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Direzione scientifica di M. Alessandra Sandulli e Andrea Scuderi
23/03/2016
CONTRATTI TRA PRIVATI / Donazione

Donazione di cosa altrui: la posizione delle Sezioni Unite

Se ancora non vi è stata divisione dell'eredità tra coeredi, l'erede non può donare a terzi uno dei beni ricevuti, nemmeno se la cessione ha ad oggetto non l'intera proprietà, ma solo la quota ideale del bene stesso.

Lo hanno chiarito le Sezioni Unite della Suprema Corte con la sentenza qui in commento.
Invero, il Supremo Collegio di legittimità ha affermato che la donazione di un bene altrui, benché non espressamente vietata, deve ritenersi nulla per difetto di causa, a meno che nell'atto si affermi espressamente che il donante sia consapevole dell'attuale non appartenenza del bene al suo patrimonio. Ne consegue che la donazione, da parte del coerede, della quota di un bene indiviso compreso in una massa ereditaria è nulla, non potendosi, prima della divisione, ritenere che il singolo bene faccia parte del patrimonio del coerede donante.
La Corte interviene così a sanare il contrasto giurisprudenziale formatosi sul tema della donazione della cosa altrui.
Secondo un primo orientamento, la donazione di un bene altrui doveva difatti ritenersi valida, anche se inefficace, per via della natura eccezionale del divieto di donare beni futuri. L'inefficacia, secondo tale opzione ermeneutica, sussisterebbe fin quando il donante non si sia procurato la proprietà del bene.
Secondo un altro orientamento giurisprudenziale, invece, la donazione di un bene non esistente nel patrimonio del disponente doveva ritenersi nulla. La regola dell'attualità dello spoglio infatti implica difatti, secondo tale indirizzo, il requisito dell'appartenenza del diritto al patrimonio del donante.
Ad avviso del Supremo Consesso di legittimità la donazione di cosa altrui o anche solo parzialmente altrui è nulla, non per applicazione in via analogica della nullità prevista dall'art. 771 cod. civ. per la donazione di beni futuri, ma per mancanza della causa del negozio di donazione.
Difatti, spiegano i Giudici, poiché causa dell'atto di donazione è lo spirito di liberalità in favore di un altro soggetto, il fatto che il bene sia di proprietà altrui è incompatibile con la causa della donazione e pertanto la donazione stessa è nulla.
Alla stregua di quanto precede, relativamente al caso di specie, in cui un coerede defunto aveva donato al nipote la nuda proprietà della sua quota, corrispondente ai 5/12 indivisi dell'intero, di due appartamenti costituenti l'intero secondo piano di un fabbricato di vecchia costruzione a sei piani, i giudici hanno ritenuto che l'atto di donazione affetto da nullità, non potendosi donare ciò che ancora non è proprio.
In altri termini, nell'ipotesi in cui un soggetto divenga titolare di quota di un'eredità e la massa di tali beni non venga ancora divisa, egli non può donare la sua quota.
Possono infatti costituire oggetto di donazione solo ed esclusivamente i beni facenti parte del patrimonio del donante al momento in cui viene compiuto l'atto di liberalità e tali non possono ritenersi quelli di cui il donante è comproprietario pro indiviso di una quota ideale.

Adriana Costanzo
ALLEGATO 1 Cassazione Civile - Sez. Unite - Sentenza 15 Marzo 2016, n. 5068
> Donazione - Donazione di cosa altrui - Nullità per difetto di causa - Ricorre - Ragioni
> La donazione di un bene altrui, benché non espressamente vietata, deve ritenersi nulla per difetto di causa, a meno che nell'atto si affermi espressamente che il donante sia consapevole dell'attuale non appartenenza del bene al suo patrimonio. Ne consegue che la donazione, da parte del coerede, della quota di un bene indiviso compreso in una massa ereditaria è nulla, non potendosi, prima della divisione, ritenere che il singolo bene faccia parte del patrimonio del coerede donante .
