adeguatamente formati, quali il/la mediatore/rice linguistico-culturale.
Gli operatori destinati all'accoglienza telefonica o diretta, di cui ai punti 1, 2 e 3, devono essere esclusivamente di genere femminile e forniti di laurea triennale in servizio sociale, pedagogia, psicologia o discipline ad indirizzo socio-psico-pedagogico, oltre che essere in possesso di formazione specifica come sopra indicato.
Il numero e le professionalità dovranno essere congrui rispetto alle attività svolte dal Centro.
Al personale del Centro è fatto esplicito divieto di applicare le tecniche di mediazione familiare.
Non è consentito l'accesso al Centro agli autori della violenza e dei maltrattamenti.
Dal punto di vista logistico ed organizzativo, il Servizio dovrà disporre di un ambiente (setting) idoneo:
1. una sede con adeguati spazi per colloqui (almeno 2 stanze per colloqui), accoglienti e riservati, autonomo rispetto ad altri ambiti e competenze professionali, sobriamente arredato ed idoneo ad effettuare colloqui di accoglienza, counselling psicologico o terapie, attività di gruppo;
2. un locale da destinare a sala d'aspetto dedicata;
3. un altro locale da destinare a segreteria (con un archivio atto a conservare in maniera protetta i dati sensibili);
4. numero telefonico fisso dedicato all'attività di accoglienza, con adesione al numero telefonico di pubblica utilità 1522;
5. reperibilità telefonica h24, da garantire anche attraverso un numero di pubblica utilità regionale e nazionale;
6. apertura prevista per almeno 3/5 giorni alla settimana per un numero minimo di 16 ore settimanali.
CASA DI ACCOGLIENZA AD INDIRIZZO SEGRETO E STRUTTURE DI OSPITALITA' IN EMERGENZA
Premessa
I principi della Convenzione di Istanbul ratificata dall'Italia con le legge 27 giugno 2013, n. 77, della legge 15 ottobre 2013, n. 119 e della legge regionale 3 gennaio 2012, n. 3 rappresentano punti di riferimento per la costituzione della rete di servizi per contrastare la violenza e tutelarne le vittime con riferimento agli obiettivi, alle definizioni, all'uguaglianza e non discriminazione, nonché agli obblighi generali e soprattutto alla necessità di attivare, come indicato dall'articolo 7 della Convenzione, "politiche globali e coordinate" che comprendano misure adeguate per prevenire e contrastare ogni forma di violenza contro le donne, ponendo in essere tutte le misure necessarie per il riconoscimento dei diritti delle vittime di violenza, attraverso una efficace collaborazione tra Enti, Istituzioni, Organizzazioni di tutela delle vittime stesse del privato sociale.
In tale contesto diviene essenziale garantire uniformità diffusa individuando alcuni requisiti organizzativi e strutturali, nonché di qualità dei servizi specializzati quali Centri antiviolenza e case di accoglienza ad indirizzo segreto e strutture di ospitalità in emergenza.
Definizione
Trattasi di strutture di ospitalità per donne italiane e straniere vittime di violenza e loro figlie/i, con finalità di protezione e sociali, dove la sicurezza deve essere assicurata attraverso la segretezza dell'indirizzo e/o mediante adeguate misure di sicurezza e monitoraggio.
Si può trattare di due tipologie:
- case di accoglienza ad indirizzo segreto per ospitalità di secondo livello;
- strutture per ospitalità in emergenza ad indirizzo riservato per gli invianti.
Destinatari
Sono destinate all'accoglienza, a titolo gratuito, e indipendentemente dal luogo di residenza di: donne vittime di violenza intra o extrafamiliare e loro figlie/i minori, escluse le donne affette da gravi patologie psichiatriche, alcolismo e/o tossicodipendenza, che necessitano di specifici interventi di ospitalità.
Capacità ricettiva
Accolgono fino a un massimo di 10 ospiti per periodi di permanenza differenziata in funzione della tipologia:
- case rifugio 6 mesi + 6 mesi ed eventuale proroga per situazioni particolari (più di 3 figlie/i, misure di protezione, ecc.);
- strutture per emergenza/urgenza da un minimo di 3 notti ad un max di 1 mese, con possibilità di proroga nel caso non si trovi una situazione adeguata di ospitalità per l'utente ed i figli sino a un max di 3 mesi.
