Direzione scientifica di M. Alessandra Sandulli - Andrea Scuderi - Pino
Zingale
Direzione editoriale di Massimiliano Mangano - Chiara Campanelli
Direzione editoriale di Massimiliano Mangano - Chiara Campanelli
Direzione scientifica di M.
Alessandra Sandulli e Andrea
Scuderi
20/06/2019
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
/ Enti locali
Piena discrezionalità ai Sindaci in merito alla revoca degli amministratori delle società partecipate?
Il c.d. sistema dello spoil system e la giusta causa di revoca degli amministratori delle società partecipate.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella pronuncia del 18 giugno 2019 n. 16335 hanno riconosciuto ai Sindaci piena discrezionalià in merito alla revoca degli amministratori delle società partecipate, in virtù della previsione di cui all'art. 50, commi 8 e 9 del TUEL, che integra ex se una giusta causa oggettiva di revoca degli amministratori, con la naturale conseguenza che la revoca da parte del neoeletto Sindaco può essere esercitata senza che sia presente una giusta causa.
Lucia Interlandi
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Comune e provincia - Organi - Sindaco - Giusta causa oggettiva di revoca - Amministratori delle società partecipate - Rapporto fiduciario - Spoil system - Discrezionalità ai sindaci
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La previsione di cui all'art. 50, commi 8 e 9 del TUEL, integra ex se una giusta causa oggettiva di revoca degli amministratori delle società partecipate; invero attraverso tale disposizione il legislatore ha inteso farsi carico della necessità della nuova amministrazione di poter contare sull'immediata disponibilità di soggetti che si rendano interpreti delle sue nuove linee di indirizzo e delle diverse finalità della gestione, senza dover sottostare ai tempi lunghi occorrenti per verificare se gli amministratori in carica, "eredità" del precedente governo cittadino, siano in grado di corrispondere a tali mutate esigenze.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Giovanni Mammone - Primo Presidente -
Pietro Curzio - Presidente di Sezione -
Antonio Manna - Presidente di Sezione -
Uliana Armano - Presidente di Sezione -
Magda Cristiano - Rel. Presidente di Sezione -
Domenico Chindemi - Consigliere -
Giacinto Bisogni - Consigliere -
Alberto Giusti - Consigliere -
Antonietta Scrima - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA N. 16335/2019
sul ricorso 17596/2016 proposto da:
...omissis... S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MASSIMO D'AZEGLIO 33, presso lo studio dell'avvocato FEDERICA MENICI, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato DARIO ARDIZZONE;
- ricorrente -
contro
...omissis..., ...omissis..., ...omissis..., ...omissis..., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FRANCESCO DENZA 15, presso lo studio dell'avvocato NICOLA PAGNOTTA, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati CESARE POZZOLI ed ANGELO CHIELLO;
- controricorrenti -
COMUNE DI MILANO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE MARZIO 3, presso lo studio dell'avvocato RAFFAELE IZZO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANTONELLO MANDARANO, SABRINA MARIA LICCIARDO e STEFANIA PAGANO;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
avverso la sentenza n. 1299/2016 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 05/04/2016;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/06/2018 dal Presidente MAGDA CRISTIANO;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell'Avvocato Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi;
uditi gli avvocati Marco Monteverde per delega orale, Dario Ardizzone, Enrico Barbagiovanni per delega dell'avvocato Stefania Pagano e Francesca Frigerio per delega degli avvocati Angelo Chiello e Cesare Pozzoli.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
...omissis..., ...omissis..., …omissis... e ...omissis... - che il (...omissis...) erano stati nominati, dall'allora Sindaco di Milano, componenti per la durata di un triennio del C.d.A. di ...omissis... s.p.a. (società che gestisce il servizio mense scolastiche del Comune, il quale ne detiene, in proprio ed attraverso una controllata, l'intero capitale sociale) ed erano poi stati revocati dalla carica con atto del 14.7.2011 emanato dal nuovo Sindaco della città, eletto nel maggio 2011, in forza dei poteri conferitigli dal D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 50 - convennero in giudizio dinanzi al tribunale cittadino l'ente territoriale e la società partecipata per sentire dichiarare la nullità e/o l'inefficacia e/o l'illegittimità dell'atto di revoca, adottato senza le garanzie del procedimento amministrativo, per sentir comunque accertare che la revoca era stata disposta senza giusta causa e per ottenere la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni patrimoniali ed all'immagine subiti per effetto del provvedimento.
