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Direzione scientifica di M. Alessandra Sandulli e Andrea Scuderi
30/11/2015
GIUSTIZIA / Regolamento di giurisdizione

Regolamento preventivo di giurisdizione: la Cassazione precisa i casi in cui non può essere esperito

Inammissibile il regolamento preventivo di giurisdizione che si fondi sull'asserito eccesso di potere giurisdizionale del giudice per aver questi adottato un provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c. in materia nella quale la tutela cautelare è esclusa per legge.

Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione hanno dichiarato inammissibile il ricorso con il quale il Movimento per la Difesa dei Diritti dei Cittadini ha contestato il potere del Tribunale di Napoli di intervenire sulla sospensione dagli incarichi del sindaco di Napoli e del governatore della Regione Campania decisa dal prefetto e dal Presidente del Consiglio dei Ministri in applicazione della Legge Severino.
Precisamente, ad avviso del Supremo Collegio di legittimità, il ricorso propone questioni che la Cassazione non può essere chiamata a risolvere.
Nel proposto ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione si lamentava l'eccesso di potere giurisdizionale del tribunale di Napoli che, sospendendo con provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c., adottato nel corso del giudizio di merito, la carica conseguente all'adozione della Legge Severino, si sarebbe arrogato un potere giurisdizionale che non aveva per la duplice ragione che tale misura cautelare doveva ritenersi esclusa (o preclusa) per legge e che, per altro verso, comunque a fondamento di tale misura cautelare il giudice non poteva porre la disapplicazione della legge oggetto di un dubbio non manifestamente infondato di legittimità costituzionale.
A tale proposito, la Cassazione dopo un ampia disamina del concetto di eccesso di potere giurisdizionale, ha affermato che è inammissibile il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione che in un giudizio proposto in primo grado innanzi al giudice ordinario - il quale, in corso di causa, abbia adottato, a domanda del ricorrente di provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c., un provvedimento diretto ad accordare al ricorrente una tutela provvisoria ed interinale nelle more del giudizio incidentale di costituzionalità che contestualmente, con ordinanza di rimessione, abbia sollevato - lamenti l'eccesso di potere giurisdizionale di quel giudice assumendo che la tutela cautelare era preclusa per legge e che il contestuale sollevamento della questione di legittimità costituzionale non autorizzava quel giudice a non applicare la norma della cui legittimità costituzionale dubitava, atteso che nella questione così proposta non è identificabile una questione di giurisdizione ex artt. 37 e 41 c.p.c. che la Corte di cassazione, a sezioni unite, possa essere chiamata a risolvere.

Adriana Costanzo
ALLEGATO 1 Cassazione Civile - Sez. Unite - Ordinanza 18 Novembre 2015, n. 23542
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Giorgio Santacroce - Primo Presidente -
Dott. Massimo Oddo - Presidente Sezione -
Dott. Giovanni Amoroso - Rel. Pres. Sezione -
Dott. Vincenzo Di Cerbo - Consigliere -
Dott. Giuseppe Napoletano - Consigliere -
Dott. Adelaide Amendola - Consigliere -
Dott. Giacomo Travaglino - Consigliere -
Dott. Stefano Petitti - Consigliere -
Dott. Alberto Giusti - Consigliere -
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA N. 23542/2015
sul ricorso 19493-2015 proposto da:
G. G., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO DEL RINASCIMENTO 11, presso lo studio dell'avvocato Gianluigi Pellegrino, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato Antonino Gebbia, per delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
D. V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TARANTO 18, presso lo studio dell'avvocato Antonio Brancaccio, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato Lorenzo Lentini, per delega a margine del controricorso;
- controricorrente -
contro
F. P., S. L., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA DEL POPOLO 18, presso la R. S.R.L., rappresentati e difesi dall'avvocato Salvatore Di Pardo, per procura speciale depositata in udienza in data 20/10/2015;
- resistenti con procura -
