Direzione editoriale di Massimiliano Mangano - Chiara Campanelli
Omissione contributiva e licenziamento: è legittima revoca del permesso di soggiorno?
La mancata emissione dei versamenti contributivi e il licenziamento del lavoratore non costituiscono motivi idonei a revocare il permesso di soggiorno al lavoratore straniero: importante sentenza del Consiglio di Stato.
La sentenza in commento del Consiglio di Stato fornisce utili indicazioni in merito al rapporto che vede instaurarsi tra l’istituto della revoca del permesso di soggiorno nei confronti del cittadino extracomunitario e le vicende riguardanti lo svolgimento del rapporto di lavoro riferite allo stesso. In particolar modo viene chiarito che il mancato versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali nonché l’istituto del licenziamento di per se non costituiscono elementi idonei a consentire all’organo competente, nella fattispecie la Questura, di emanare il provvedimento di revoca del permesso di soggiorno. Provvedimento che lede la dignità nonché i diritti sanciti dalla legge, come vedremo più avanti, del lavoratore straniero.
Fatta questa premessa, è il caso di procedere sinteticamente alla esposizione del caso concreto che ha condotto i giudici di palazzo spada a non accogliere l’appello presentato dalla questura.
Il caso in esame risale all’anno 2003 e riguarda un cittadino extracomunitario regolarmente soggiornante in Italia che si vedeva revocare il permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato a tempo indeterminato dal Questore di Reggio Calabria in quanto a seguito di verifiche era emerso che il rapporto di lavoro subordinato in base al quale era stato rilasciato il permesso medesimo non risultava formalizzato presso i competenti uffici. Dai controlli effettuati dal personale della questura non risultava che il datore di lavoro avesse versato i contributi di previdenza ed assistenza obbligatoria e per giunta si accertava che lo stesso lavoratore veniva licenziato dopo un breve periodo dalla data di assunzione.
Dalla lettura della sentenza in argomento, si evince che la questura aveva emesso il provvedimento di revoca a seguito di constatazione del mancato pagamento dei contributi e del licenziamento del lavoratore.
Il lavoratore aveva impugnato l’atto e promosso ricorso al T.A.R. il quale accoglieva il ricorso. Il T.A.R. affermava la inidoneità degli argomenti posti a base del provvedimento impugnato.
Come noto, l’obbligo del versamento contributivo alla previdenza obbligatoria trova fondamento negli articoli 2114 c.c. e 2115 c.c..
Il mancato versamento dei contributi non riguarda certo il lavoratore, se non per la quota a carico che comunque va versata e l’onere grava esclusivamente sul datore di lavoro.
La questura, non appare chiaro come abbia palesato da quanto si legge nella sentenza che il caso in specie presenta, il carattere simulato, fittizio e dunque inefficace del contratto di lavoro, che aveva consentito il rilascio del permesso di soggiorno al cittadino straniero.
In merito a quanto sopra si evince una analisi affrettata da parte della Questura in quanto non può certo ricadere sul lavoratore l’omissione contributiva, quale una delle motivazioni a consentire la revoca del permesso di soggiorno.
L’altro punto riguarda il licenziamento. Stante a quanto recita l’art. 22, comma 11 del D.Lgs n. 286/1998 la perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario ed ai suoi familiari legalmente soggiornanti nel territorio nazionale.
E’ il caso di ricordare che l’istituto della revoca viene disposto dall’organo competente, quando vengono a mancare i requisiti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, sempre che non si tratti di irregolarità successivamente sanate o sanabili. Dunque, la perdita del posto di lavoro a seguito di licenziamento, non costituisce motivo idoneo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario, anzi lo stesso può iscriversi al centro per l’impiego e trovare una nuova occupazione. L’istituto della revoca è un provvedimento estremo che può avvenire solo nei casi innanzi citati.
La conclusione cui giunge il Consiglio di Stato è rilevante in quanto evidenzia un elemento che l’amministrazione deve valutare nell’ottica del lavoratore stesso, la garanzia di stabilità e di sicurezza che sottendono la stipulazione del contratto di lavoro e l’affidamento che il lavoratore straniero ripone nella comunicazione di assunzione a cura dell’imprenditore.
Per concludere diventa non facile comprendere come mai nel caso di specie il provvedimento del Questore presenti una motivazione frutto di un eccessivo monitoraggio che non solo ha provocato un aggravamento del procedimento amministrativo ma soprattutto ha evidenziato un problema di competenza. Infatti l’attività di controllo in merito alla omissione contributiva da parte del datore di lavoro non è certo un compito che spetta alla questura ma agli organi di vigilanza, in primis al servizio ispettivo della direzione territoriale del lavoro, organo periferico del ministero del lavoro e delle politiche sociali nonché agli istituti previdenziali e assicurativi quali l’Inps e l’Inail.
Le considerazioni esposte sono frutto esclusivo dell’autore e non impegnano in alcun modo l’Amministrazione di appartenenza
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