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Norma - quotidiano d'informazione giuridica - DBI s.r.l.
Direzione scientifica di M. Alessandra Sandulli e Andrea Scuderi
14/04/2015
GIUSTIZIA / Giudizio amministrativo

La notifica a mezzo Pec è valida ed efficace!

Il T.A.R. Brescia non solo afferma la piena validità ed efficacia di tale strumento di notifica anche per i ricorsi innanzi al Giudice amministrativo, ma precisa, altresì, che non è necessaria l'autorizzazione ex art. 52, c.p.a..

Il T.A.R. Lombardia Brescia ha respinto l’eccezione di inammissibilità di un ricorso connessa alla pretesa nullità della notificazione dello stesso avvenuta a mezzo Pec.
Il Collegio ha ribadito il proprio precedente orientamento, in linea con la sentenza del T.A.R. Napoli del 6 febbraio 2015 n. 627, affermando che la notifica di atti processuali per mezzo di posta elettronica certificata (Pec) deve ritenersi valida ed efficacemente effettuata pur senza autorizzazione ai sensi dell'art. 52 c.p.a. che non può ritenersi ostativa, atteso che la predetta norma si relaziona a forme “speciali” di notificazione, laddove il processo amministrativo, nella sua interezza tende ormai irreversibilmente a trasformarsi in processo amministrativo telematico. Ciò a maggior ragione nel caso in cui l’ente pubblico abbia regolarmente ricevuto la notificazione, si sia tempestivamente costituito in giudizio e non abbia eccepito alcuna anomalia nel ricevimento o limitazione del proprio diritto di difesa quale conseguenza immediata e diretta dell’utilizzo del mezzo informatico per effettuare la notificazione.

Chiara Campanelli
ALLEGATO 1 T.A.R. - T.A.R. Lombardia - Brescia - Sentenza 10 Aprile 2015, n. 514
> Giudizio amministrativo - Procedura - Notifica - Notifica a mezzo Pec - E' valida ed efficace - Autorizzazione ex art. 52, Cod. Proc. Amm. - Non è necessaria - Ragioni
> La notifica di atti processuali per mezzo di posta elettronica certificata (Pec) deve ritenersi valida ed efficacemente effettuata pur senza autorizzazione ai sensi dell'art. 52, Cod. Proc. Amm., la quale non può ritenersi ostativa atteso che la predetta norma si relaziona a forme "speciali" di notificazione, laddove il processo amministrativo, nella sua interezza tende ormai irreversibilmente a trasformarsi in processo amministrativo telematico (1). Ciò, a maggior ragione nel caso in cui l'ente pubblico abbia regolarmente ricevuto la notificazione, si sia tempestivamente costituito in giudizio e non abbia eccepito alcuna anomalia nel ricevimento o limitazione del proprio diritto di difesa quale conseguenza immediata e diretta dell'utilizzo del mezzo informatico per effettuare la notificazione.
(1) T.A.R. Campania Napoli 6-2-2015 n. 627.
> Pubblica amministrazione - Buon andamento - Situazioni di conflitto d'interesse - Elenco tassativo - Esclusione
> Le situazioni di conflitto d'interesse, nell'ambito dell'ordinamento pubblicistico, non sono tassative, ma possono essere rinvenute volta per volta, in relazione alla violazione dei principi di imparzialità e buon andamento sanciti dall'art. 97, Cost., quando esistano contrasto ed incompatibilità, anche solo potenziali, fra il soggetto e le funzioni che gli vengono attribuite (2).
(2) Cfr. Cons. Stato 19-9-2006 n. 5444.
> Appalto pubblico (in generale) - Gara - Proroga del termine di presentazione delle domande di partecipazione - E' legittima - Ragioni
> Prorogare il termine di presentazione delle domande di partecipazione, seppur non motivandolo specificamente, non integra una violazione dell'art. 70, D.Lgs. n. 163/2006. Questa è una prassi comunemente seguita e, laddove venga rispettato il principio della par condicio e, dunque, tenda solo a favorire una più ampia partecipazione, non può essere ritenuta di per sé contraria all'ordinamento.
> Appalto pubblico (in generale) - Gara - Commissione di gara - Nomina - Nomina effettuata dal responsabile del settore competente del Comune, in tale veste e non anche come responsabile del procedimento - Violazione dell'art. 84 co. 2, D.Lgs. n. 163/2006 - Non sussiste
> La nomina della Commissione di gara, intervenuta ad opera del responsabile del settore competente del Comune, in tale veste e non anche come responsabile del procedimento non integra una reale ed effettiva violazione dell'art. 84 co. 2, D.Lgs. n. 163/2006, il quale, al comma 2, prevede che la commissione sia "nominata dall'organo della stazione appaltante competente ad effettuare la scelta del soggetto affidatario del contratto". Ai sensi dell'art. 272, D.P.R. n. 207/2010, quello di nominare la commissione di gara non rientra tra i compiti propri del responsabile del procedimento nella gara per l'affidamento di servizi, coerentemente con il fatto che egli non può essere qualificato come organo "competente ad effettuare la scelta del soggetto affidatario del contratto".
> Appalto pubblico (in generale) - Gara - Funzioni di R.U.P. - In capo al Dirigente della struttura competente all'affidamento dell'appalto - Ammissibilità
> Nelle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici, non sussiste incompatibilità tra le funzioni di Presidente della Commissione di gara e quella di responsabile del procedimento, e ugualmente non vi è incompatibilità nel caso in cui al responsabile del procedimento sia stato attribuito il compito di approvare gli atti della selezione, atteso che detta approvazione non può essere compresa nella nozione di controllo in senso stretto, ma si risolve in una revisione interna della correttezza del procedimento spettante alla figura dirigenziale (3).