nonchè contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO DELL'INTERNO, PREFETTURA - UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO DI NAPOLI, PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI NAPOLI, A. R. ed altri , P.S.I. - PARTITO SOCIALISTA ITALIANO, C. V. ed altri , REGIONE CAMPANIA, MOVIMENTO DELLA DIFESA DEL CITTADINO, L. A.;
- intimati -
per regolamento di giurisdizione in relazione ai giudizi pendenti nn. 16707/2015, 16879/2015, 19839/2015 tutti del TRIBUNALE di NAPOLI;
uditi gli avvocati Gianluigi Pellegrino, Antonio BRANCACCIO, Lorenzo Lentini, Salvatore Di Pardo;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/10/2015 dal Presidente Dott. Giovanni Amoroso;
lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale dott. Luigi Salvato, il quale chiede: in via principale, che le Sezioni Unite dispongano l'integrazione del contraddittorio nei confronti del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli; in linea gradata, che le Sezioni Unite dichiarino manifestamente inammissibile o in via ancora più gradata - manifestamente infondata l'istanza e dichiarino la giurisdizione del giudice ordinario;
udito l'Avvocato Generale dott. Umberto Apice, che ha concluso, in subordine, per l'accoglimento, p.q.r., del regolamento preventivo in ordine alla sola questione circa l'ampiezza dei poteri del giudice nel procedimento cautelare.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ricorso del 29 giugno 2015 D. V. - proclamato eletto (verbale del 18 giugno 2015 - 22 giugno 2015) alla carica di Presidente del Consiglio Regionale della Regione Campania, premesso che con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 26 giugno 2015 era stata dichiarata, ai sensi dell'art. 8 d.lgs. 31 dicembre 2012 n. 235, la sua sospensione dalla carica di Presidente della Regione Campania, in quanto condannato in primo grado per il reato di abuso di ufficio - ha adito il Tribunale di Napoli ai sensi dell'art. 22 d.lgs. 1° settembre 2011 n. 150, ritenuto applicabile anche alle controversie relative all'accertamento degli impedimenti soggettivi all'esercizio anche temporaneo della carica elettiva, deducendo l'illegittimità del DPCM suddetto e segnatamente prospettando profili di ritenuta incostituzionalità del medesimo decreto legislativo con richiesta al tribunale adito di sollevare questione incidentale di legittimità costituzionale in particolare del cit. art. 8 d.lgs. n. 235/2012.
In questo giudizio, oltre altri, è intervenuto ad opponendum G. G., nella qualità di cittadino elettore iscritto nelle liste elettorali del Comune di Napoli, deducendo l'inammissibilità o l'infondatezza del ricorso.
Con successivo ricorso del 2 luglio 2015 il ricorrente ha altresì chiesto, in via cautelare, di sospendere o disapplicare il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 26 giugno 2006 e, conseguentemente, reintegrare e conservare, con effetto immediato, il ricorrente stesso nella carica di presidente della regione Campania con l'esercizio dei connessi poteri e funzioni fino alla decisione di merito. In via subordinata ha chiesto rimettersi la questione di legittimità costituzionale degli artt. 7 e 8 d.lgs. n. 235 del 2012 alla Corte costituzionale e, inedia tempore, sospendersi il citato DPCM del 26 giugno 2015 con reintegrazione provvisoria del ricorrente nella suddetta carica di presidente, almeno fino alla prima udienza successiva alla decisione della Corte costituzionale.
L'adito tribunale di Napoli con un decreto del 2 luglio 2015, emesso inaudita altera parte, in accoglimento provvisorio della domanda cautelare ha sospeso l'efficacia del citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Successivamente il medesimo tribunale, pronunciandosi sulla richiesta di provvedimento d'urgenza, ha, con ordinanza del 17-22 luglio 2015, sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 8, comma primo, d.lgs. 3 dicembre 2012 n. 235, nonché dell'art. 1, comma 1, lett. h, in relazione all'art. 7, comma 1, lett. e, del medesimo d.lgs. n. 235 del 2012, ed inoltre in parziale modifica del decreto del presidente del tribunale del 2 luglio 2015, ha accolto provvisoriamente la domanda cautelare ed ha sospeso gli effetti dell'impugnato provvedimento fino alla camera di consiglio di ripresa del giudizio cautelare successiva alla definizione delle questioni di legittimità costituzionale.