Cassazione Civile, Sezione Unite, 15 marzo 2016, n. 5068
 
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
...omissis... adiva il Tribunale di Reggio Calabria con citazione del gennaio 1989 chiedendo che venisse: a) dichiarata aperta la successione di...omissis..., da devolversi secondo le norme della successione legittima per 1/4 in favore del fratello ...omissis..., per 1/4 in favore di ...omissis... (in rappresentazione di ...omissis..., per 1/4 in favore della sorella ...omissis... e per 1/4 in favore dei figli e dei discendenti dell'altra sorella ...omissis...; b) dichiarata aperta, altresì, la successione di ...omissis..., da devolversi secondo le norme della successione legittima per 1/3 in favore del figli del fratello ...omissis... per 1/3 in favore del figli della sorella premorta ...omissis... (a lei subentrati per rappresentazione) e per 1/3 in favore dei figli e dei discendenti della sorella premorta ...omissis... (a lei subentrati per rappresentazione); 3) disposta la formazione delle masse ereditarie comprendendo in esse tutti 1 beni relitti risultanti dalle dichiarazioni di successione; 4) disposta la divisione dei beni relitti e lo scioglimento della comunione; 5) disposta la divisione per stirpi, attribuendo a ciascuna stirpe beni corrispondenti alle quote di diritto di ciascuna; 6) ordinata la formazione del progetto divisionale e gli adempimenti consequenziali.
Instauratosi il contraddittorio, si costituivano le germane ...omissis... (aventi cause di ...omissis..., le quali aderivano alla domande dl divisione e chiedevano che tra i beni da dividere fossero inclusi anche quelli oggetto della donazione fatta da ...omissis... al nipote con atto pubblico del 1987, deducendone la nullità per inesistenza dei beni donati nella sfera giuridica del donante, nonché che venisse ordinato a di rendere il conto della gestione degli immobili facenti parte dell'eredita di ...omissis....
Si costituiva anche ...omissis... che aderiva alla domande di divisione, nonchè i germani ...omissis... i quali pur non opponendosi alla divisione, chiedevano che della eredità venissero detratti i beni oggetto della donazione per atto notaio ...omissis... del 1987.
Nei giudizio si costituivano anche i germani ...omissis... avente cause di ...omissis... aderendo alla domande principale, nonché ...omissis... in qualità di eredi di ...omissis... quest'ultima in proprio e quale esercente la potestà sulla figlia minore ...omissis... che ugualmente facevano proprie le domande dell'attrice.
Nel processo interveniva la curatela del fallimenti di ...omissis... e ...omissis... che, oltre a costituirsi in qualità di eredi di ...omissis... ribadiva le richieste gia formulate.
Con sentenza non definitive del 30 aprile 2004, il Tribunale adito dichiarava aperta la successione di ...omissis... e devoluta secondo le norme della successione legittima la sua eredità, nonché quella di ...omissis..., parimenti devoluta secondo le norme della successione legittima.
Il Tribunale dichiarava, altresì, la nullità dell'atto di donazione per atto notaio ...omissis...del 1° ottobre l987 e rimetteva la causa sul ruolo con separata ordinanza per il prosieguo.
Avverso la sentenza non definitiva i germani ...omissis..., ...omissis... e ...omissis..., in proprio e nella qualità di eredi di ...omissis... censurando il capo della sentenza con cui era stata dichiarata la nullità dell'atto di donazione del 1987.
Nella resistenza di ...omissis..., nonchè di ...omissis... contumaci le restanti parti, la Corte di appello di Reggio Calabria rigettava il gravame e per l'effetto confermava integralmente la sentenza impugnata.
A sostegno della decisione adottata la Corte distrettuale evidenziava che avendo il defunto ...omissis... donato al nipote la nuda proprietà della sua quota (corrispondente ai 5/12 indivisi dell'intero) dei due appartamenti costituenti l'intero secondo piano del fabbricato di vecchia costruzione a sei piani sito in via ...omissis... dalla lettura sistematica degli artt. 769 e 771 cod. civ., doveva ritenersi la nullità dell'atto di donazione, potendo costituire oggetto di donazione solo ed esclusivamente i Beni facenti parte del patrimonio del donante al momento in cui veniva compiuto rata di liberalità, tali non potendosi ritenere quelli di cui il donante era comproprietario pro indiviso di una quota ideale.
Avverso tale sentenza i ...omissis... proposto ricorso per cassazione, articolato su quattro motivi, al quale hanno resistito gli ...omissis... e l'originaria attrice con separati controricorsi.
Con ordinanza interlocutoria n. 11545 del 2011, emessa all'esito dell'udienza del 13 febbraio 2013, la Seconda Sezione di questa Corte, disattese le eccezioni di inammissibilità formulate dai controricorrenti e ritenuto non fondato il prima motive di ricorso, ha, in relazione al secondo, al terzo e al quarto motivo di ricorso, rimesso gli atti al Primo Presidente della Corte per la eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite, ravvisando nella questione oggetto del ricorso una questione di massima di particolare importanza.