Il COMUNE DI MILANO e ...omissis... s.p.a. si costituirono in giudizio con separate comparse, eccependo il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nonchè il proprio difetto di legittimazione passiva rispetto alle domande risarcitorie, delle quali chiesero in ogni caso il rigetto.
Il tribunale, con sentenza del 10.2.2014: i) dichiarò la propria carenza di giurisdizione sulla sola domanda di annullamento del provvedimento del Sindaco; ii) accertò che gli amministratori erano stati revocati senza giusta causa; iii) dichiarò il difetto di legittimazione passiva di ...omissis... s.p.a. rispetto alla domanda di risarcimento del danno all'immagine e respinse la domanda nel merito nei confronti del Comune; iv) dichiarò, per contro, il difetto di legittimazione passiva dell'ente territoriale rispetto alla domanda di risarcimento del danno patrimoniale; v) accolse questa domanda nei confronti di ...omissis... e condannò la società a pagare per tale titolo agli attori la residua somma che ciascuno di essi avrebbe dovuto percepire per emolumenti sino alla scadenza del mandato, maggiorata della rivalutazione monetaria e degli interessi.
La decisione è stata appellata in via principale da ...omissis... s.p.a. ed in via incidentale dal COMUNE DI MILANO e dagli originari attori.
La Corte d'appello di Milano, con sentenza del 5.4.2016, ha respinto tutti gli appelli, precisando, a parziale correzione della sentenza di primo grado, che sia il COMUNE DI MILANO sia ...omissis... erano processualmente legittimati a resistere ad entrambe le domande risarcitorie, ma che la società, quale esclusiva titolare, dal lato passivo, del rapporto controverso, era il solo soggetto tenuto a rispondere del danno subito dagli amministratori revocati.
Nello specifico, e per quanto in questa sede ancora interessa, il giudice del gravame: ha negato che il tribunale avesse pronunciato ultra petita laddove, per motivare le ragioni di rigetto dell'eccezione di difetto di giurisdizione sulla domanda di declaratoria dell'insussistenza di una giusta causa di revoca, aveva incidentalmente accertato che la partecipata non era qualificabile come società in house; ha peraltro osservato che l'accertamento in questione era irrilevante ai fini della decisione; ha condiviso la statuizione di carenza di giurisdizione del giudice ordinario sulla sola domanda di annullamento dell'atto del Sindaco; ha escluso che il giudicato formatosi sulla sentenza del TAR che aveva affermato la piena legittimità di tale atto potesse far stato nel giudizio devoluto alla sua giurisdizione, nel quale erano in discussione gli effetti dell'atto medesimo sul piano del diritto comune e, in particolare, sui diritti quesiti degli amministratori revocati prima della scadenza del mandato; ha ribadito che il provvedimento di revoca, che non esplicitava i fatti sopravvenuti idonei ad incidere negativamente sulla prosecuzione del rapporto, non risultava supportato da una giusta causa.
La sentenza è stata impugnata da ...omissis... s.p.a. con ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
Hanno resistito il COMUNE DI MILANO, con controricorso contenente ricorso incidentale per tre motivi, nonchè, con unico controricorso, gli amministratori revocati.
