Direzione scientifica di M.
Alessandra Sandulli e Andrea
Scuderi
11/03/2015
GIUSTIZIA
/ Giudizio penale
Processo "Eternit": oltre il danno la beffa?
"Dura lex sed lex" ... mai brocardo fu tanto azzeccato.
La pronuncia in commento, con la quale la Cassazione ha sovvertito le statuizioni dei giudici di merito, rappresenta il doloroso epilogo del celebre processo “Eternit”, nonché la conferma che, spesso e volentieri, applicare il diritto non significa necessariamente rendere giustizia alle vittime di un reato. La Corte, invero, con precise e argomentate motivazioni, ha dichiarato l’avvenuta prescrizione (già al tempo in cui fu incardinato il giudizio di primo grado!) del delitto contestato di disastro innominato p. e p. dall’art. 434 c.p. Il punto focale della pronunzia, infatti, riguarda il momento consumativo del delitto in questione e dunque il dies a quo da considerare al fine di calcolarne la prescrizione. Al riguardo i giudici di legittimità hanno ritenuto che il delitto, essendosi consumato nel giugno del 1986 (ossia quando gli stabilimenti gestiti dall’imputato chiusero i battenti per il fallimento dell’azienda, interrompendosi in tal modo le immissioni delle polveri di amianto prodotte) e calcolato il termine di prescrizione in 15 anni (tenuto anche conto degli atti interruttivi), avrebbe dovuto essere dichiarato estinto già in occasione della pronuncia di primo grado. Tale affermazione, tanto lapidaria quanto travolgente delle speranze delle parti civili costituite, oltre a sconfessare le tesi accusatorie, ribalta, come già accennato, le conclusioni cui erano pervenuti i giudici di prime e seconde cure che, probabilmente sull’onda emotiva suscitata dai fatti di causa, avevano cercato di procedere ad una nuova visione ermeneutica della natura del delitto di disastro innominato, posticipandone il momento consumativo rispetto al 1986, al fine di scongiurarne l’avvenuta prescrizione. La Cassazione, infatti, ribadendo l’indirizzo giurisprudenziale consolidato circa la nozione di “disastro”, esclude che il permanere di effetti nocivi per l’incolumità pubblica nonché la loro evoluzione in eventi lesivi dei beni della vita e della salute dei consociati, possano posticipare il momento consumativo del delitto ex art. 434 c.p., con la conseguenza che esso non può che coincidere con il venir meno delle condotte che hanno dato vita allo stato di pericolo tipizzato dalla norma (nella specie, appunto, l’anno 1986). Alla luce di ciò non può che prendersi amaramente atto che devono considerarsi travolte dalla causa estintiva anche tutte le statuizioni civili che le sentenze di merito avevano disposto in favore delle persone offese.
Sullo stesso argomento vedi anche:
Giorgio Albeggiani
ALLEGATO 1
Cassazione Penale - Sentenza 23 Febbraio 2015, n. 7941
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Giudizio penale - Delitti contro l'incolumità pubblica - Disastri dolosi - Natura giuridica della fattispecie prevista dal cpv. dell'art. 434, Cod. Pen. - Reato aggravato dall'evento - Conseguenze
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Nonostante la inclusione della fattispecie del disastro innominato nella disposizione che tratta specificamente del crollo, non si richiede che di tale fenomeno il disastro replichi le caratteristiche fenomeniche, giacché è palese che può trattarsi di evento del tutto eterogeneo.
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Giudizio penale - Delitti contro l'incolumità pubblica - Disastri dolosi - Natura giuridica della fattispecie prevista dal cpv. dell'art. 434, Cod. Pen. - Reato aggravato dall'evento - Conseguenze
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Alla luce delle evenienze prese in considerazione dalle altre fattispecie incriminatrici del capo (incendio, frana, valanga, disastro ferroviario o aviatorio, crollo etc.) si può escludere che la riconducibilità dei fenomeni presi in considerazione a un "macroevento" di immediata e dirompente forza distruttiva costituisca requisito essenziale degli stessi.
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Giudizio penale - Delitti contro l'incolumità pubblica - Disastri dolosi - Natura giuridica della fattispecie prevista dal cpv. dell'art. 434, Cod. Pen. - Reato aggravato dall'evento - Conseguenze
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L'entità dell'evento distruttivo, concorre ad indicare il "peso" del carico offensivo del delitto, così contrassegnando il limite che giustifica l'intervento punitivo per i titolo di reato in considerazione, così come, ad esempio, per la ipotesi di devastazione rispetto a quella di danneggiamento.
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Giudizio penale - Delitti contro l'incolumità pubblica - Disastri dolosi - Natura giuridica della fattispecie prevista dal cpv. dell'art. 434, Cod. Pen. - Reato aggravato dall'evento - Conseguenze
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Il riferimento alla commissione "mediante violenza" in contrapposizione a "mediante frode" (nelle classi di reati previste rispettivamente dal capo I e II del titolo VI del c.p. dedicato ai delitti contro l'incolumità pubblica), sta ad indicare che il fatto postula l'impiego di qualsivoglia energia o mezzo - diretto o indiretto, materiale o immateriale - idoneo a superare l'opposizione della potenziale vittima e a produrre l'effetto offensivo senza la "cooperazione" di quella. Sicché non è seriamente dubitabile che anche l'energia impiegata nell'ambito di un processo produttivo che liberi sostanze tossiche e l'inarrestabile fenomeno, così innescato, di meccanica diffusione delle stesse, alla cui esposizione non è possibile resistere, rappresenta, nell'accezione considerata, violenza.