E' possibile accogliere nuclei (madri e figli) fino ad un massimo di 10 ospiti.
Requisiti strutturali
Le strutture debbono essere collocate in appartamenti di civile abitazione, con una superficie non inferiore a 150 mq e non superiore a mq 250 con adeguati spazi interni destinati ad attività collettive e di socializzazione, nonché ubicate in centri abitati adeguatamente serviti da mezzi pubblici e da servizi scolastici in modo tale da permettere l'integrazione del nucleo nel territorio e da facilitare l'integrazione dei minori presenti coi servizi educativi locali. Le strutture debbono essere in possesso dei requisiti previsti dalle norme vigenti in materia urbanistica, edilizia, abbattimento barriere, prevenzione, igiene e sicurezza. La logistica interna deve essere articolata nel modo seguente:
- spazi personali: camere da letto adeguatamente attrezzate per accogliere la donna sola o la madre con i figli, avendo cura di garantire una superficie non inferiore a 20 mq per le camere a tre posti, armadio locale di appoggio per il personale, almeno due bagni di cui uno attrezzato per disabili;
- spazi comuni: soggiorno comprensivo di spazio per bambini/e, sala da pranzo - cucina funzionale, se possibile un ripostiglio, spazio per ufficio;
- per le strutture di ospitalità in emergenza: una stanza con bagno ad uso delle operatrici della struttura, una stanza uso ufficio.
Gli arredi e le suppellettili devono permettere buone condizioni di vivibilità ed essere idonei alla tipologia delle/gli ospiti, garantire buona funzionalità d'uso, nonché essere conformi ai requisiti di sicurezza.
Per le strutture di emergenza devono essere disponibili Kit per l'ospitalità, sia per le donne che per i/le bambini/e.
Riguardo alla presenza di bambine/i debbono essere garantiti:
- aree sicure per il gioco;
- eventuali dispositivi di sicurezza per i bambini secondo le norme in vigore.
Requisiti organizzativi e di funzionamento
I servizi nella Casa di accoglienza devono essere prestati, dentro la struttura, da personale esclusivamente di sesso femminile. Il personale deve essere disponibile in misura adeguata al numero di donne e bambine/i ospiti della struttura e delle caratteristiche della stessa.
L'utente deve ricevere informazioni sui suoi diritti e sulle sue responsabilità (comprese le procedure di sicurezza). La struttura deve ospitare la donna e i suoi figli per un periodo di 6 mesi + 6 mesi, con valutazioni individuali in caso di proroghe per le strutture di secondo livello o con periodi di permanenza diversificata nel caso si tratti di una struttura di emergenza.
La struttura di emergenza, nei casi in cui non sia possibile accogliere la donna deve prestare assistenza nella ricerca di una struttura alternativa per la donna o il nucleo familiare, fornendo i riferimenti in proprio possesso di strutture alternative per l'ospitalità. Qualsiasi alloggio alternativo deve essere valutato in base alla compatibilità con la sicurezza e l'adesione alle procedure di riservatezza.
La Casa di accoglienza deve garantire protezione e fornire alle utenti (direttamente o attraverso i servizi territoriali) consulenza legale, difesa in tribunale, accompagnamento ed altri servizi di supporto.
La Casa di accoglienza deve inoltre garantire un percorso di uscita dalla violenza presso un Centro antiviolenza accreditato, nonché aiutare le utenti in un percorso di autonomia, affinché siano indipendenti economicamente ed abbiano una casa, al momento di lasciare la struttura. Inoltre, debbono prestare assistenza affinché i bambini ricevano un'istruzione adeguata, a tal fine devono essere dotate di:
- protocolli con le scuole locali per soddisfare i bisogni dei bambini;
- strutture e spazi adeguati in cui le/i bambine/i e le/gli adolescenti possano fare i compiti.
Una valutazione scritta dei bisogni dell'utente/nucleo familiare deve essere completata in un periodo di tempo che va dai 3 ai 7 giorni dall'ingresso. Questa deve riguardare:
- particolari esigenze medico-sanitarie
- sistemazione in struttura
- situazione legale
- situazione economica
- formazione, impiego ed istruzione.
Nelle strutture operano, anche in funzione delle loro caratteristiche di intervento (emergenza o secondo livello):
Un'equipe stabile così composta:
1 assistente sociale
1 psicologa
1 educatrice
di cui una unità con un ruolo di responsabile e coordinatrice del servizio.