Entro i termini di cui all'art. 378 c.p.c., tutte le parti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione 1) Con il primo motivo del ricorso principale, che denuncia violazione dell'art. 132 c.p.c., n. 4, e art. 112 c.p.c., artt. 1362 e 1363 c.c., D.Lgs. n. 39 del 2013, art. 1, comma 2, lett. c), e D.Lgs. n. 33 del 2013, art. 22, comma 1, lett. c) ...omissis... lamenta che la corte territoriale non abbia ritenuto viziata per ultrapetizione la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva escluso che essa appartenga al novero delle società in house ed abbia poi implicitamente confermato l'accertamento del tribunale sul punto. La ricorrente, precisato di condividere l'affermazione del giudice d'appello circa l'irrilevanza della questione ai fini della decisione, ribadisce che il vizio denunciato sussisteva e sostiene che una corretta interpretazione del proprio statuto avrebbe dovuto condurre alla conclusione che essa è soggetta al c.d. controllo analogo del COMUNE DI MILANO. 2) Col secondo motivo, che denuncia violazione del D.L. n. 95 del 2012, art. 4, comma 13, artt. 2499 e 2909 c.c., D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 50, commi 8 e 9, ...omissis... si duole del rigetto dell'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario a decidere della domanda di accertamento dell'insussistenza di una giusta causa di revoca e delle conseguenti domande risarcitorie, nonchè del rigetto dell'eccezione di giudicato costituito dalla sentenza del TAR che ha respinto il ricorso proposto dagli amministratori revocati per ottenere l'annullamento del provvedimento adottato dal neo-eletto primo cittadino. La ricorrente rileva al riguardo che le disposizioni di cui all'art. 50, comma 8 e 9, TUEL, che consentono al Sindaco di revocare gli amministratori della società partecipata dal Comune entro il termine di 45 giorni dal suo insediamento, rappresentano una chiara ed evidente deroga al regime privatistico dettato dall'art. 2499 c.c.. Assume, pertanto, che, una volta che il Sindaco abbia esercitato i poteri speciali conferitigli da tali norme, l'atto, emanato iure imperii, non potrebbe essere imputato alla volontà del Comune, uti socius, con la conseguenza che la società non potrebbe essere chiamata a risponderne; osserva, per altro verso, che il provvedimento, ove riconosciuto pienamente legittimo sul piano amministrativo (secondo quanto nella specie accertato dal TAR) non potrebbe essere ritenuto antigiuridico e foriero di danni sotto il profilo civilistico.
3) Analoghe censure sono illustrate nel terzo motivo del ricorso principale, con il quale ...omissis..., denunciando ulteriori violazioni delle norme già indicate nel precedente mezzo, nonchè violazione dell'art. 102 c.p.c., artt. 119 e 128 Cost., e art. 2383 c.c., comma 3, contesta di essere passivamente legittimata alle domande. Ribadisce che la revoca è stata disposta iure imperii dal Sindaco nell'esercizio dei poteri speciali conferitigli dall'art. 50, commi 8 e 9, TUEL ed assume che l'atto, integrante ex se giusta causa (di revoca), non poteva che essere recepito in sede assembleare, non avendo essa alcun potere di respingerlo. Ad ulteriore sostegno dell'assunto la ricorrente rileva che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 220 del 2014, ha ritenuto che il TUEL fornisca fondamento legislativo a tale potere, che gode di un particolare rilievo costituzionale, spettando al Sindaco il diritto-dovere di esercitarlo al fine di svolgere compiutamente le funzioni che gli sono attribuite dalla Costituzione; deduce pertanto che se il provvedimento di revoca dovesse ritenersi soggetto al disposto dell'art. 2383 c.c., comma 3, si porrebbe un limite non previsto al potere in questione, e si adotterebbe un'interpretazione delle norme non conforme al dettato costituzionale.
4) Con il quarto motivo ...omissis... denuncia il vizio di motivazione della sentenza impugnata, lamentando che la corte d'appello abbia omesso di esaminare il fatto decisivo costituito dall'essersi essa limitata a recepire l'atto sindacale, che dunque non poteva esserle imputato ai sensi dell'art. 2449 c.c..
5) Il primo motivo è inammissibile, stante il difetto di interesse di ...omissis... a sentir pronunciare sulle questioni in esso prospettate.
Il potere attribuito al Sindaco dall'art. 50, commi 8 e 9, TUEL, di nomina, di designazione e di revoca dei rappresentanti del Comune presso le aziende (oltre che presso enti ed istituzioni) non è infatti limitato alle sole ipotesi in cui queste siano soggette al controllo analogo dell'ente territoriale: come riconosciuto dalla stessa ricorrente, stabilire se ad essa possa, o meno, essere attribuita natura di società in house è dunque del tutto irrilevante ai fini del decidere.
6) Il secondo motivo del ricorso è infondato.