(3) Cfr., fra le tante T.A.R. Lombardo Milano, sez. I, 29-7-2009 n. 4527; T.A.R. Lombardia Brescia, sez. II, n. 372/2015; vedi anche T.A.R. Friuli Venezia Giulia 20-2-2013 n. 91; Cons. Stato, sez. V, 23-10-2012 n. 5408; Cons. Stato, sez. V, 27-4-2012 n. 2445.
N. 514/2015 Reg. Prov. Coll.
N. 199 Reg. Ric.
ANNO 2015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 199 del 2015, proposto da:
C. S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Maria Gabriella Fusai e Giorgio Barbini, domiciliata in Brescia, ex lege, presso la Segreteria del T.A.R., Via Carlo Zima, 3;
contro
Comune di Brescia, rappresentato e difeso dagli avv.ti Francesca Moniga e Andrea Orlandi e domiciliato in Brescia, C.Tto S. Agata, 11/B;
nei confronti di
A. S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Innocenzo Gorlani e Mario Gorlani, con domicilio eletto in Brescia presso lo studio del secondo, Via Romanino, 16;
per l'annullamento
- del provvedimento di aggiudicazione, a favore della A. srl, della procedura aperta per "l'affidamento dei servizi di trasporto terrestre, trasloco, movimentazioni logistiche per il Comune di Brescia";
- di tutti gli atti della suddetta gara;
- di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale a quello impugnato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Brescia e della società A. Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 marzo 2015 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il 16 luglio 2014, il Comune di Brescia ha bandito una procedura aperta per "l'affidamento dei servizi di trasporto terrestre, trasloco, movimentazioni logistiche" per il periodo 1 ottobre 2014 - 30 settembre 2017 e per un importo di 808.520,16 euro, da aggiudicarsi con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa.
Il termine per la presentazione delle domande, originariamente fissato al 4 settembre 2014, è stato prorogato, senza motivazione, sino al 16 ottobre 2014 e, allo scadere dello stesso, sono state presentate tre offerte: quella della ricorrente, gestore uscente, quella della controinteressata e quella della ditta C. Soc. Coop. a r.l..
Con il ricorso in esame, la C. s.r.l. lamenta:
a) in via principale l'illegittima partecipazione e dunque l'illegittima aggiudicazione del servizio alla A. (primi tre motivi di ricorso);
b) in subordine l'illegittimità dell'intero procedimento.
Essa ha, quindi, dedotto quanto segue:
a1) la A. avrebbe dovuto essere esclusa per carenza dei requisiti tecnico-professionali. Non solo, infatti, la stessa era priva, alla data dell'originaria scadenza del bando, della certificazione di garanzia UNI EN ISO, ma non poteva nemmeno dimostrare di possedere il fatturato minimo per poter partecipare alla gara. Per superare tale carenza, la stessa ditta ha stipulato un contratto di avvalimento con la società a r.l. C., ma, a prescindere dalla nullità del contratto di avvalimento a causa della sua genericità (non sarebbero, infatti, state precisate le risorse in concreto messe a disposizione dell'impresa ausiliata), tale società non potrebbe comunque provare lo svolgimento di servizi identici a quello che forma oggetto di gara. Si tratterebbe, infatti, di una società che ha come oggetto sociale l'autotrasporto di merci in conto terzi e non disporrebbe dell'organizzazione logistica, di risorse e di mezzi strutturalmente differente necessaria per l'espletamento dell'appalto;
a2) violazione dell'art. 97 della Costituzione ed eccesso di potere per l'esistenza di un conflitto di interessi derivante dal fatto che il legale rappresentante della A. è anche consigliere del consiglio direttivo della Fondazione, controllata dallo stesso Comune di Brescia.
