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Direzione scientifica di M. Alessandra Sandulli e Andrea Scuderi
23/03/2015
LAVORO E WELFARE / Extracomunitari

Omissione contributiva e licenziamento: è legittima revoca del permesso di soggiorno?

La mancata emissione dei versamenti contributivi e il licenziamento del lavoratore non costituiscono motivi idonei a revocare il permesso di soggiorno al lavoratore straniero: importante sentenza del Consiglio di Stato.

La sentenza in commento del Consiglio di Stato fornisce utili indicazioni in merito al rapporto che vede instaurarsi tra l’istituto della revoca del permesso di soggiorno nei confronti del cittadino extracomunitario e le vicende riguardanti lo svolgimento del rapporto di lavoro riferite allo stesso. In particolar modo viene chiarito che il mancato versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali nonché l’istituto del licenziamento di per se non costituiscono elementi idonei a consentire all’organo competente, nella fattispecie la Questura, di emanare il provvedimento di revoca del permesso di soggiorno. Provvedimento che lede la dignità nonché i diritti sanciti dalla legge, come vedremo più avanti, del lavoratore straniero.
Fatta questa premessa, è il caso di procedere sinteticamente alla esposizione del caso concreto che ha condotto i giudici di palazzo spada a non accogliere l’appello presentato dalla questura.
Il caso in esame risale all’anno 2003 e riguarda un cittadino extracomunitario regolarmente soggiornante in Italia che si vedeva revocare il permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato a tempo indeterminato dal Questore di Reggio Calabria in quanto a seguito di verifiche era emerso che il rapporto di lavoro subordinato in base al quale era stato rilasciato il permesso medesimo non risultava formalizzato presso i competenti uffici. Dai controlli effettuati dal personale della questura non risultava che il datore di lavoro avesse versato i contributi di previdenza ed assistenza obbligatoria e per giunta si accertava che lo stesso lavoratore veniva licenziato dopo un breve periodo dalla data di assunzione.
Dalla lettura della sentenza in argomento, si evince che la questura aveva emesso il provvedimento di revoca a seguito di constatazione del mancato pagamento dei contributi e del licenziamento del lavoratore.
Il lavoratore aveva impugnato l’atto e promosso ricorso al T.A.R. il quale accoglieva il ricorso. Il T.A.R. affermava la inidoneità degli argomenti posti a base del provvedimento impugnato.
Come noto, l’obbligo del versamento contributivo alla previdenza obbligatoria trova fondamento negli articoli 2114 c.c. e 2115 c.c..
Il mancato versamento dei contributi non riguarda certo il lavoratore, se non per la quota a carico che comunque va versata e l’onere grava esclusivamente sul datore di lavoro.
La questura, non appare chiaro come abbia palesato da quanto si legge nella sentenza che il caso in specie presenta, il carattere simulato, fittizio e dunque inefficace del contratto di lavoro, che aveva consentito il rilascio del permesso di soggiorno al cittadino straniero.
In merito a quanto sopra si evince una analisi affrettata da parte della Questura in quanto non può certo ricadere sul lavoratore l’omissione contributiva, quale una delle motivazioni a consentire la revoca del permesso di soggiorno.
L’altro punto riguarda il licenziamento. Stante a quanto recita l’art. 22, comma 11 del D.Lgs n. 286/1998 la perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario ed ai suoi familiari legalmente soggiornanti nel territorio nazionale.
E’ il caso di ricordare che l’istituto della revoca viene disposto dall’organo competente, quando vengono a mancare i requisiti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, sempre che non si tratti di irregolarità successivamente sanate o sanabili. Dunque, la perdita del posto di lavoro a seguito di licenziamento, non costituisce motivo idoneo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario, anzi lo stesso può iscriversi al centro per l’impiego e trovare una nuova occupazione. L’istituto della revoca è un provvedimento estremo che può avvenire solo nei casi innanzi citati.
La conclusione cui giunge il Consiglio di Stato è rilevante in quanto evidenzia un elemento che l’amministrazione deve valutare nell’ottica del lavoratore stesso, la garanzia di stabilità e di sicurezza che sottendono la stipulazione del contratto di lavoro e l’affidamento che il lavoratore straniero ripone nella comunicazione di assunzione a cura dell’imprenditore.
Per concludere diventa non facile comprendere come mai nel caso di specie il provvedimento del Questore presenti una motivazione frutto di un eccessivo monitoraggio che non solo ha provocato un aggravamento del procedimento amministrativo ma soprattutto ha evidenziato un problema di competenza. Infatti l’attività di controllo in merito alla omissione contributiva da parte del datore di lavoro non è certo un compito che spetta alla questura ma agli organi di vigilanza, in primis al servizio ispettivo della direzione territoriale del lavoro, organo periferico del ministero del lavoro e delle politiche sociali nonché agli istituti previdenziali e assicurativi quali l’Inps e l’Inail.