Con attività di consulenza per le prestazioni sopra descritte:
mediatrici culturali secondo la provenienza dell'utente;
- psicologhe/psicoterapeute (per la supervisione periodica atta a proteggere il personale dalla traumatizzazione secondaria, terapie donne - minori, orientamento al lavoro);
- avvocate/i per le consulenze legali (civili e penali);
- educatrici/ori in funzione del numero di minori accolti in struttura e delle loro esigenze.
Il personale utilizzato dovrà essere esclusivamente di genere femminile e in possesso dello specifico titolo di studio.
Il suddetto personale dovrà essere adeguatamente specializzato attraverso la partecipazione a percorsi formativi focalizzati sull'approccio di genere alla violenza e sulla presa in carico e trattamento di donne vittime di violenza intra ed extra familiare, stalking e sessuale.
Le strutture possono altresì avvalersi, per servizi integrativi a supporto e non sostitutivi delle superiori figure, della collaborazione di associazioni di volontariato iscritte al registro regionale di cui alla legge regionale n. 22/94, nel rispetto delle norme regionali sul volontariato.
Il mantenimento da parte delle strutture dei rapporti con il territorio costituisce elemento essenziale e indispensabile per garantire l'operatività dei soggetti coinvolti nel percorso di uscita dalla violenza dell'utente e dei suoi figli. Le strutture debbono pertanto garantire un raccordo operativo con i centri antiviolenza accreditati, con le reti antiviolenza locali e con i soggetti che possono garantire la protezione sociale e la sicurezza attraverso la stipula di specifici accordi di cooperazione, nonché con i principali servizi presenti sul territorio e con la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni, nel caso di accoglienza di minori.
Per le strutture di secondo livello (Casa di accoglienza ad indirizzo segreto) l'ospitalità deve assicurare la definizione di uno scenario di protezione per la donna, di tutela per i/le figli/e minori, ed il compimento del progetto di emancipazione dalla situazione di violenza, offrendo:
- la definizione di un progetto individuale;
- reperibilità 24 ore su 24 per problemi inerenti le utenti della casa (sicurezza, salute, bambini);
- consulenze psicologiche finalizzate anche al supporto della funzione genitoriale e consulenze pedagogiche;
- supporto scolastico. Attività educative e ludiche per i/le bambini/e e adolescenti ospiti. Attivazione di percorsi di educazione alla differenza di genere nell'ottica della prevenzione alla violenza;
- osservazione e diagnosi psicologica per i/le bambini/e che abbiano subito abusi e/o vittime di violenza assistita. Supporto psicologico per i/le bambini/e;
- consulenza di orientamento ed accompagnamento nella ricerca del lavoro e della casa;
- supporto medico su necessità per le donne ed i bambini;
- rapporto coi servizi che si occupano del progetto di uscita dalla violenza;
- raccordo con il centro antiviolenza attraverso la stipula di specifici accordi di cooperazione.
L'ente deve adottare ogni strumento utile a garantire la riservatezza dell'utente.
L'Ente gestore delle case di accoglienza ad indirizzo segreto per ospitalità di secondo livello dovrà inoltre dotarsi di uno strumento di valutazione per garantire la verifica degli obiettivi raggiunti.
Per le Strutture che operano in emergenza dovrà essere garantita la reperibilità verso chi invia (servizi sociali, forze dell'ordine, pronto soccorso, centri antiviolenza) h24, accompagnata da un'adeguata presenza in struttura nella fase di arrivo della donna e dei figli.
Per le strutture di emergenza dovranno essere previsti e predisposti appositi dispositivi tesi alla salvaguardia della privacy ed alla riservatezza dei dati. Queste dovranno garantire:
- la definizione di un progetto individuale;
- protezione delle donne o dei nuclei familiari ospiti temporaneamente nella struttura;
- reperibilità telefonica 24 ore su 24;
- adeguata presenza in struttura;
- consulenze psicologiche;
- mediazione culturale e linguistica in emergenza;
- supporto medico su necessità per le donne ed i bambini;
- rapporto coi servizi territoriali deputati alla protezione sociale ed alla sicurezza, oltre che sanitari;
- raccordo con centro antiviolenza.
Il soggetto gestore della struttura dovrà dotarsi di apposita Carta dei servizi, di cui all'art. 13 della legge n. 328/00, nel rispetto della segretezza da garantire al servizio.