2. L'interveniente G. G. - dopo aver impugnato il provvedimento cautelare emesso dal tribunale con l'ordinanza da ultimo citata proponendo reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. con atto del 27 luglio 2015 al tribunale di Napoli, con cui ha chiesto dichiararsi inammissibile o comunque respingersi il ricorso ex art. 700 del ricorrente D. V., reclamo rigettato dallo stesso tribunale con ordinanza del 12-24 agosto 2015, unitamente ad altro reclamo proposto da altri cittadini elettori nonché consiglieri regionali della precedente legislatura parimenti intervenienti ad opponendum - ha proposto ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione chiedendo in particolare che le Sezioni Unite regolino la giurisdizione dichiarando limiti e ampiezza dei poteri giurisdizionali del giudice ordinario investito della controversia e in particolare dichiarando: a) la inesistenza, in capo al Tribunale adito, del potere giurisdizionale cautelare di sospensione del menzionato DPCM (potere giurisdizionale escluso dagli artt. 5 e 22 d.lgs. n. 150/2011 cit.); h) la inesistenza, in capo al Tribunale, del potere giurisdizionale di disapplicare la legge dello Stato sospendendo il menzionato DPCM pur riconoscendone la conformità a legge seppur affetta, secondo il tribunale, da un dubbio non manifestamente infondato di legittimità costituzionale sì da sollevare contestualmente incidente di costituzionalità; l'attribuzione alla Corte d'Appello del potere giurisdizionale sulle impugnazioni delle decisioni cautelari collegiali del Tribunale adito e in subordine a diversa sezione del Tribunale o, in mancanza, al Tribunale più vicino.
Secondo il ricorrente rientra nelle questioni di giurisdizione di cui al potere regolatorio (e cassatorio) di queste Sezioni Unite l'accertamento non solo del riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice speciale, ma anche, una volta individuato il giudice (ordinario o speciale) cui spetta la giurisdizione nella controversia, vi rientra, ove ve ne sia contestazione, lo stabilire quali forme di tutela il legislatore assegni a quel potere giurisdizionale e quali al contrario gli impedisca. In particolare, spetta al potere regolatorio della giurisdizione verificare se esista in una determinata controversia il potere giurisdizionale cautelare di sospensione dell'atto impugnato. Nella specie la scelta del legislatore è stata nel senso di escludere che, nelle controversie instaurate avverso atti (quali l'impugnato DPCM) relativi all'accertamento dei requisiti soggettivi per l'esercizio di cariche elettive, sia prevista la possibilità della sospensione cautelare degli stessi; e ciò per l'evidente esigenza avvertita dal legislatore di assegnare solo a pronunce di merito definitive - per la cui formazione ha fissato una corsia preferenziale e di urgenza in aggiunta alla sommarietà del rito - la decisione che riguardi organi rappresentativi a competenza amministrativa generale.
In altri termini il legislatore, nell'esercizio della sua discrezionalità, ha voluto evitare l'incidenza interinale del potere giurisdizionale sulla formazione di tali organi attraverso provvedimenti cautelari ontologicamente provvisori.
Ed infatti - argomenta ancora il ricorrente - l'art. 5 del d.lgs. n. 150/2011 individua le controversie in cui è consentito l'intervento cautelare del giudice disponendo la sospensione degli atti contestati, e tra queste non ha inserito le controversie di cui all'art. 22 cit.. Pertanto il ricorrente chiede dichiararsi l'assenza in capo al giudice ordinario (Tribunale di Napoli) del potere giurisdizionale cautelare di sospensione del DPCM impugnato dal ricorrente.
Inoltre - sotto un secondo concorrente profilo - il ricorrente sostiene che non sussiste nemmeno un potere giurisdizionale di sospensione di un atto che pure si riconosce esattamente conforme a legge allorché il giudice dubita della legittimità costituzionale della stessa sì da sollevare il relativo incidente di costituzionalità.
Un terzo ed ultimo profilo riguarda la richiesta di declaratoria del potere giurisdizionale in sede di reclamo avverso il provvedimento cautelare. Facendo applicazione analogica dell'art. 669 terdecies c.p.c., il reclamo - sostiene il ricorrente - avrebbe dovuto esser deciso dalla Corte d'appello o semmai da una sezione del tribunale diversa dalla sezione che si era già pronunciata sul cautelare.
3. Si è costituito con controricorso il D. V. contrastando la prospettazione del ricorrente sotto tutti i tre profili presi in considerazione nel ricorso. In particolare deduce che il ricorso attiene ai poteri del giudice in sede cautelare e quindi il regolamento preventivo nella sostanza riguarda il procedimento cautelare e come tale è inammissibile.
In ogni caso il controricorrente ha sostenuto l'infondatezza del ricorso.
Deduce altresì il controricorrente che la Corte costituzionale in plurime decisioni ha ritenuto la piena legittimazione del giudice della cautela ad adottare provvedimenti cautelari sulla base di una questione di legittimità costituzionale sempre che la concessione delle misure urgenti non si risolva nel definitivo esaurimento del potere del quale il giudice fruisce in tale sede.