Disposta la trattazione del ricorso presso queste Sezioni Unte, in vista dell'udienza del 10 marzo 2015 i ricorrenti e la controricorrente ...omissis... hanno depositato memoria ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Deve preliminarmente essere dichiarata la inammissibilità della costituzione di ...omissis... per difetto di procura speciale, essendo la stesa intervenuta in un giudizio iniziato prima del 4 luglio 2009 (Cass. n. 7241 del 2010; Cass. n. 18323 del 2014).
2. - Come già rilevato, il primo motivo di impugnazione a stato già disatteso della Seconda Sezione.
2.1. - Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti deducono vizio di motivazione sul rilievo che, non essendo stato acquisito il fascicolo di primo grado ed avendo la Carte d'appello esaminato l'atto di donazione solo per la parte riportata nell'atto di appello, il convincimento del giudice di appello sarebbe il frutto di una presunzione non vera, essendo il tenore della donazione motto più esteso rispetto ai brani esaminati in sede di gravame. Prosegue parte ricorrente che la lettura integrale dell'atto di liberalità avrebbe consentito di rilevare che l'oggetto della donazione era costituito, in parte, da un diritto proprio di ...omissis... e cioè della quota di comproprietà degli immobili di cui ...omissis... era titolare in modo esclusivo, per avere ciascuno dei fratelli ...omissis..., ...omissis... e ...omissis... la piena disponibilità di una quota pari ad 1/3 degli immobili di cui al rogito; per altra parte, dalla quota di 1/3 a lui pervenuta dalla eredità del fratello ...omissis... circostanza, questa, di cui non vi era alcun cenno nella sentenza impugnata.
La Corte d'appello avrebbe quindi errato nell'accomunare i due cespiti in una indistinta "quota ereditaria".
2.2. - Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano la violazione degli artt. 769 e 771 cod. civ., in combinato disposto con l'art. 1103 cod. civ., oltre alla illegittimità della sentenza impugnata per difetto di motivazione ed errata valutazione dei presupposti di fatto, per non avere i giudici di merito riconosciuto che ...omissis... poteva validamente donare al nipote la quota di proprietà di cui era esclusivo titolare con riferimento all'immobile di via ...omissis... essendo tale bene nella sua piena disponibilità, patendo essere le argomentazioni del Tribunale riferite semmai alla residua quota di 1/12 pervenuta al donante per successione ereditaria dal fratello ...omissis....
A conclusione del motivo i ricorrenti formulano il seguente quesito di diritto: "Dica la Suprema Corte di Cassazione se il divieto di cui all'art. 771 c.c. può essere legittimamente esteso anche al beni di cui il donante a titolare in comunione ordinarla con i propri fratelli".
2.3.- Con il quarto motivo i ricorrenti lamentano la violazione ed erronea applicazione degli artt. 771 e 769 cod. civ., in combinato disposto con gli artt. 1103 e 757 cod. civ., nonché carenza assoluta di motivazione, per avere ritenuto i giudici di merito "beni altrui", fino al momento della divisione, anche i beni in comproprietà ordinaria, in aperto contrasto con i principi che regolano l'istituto della comproprietà e dell'art. 1103 cod. civ., che sancisce il principio della piena disponibilità dei beni in comproprietà nei limiti della quota di titolarità del disponente. Ad avviso del ricorrenti eguali considerazioni varrebbero anche per la c.d. quota ereditaria. Quanto alla conclusione del giudice di appello circa l'irrilevanza della qualificazione della fattispecie quale condizione sospensiva, i ricorrenti rilevano che la divisione dei beni ereditari, seppure avvenga dopo il decesso di uno dei coeredi, non cancella i diritti nascenti sul beni ereditari.
A conclusione del motivo i ricorrenti formulano il seguente quesito di diritto: "Dica la Suprema Corte di Cassazione se l'art. 771 c.c. può essere legittimamente interpretato equiparando a tutti gli effetti la categoria dei "beni futuri" con quella dei "beni altrui".