Il principio di imparzialità e trasparenza dell'azione amministrativa dovrebbe imporre un comportamento al di sopra di ogni sospetto e, nel caso di specie, tale principio sarebbe stato violato, ancorché solo in termini di immagine;
a3) violazione dell'art. 70 del d. lgs. 163/2006, dell'art. 3 della legge n. 241/90 ed erroneità dei presupposti. Il Comune di Brescia non risulterebbe aver in alcun modo motivato la propria scelta di prorogare il termine di presentazione delle domande di partecipazione. Di fatto, tale proroga parrebbe motivata dalla volontà di consentire alla controinteressata di conseguire la certificazione di qualità (ottenuta il 3 ottobre 2014). Ne risulterebbe violato il principio della par condicio e, dunque, anche sotto questo profilo, la partecipazione della controinteressata avrebbe dovuto essere esclusa;
b1) violazione dell'art. 84, comma 2, del d. lgs. 163/2006 e dell'art. 10 del regolamento dei contratti del Comune di Brescia, in ragione del quale la nomina delle commissioni giudicatrici sarebbe di competenza del responsabile del procedimento: nel caso di specie la nomina sarebbe intervenuta ad opera del responsabile del settore provveditorato del Comune e a nulla rileverebbe il fatto che, nel caso di specie, le due figure coincidano (peraltro anche con quella di Presidente di gara);
b2) violazione degli artt. 84, commi 2, 4, 8 e 206 del d. lgs. 163 del 2006, in quanto due dei tre componenti della commissione giudicatrice avrebbero svolto funzioni "relativamente al contratto del cui affidamento si tratta", in quanto responsabile del procedimento e suo segretario. In particolare, la sig.ra F., che ha verbalizzato in qualità di segretario del responsabile del procedimento, sarebbe stata illegittimamente designata nella commissione tecnica, pur avendo partecipato ad altre attività correlate all'appalto ed essendo, dunque, in condizione di poter influenzare il giudizio della commissione;
b3) violazione degli artt. 84, commi 2 e 8 e 206 del d. lgs. 163/2006. La nomina dei componenti (la responsabile del settore Gare e appalti, il responsabile del Servizio Approvvigionamenti e laboratori e una funzionaria che avrebbe "ricoperto competenze specifiche in materia di acquisizione di arredi, con la funzione di segretario verbalizzante"), peraltro, sarebbe intervenuta senza accertare, in capo ai funzionari prescelti, il possesso delle competenze previste dalla legge per coprire il ruolo di commissario, il che comporterebbe una carenza di motivazione del provvedimento di nomina della commissione;
b4) inosservanza del corretto procedimento: la commissione avrebbe concordato dei canoni comuni di valutazione delle offerte tecniche, sia sulla base dei criteri e subcriteri previsti dall'articolo 11 del disciplinare di gara, sia sulla base di osservazioni condivise, che, però, avrebbe omesso di verbalizzare, rendendo così impossibile verificarne il rispetto;
b5) eccesso di potere e violazione del principio di par condicio di cui all'art. 97 Costituzione. Le offerte tecniche, infatti, sarebbero state aperte prima che la commissione fissasse dei canoni comuni di valutazione.
Il Comune si è costituito in giudizio, eccependo, in primo luogo, la nullità della notificazione avvenuta a mezzo PEC (TAR Pescara, 49/2015 e TAR Roma, ordin. 396/15): nullità che escluderebbe l'efficacia sanante dell'avvenuta costituzione in giudizio dell'Amministrazione.
Il ricorso sarebbe comunque infondato, atteso che:
1. l'aggiudicataria legittimamente avrebbe fatto ricorso all'avvalimento per quanto riguarda la dimostrazione del possesso del requisito dei precedenti servizi svolti. (Cons. Stato 5978/2014). Requisiti dimostrati producendo due contratti di trasporto a favore di due società, per 1.276.931,12 euro;
2. il legale rappresentante dell'aggiudicataria è consigliere della Fondazione (come rappresentante della Camera di Commercio), ma l'appalto non è bandito da detto soggetto e il sig. A. non avrebbe alcun potere di influenza sull'esito della gara in questione;
3. la proroga del termine di presentazione delle domande è stata giustificata dalla scadenza in periodo estivo di taluni importanti adempimenti, come la richiesta di chiarimenti, la nomina della commissione, ecc. (determinazione dirigenziale n. 1554 del 14 agosto 2014). Di tale proroga si sarebbe doppiamente avvantaggiata la ricorrente che, in ragione di essa, si è vista prorogare il contratto in essere sino al 31 dicembre 2014 e che ha presentato la propria offerta solo tre giorni prima della scadenza del termine prorogato. In ogni caso, la proroga è stata disposta nel rispetto della par condicio degli aspiranti partecipanti;
4. la commissione sarebbe stata nominata, legittimamente, dalla responsabile del procedimento, anche Dirigente del Settore Provveditorato e poi Presidente della Commissione giudicatrice;
5. i componenti della commissione sarebbero tutti dotati di specifiche competenze nel settore: il contrario non è dimostrato dalla ricorrente, la quale, peraltro, nemmeno indica quale vulnus ne sarebbe derivato, non avendo dedotto alcuna illegittimità nell'espressione dei giudizi da parte della Commissione (il che renderebbe addirittura inammissibile la quinta censura);
6. la funzione di responsabile del procedimento non impedirebbe la nomina della dott.ssa N. come presidente della commissione e la sig.ra F. avrebbe svolto, antecedente alla sua nomina nella commissione aggiudicatrice, solo le funzioni di segretaria verbalizzante nella seduta pubblica del 17 ottobre 2014 e di custode delle offerte: ne risulterebbe salvaguardata la ratio dell'art. 84 del d. lgs 163/2006;
7. le offerte tecniche non sono state esaminate prima della fissazione dei criteri per la loro valutazione, in quanto, in seduta pubblica la commissione ha provveduto esclusivamente a verificare l'esistenza delle offerte tecniche e la completezza delle stesse;
8. la commissione non avrebbe concordato nuovi criteri di valutazione delle offerte, ma solo condiviso "dei canoni comuni di valutazione", ovvero "un criterio uniforme per individuare, in relazione al contenuto delle offerte, elementi di inadeguatezza, di inferiorità agli standard richiesti, di superiorità agli stessi", secondo quanto espressamente previsto dal disciplinare di gara all'art. 11.
Si è costituita in giudizio anche la controinteressata, eccependo l'infondatezza delle censure avversarie, in specie per quanto riguarda la pretesa illegittimità del ricorso all'avvalimento che, invece, nel caso in esame, sarebbe stato correttamente ritenuto ammissibile per la dimostrazione del possesso del requisito dei precedenti servizi svolti, la documentazione relativa ai quali, peraltro, evidenzierebbe anche la messa a disposizione di adeguati mezzi e personale (in particolare sarebbe precisa e puntuale l'indicazione dell'oggetto dei contratti eseguiti). Contrariamente a quanto asserito da parte ricorrente, peraltro, la C. (a differenza della C., il cui sito la ricorrente sarebbe andata a visionare) ha nel proprio oggetto sociale proprio l'effettuazione di traslochi e movimentazione anche di archivi.