CASA DI ACCOGLIENZA PER GESTANTI E DONNE CON FIGLI
Definizione
Trattasi di strutture a carattere residenziale, a connotazione di tipo familiare, destinate all'accoglienza di gestanti e donne con figli, che versano in situazione di disagio familiare o sociale e necessitano di un ambiente idoneo, in grado di aiutarle, attraverso relazioni affettive personalizzate, serene, rassicuranti e tutelanti, a superare la situazione di disagio e riorganizzare la propria vita in modo autonomo e responsabile.
La casa di accoglienza ha la finalità primaria di assicurare la tutela dei bambini che stanno per nascere o dei minori, investendo a tale scopo soprattutto sul sostegno e sullo sviluppo delle capacità genitoriali. Stessa priorità è riconosciuta alle gestanti e alle madri di età minore.
La casa dovrà dunque garantire per un periodo di tempo stabilito specifici interventi finalizzati ad un percorso di crescita e cambiamento, consentendo alle ospiti di raggiungere un livello di autonomia in grado di assicurare la gestione indipendente e consapevole della propria vita e del proprio nucleo familiare.
Destinatari
Gestanti - anche minori- e donne con figli, italiane e straniere, che si trovano in situazione di difficoltà nello svolgimento delle funzioni genitoriali, eventualmente sancita da un provvedimento del Tribunale per i minorenni, e di fragilità o di disagio.
Non è prevista l'accoglienza di donne con problemi di tossicodipendenza, alcolismo o problemi psichici, salvo casi di particolari esigenze, specificatamente autorizzati dagli organi istituzionali competenti (Tribunale, ASP, Comune) e in grado di convivere con gli altri ospiti della struttura.
Laddove sono accolti minori, va inviata la segnalazione alla Procura della repubblica presso il Tribunale per i minorenni.
Capacità ricettiva
La struttura non può accogliere complessivamente più di 20 ospiti, comprensivi dei figli accolti con la madre.
Requisiti strutturali
La casa di accoglienza per gestanti, donne con figli, deve essere collocata in appartamenti di civile abitazione, opportunamente dimensionati per l'ospitalità potenziale di 20 ospiti.
La struttura deve disporre di adeguati spazi interni destinati all'accoglienza residenziale, nonché ubicata in centri abitati adeguatamente serviti da mezzi pubblici e da servizi scolastici in modo tale da permettere l'integrazione delle ospiti nel territorio, consentendo alle stesse di raggiungere eventuali luoghi formativi/lavorativi o sedi di socializzazione e da facilitare l'integrazione dei minori presenti coi servizi educativi locali. Nel caso in cui il territorio risulti non adeguatamente servito da mezzi pubblici, l'ente dovrà sopperire a tale carenza al fine di rispondere alle esigenze degli ospiti.
Le strutture debbono essere in possesso dei requisiti previsti dalle norme vigenti in materia urbanistica, edilizia, abbattimento barriere, prevenzione, igiene e sicurezza.
La logistica interna deve essere articolata nel modo seguente:
- spazi personali:
- camere da letto, da 1 a tre posti letto, adeguatamente attrezzate, avendo cura di garantire una superficie non inferiore a:
- mq. 9 per 1 posto letto;
- mq. 16 per 2 posti letto;
- mq. 20 per tre posti; nel calcolo dei posti letto sono compresi i lettini o le culle previsti per l'accoglienza dei figli 0-3 anni.
a) almeno tre bagni comuni di cui uno attrezzato per disabili;
- spazi comuni:
a) soggiorno/sala pranzo;
b) cucina;
c) lavanderia;
d) bagno per gli operatori;
e) sala ricreativa per bambini/e, con superficie minima di 30 mq.
L'ente può anche avere più sale ricreative, garantendo complessivamente la suddetta superficie minima;
f) sala per incontri personali e di gruppo;
g) locale per l'attività di coordinamento.
Gli arredi e le suppellettili devono permettere buone condizioni di vivibilità ed essere idonei alla tipologia delle/gli ospiti, garantire buona funzionalità d'uso, nonché essere conformi ai requisiti di sicurezza.