3. - La Seconda Sezione, con l'ordinanza interlocutoria n. 11545 del 2014 ha innanzi tutto ricordato come, nonostante l'art. 769 cod. civ. abbia assoggettato la donazione al principio consensualistico, sia risultato prevalente in giurisprudenza, in via di interpretazione analogica dell'art, 771 cod. civ., la tesi della nullità della donazione di bene altrui, assumendosi carattere della necessaria immediatezza dell'arricchimento altrui e, dunque, dell'altrettanto necessaria appartenenza del diritto al patrimonio del donante al momento del contratto (sono in proposito richiamate Cass. 23 maggio 2013, n. 12782; Cass. 5 maggio 2009, n. 10356; Cass. 18 dicembre 1996, n. 1131; Cass. 20 dicembre 1985, n. 6544). La Seconda Sezione ha, per contro, ricordato, da un lato, le critiche di parte della dot-trine, fondate sullo stesso testo dell'art. 769 cod. civ., il quale contempla l'arricchimento della parte donataria operato "assumendo verso la stessa un'obbligazione"; e, dall'altro, Cass. 5 febbraio 2001, n. 1596, che ha considerato la donazione di cosa altrui non nulla, ma semplicemente inefficace, con conseguente sua idoneità a valere quale titolo per l'usucapione immobiliare abbreviate, La Seconda Sezione ha quindi aggiunto che la soluzione della questione poste 6 evidentemente correlate alla ratio dell'art, 771 cod. civ.
Nella specie, la questione non riguarderebbe la donazione del quattro dodicesimi di cui il donante era titolare inter vivos, dovendosi in parte qua la liberalità intendere come di cosa propria, in quanto relative alla quota del partecipante in comunione ordinaria, alienate al sensi e nei limiti dell'art, 1103 cod. civ.. La questione si porrebbe, piuttosto, quanto all'ulteriore dodicesimo del bene di provenienza ereditaria, e per il quale il donante intendeva trasferire il proprio diritto di coerede, ricadente, tuttavia, sulla quota ex art. 727 cod. civ. e non (ancore) su quel determinato immobile compreso nell'asse.
3.1. - In conclusione, la Seconda Sezione ha rimesso all'esame di queste Sezioni Unite la seguente questione: "Se la donazione dispositiva di un bene altrui debba ritenersi nulla alla luce della discipline complessiva della donazione e, in particolare, dell'art. 771 cod. civ., poichè il divieto di donazione del beni futuri ricomprende tutti gli atti perfezionati prima che il loro oggetto entri a comporre il patrimonio del donante e quindi anche quell'evento ad oggetto i beni altrui, oppure sia valida ancorché inefficace, e se tale discipline trovi applicazione, o no, nel caso di donazione di quota di proprietà pro indiviso".
4. - Come riferito, sulla questione se la donazione di case altrui sia nulla o no, la giurisprudenza di questa Corte si è reiteratamente espressa, nel senso della nullità.
4.1. - Secondo Cass. n. 3315 del 1979, da convenzione che contenga una promessa di attribuzione del propri beni a titolo gratuito configura un contratto preliminare di donazione che è nullo, in quanto con esso si viene a costituire a carico del promittente un vincolo giuridico a donare, quale si pane in contrasto con il principio secondo cui nella donazione l'arricchimento del beneficiario deve avvenire per spirito di liberalità, in virtù cioè di un atto di autodeterminazione del donante, assolutamente libero nella sua formazione. La successive Cass. n. 6544 del 1985, ha affermato che la donazione di beni altrui non genera a carico del donante alcun obbligo poiché, giusta la consolidata interpretazione dell'art. 771 cod. civ., dal sancito divieto di donare beni futuri deriva che è invalida anche la donazione nella parte in cui ha per oggetto una cosa altrui; a differenza di quanto avviene, ad esempio, nella vendita di cosa altrui, che obbliga il non dominus alienante a procurare l'acquisto al compratore. Tale decisione ha quindi affermato che "ai fini dell'usucapione abbreviata a norma dell'art. 1159 cod. civ. non costituisce titolo astrattamente idoneo al trasferimento la donazione di un bene altrui, attesa l'invalidità a norma dell'art. 771 cod. civ. di tale negozio".
Sempre nell'ambito della nullità si colloca Cass. n. 11311 del 1996, così massimata: "l'atto con il quale una pubblica amministrazione, a mezzo di contratto stipulato da un pubblico funzionario, si obblighi a cedere gratuitamente al demanio dello Stato un'area di sua proprietà, nonché un'altra area che si impegni ad espropriare, costituisce una donazione nulla, sia perché, pur avendo la pubblica amministrazione la capacità di donare, non e ammissibile la figura del contratto preliminare di donazione, sia perché l'atto non può essere stipulato da un funzionario della pubblica amministrazione {possibilità limitata dall'art. 16 del R.D. n. 2440 del 1923 ai soli contratti a titolo oneroso), sia perché l'art. 771 cod. civ. vieta la donazione di beni futuri, ossia dell'area che non rientra nel patrimonio dell'amministrazione "donante" ma che la stessa si impegna ad espropriare».