Alla luce di tutto ciò, il Collegio ha ravvisato i presupposti per l'accoglimento dell'istanza cautelare.
In vista della pubblica udienza, il Comune ha sostenuto l'opportunità di un'interpretazione del bando la più inclusiva possibile, ritenendo che la richiesta di dimostrare le referenze possedute dovesse essere, come è stata, intesa nel senso di ammettere, a dimostrazione del possesso dei requisiti tecnico-professionali, l'espletamento di servizi tra di loro distinti, consistenti nei trasporti, nelle movimentazioni e nei traslochi.
La ditta A., in particolare, avrebbe dimostrato di possedere referenze, in proprio, per facchinaggio, trasloco e movimentazione materiali (per contratti stipulati con i Comuni di Brescia e Cremona, i Tribunali di Crema e Cremona e Poste Italiane) per un totale di 412.031,46 euro, cui sono andate ad aggiungersi le referenze per servizi di trasporto terrestre della ditta C.: dunque, sarebbe stata dimostrata l'esperienza in ciascuno dei settori indicati.
Una tale interpretazione, peraltro, sarebbe supportata dalle reali condizioni del mercato, che conosce un numero limitatissimo di operatori con i requisiti richiesti e comunque compatibile con l'oggetto del servizio messo a gara, che riguarda una lunga serie di variegati beni oggetto di movimentazione (dai mobili alle apparecchiature, passando per i rifiuti speciali, quadri, opere d'arte, ecc.), movimentazioni sia interne che esterne, con l'uso di mezzi ordinari (due automezzi di portata fino a 3,5 tonnellate e due automezzi di portata sino a 11,5 tonnellate) destinati a pieno titolo, e non in misura residuale, al trasporto esterno rispetto alle sedi comunali (e, dunque, ad un servizio qualificabile come trasporto terrestre).
La A., dopo aver rappresentato di aver proposto al Comune di rinviare il riesame in via amministrativa ad una data successiva all'udienza di merito (proposta accolta dal Comune), ha ribadito di aver regolarmente documentato il possesso dei requisiti richiesti.
A tal proposito ha anche evidenziato come il trasporto di materiali esplodenti non differisca, quanto a capacità organizzative, mezzi utilizzati e qualifiche del personale, da quello di qualsiasi altro tipo di merce, se non per l'adozione di particolari misure cautelative e di sicurezza aggiuntive. In ogni caso C. può trasportare, come trasporta, ogni altro tipo di merce (e allo scopo di dimostrare ciò ha documentato le prestazioni di trasporto, per tre diversi clienti, relative a merci del tipo più vario, dagli imballaggi, agli elettrodomestici, ai profilati, alla plastica, l'alluminio, accessori per arredamento ecc., per importi di 335.877, 444.590 e 224.934 euro).
Infine ha ricordato l'orientamento più estensivo e favorevole alla massima partecipazione nell'interpretazione del concetto di "servizio analogo" da parte della giurisprudenza amministrativa.
La ricorrente ha insistito, invece, per la conferma della tesi secondo cui la controinteressata avrebbe, al più, dimostrato il possesso del requisito con riferimento solo al servizio di trasporto terrestre, peraltro mediante l'esibizione di sole fatture e non anche di contratti ovvero di tanti contratti quante sono le fatture e non anche di soli cinque contratti. Né le autocertificazioni prodotte dalla società ausiliaria sarebbero idonee a sostituire la produzione del contratto, senza considerare che il contratto di avvalimento sarebbe comunque nullo per la genericità del relativo contenuto.
Tutto ciò è contestato, nella replica della A., che ha puntualizzato come i contratti non possano essere ritenuti corrispondenti, nel numero, ai documenti contabili emessi. Ha ribadito l'ampio significato da attribuire all'espressione "servizi analoghi" e ha ricordato la discrezionalità che caratterizza la valutazione, da parte della stazione appaltante, dei servizi vantati dai partecipanti, laddove non siano identici, ma analoghi.
Il Comune, a sua volta, ha ribadito il proprio convincimento circa la legittimità dell'avvalimento di garanzia: il contenuto del contratto, nel caso di specie, sarebbe sufficientemente determinato e la ditta C. non si occupa solo di trasporti, ma anche di logistica, movimentazione, traslochi.
Le ulteriori considerazioni circa l'inidoneità delle autocertificazioni, accompagnate da copia delle fatture, a sopperire alla mancata produzione di contratti, rappresenterebbero dei nuovi motivi di illegittimità irritualmente introdotti in giudizio e dunque inammissibili, prima ancora che infondati.
La ricorrente, infine, ha replicato ribadendo come sia stato il Comune stesso, nel prevedere il requisito professionale in questione, a richiedere, ai partecipanti alla gara, precedenti esperienze che garantiscano le particolari capacità di organizzazione richieste nelle movimentazioni logistiche e nei traslochi (a differenza che nel semplice trasporto terrestre), in specie in relazione a contratti di importo così consistente ed impegnativo come, appunto, specificato nel bando. Sarebbe stata la stessa stazione appaltante, dunque, a limitare l'accesso alla gara ai soli soggetti in possesso dei, non certo comuni, requisiti richiesti. Sempre il bando, poi, prevedeva che i requisiti fossero provati, salvo motivate richieste in senso diverso, mediante esibizione dei contratti e, comunque, il trasporto di elettrodomestici e macchinari non implicherebbe anche, come invece vorrebbe far credere la A., l'attività di montaggio e smontaggio, né sarebbe stata dimostrata la disponibilità dei depositi necessari al corretto espletamento di attività riconducibili alla "logistica". La C. Internazione non avrebbe, dunque, quei requisiti per dimostrare i quali la A. avrebbe avvalsa utilizzato l'avvalimento, non potendo essa vantare alcuna esperienza al di fuori del trasporto terrestre.