6.1) Va intanto ricordato che è principio giurisprudenziale costantemente enunciato da questa Corte, a partire da Cass. n. 58/79, che una società non muta la sua natura di soggetto privato solo perchè un ente pubblico ne possiede, in tutto o in parte, il capitale; le numerose pronunce (Cass. SS.UU. nn. 4989 del 1995, 5085 del 1997, 8454 del 1998 e, fra le più recenti, Cass. SS.UU. 24591 del 2016, 19676 del 2016, 21299 del 2017) che ribadiscono tale principio trovano fondamento nell'incontestabile rilievo che il rapporto tra società ed ente pubblico è di assoluta autonomia, posto che l'ente può incidere sul funzionamento e sull'attività della società non già attraverso l'esercizio di poteri autoritativi o discrezionali, ma solo avvalendosi degli strumenti previsti dal diritto societario, da esercitare a mezzo dei componenti degli organi sociali di sua nomina.
Ne discende in via generale (con talune eccezioni che in questa sede non rilevano) la soggezione alla giurisdizione dell'A.G.O. delle controversie societarie riguardanti le società in mano pubblica, fra le quali rientrano a pieno titolo quelle in materia di nomina e revoca degli amministratori.
Si è precisato al riguardo: che il rapporto fra società ed ente pubblico è di assoluta autonomia, non essendo consentito all'ente di incidere unilateralmente sul suo svolgimento e sull'attività della società mediante l'esercizio di poteri autoritativi o discrezionali, ma solo avvalendosi degli strumenti previsti dal diritto societario, da esercitare a mezzo dei membri di nomina pubblica presenti negli organi della società (Cass. S.U. n. 7799 del 2005); che l'ente pubblico, quando nomina e revoca gli amministratori della società, non esercita un potere a titolo proprio ma esercita l'ordinario potere dell'assemblea, ad essa surrogandosi, quale organo della società, per autorizzazione della legge o dello statuto; che l'amministratore di designazione pubblica non è soggetto agli ordini dell'ente nominante ed anzi, per testuale previsione del codice civile (art. 2449 c.c.), ha i medesimi diritti ed i medesimi obblighi dell'amministratore di nomina assembleare (Cass. n. 23381 del 2013); che, se è vero che la giurisdizione ordinaria somministra unicamente la tutela obbligatoria o generica (risarcimento del danno per revoca ingiustificata), mentre il giudice amministrativo potrebbe erogare anche la tutela reale (reintegrazione nella carica per illegittimità dell'atto), tale delimitazione consegue al principio di eguaglianza tra amministratore di nomina pubblica e amministratore di nomina assembleare, sicchè entrambi, a norma dell'art. 2383 c.c., null'altro possono ottenere se non la monetizzazione della funzione (Cass. S.U. n. 1237 del 2015); che l'inquadramento privatistico delle società in mano pubblica, col relativo assoggettamento alla giurisdizione ordinaria, emerge dalla L. n. 145 del 2002, art. 6 (che ha tipizzato il sistema dello spoil system), dal D.Lgs. n. 6 del 2003, art. 1, (che ammette il riconoscimento statutario del potere di nomina e revoca anche in capo a soggetti privati) e (pur se con disposizioni entrate in vigore in data successiva all'adozione del provvedimento di cui si discute) dal D.L. n. 95 del 2012, art. 4, comma 13, convertito dalla L. n. 135 del 2012 (che, individuando nella distorsione pubblicistica una causa di distorsione di pubbliche risorse, fissa, in sede di spending review, una regola ermeneutica di chiusura, orientata al diritto societario comune) e dal D.Lgs. n. 175 del 2016, art. 1, comma 3, (a tenore del quale, per tutto quanto non espressamente derogato, le società a partecipazione pubblica sono disciplinate dalle norme sulle società contenute nel codice civile). (Cass. SS.UU. nn. 1237 del 2015 e 24591 del 2016).
Ad ulteriore conforto dell'orientamento consolidato che riconduce alla giurisdizione ordinaria le controversie in tema di nomina e revoca degli amministratori di società a partecipazione pubblica può aggiungersi che, ai sensi dell'art. 2449 c.c., comma 1, la facoltà di compimento di tali atti deve essere conferita al socio pubblico dallo statuto, cioè da un atto fondamentale di natura negoziale (art. 2328 c.c., comma 3) e che, con l'abrogazione (ad opera del D.L. n. 10 del 2007, art. 3, comma 1, convertito con modificazioni dalla L. n. 46 del 2007) dell'art. 2450 c.c. - a norma del quale la legge o lo statuto potevano attribuire la nomina e la revoca ad un ente pubblico estraneo al capitale sociale - è stato posto in chiaro che gli atti in questione competono all'ente pubblico uti socius, e dunque iure privatorum e non iure imperii.