Particolarmente significativa è poi Cass. n. 10356 del 2009, secondo cui la donazione dispositiva di un bene altrui, benché non espressamente disciplinata, deve ritenersi nulla alla luce della disciplina complessiva della donazione e, in particolare, dell'art. 771 cod. civ., poiché il divieto di donazione dei beni futuri ricomprende tutti gli atti perfezionati prima che loro oggetto entri a comporre il patrimonio del donante; tale donazione, tuttavia, è idonea ai fini dell'usucapione decennale prevista dall'art. 1159 cod. civ., poiché il requisito, richiesto da questa norma, dell'esistenza di un titolo che legittimi l'acquisto della proprietà o di altro diritto reale di godimento, che sia stato debitamente trascritto, deve essere inteso nel senso che il titolo, tenuto conto della sostanza e della forma del negozio, deve essere suscettibile in astratto, e non in concreto, di determinare trasferimento del diritto reale, ossia tale che l'acquisto del diritto si sarebbe senz'altro verificato se l'alienante ne fosse stato titolare».
Da ultimo, Cass. n. 12782 del 2013 si e espressa in senso conforme alla decisione da ultimo richiamata.
4.2. - In senso difforme si rinviene Cass. n. 1596 del 2001, che ha affermata il principio per cui, già donazione di beni altrui non può essere ricompresa nella donazione di beni futuri, nulla ex art. 771 cod. civ., ma è semplicemente inefficace e, tuttavia, idonea al fini dell'usucapione abbreviata ex art. 1159 cod. civ., in quanto il requisito, richiesto dalla predetta disposizione codicistica, della esistenza di un titolo che sia idoneo a far acquistare la proprietà o altro diritto reale di godimento, che sia stato debitamente trascritto, va inteso nel senso che il titolo, tenuto canto della sostanza e della forma del negozio, deve essere idoneo in astratto, e non in concreto, a determinare il trasferimento del diritto reale, ossia tale che l'acquisto del diritto si sarebbe senz'altro verificato se l'alienante ne fosse stato titolare».
4.3. - A ben vedere, il contrasto tra i due orientamenti giurisprudenziali non coinvolge il profilo della efficacia dell'atto a costituire titolo idoneo per l'usucapione abbreviate, ma, appunto, la ascrivibilità della donazione di cosa altrui nell'area della invalidità, e segnatamente della nullità, ovvero in quella della inefficacia.
5. Il Collegio ritiene che alla questione debba essere data risposta nel senso che la donazione di cosa altrui a anche solo parzialmente altrui e nulla, non per applicazione in via analogica della nullità prevista dall'art. 771 cod. civ. per la donazione di beni futuri, ma per mancanza della causa del negozio di donazione.
5.1. - Deve innanzi tutto rilevarsi che la sentenza n. 1596 del 2001 evoca la categoria della inefficacia, che presuppone la validità dell'atto, e si limita ad affermare la non operatività della nullità in applicazione analogica dell'art. 771, prima comma, cod. civ., in considerazione di una pretesa natura eccezionale della causa di nullità derivante dall'avere la donazione ad oggetto beni futuri, ma non verifica la compatibilità della donazione di cosa altrui con la funzione e con la causa del contratto di donazione. La soluzione prospettata appare, quindi, non condivisibile, vuoi perchè attribuisce al divieto di cui alla citata disposizione la natura di disposizione eccezionale, insuscettibile di interpretazione analogica; vuole soprattutto perché non considera la causa del contratto di donazione.