Alla pubblica udienza del 25 marzo 2015, la causa, su conforme richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Come già anticipato in fase cautelare, deve essere preliminarmente respinta l'eccezione di inammissibilità del ricorso connessa alla pretesa nullità della notificazione avvenuta a mezzo PEC, in linea con il proprio precedente orientamento, seguito anche nella sentenza del T.A.R. Napoli 6 febbraio 2015, n. 627, nella quale si legge che "la notifica di atti processuali per mezzo di posta elettronica certificata (PEC) deve ritenersi valida ed efficacemente effettuata pur senza autorizzazione ai sensi dell'art. 52 Cod. proc. amm., la quale non può ritenersi ostativa atteso che la predetta norma si relaziona a forme "speciali" di notificazione, laddove il processo amministrativo, nella sua interezza tende ormai irreversibilmente a trasformarsi in processo amministrativo telematico".
Ciò, a maggior ragione nel caso in cui, come quello di specie, l'ente pubblico abbia regolarmente ricevuto la notificazione, si sia tempestivamente costituito in giudizio e non abbia eccepito alcuna anomalia nel ricevimento o limitazione del proprio diritto di difesa quale conseguenza immediata e diretta dell'utilizzo del mezzo informatico per effettuare la notificazione.
Si può, dunque, passare all'esame del merito del ricorso che tende, in via principale, a contestare la mancata dimostrazione, da parte dell'impresa risultata aggiudicataria, dell'avvenuta prestazione, nell'ultimo triennio, di servizi analoghi a quello oggetto di gara, per un importo non inferiore a 1.200.000,00 euro.
Invero, in sede cautelare, si è ritenuto "che, pur non potendosi escludere a priori la possibilità di un soccorso istruttorio da parte dell'Amministrazione al fine di superare il fatto che la documentazione prodotta in gara non ha dimostrato l'avvenuto svolgimento di servizi analoghi (ma solo di una tipologia di servizi corrispondente ad una parte delle prestazioni richieste ai partecipanti alla gara e cioè il servizio di "trasporto terrestre"), nel caso di specie l'Amministrazione si è limitata a ritenere erroneamente dimostrato il possesso del requisito richiesto".
Ad un più attento esame della copiosa documentazione prodotta, supportato anche da una più attenta e mirata difesa concentrata sui punti ritenuti maggiormente rilevanti (ed in particolare sul fatto che nonostante l'importo delle referenze dimostrate con il contratto di avvalimento, di poco superiore a quello minimo richiesto, quelle della C. non sono state le uniche referenze spese per la qualificazione), tale conclusione appare oggi non più convincente.
Come chiarito nella memoria difensiva della controinteressata, depositata il 9 marzo 2015, infatti, la A. ha dimostrato il possesso dei requisiti richiesti prima di tutto producendo tre referenze (per complessivi 412.031,00 euro) relative a servizi di facchinaggio e trasloco dalla stessa svolti, a cui si è andato ad aggiungere il contratto di avvalimento finalizzato a poter "spendere" l'esperienza maturata dalla C. s.r.l. nel trasporto terrestre. In quest'ultimo caso l'esistenza di rapporti contrattuali per la fornitura del servizio di trasporto terrestre a favore di due diversi clienti è stata documentata, oltre che con la produzione dell'autocertificazione della ditta C., con il deposito di copia delle fatture staccate per un importo di 1.276.931,12 euro.
Al proposito, non appare condivisibile la linea difensiva di parte ricorrente che vorrebbe far discendere la necessità dell'esclusione della A. dall'illegittimità della mancata produzione del contratto relativo ai servizi prestati dalla C.. A prescindere dall'eccezione di inammissibilità del motivo così come integrato solo nella memoria conclusionale, si ritiene, infatti, che, come dalla controinteressata evidenziato, non necessitando di particolare forma, il contratto di trasporto sia usualmente stipulato, nell'ambito privatistico, mediante accettazione delle condizioni contrattuali proposte, implicita nella richiesta della prestazione. Data tale particolarità, si ritiene che correttamente la "referenza" sia stata intesa come unico rapporto contrattuale intercorrente tra i medesimi soggetti per l'effettuazione di analoghe prestazioni con cadenza della fatturazione mensile. Se, dunque, da un lato appare ragionevole l'aver ritenuto sufficienti a dimostrare l'esistenza di un rapporto contrattuale la produzione di copia delle fatture relative alle prestazioni effettuate, dall'altro appare parimenti rispondente a ragionevolezza considerare come riconducibili ad un unico contratto più prestazioni eseguite nei confronti dello stesso committente, con cadenza mensile, per l'effettuazione di trasporti analoghi, sulla medesima tratta. Come affermato dalla controinteressata a pag. 5 della propria memoria di replica infatti: " Le frequenza e la ripetitività delle prestazioni svolte da C. a favore di ciascun cliente è del resto un ulteriore elemento a conferma dell'unicità e della globalità di ognuno dei rapporti documentati e del fatto che, per ogni referenza certificata, le singole prestazioni di trasporto sono state effettuate nell'ambito di accordi negoziali "complessivi" in essere con ognuno dei clienti.". Ne discende che la pluralità di prestazioni eseguite da C. e documentate in allegato alla presentazione dell'offerta debbono essere considerate come singoli atti esecutivi dei due contratti stipulati con i due soggetti a cui favore sono state effettuate le consegne: non si può ritenere, dunque, seguendo tale ragionamento, che ogni fattura corrisponda ad un diverso contratto.