In definitiva, secondo quanto già ripetutamente affermato da U1 questa Corte (Cass. SS.UU. nn. 1534 del 2009, 1237 del 2015, 24591 del 2016) la linea che segna, in materia, il confine fra giurisdizione del giudice amministrativo e giurisdizione del giudice ordinario va tracciata attribuendo al primo le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti unilaterali di natura autoritativa - preliminari rispetto alle successive deliberazioni societarie - con i quali l'ente pubblico delibera di costituire la società o di parteciparvi o di procedere ad un atto modificativo o estintivo della stessa o di interferire, nei casi previsti dalla legge, nella vita della medesima, ed al secondo quelle aventi ad oggetto gli atti societari "a valle" della scelta di fondo dell'utilizzazione del modello societario, aventi ad oggetto l'attività della compagine societaria partecipata con cui l'ente esercita le facoltà proprie del socio, fra le quali rientrano quelle volte da accertare l'intera gamma delle patologie e delle inefficacie negoziali inerenti la struttura del contratto sociale, ancorchè ad essa estranee e/o sopravvenute e derivanti da irregolarità- illegittimità della procedura amministrativa a monte (Cass. S.U. n. 30167 del 2011).
6.2) Se così è, non v'è ragione per ritenere che il giudizio nel quale si dibatte della legittimità dell'atto emesso dal Sindaco ai sensi del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 50, commi 8 e 9, di revoca degli amministratori di una società partecipata dal Comune, non debba essere devoluto alla giurisdizione del giudice ordinario.
Il provvedimento, infatti, attiene pur sempre ad una situazione giuridica successiva alla costituzione della società, ed essendo idoneo ad incidere internamente sulla struttura societaria, va ritenuto espressione di una potestà di diritto privato ascrivibile all'ente pubblico uti socius, che il Sindaco esercita in conformità degli indirizzi, di natura politico - amministrativa stabiliti dal consiglio (col corollario, che ne discende, che il rapporto controverso resta nella titolarità della società, unico soggetto tenuto a rispondere dell'eventuale obbligazione risarcitoria derivante dall'illegittimità del provvedimento medesimo).
L'indubitabile connotazione societaria "interna" dell'atto, attraverso il quale il Sindaco si fa portatore della volontà del Comune di procedere alla sostituzione degli amministratori della partecipata, conduce dunque a interpretare i richiamati commi 8 e 9. dell'art. 50 TUEL quali norme etero - integrative dell'art. 2449 c.c., che, nei limiti temporali previsti, consentono all'ente pubblico, in deroga alla previsione statutaria di durata minima dell'incarico, di revocare i componenti dell'organo di gestione in precedenza nominati.
In questa sede non rileva che la corte territoriale, aderendo alla tesi - autorevolmente sostenuta in dottrina ma priva di riscontro nella giurisprudenza di questa Corte - dell'instaurazione in capo all'amministratore di nomina pubblica di un duplice rapporto, uno con l'ente designante, di natura pubblicistica, e l'altro, con la società gestita, di natura privatistica, abbia erroneamente ritenuto devoluta al giudice amministrativo l'accertamento in ordine alla rispondenza dell'atto ai prescritti requisiti di legittimità formale e sostanziale; nè la decisione, coperta da giudicato, con la quale il TAR ha rigettato la relativa domanda di annullamento può far stato nel presente giudizio, in cui non è in discussione se il primo cittadino abbia emanato il provvedimento di revoca in presenza dei presupposti previsti dalla legge, ma se tale provvedimento sia sorretto da giusta causa.
Mette conto, infine, di rilevare che l'assunto degli odierni controricorrenti - secondo i quali, nella presente fattispecie, le disposizioni in esame non avrebbero potuto trovare applicazione in quanto il Sindaco può esercitare la potestà di revoca solo quando fra i membri del CdA della partecipata e l'amministrazione comunale in carica intercorre un rapporto di esponenzialità politica od eminentemente pubblicistica, a loro dire insussistente nel caso di ...omissis... - sottintende la necessaria natura autoritativa e pubblicistica dell'atto sindacale e risulta pertanto in palese contraddizione con la tesi da essi stessi propugnata, e qui accolta, della devoluzione della presente controversia alla giurisdizione ordinaria.