Al contrario, una piana lettura dell'art. 769 cod. civ, dovrebbe indurre a ritenere che l'appartenenza del bene oggetto di donazione al donante costituisca elemento essenziale del contratto di donazione, in mancanza del quale la causa tipica del contratto stesso non pub realizzarsi. Recita, infatti, la citata disposizione: «La donazione è il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l'altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo versa la stessa una obbligazione». Elementi costitutivi della donazione sono, quindi, l'arricchimento del terzo con correlativo depauperamento del donante e lo spirito di liberalità, c.d. animus donandi, che connota il depauperamento del donante e l'arricchimento del donatario e che, nella giurisprudenza di questa Corte, va ravvisato nella consapevolezza dell'uno di attribuire all'altro un vantaggio patrimoniale in assenza di qualsivoglia costrizione, giuridica o morale» (Cass, n. 8018 del 2012; Cass. n. 12325 del 1998; Cass. n. 1411 del 1997; Cass. n. 3621 del 1980).
Appare evidente che, in disparte il caso della donazione effettuata mediante assunzione di una obbligazione, nella quale oggetto dell'obbligazione del donante sia il trasferimento al donatario di un bene della cui appartenenza ad un terzo le parti siano consapevoli, l'esistenza nel patrimonio del donante del bene che questi intende donare rappresenti elemento costitutivo del contratto; e la consustanzialità di tale appartenenza alla donazione a delineata in modo chiaro ed efficace dalla citata disposizione attraverso il riferimento all'oggetto della disposizione, individuate in un diritto del donante ("un sue diritto"). La non ricorrenza di tale situazione - certamente nel caso in cui ne il donante ne il donatario ne siano consapevoli, nel qual caso potrebbe aversi un'efficacia obbligatoria della donazione - comporta la non riconducibilità della donazione di cosa altrui alto schema negoziale della donazione, di cui all'art. 769 cod. civ. In altri termini, prima ancora che per la possibile riconducibilità del bene altrui nella categoria dei beni futuri, di cui all'art. 771, primo comma, cod. civ., la altruità del bene inside sulla possibilità stessa di ricondurre il trasferimento di un bene non appartenente al donante nello schema della donazione dispositiva e quindi sulla possibilità di realizzare la causa del contratto (incremento del patrimonio altrui, con depauperamento del proprio).
5.2. - La mancanza, nel codice del 1942, di una espressa previsione di nullità della donazione di cosa altrui, dunque, non può di per se valere a ricondurre la fattispecie nella categoria del negozio inefficace. Invero, come si è notato in dottrina, il fatto stesso che il legislatore del codice civile abbia autonomamente disciplinato sia la compravendita di cosa futura che quella di cosa altrui, mentre nulla abbia stabilito per la donazione a non domino, dovrebbe suggerire all'interprete di collegare il divieto di liberalità aventi ad aggetto case d'altri alla struttura e funzione del contratto di donazione, piuttosto che ad un esplicito divieto di legge. Pertanto, posto che l'art. 1325 cod. civ. individua tra i requisiti del contratto "la causa" che, ai sensi dell'art. 1418, secondo comma, cod. civ., la mancanza di uno dei requisiti indicati dall'art. 1325 cod. civ. produce la nullità del contratto; e che l'altruità del bene non consente di ritenere integrata la causa del contratto di donazione, deve concludersi che la donazione di un bene altrui è nulla.
5.3. - Con riferimento alla donazione deve quindi affermarsi che se il bene si trova nel patrimonio del donante al momento della stipula del contratto, la donazione, in quanta dispositiva, h valida ed efficace; se, invece, la cosa non appartiene al donante, questi deve assumere espressamente e formalmente nell'atto l'obbligazione di procurare l'acquisto dal terzo al donatario.
La donazione di bene altrui vale, pertanto, come donazione obbligatoria di dare, purchè l'altruità sia conosciuta dal donante, e tale consapevolezza risulti da un'apposita espressa affermazione nell'atto pubblico (art. 782 cod. civ.). Se, invece, l'altruità del bene donato non risulti dal titolo e non sia nota alle parti, il contratto non potrà produrre effetti obbligatori, né potrà applicarsi la disciplina della vendita di cosa altrui.
5.4. - La sanzione di nullità si applica normalmente alla donazione di beni che il donante ritenga, per errore, propri, perché la mancata conoscenza dell'altruità determina l'impossibilità assoluta di realizzazione del programma negoziale, e, quindi, la carenza della causa donativa. La donazione di bene non appartenente al donante e quindi affetta da una causa di nullità autonoma e indipendente rispetto a quella prevista dall'art. 771 cod. civ., ai sensi del combinato disposto dell'art. 769 cod. civ. donante deve disporre "di un suo diritto" e degli artt. 1325 e 1418, secondo comma, cod. civ. In sostanza, avendo l'animus donandi rilievo causale, esso deve essere precisamente delineato nell'atto pubblico; in difetto, la cause della donazione sarebbe frustrate non già dell'altruità del diritto in se, quanto dal fatto che il donante non assume l'obbligazione di procurare l'acquisto del bene dal terzo.