Le considerazioni esposte sono frutto esclusivo dell’autore e non impegnano in alcun modo l’Amministrazione di appartenenza
Funzionario amministrativo - Ministero del lavoro e delle politiche sociali

 

Marco Ferrone
ALLEGATO 1 Consiglio di Stato - Sentenza 06 Febbraio 2015, n. 608
> Extracomunitari - Permesso di soggiorno - Revoca - Permesso di soggiorno rilasciato per motivi di lavoro - Mancato versamento dei contributi obbligatori da parte del datore di lavoro e/o licenziamento del lavoratore - Revoca del permesso - Illegittimità - Sussistenza - Fondamento
> Non costituiscono indici di una falsa rappresentazione circa l'esistenza del rapporto di lavoro e quindi legittimi motivi di revoca del permesso di soggiorno rilasciato per ragioni di lavoro, né il fatto che, a fronte della regolare assunzione, non siano stati versati i contributi obbligatori, né il licenziamento del lavoratore, anche quando sia intervenuto dopo un breve periodo rispetto alla data di assunzione. Il lavoratore extracomunitario regolarmente soggiornante nel territorio nazionale in possesso del permesso di soggiorno per lavoro subordinato a seguito della perdita del posto di lavoro può iscriversi nelle liste di collocamento presso il centro per l'impiego.
N. 608/2015 Reg. Prov. Coll.
N. 4083 Reg. Ric.
ANNO 2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4083 del 2009, proposto da:
- Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante p.t.;
- Questura di Reggio Calabria, in persona del legale rappresentante p.t.,
ex lege rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato e domiciliati presso gli uffici della stessa, in Roma, via dei Portoghesi, 12,
contro
E. B., non costituitosi in giudizio,
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CALABRIA - SEZ. STACCATA DI REGGIO CALABRIA n. 00138/2008, resa tra le parti, concernente revoca permesso di soggiorno.
Visto il ricorso, con i relativi allegati;
Visto che non si è costituito in giudizio l'appellato;
Vista l'Ordinanza n. 2850/2009, pronunciata nella Camera di Consiglio del giorno 5 giugno 2009, di reiezione della domanda di sospensione dell'esecuzione della sentenza appellata;
Visti gli atti tutti della causa;
Data per letta, alla pubblica udienza del 29 gennaio 2015, la relazione del Consigliere Salvatore Cacace;
Udito, alla stessa udienza, l'avv. Agnese Soldani dello Stato per gli appellanti;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
1. - L'odierno appellato, cittadino marocchino soggiornante regolarmente in Italia dal 30 luglio 2003, impugnava davanti al Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria, il provvedimento Cat. A12/2006/Imm/II^ Sez. del Questore di Reggio Calabria in data 21 febbraio 2006, di revoca del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato a tempo indeterminato nr. SRC 624963 rilasciatogli il 28/12/2004.
Il provvedimento impugnato dava atto che il rapporto di lavoro subordinato in base al quale era stato rilasciato il predetto permesso di soggiorno non risultava formalizzato presso i competenti uffici, che non constava il versamento di "quanto previsto in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria all'INPS, INAIL e Cassa Edile" e che la società datrice di lavoro aveva licenziato l'interessato "dopo breve periodo dalla data di assunzione".
Secondo la Questura da tanto derivava "che la documentazione prodotta in data 15/07/2004 ... allegata alla richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno serviva per indurre in errore la Pubblica Amministrazione allo scopo di rinnovare il permesso di soggiorno".
Il T.A.R. accoglieva il ricorso, affermando la inidoneità degli argomenti posti a base del provvedimento impugnato, "atteso che né il mancato adempimento di incombenze legali spettanti al datore di lavoro e non al lavoratore,né la circostanza del licenziamento (stante anche la normativa di favore di cui all'art. 11del Dlgs n. 286/19989 sono di per sé elementi da cui dedurre univocamente la grave e preclusiva conseguenza che tutta la documentazione sia falsa ed artificiosa tendente cioè a porre in essere e dimostrare un fittizio rapporto di lavoro".