7) Il terzo motivo, nella parte (non assorbita dal rigetto del precedente mezzo) in cui attiene specificamente alla questione dibattuta nel merito fra le parti, concernente il diritto dei cessati amministratori della partecipata ad essere risarciti, ai sensi dell'art. 2383 c.c., comma 3, per essere stati revocati senza giusta causa, è fondato nei termini che di seguito si precisano.
Il giudice d'appello ha ritenuto che l'atto di revoca esercitato dal Sindaco, pur nell'ambito della potestà riconosciutagli dai più volte richiamati commi 8 e 9, dell'art. 50 TUEL, non può giungere a comprimere, per cause politiche ed estranee alla sfera soggettiva dei componenti dell'organo di gestione, l'aspettativa di costoro di portare a termine, nel tempo stabilito dalla legge, le funzioni loro conferite nell'interesse della società e di effettuare scelte organizzative nell'interesse dell'impresa, orientate pur sempre nel rispetto dei principi di concorrenzialità ed efficienza; con la conseguenza che l'atto, se, come nel caso di specie, non motivato da ragioni che esplicitino le eventuali carenze dimostrate dagli amministratori nell'espletamento dei loro compiti o la loro incapacità di mutare indirizzo secondo le nuove linee indicate dall'ente, non risulta sorretto da giusta causa.
Il collegio ritiene, in contrario, che la previsione di cui all'art. 50, commi 8 e 9 TUEL, integri ex se una giusta causa oggettiva di revoca degli amministratori.
Depone in tal senso, in primo luogo, la necessità di connotare di una propria, autonoma rilevanza le norme di cui si discute, che risulterebbero inutiliter datae qualora anche la potestà del Sindaco di revoca e di nomina degli amministratori, da esercitare entro il breve termine di 45 giorni dall'insediamento, dovesse essere sorretta da una motivazione atta a giustificarla: per un verso è infatti evidente che, in caso di inadempimento, o di inesatto adempimento, degli amministratori al mandato loro conferito, il provvedimento di revoca potrebbe parimenti essere adottato dall'ente comunale - socio, secondo le previste regole statutarie e assembleari, prima dell'ordinaria scadenza dell'incarico; per altro verso, non è seriamente ipotizzabile che, nel brevissimo arco temporale a disposizione del Sindaco, questi sia in grado non solo di verificare la professionalità tecnica degli amministratori in carica, ma persino di prevederne la futura incapacità gestionale.
Il c.d. sistema dello spoil system, di cui le norme in questione costituiscono estrinsecazione, ha, d'altro canto, ricevuto l'avallo della Corte Costituzionale, che (sia pur scrutinando questioni di legittimità costituzionale di articoli di leggi regionali che lo prevedono) l'ha ritenuto compatibile con l'art. 97 Cost., qualora riferito a soggetti che: a) siano titolari di organi di vertice dell'amministrazione; b) debbano essere nominati intuitu personae, cioè sulla base di valutazioni personali coerenti all'indirizzo politico (regionale). (Corte Costituzionale, nn. 233 del 2006, 34 del 2010).
Mutatis mutandis, è innegabile che il Comune proceda alla nomina degli amministratori di una società controllata (ovvero di coloro che ne rivestono la carica apicale) sulla scorta di un rapporto di natura fiduciaria, fondato sull'intuitus personae: nella designazione, ancorchè subordinata al possesso di determinati requisiti oggettivi, ha infatti valenza preponderante la valutazione della attitudine dei prescelti a conformare le loro scelte imprenditoriali all'indirizzo politico espresso dall'ente, e di perseguire, secondo le priorità e le modalità da questo indicate, gli obiettivi di gestione della partecipata che l'amministrazione comunale si propone di raggiungere.
Allorchè, a seguito di nuove elezioni, venga a mutare il quadro politico - amministrativo, il rapporto fiduciario viene necessariamente meno.