Requisiti organizzativi e di funzionamento
L'accoglienza delle gestanti e donne con figli deve essere definita nell'ambito di un progetto educativo, personalizzato concordato nelle sue linee generali prima dell'ingresso, con i servizi territoriali coinvolti e, se possibile, con le stesse ospiti. Il progetto personalizzato dovrà successivamente essere definito dalla comunità entro 30 gg. dall'ingresso e in relazione agli esiti dell'osservazione delle competenze genitoriali e dei bisogni dei minori, nonché degli effetti prodotti dalla nuova situazione.
Il progetto dovrà specificare le azioni di supporto alla funzione genitoriale o di diretto sostegno alla gestante o al bambino da realizzare anche attraverso la rete di servizi territoriali, avendo cura di:
- assicurare il soddisfacimento delle necessità di ascolto, cura e gestione delle ospiti, soprattutto se minorenni;
- sviluppare le capacità genitoriali;
- supportare il superamento di eventuali situazioni di disagio sociale e psicologico;
- supportare percorsi di crescita e apprendimento;
- favorire la maturazione delle autonomie personali;
- sviluppo di competenze e abilità connesse alla gestione del quotidiano.
L'Ente gestore dovrà inoltre dotarsi di uno strumento di valutazione per garantire la verifica degli obiettivi raggiunti.
Per lo svolgimento delle attività assegnate alla casa di accoglienza, l'ente si impegna a fornire un'equipe stabile così composta:
- una unità responsabile della direzione e del coordinamento munita di diploma di laurea nella "Classe delle lauree in scienze dell'educazione e della formazione" o di laurea triennale in servizio sociale, pedagogia, psicologia o discipline umanistiche ad indirizzo socio-psico-pedagogico. Per gli enti già iscritti all'albo regionale ex art. 26, legge regionale n. 22/86, per la tipologia "Casa di accoglienza per gestanti e ragazze madri", detta qualifica può essere ricoperta anche da personale in possesso del diploma di scuola superiore, purché integrato da almeno 5 anni di esperienza in attività di coordinamento di servizi educativi rivolti a minori/donne;
- n. 1 educatore professionale ogni 6 ospiti, anche se appartenenti al medesimo nucleo familiare; l'educatore dovrà essere in possesso del diploma di laurea nella "Classe delle lauree in scienze dell'educazione e della formazione", così come previsto dal decreto ministeriale dell'Università della ricerca scientifica e tecnologica del 4 agosto 2000. Sono altresì validi i corsi di laurea di secondo livello o di specializzazione in pedagogia, psicologia o discipline umanistiche ad indirizzo socio-psico-pedagogico. Per gli enti già iscritti all'albo regionale ex art. 26, legge regionale n. 22/86 per "Casa di accoglienza per gestanti e ragazze madri", detta qualifica può essere ricoperta anche da personale in possesso del diploma di scuola superiore, già in servizio alla data di approvazione del presente standard, purché integrato da almeno 5 anni di esperienza in attività di coordinamento di servizi educativi rivolti a minori/donne;
- n. 2 unità di addetto ai servizi generali;
nonché, anche se con rapporto di consulenza (prestazione professionale), n. 1 psicologo, n. 1 assistente sociale (solo nel caso in cui il responsabile della direzione e del coordinamento non sia già in possesso di uno dei profili professionali richiesti).
Va in ogni caso garantita la presenza di almeno un operatore nelle 24 h.
Per i profili di natura sanitaria (medico, neuropsichiatra, logopedista, infermiere ecc.) l'ente dovrà avvalersi del Servizio sanitario regionale garantito dall'ASP competente per territorio, secondo la vigente normativa.
L'ente può, altresì, avvalersi per servizi integrativi della collaborazione di operatori volontari o di tirocinanti. L'apporto di tirocinanti e/o volontari deve essere considerato aggiuntivo rispetto all'organico del servizio e deve essere monitorato da operatori professionali.
L'Ente contraente, inoltre, si impegna a favorire la partecipazione del personale a corsi di formazione ed aggiornamento ai fini di una riqualificazione professionale.
L'Ente deve garantire che il suddetto personale sia in possesso del titolo di studio attinente alla qualifica che riveste.
Al personale impiegato dall'Ente con rapporto di lavoro dipendente deve essere corrisposto il trattamento economico previsto dal C.C.N.L. di categoria ed i relativi oneri previdenziali ed assistenziali; di tale adempimento l'Ente dovrà, su richiesta dell'A.C. competente per il minore, fornire apposita documentazione.
I costi del personale sono incomprimibili e vanno adeguati tenuto conto degli aggiornamenti contrattuali.