Escluso, dunque, che possa considerarsi mancante la prova delle referenze richieste, è necessario, a questo punto, entrare nel merito dell'adeguatezza delle referenze prodotte.
In linea generale si può premettere che appare condivisibile la tesi del Comune, esplicitata nella memoria per l'udienza di merito, secondo cui il fare ricorso ad un'interpretazione eccessivamente restrittiva, come quella che dovesse ritenere che fosse richiesto il requisito di aver stipulato uno, o anche cinque, contratti che complessivamente avessero un valore di oltre 1.200.000 euro per lo svolgimento di attività complesse rientranti in tutte e tre le categorie indicate contemporaneamente, finirebbe per riconoscere un inammissibile "diritto di insistenza" alla ditta C., che è gestore uscente del medesimo servizio messo in gara per il quadriennio terminato il 31 dicembre 2014 (valore 1.818.978,90 euro).
Assai di rado, infatti, il mercato offre possibilità di stipulare contratti di valore così rilevante come quelli richiesti nel caso di specie (minimo 240.000 euro ciascuno, visto che non potevano essere più di cinque).
È evidente, dunque, che la necessità di un'interpretazione forzatamente ampia da parte della Commissione è stata ingenerata dal perseguimento dell'obiettivo del superamento degli effetti dell'inclusione, nel bando, di una clausola eccessivamente restrittiva e di natura quasi protezionistica.
Ne consegue che, in questa condivisibile ottica, il bando non può essere inteso come prescrittivo della dimostrazione che ciascun partecipante (o chi per esso, nel caso di avvalimento) abbia svolto, nel triennio 2011-2013, servizi per un importo complessivo di oltre 1.200.000 euro e caratterizzati dal toccare tutti e tre gli ambiti indicati nell'oggetto (facchinaggio, trasloco e trasporto terrestre). Per essere più chiari, ben può ritenersi la clausola suscettibile di un'interpretazione per cui il singolo operatore che non possieda in proprio il requisito di aver già svolto servizi di facchinaggio, trasloco e trasporto terrestre per l'importo suddetto, può avvalersi di altri soggetti con cui costituire un raggruppamento o stipulare un contratto di avvalimento, così da dimostrare di aver prestato servizi per un importo complessivo pari a quello richiesto, sommando, a tal fine, l'esperienza maturata da ciascun soggetto coinvolto nei tre ambiti considerati.
Appurato, dunque, che, nel caso di specie, per la qualificazione non è stata spesa solo l'esperienza di C. nel trasporto terrestre, ma anche quella della stessa A. nel facchinaggio e nel trasloco (la quale, peraltro, ha dimostrato, nel corso del giudizio, di aver avuto, nel triennio di riferimento, un fatturato per tali servizi superiore a 1.900.000 euro, ma accumulato mediante una pluralità di contratti stipulati e non solo cinque), l'intero ambito di esperienza deve ritenersi essere stato coperto (dal trasporto al trasloco, passando per il facchinaggio).
Per concludere sul punto, appare opportuno precisare che, se si può effettivamente ritenere, come evidenziato in sede cautelare, che l'esperienza dimostrata non poteva ricadere in uno solo degli ambiti indicati (nel caso di specie il trasporto terrestre), dall'altro altrettanto irragionevole ed irrazionale si rivela, come invece sostenuto da parte ricorrente, pretendere che ciascun operatore partecipante (anche in associazione temporanea o mediante stipulazione di contratto di avvalimento) debba aver prestato tutte e tre le tipologie di servizio. L'unica lettura che appare ragionevole, dunque, è quella per cui ogni offerente deve dimostrare di aver maturato esperienza mediante la prestazione di servizi analoghi a quello oggetto di gara, coprendo l'intero ambito da esso individuato, ma a prescindere dall'incidenza di ogni tipologia di servizio o dall'eventuale ripartizione "verticale" dei requisiti tra gli associati o con la ditta ausiliari. Ciò che è determinante, dunque, è che, nel suo complesso, il partecipante alla gara possa dimostrare di aver già eseguito attività di trasporto, facchinaggio e trasloco: chi tra i soggetti che hanno speso i requisiti abbia esercitato l'uno o l'altra di tali attività e in quale misura appare del tutto irrilevante, dal momento che né il bando, né il disciplinare di gara, che individua in modo molto ampio l'oggetto della gara, contengono alcuna specificazione al proposito.
Pertanto - ricordato che nell'ordinanza cautelare 210/2015 si era già profilata la astratta possibilità che l'esercizio del soccorso istruttorio potesse portare all'adozione di un atto conclusivo del procedimento di contenuto analogo a quello impugnato laddove l'odierna controinteressata fosse stata effettivamente in grado di dimostrare, ora per allora e per il tramite della propria ausiliaria, di aver prestato, nell'ultimo triennio, servizi analoghi a quelli indicati come oggetto della gara, per un importo non inferiore a 1.200.000 euro in cinque contratti - nel caso di specie il risultato della conferma del provvedimento impugnato può ritenersi raggiunto attraverso un più ampio ed approfondito esame della documentazione prodotta in gara che esclude l'illegittimità dell'operato dell'Amministrazione laddove ha ritenuto integrato il requisito professionale richiesto da parte della A., anche, ma non solo, mediante l'avvalimento.