Attraverso le disposizioni in esame, il legislatore ha dunque inteso farsi carico della necessità della nuova amministrazione di poter contare sull'immediata disponibilità di soggetti che si rendano interpreti delle sue nuove linee di indirizzo e delle diverse finalità della gestione, senza dover sottostare ai tempi lunghi occorrenti per verificare se gli amministratori in carica, "eredità" del precedente governo cittadino, siano in grado di corrispondere a tali mutate esigenze.
Come è già stato correttamente rilevato dalla giurisprudenza di merito, non appare per altro verso giustificato introdurre una distinzione fra nomina, contraddistinta dall'intuitus personae (ovvero dalla fiducia riposta nei nominati di saper corrispondere all'interesse pubblico come percepito dalla maggioranza che lo esprime), e revoca, ritenendo che solo quest'ultima debba essere ancorata al diverso criterio della continuità della gestione societaria (se, ovviamente, correttamente condotta): la revoca, che altro non è che la condizione indispensabile per poter procedere ad una nuova nomina, deve, per contro, ritenersi giustificata dal semplice venir meno del rapporto fiduciario, onde evitare che la nuova maggioranza politica sia vincolata dalla scelta non condivisa compiuta da quella precedente.
Va ancora precisato, sotto il profilo di fatto, che nella specie è pacifico che gli amministratori revocati fossero stati nominati dal precedente Sindaco intuitu personae, senza alcun procedimento di evidenza pubblica, concorso o gara. Va escluso, inoltre, che l'esercizio da parte del nuovo primo cittadino della facoltà di cui all'art. 50, commi 8 e 9, TUEL si ponesse in contrasto con lo statuto di ...omissis... che, all'art. 16, commi 2 e 3, prevede, rispettivamente, che "il COMUNE DI MILANO, ai sensi dell'art. 2449 c.c., ha diritto di procedere alla nomina diretta di un numero di amministratori proporzionale all'entità della propria partecipazione" e che "la cessazione, decadenza revoca e sostituzione degli amministratori sono regolate a norma di legge e del presente statuto".
Deve dunque concludersi per la piena ricorrenza dei presupposti di emanazione dell'atto sindacale integrante giusta causa oggettiva di revoca.
8) Il quarto motivo del ricorso principale resta assorbito.
9) Il ricorso incidentale del COMUNE DI MILANO è inammissibile.
Le domande risarcitorie formulate dagli amministratori revocati nei confronti del Comune sono state infatti integralmente respinte con statuizione che, non essendo stata impugnata dagli originari attori, è coperta da giudicato interno: l'ente territoriale, che non ha censurato con apposito motivo la statuizione di condanna alle spese erroneamente pronunciata dalla corte territoriale anche nei suoi confronti (parimenti coperta da giudicato interno), è dunque privo di interesse all'impugnazione, atteso che tale interesse postula una soccombenza sostanziale e non meramente virtuale (cfr., fra molte, Cass. nn. 21304 del 2016, 6670 del 2012).
10) All'accoglimento, nei termini di cui si è detto, del terzo motivo del ricorso principale consegue la cassazione della sentenza impugnata.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, questa Corte può decidere nel merito e rigettare le domande proposte dagli amministratori nei confronti di ...omissis... s.p.a.
La novità delle questioni trattate giustifica l'integrale compensazione fra le predette parti delle spese del doppio grado di merito e del presente giudizio di legittimità, nonchè delle spese di questo giudizio fra il ricorrente incidentale e i controricorrenti.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso principale nei sensi di cui in motivazione; dichiara la giurisdizione dell'A.G.O., cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta le domande proposte dagli amministratori revocati nei confronti di ...omissis... s.p.a.; compensa integralmente le spese del doppio grado di merito e del presente giudizio di legittimità fra le predette parti; dichiara inammissibile il ricorso incidentale del COMUNE DI MILANO e compensa le spese di questo giudizio fra il ricorrente incidentale ed i controricorrenti.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente incidentale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
Così deciso in Roma, il 19 giugno 2018.
IL PRESIDENTE
Giovanni Mammone
L'ESTENSORE
Magda Cristiano
Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2019
IL FUNZIONARIO GIUDIZIARIO
Sabrina Pacitti
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D.B.I. SRL - via B. Mattarella, n. 58 - 90011 Bagheria (PA) - P.IVA 04177320829 - Iscr. Trib. Palermo 41892 vol.343/165
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