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Giudizio penale - Delitti contro l'incolumità pubblica - Disastri dolosi - Natura giuridica della fattispecie prevista dal cpv. dell'art. 434, Cod. Pen. - Reato aggravato dall'evento - Conseguenze
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Tra le ipotesi previste dal primo e dal co. 2 dell'art. 434, Cod. Pen. intercorre un evidente rapporto di specialità unilaterale, per specificazione o per aggiunta, tipica del rapporto esistente tra titolo di reato e circostanza, nel senso che la seconda include tutti gli elementi essenziali del primo con la specificazione o l'aggiunta di un fattore che ne aggrava la lesività e che consiste nella materiale realizzazione dell'evento già incluso come mera finalizzazione della condotta del primo. Dunque, Il capoverso dell'art. 434, Cod. Pen. introduce un'ipotesi di reato aggravato dall'evento.
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Giudizio penale - Delitti contro l'incolumità pubblica - Disastri dolosi - Natura giuridica della fattispecie prevista dal cpv. dell'art. 434, Cod. Pen. - Reato aggravato dall'evento - Momento consumativo
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Nelle ipotesi in cui l'evento aggravante è previsto come finalità originaria dell'agente, l'approfondimento della lesione è tipizzato nella stessa norma incriminatrice alla stregua di conseguenza legata alla medesima condotta, in relazione alla quale si configura dunque un doppio evento, il secondo dei quali non rappresenta mero effetto dannoso esterno alla fattispecie astratta ma è per ogni aspetto evento interno ad essa, persino sotto il profilo del dolo, e perciò tipico, seppure non necessario il perfezionamento nella forma "minima", prevista per il titolo. Nell'ipotesi di cui all'art. 434 co. 2, Cod. Pen., la realizzazione dell'evento disastro funge da elemento aggravatore ma la data di consumazione del reato coincide, comunque, con il momento in cui l'evento si è realizzato.
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Giudizio penale - Delitti contro l'incolumità pubblica - Disastri dolosi - Natura giuridica della fattispecie prevista dal cpv. dell'art. 434, Cod. Pen. - Reato aggravato dall'evento - Momento consumativo
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Il pericolo non è mai, in se stesso, un evento fisico naturale, bensì soltanto un giudizio qualitativo di probabilità o, se si vuole, di apprezzabile possibilità che ad un fatto ne segua un altro. Ciò che di naturalistico vi è nel pericolo è, in altri termini, solo il fatto - pura condotta o condotta più evento - cui va collegato il giudizio concernente il rischio di un effetto ulteriore. Pienamente condivisibile, pertanto (alla luce del principio di offensività), l'opinione che per reati quali quello ex art. 434, Cod. Pen., in cui il pericolo è assunto quale fattore di connotazione del fatto tipico (e delimitazione dell'oggetto della fattispecie), detto giudizio di probabilità dovrà informare anche la valutazione sulla obiettiva idoneità della condotta o dell'evento. Ma tale giudizio, ancorché formulabile ex post rispetto all'evento cui la norma richiede debba collegarsi il pericolo di conseguenze ulteriori, non trasforma, de iure condito, l'effetto paventato in evento ulteriore del reato e non può spostarne la consumazione oltre l'iter criminoso tipico sino al momento di cessazione del pericolo, dando così al protrarsi nel tempo del "giudizio" di pericolosità un rilievo autonomo rispetto al presupposto fattuale cui deve necessariamente accedere. Orbene, il disastro innominato contempla, nella forma aggravata, un evento che è appunto il disastro verificatosi; quest'ultimo è da intendersi, perché sia assicurata la sufficiente determinatezza della fattispecie, come un fenomeno distruttivo naturale di straordinaria importanza (cfr. Corte Costituzionale n. 327/2008); il pericolo per la pubblica incolumità, cui è sottesa la ratio della incriminazione e che individua il bene giuridico tutelato, funge da connotato ulteriore del disastro e serve a precisarne sul piano della proiezione offensiva le caratteristiche (Corte Costituzionale cit.); il persistere del pericolo, e tanto meno il suo inveramento quale concreta lesione all'incolumità, non sono richiesti per la realizzazione del delitto (Corte Costituzionale cit.) sicché, non essendo elementi del fatto tipico, non possono segnare la consumazione del reato, dovendo tenere distinto l'evento pericoloso dagli effetti che ne sono derivati.
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Giudizio penale - Delitti contro l'incolumità pubblica - Disastri dolosi - Natura giuridica della fattispecie prevista dal cpv. dell'art. 434, Cod. Pen. - Reato aggravato dall'evento - Conseguenze
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In relazione all'art. 434, Cod. Pen., attribuire la penale responsabilità all'imputato a titolo violazione dell'obbligo di far cessare la situazione antigiuridica prodotta, postulerebbe una ricostruzione della fattispecie in termini bifasici; in altri termini, la stessa verrebbe a caratterizzarsi per contemplare due tipi di condotte: una prima commissiva ed una seconda omissiva. Tuttavia, nella fattispecie de qua, non v'è traccia alcuna di tale obbligo. Ne deriva, che ritenere incriminabile anche la successiva inerzia del soggetto agente, costituirebbe violazione del principio di tipicità e di tassatività che governa la materia penale.
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