Con l'atto di appello all'esame l'Amministrazione reitera l'affermazione del carattere simulato, fittizio e dunque inefficace del contratto di lavoro, che aveva consentito il rilascio del permesso di soggiorno poi revocato in autotutela.
Non si è costituito in giudizio l'appellato.
Con Ordinanza n. 2850/2009, pronunciata nella Camera di Consiglio del giorno 5 giugno 2009, è stata respinta la domanda di sospensione dell'esecuzione della sentenza appellata.
La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla udienza pubblica del 29 gennaio 2015.
2. - L'appello non merita accoglimento.
Invero gli accertamenti posti a base del provvedimento oggetto del giudizio, dai quali risulta la mancata formalizzazione dell'assunzione e l'omesso versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, non depongono in senso univoco, ad avviso del Collegio, per la non veridicità delle dichiarazioni rese in sede di rinnovo del permesso di soggiorno, alla luce della "dichiarazione rapporto di lavoro" resa alla Questura dal datore di lavoro in data 14 luglio 2004 e, soprattutto, della "comunicazione di assunzione" effettuata dallo stesso datore al Centro per l'Impiego di Vibo Valentia in data 12 luglio 2004.
La affermata inesistenza del rapporto lavorativo dell'originario ricorrente (peraltro contraddetta nel corpo dello stesso provvedimento dall'ulteriore suo capo motivazionale fondato sull'intervenuto licenziamento del lavoratore "dopo breve periodo") finisce dunque col basarsi sulla sola e mera omissione degli adempimenti contributivi in relazione all'attività lavorativa, ch'è indubbiamente imputabile esclusivamente al datore di lavoro e non può certo valere a vanificare quelle garanzie di stabilità e sicurezza, che lo straniero presente sul territorio nazionale ritiene in assoluta buona fede di aver raggiunto con l'intervenuto reperimento di un'occupazione, di cui spetta ai competenti organi della P.A. assicurare il regolare svolgimento nel rispetto degli obblighi gravanti sul datore di lavoro a garanzia di interessi pubblici di primaria importanza.
Né può costituire elemento positivamente valutabile ai fini dello scrutinio di legittimità della contestata revoca del permesso di soggiorno l'intervenuto licenziamento del lavoratore "dopo breve periodo dalla data di assunzione", atteso, da un lato, che non può rilevare nella presente sede giurisdizionale l'affermata (dall'Amministrazione) erroneità di tale elemento motivazionale, che avrebbe dovuto semmai portare la stessa all'annullamento d'ufficio di un atto risultato fondato su un presupposto poi risultato inesistente; dall'altro, che il licenziamento stesso (effettivamente avvenuto dopo poco più di un anno dall'assunzione: v. lettera del datore di lavoro in atti recante la data del 5 settembre 2005) non costituisce legittimo motivo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario ed ai suoi familiari legalmente soggiornanti (art. 22, comma 11, del D.L.vo n. 286/1998).
3. - L'appello va in definitiva respinto.
Nulla è da statuirsi circa le spese del presente grado, non essendosi in esso costituita parte appellata.
P. Q. M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo respinge e, per l'effetto, conferma, nei sensi di cui in motivazione, la sentenza impugnata.
Nulla spese.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 29 gennaio 2015, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sezione Terza - riunito in Camera di consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati:
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2015 con l'intervento dei magistrati:
- Pier Giorgio Lignani - Presidente
- Carlo Deodato - Consigliere
- Salvatore Cacace - Consigliere, Estensore
- Vittorio Stelo - Consigliere
- Angelica Dell'Utri - Consigliere
 
IL PRESIDENTE
Pier Giorgio Lignani
L'ESTENSORE
Salvatore Cacace
 
Depositata in Segreteria il 6 febbraio 2015
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


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