5.5. - Alle medesime conclusioni deve pervenirsi per il caso in cui, come nella specie, oggetto della donazione sia un bene solo in parte altrui, perchè appartenente pro indiviso a più comproprietari per quote differenti e donato per la sue quota da uno dei coeredi. Non è, Infatti, dato comprendere quale effettiva differenza corra tra i "beni altrui" e quelli "eventualmente altrui", trattandosi, nell'uno e nell'altro caso, di beni non presenti, nella loro oggettività, nel patrimonio del donante al momento dell'atto, l'unico rilevante al fine di valutarne la conformità all'ordinamento.
In sostanza, la posizione del coerede che dona uno dei beni compresi nella comunione (ovviamente, nel caso in cui la comunione abbia ad oggetto una pluralità di beni) non si distingue in nulla da quella di qualsivoglia altro donante che disponga di un diritto che, al momento dell'atto, non può ritenersi incluso nel suo patrimonio.
Né una distinzione può desumersi dall'art. 757 cod. civ., in base al quale ogni coerede e reputato solo e immediato successore in tutti i beni componenti la sua quota o a lui pervenuti dalla successione anche se per acquisto all'incanto e si considera come se non avesse mai avuto la proprietà degli atri beni ereditari. Invero, proprio la detta previsione impedisce di consentire che il coerede possa disporre, non della sue quota di partecipazione alla comunione ereditaria, ma di una quota del singolo bene compreso nella massa destinata ad essere divisa, prima che la divisione venga operate e il bene entri a far parte del suo patrimonio.
6. - In conclusione, deve affermarsi il seguente principio di diritto: La donazione di un bene altrui, benché non espressamente vietata, deve ritenersi nulla per difetto di cause, a meno che nell'atto si affermi espressamente che il donante sia consapevole dell'attuale non appartenenza del bene al suo patrimonio. Ne consegue che la donazione, da parte del coerede, della quota di un bene indiviso compreso in una massa ereditaria nulla, non potendosi, prima della divisione, ritenere che il singolo bene faccia parte del patrimonio del coerede donante .
7. - In applicazione di tale principio, il ricorso deve essere quindi rigettato. Non possono essere infatti condivise le deduzioni dei ricorrenti in ordine alla circostanza che l'atto di donazione riguardava non solo una quota ereditaria del bene specificamente oggetto di donazione, ma anche una quota della quale il donante era gia titolare per averla acquistata per atto inter vivos. Invero, posto che è indiscutibile che l'atto di donazione aveva ad oggetto la quota di un dodicesimo dei beni immobili indicati nell'atto stesso rientrante nella comunione ereditaria, deve ritenersi che non sia possibile operare la prospettata distinzione tra la donazione dei quattro dodicesimi riferibili al donante e del restante dodicesimo, comportando l'esistenza di tale quota la attrazione dei beni menzionati nella discipline della comunione ereditaria. Ne consegue che la nullità dell'atto di donazione per la parte relativa alla quota ereditaria comporta la nullità dell'intero atto, ai sensi dell'art. 1419 cod. civ., non risultando che nei precedenti gradi di giudizio sia emersa la volontà del donatario di affermare la validità della donazione per la quota spettante al donante. D'altra parte, non pus non rilevarsi che l'inclusione, anche se solo in parte, degli immobili oggetto di donazione nella comunione ereditaria comportava la astratta possibilità della loro assegnazione, in sede di divisione, a soggetto diverso dal donante; con ciò dimostrandosi ulteriormente la sostanziale inscindibilità della volontà negoziale manifestatasi con l'atto di donazione dichiarato nullo dal Tribunale di Reggio Calabria, con sentenza confermata dalla Corte d'appello.
8. - In conclusione, il ricorso va rigettato.
In considerazione della complessità della questione e dei diversi orientamenti giurisprudenziali, che henna reso necessario l'intervento delle Sezioni Unite, le spese del giudizio possono essere interamente compensate tra le parti.
P. Q. M.
La Corte, pronunciando a Sezioni Unite, rigetta il ricorso; compensa le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte suprema di cassazione, in data 10 marzo 2015.
 
Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2016
IL FUNZIONARIO GIUDIZIARIO
Paola Francesca Campoli


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