Contratto, quest'ultimo, che non può ritenersi nullo, sia perché la giurisprudenza ammette il ricorso a tale istituto per potersi avvalere solo dei requisiti professionali vantati dall'ausiliaria, sia perché lo stesso ben specifica che lo scopo perseguito è proprio questo, a prescindere dall'utilizzo di mezzi e personale che sono già in dotazione della A. e di cui l'impresa stessa si potrà avvalere per le prestazioni richieste.
Così respinte le censure dedotte con la prima, articolata doglianza, le plurime irregolarità riscontrate nella gestione della gara non possono determinare ex se l'illegittimità dell'esito della stessa.
Invero, privo di rilevanza risulta essere il fatto che il legale rappresentante dell'aggiudicataria sia anche consigliere della Fondazione (come rappresentante della Camera di Commercio). Il servizio oggetto dell'appalto non è destinato ad essere erogato a detto soggetto, ma a favore del Comune che controlla la Fondazione in parola. Considerato che tra quest'ultimo soggetto e il Comune si frappone il diaframma della diversa personalità giuridica e che il sig. A. è solo uno dei consiglieri del Consiglio di Amministrazione della Fondazione, si ravvisano le condizioni per poter escludere una situazione di conflitto di interesse, che la stessa parte ricorrente non è riuscita a delineare che in termini di "immagine". Non vi è stata, infatti, alcuna esplicitazione circa quale potere di influenza sull'esito della gara in questione avrebbe potuto determinare la posizione del sig. A., né circa il modo in cui il principio di imparzialità potrebbe essere stato violato nel caso di specie. Considerato, dunque, l'orientamento giurisprudenziale ben rappresentato dalla sentenza del Cons. Stato, 19 settembre 2006, n. 5444, secondo cui le situazioni di conflitto d'interesse, nell'ambito dell'ordinamento pubblicistico, non sono tassative, ma possono essere rinvenute volta per volta, in relazione alla violazione dei principi di imparzialità e buon andamento sanciti dall'art. 97 Cost., quando esistano contrasto ed incompatibilità, anche solo potenziali, fra il soggetto e le funzioni che gli vengono attribuite, nel caso di specie è proprio la dimostrazione della violazione del principio che risulta mancante.
Così anche la proroga del termine di presentazione delle domande di partecipazione, seppur non specificamente motivata, non pare integrare una violazione dell'art. 70 del d.lgs. 163/2006.
Essa risulta essere una prassi comunemente seguita e, laddove rispetti il principio della par condicio e, dunque, tenda solo a favorire una più ampia partecipazione, non può essere ritenuta di per sé contraria all'ordinamento. Anche nel caso di specie tali condizioni risultano rispettate, escludendo l'illegittimità della proroga stessa, a prescindere dalla mancata esplicitazione della motivazione, che ben può essere rappresentata dall'interesse pubblico alla maggiore partecipazione alla gara.
La nomina della Commissione di gara, intervenuta ad opera del responsabile del settore provveditorato del Comune, in tale veste e non anche come responsabile del procedimento non pare integrare una reale ed effettiva violazione dell'art. 84, comma 2, del d. lgs. 163/2006, il quale, al comma 2, prevede che la commissione sia "nominata dall'organo della stazione appaltante competente ad effettuare la scelta del soggetto affidatario del contratto". Ai sensi dell'art. 272 del DPR 207/2010, quello di nominare la commissione di gara non rientra tra i compiti propri del responsabile del procedimento nella gara per l'affidamento di servizi, coerentemente con il fatto che egli non può essere qualificato come organo "competente ad effettuare la scelta del soggetto affidatario del contratto". Solo l'art. 10 del regolamento dei contratti del Comune di Brescia, in modo del tutto anomalo e con una disposizione la cui legittimità, pur dubbia, non è contestata con il ricorso in esame, assegna tale competenza al responsabile del procedimento.
Appare così giustificabile l'errore in cui può essere incorsa la Dirigente della struttura competente all'affidamento dell'appalto (competente anche all'aggiudicazione dello stesso), che ha provveduto alla nomina della Commissione alla luce di tale propria qualità e non anche della sua contestuale posizione di responsabile del procedimento. L'identità e la coincidenza della persona che ricopre le due vesti induce, dunque, a qualificare tale errore come un mero errore formale, inidoneo a determinare l'annullamento dell'atto ex art. 21 octies della legge n. 241/90, in quanto non si ravvisa motivo per il quale il contenuto del provvedimento avrebbe potuto essere, nella sostanza, diverso se adottato dallo stesso soggetto vestendo i panni del responsabile del procedimento.
Né è ravvisabile la dedotta violazione degli artt. 84, commi 2, 4, 8 e 206 del d. lgs. 163 del 2006.
In primo luogo, la coincidenza delle figure del responsabile del procedimento e del Dirigente è ritenuta ammissibile dalla giurisprudenza (cfr., fra le tante TAR Milano, I, sentenza 4527 del 29 luglio 2009, nella quale si legge che: "La normativa di cui alla L. n. 241/90 e quella di cui al D.Lgs. n. 163/06 prevedono la possibilità di allocare le funzioni di r.u.p. in capo ad un soggetto differente da quello che ne approva i relativi atti, o al contrario di cumularle in capo ad un'unica persona fisica in possesso dei requisiti previsti, senza mai tuttavia prevedere come obbligatoria una tale commistione", al pari di quella tra Dirigente della struttura competente all'affidamento dell'appalto e Presidente della commissione.
