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18/02/2016
GIUSTIZIA / Penale

Diffamazione: l'uso del fax è un'aggravante

L'uso del fax non configura la diffamazione a mezzo stampa, ma aggravata ex comma 3 dell'art. 595 cod. pen..

Con la pronuncia in esame, gli Ermellini chiariscono la portata dell'art. 595 cod. pen., in relazione ad una fattispecie di diffamazione avvenuta a mezzo fax.
Più esattamente, rileva la Suprema Corte che la produzione di un documento a mezzo fax non è assimilabile alla procedura della stampa, non rientrando nell'accezione tecnica e restrittiva di stampa desunta dal dettato normativo, ma piuttosto ricorre l'aggravante di cui al terzo comma dell'art. 595 cod. pen., essendo il fax uno di quegli "altri mezzi di pubblicità" (rectius di trasmissione), che aggravano il delitto di diffamazione.

Antonella Ciraulo
ALLEGATO 1 Cassazione Penale - Sentenza 12 Febbraio 2016, n. 6081
> Reati vari - Diffamazione
> Non è dubbio che la produzione di un documento a mezzo fax non sia assimilabile alla procedura della stampa, poiché l'ordinamento recepisce una accezione tecnica e restrittiva di stampa desunta dal dettato normativo. Non dimeno ricorre l'aggravante di cui al terzo comma dell'art. 595 cod. pen., essendo il fax uno di quegli "altri mezzi di pubblicità" (di trasmissione), che rendono aggravato il delitto di diffamazione.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Maurizio Fumo – Presidente -
Dott. Sergio Gorjan
Dott. Antonio Settembre
Dott. Paolo Giovanni Demarchi Albengo
Dott. Roberto Amatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA N. 6081/2016
sul ricorso proposto da: C. M. ...omissis... avverso la sentenza n. 2101/2012 CORTE APPELLO di ancona, del 7 novembre 2014 visti gli atti, la sentenza e il ricorso udita in PUBBLICA UDIENZA del 9 dicembre 2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. Maurizio Fumo Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. L. Orsi, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza di cui in epigrafe, la CdA di Ancona ha confermato la pronunzia di primo grado, con la quale C. M. fu condannato a pena di giustizia in quanto ritenuto responsabile del delitto di diffamazione aggravata e continuata "per avere, in qualità di legale rappresentante della società N. srl....., con più condotte esecutive di medesimo disegno criminoso e in tempi diversi, offeso la reputazione commerciale e l'immagine della società P. srl...., diretta concorrente nel settore della produzione di poltrone, mediante fax inviati a clienti e fornitori dello stesso poltronificio per informarli che la predetta ditta verosimilmente utilizzava, nella realizzazione di poltrone, congegni elettromeccanici prodotti in Cina con materiali altamente nocivi e dannosi per la salute e non conformi alle normative europee vigenti in materia di qualità e sicurezza, esponendo al rischio di sequestro cautelativo tutti coloro che avessero prodotto, esposto, commercializzato tali poltrone".
2. Ricorre per cassazione il difensore ed articola cinque censure.
3. Con la prima, ribadisce la eccezione di incompetenza per materia del tribunale, sostenendo che non ricorre l'aggravante contestata, atteso che il fax non può considerarsi mezzo di stampa. Invero la definizione giuridica di stampa e di stampato deriva dalla legge 47/1948 che fa riferimento alla riproduzione tipografica o comunque ottenuta con mezzi meccanici o fisico-chimici in qualsiasi modo destinata alla pubblicazione. Tale non può considerarsi il fax.
4. Con la seconda, deduce erronea applicazione dell'art. 595 cp, atteso che il fax in questione non è stato inviato, come si sostiene, a un numero indeterminato (o comunque molto elevato) di destinatari, atteso che poi solo quattro persone si sono poste in contatto con il P. per chiedere spiegazioni. Contrariamente a quel che afferma la presunta PO, poi, risponde al vero che esistono indagini ed analisi chimiche in corso sui materiali predetti.
5. Con la terza, deduce violazione dell'art. 595 cp con riferimento all'art. 43 comma 2 cp per assoluta insussistenza del dolo, atteso che intenzione del C. M. non era certo quella di denigrare la azienda concorrente, quanto quella di tutelare il made in Italy dalla importazione di prodotti stranieri scadenti e nocivi. Dunque il C. M. ha solo esercitato un suo diritto.
6. Con la quarta, si lamenta la mancata assunzione di prova testimoniale.
7. Con la quinta, si deduce illogicità della motivazione. A) con riferimento alla "risposta" della CdA in relazione alla contestata incompetenza del tribunale, B) perché la stessa PO ha parlato di un semplice "disturbo" per la diffusione della notizia a torto ritenuta diffamatoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso merita rigetto, per essere infondata la prima censura e inammissibili le altre. Il ricorrente va condannato alle spese del grado.
2. Non è dubbio che la produzione di un documento a mezzo fax non sia assimilabile alla procedura della stampa. Come correttamente sostiene il ricorrente, l'ordinamento recepisce una accezione tecnica e restrittiva di stampa desunta dal dettato normativo. Non dimeno ricorre l'aggravante di cui al terzo comma dell'art. 595 cp, essendo il fax uno di quegli "altri mezzi di pubblicità" (sid. di trasmissione), che rendono aggravato il delitto di diffamazione, radicando la competenza nel tribunale e non nel GdP. Ciò a voler tacere del fatto che, quando un reato di competenza di un giudice, viene giudicato da un giudice sovraordinato, non vi è lesione alcuna della posizione soggettiva dell'imputato (salva la applicabilità delle sanzioni di pertinenza del giudice "inferiore"), atteso che le garanzie - sostanziali e processuali - non sono certo minori. E tuttavia, nel caso di specie - si ripete - correttamente (anche se per motivi diversi da quelli ritenuti in sentenza) è stata ravvisata la competenza del tribunale in composizione monocratica e non quella del GdP. Con ciò, la prima censura (e la conseguente prima parte della quinta censura) vanno qualificate, appunto, come infondate.
3. La seconda censura è manifestamente infondata in quanto, per la consumazione del reato in questione, basta la diffusione ad almeno due persone della notizia denigratoria. In realtà, non si deve confondere la diffusività (che attiene alle potenzialità del mezzo di comunicazione) con la diffusione, vale d ire la effettiva divulgazione della notizia. La diffamazione, come è noto, si consuma quando (almeno) due persone siano raggiunte dalla notizia denigratoria..
4. Manifestamente infondata è anche la terza censura, atteso che, per la integrazione del delitto di diffamazione, è sufficiente il dolo generico, vale a dire la coscienza e volontà di diffondere una notizia denigratoria e non occorre affatto l'animus diffamandi
5. Generica è la censura con la quale si lamenta la mancata assunzione di prova testimoniale, in quanto non se ne chiarisce l'incidenza in un processo in cui la prova è scaturita per tabulas..
6. Manifestamente infondata, infine, è l'ultima censura, atteso che la diffamazione consiste nella lesione della reputazione (nel caso in esame, della reputazione commerciale), mentre il "disturbo" è stato il riflesso soggettivo subito dai titolari dell'azienda, "vittime" di numerose richieste telefoniche di chiarimenti da parte di clienti e fornitori cui il fax denigratorio era stato destinato.
P. Q. M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Così deciso in Roma in data 9 febbraio 2015.
 
IL PRESIDENTE EST
Maurizio Fumo
 
Depositato in cancelleria il 12 febbraio 2016
IL FUNZIONARIO GIUDIZIARIO
Carmela Lanzuise


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