Su quest'ultima ipotesi non si ravvisano ragioni di discostarsi dal recentissimo precedente di questa Sezione n. 372/2015, nella quale si legge: "Conformemente a giurisprudenza consolidata, va ribadito che nelle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici, non sussiste incompatibilità tra le funzioni di Presidente della Commissione di gara e quella di responsabile del procedimento, e ugualmente non vi è incompatibilità nel caso in cui al responsabile del procedimento sia stato attribuito il compito di approvare gli atti della selezione, atteso che detta approvazione non può essere compresa nella nozione di controllo in senso stretto, ma si risolve in una revisione interna della correttezza del procedimento spettante alla figura dirigenziale (cfr. T.A.R. Friuli Venezia Giulia - 20/2/2013 n. 91; Consiglio di Stato, sez. V - 23/10/2012 n. 5408; sez. V - 27/4/2012 n. 2445)".
Con riferimento, inoltre, alla posizione della sig.ra F., che ha verbalizzato l'attività del seggio di gara, in qualità di segretario del responsabile del procedimento e che, secondo parte ricorrente, sarebbe stata illegittimamente designata nella commissione tecnica, pur avendo partecipato ad altre attività correlate all'appalto, va rilevato come il segretario verbalizzante sia privo di ogni potere di influenzare il giudizio della commissione (ancorchè l'attività svolta sia qualificata nei verbali di gara come "assistenza" al responsabile del procedimento), con la conseguenza che non appare ravvisabile, anche in questo caso, alcuna situazione di incompatibilità.
Il Collegio non ritiene di poter ravvisare nemmeno la violazione degli artt. 84, commi 2 e 8 e 206 del d. lgs. 163/2006, che parte ricorrente vorrebbe ricollegare al fatto che la nomina dei componenti della commissione di gara non sarebbe stata accompagnata da alcuna motivazione in ordine alla loro specifica competenza e, dunque, la stessa parrebbe essere stata effettuata senza dare corso ad alcuna specifica attività istruttoria. Invero, incontestato il rispetto dell'indicazione di legge secondo cui debbono essere privilegiati commissari interni all'Amministrazione, i componenti, nel caso di specie, risultano essere la responsabile del settore Gare e appalti, il responsabile del Servizio Approvvigionamenti e laboratori e una funzionaria che ha "ricoperto competenze specifiche in materia di acquisizione di arredi, con la funzione di segretario verbalizzante".
Si tratta, dunque, di funzionari che, proprio in ragione delle mansioni loro assegnate all'interno della stazione appaltante, si può ritenere abbiano maturato una specifica esperienza in materia di contratti pubblici e relative gare per l'affidamento degli stessi, anche in considerazione del fatto che lo specifico servizio oggetto di gara non richiedeva, per la sua stessa natura, un'alta specializzazione tecnica per la valutazione dello offerte.
Infine, secondo parte ricorrente, la commissione avrebbe concordato dei canoni comuni di valutazione delle offerte tecniche, sia sulla base dei criteri e sub-criteri previsti dall'articolo 11 del disciplinare di gara, sia sulla base di osservazioni condivise, che, però, avrebbe omesso di verbalizzare, rendendo così impossibile verificarne il rispetto.
In realtà, alla luce dei chiarimenti forniti, può ritenersi che non vi sia stata un'illegittima fissazione di sub-criteri, ma solo l'individuazione di linee comuni di valutazione degli elementi in questione, così da uniformare le valutazioni espresse da ciascun componente, senza incorrere, in alcuna violazione di legge.
In altre parole, la commissione non ha fissato sub-criteri, ma ha solo concordato "canoni comuni" di interpretazione dei puntuali criteri fissati dal disciplinare che prevedeva gli elementi da valutare e una tabella di attribuzione del punteggio da 0 a 1 a seconda della corrispondenza dell'offerta rispetto agli standard richiesti (da nulla a massima rispondenza agli standards). In ogni caso, tale accordo sarebbe intervenuto prima di iniziare l'analisi delle offerte tecniche, aperte in seduta pubblica, ma non esaminate in quella sede (anche se due dei tre membri erano presenti all'apertura).
Ciò esclude, dunque, la fondatezza anche dell'ultima censura, secondo cui l'aggiudicazione sarebbe affetta da eccesso di potere e violazione del principio di par condicio di cui all'art. 97 Costituzione, in quanto le offerte tecniche sarebbero state aperte prima che la commissione fissasse dei canoni comuni di valutazione.
Così respinto il ricorso, le spese del giudizio possono trovare compensazione tra le parti in causa, attesa non solo l'alternanza dell'esito nelle pronunce cautelare e nel merito, ma anche e in primo luogo, in considerazione del, non sempre lineare ed ineccepibile sul piano formale, comportamento della stazione appaltante, ancorché, come già detto, non sfociato, in concreto, in alcuna violazione di legge.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Dispone la compensazione delle spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 25 marzo 2015 con l'intervento dei magistrati:
 
IL PRESIDENTE
Giorgio Calderoni
L'ESTENSORE
Mara Bertagnolli
IL CONSIGLIERE
Stefano Tenca
 
Depositata In Segreteria il 10 aprile 2015
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 


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