4. Le altre parti intimate non hanno svolto difesa alcuna.
5. Il Procuratore Generale nelle sue conclusioni scritte ha chiesto, in rito, l'integrazione del contraddittorio nei confronti del Procuratore della Repubblica di Napoli e, nel merito, la declaratoria di manifesta inammissibilità o di manifesta infondatezza del ricorso.
6. Il ricorrente ha depositato memorie insistendo nelle conclusioni già rassegnate.
7. All'udienza camerale sono state sentite le parti presenti come in epigrafe.
Il Procuratore Generale ha integrato le sue conclusioni chiedendo in via subordinata l'accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Va innanzi tutto rilevato in via preliminare che il ricorso risulta ritualmente notificato alle parti intimate a mezzo di posta elettronica certificata in data 5 agosto 2015.
Come puntualmente rilevato dal Procuratore Generale nelle sue conclusioni scritte, anche la notificazione all'Avvocatura Generale dello Stato deve ritenersi rituale in virtù del principio enunciato da questa Corte (Cass., sez. un., 27 maggio 2009, n. 12252) secondo cui il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione può essere notificato sia presso l'Avvocatura generale dello Stato sia presso la sede dell'Avvocatura distrettuale dello Stato nel cui distretto ha sede l'autorità giudiziaria presso cui pende la causa, la quale è tenuta a rimettere il ricorso, sulla base delle norme che regolano i rapporti tra uffici dello stesso organismo, all'Avvocatura generale dello Stato, abilitata al patrocinio in cassazione.
Parimenti corretto è il rilievo del Procuratore Generale quanto alla qualità di parte necessaria del Pubblico Ministero. Il rito nella specie applicabile - quello dell'art. 22 d.lgs. 10 settembre 2011 n. 150, che disciplina il procedimento sommario di cognizione in caso di azioni popolari e di controversie in materia di eleggibilità, decadenza ed incompatibilità nelle elezioni comunali, provinciali e regionali (ossia le controversie previste dall'art. 82, primo e secondo comma, d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, dall'art. 7, secondo comma, legge 23 dicembre 1966, n. 1147, dall'art. 19 legge 17 febbraio 1968, n. 108, e dall'art. 70 d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267) - contempla espressamente al terzo comma che il tribunale giudica in composizione collegiale e al giudizio partecipa il pubblico ministero. Tuttavia questa Corte (Cass., sez. un., 8 maggio 2014, n. 9936) ha affermato che in applicazione del principio processuale della "ragione più liquida", desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., deve ritenersi consentito al giudice di esaminare un motivo di merito, suscettibile di assicurare la definizione del giudizio, anche in presenza di una questione pregiudiziale. In particolare questa Corte (Cass., sez. un., 22 marzo 2010, n. 6820) ha precisato che nel giudizio di cassazione il rispetto del principio della ragionevole durata del processo impone - in presenza di un'evidente ragione d'inammissibilità del ricorso (evenienza che ricorre nella specie per quanto si viene ora a dire) - di definire con immediatezza il procedimento, senza la preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti di litisconsorti necessari cui il ricorso non risulti notificato, trattandosi di un'attività processuale del tutto ininfluente sull'esito del giudizio (altresì conf., ex plurimis, Cass. 17 giugno 2013, n. 15106).
2. Ciò premesso, va dichiarata in via preliminare ed in rito - per le ragioni che si vengono ad illustrare - l'inammissibilità del presente ricorso per regolamento preventivo; il quale - pur potendo astrattamente aver ingresso perché proposto prima che la causa sia decisa nel merito in primo grado non essendo, sotto questo profilo, di ostacolo la circostanza che, come nella specie, il giudice adito per il merito abbia intanto provveduto su una richiesta di provvedimento cautelare (Cass., sez. un., 9 febbraio 2011, n. 3167; 22 settembre 2003, n. 14070) - è per altro verso in radice inammissibile perché pone tre questioni, nessuna delle quali è sussumibile nella fattispecie astratta della questione di giurisdizione che è il proprium del regolamento preventivo deputato ex art. 41 c.p.c. a risolvere le "questioni di giurisdizione" di cui all'art. 37 c.p.c..
3. Come già ricordato in narrativa, l'oggetto del giudizio (procedimento sommario di cognizione ex art. 22 d.lgs. n. 150/2011 cit.) introdotto innanzi al tribunale di Napoli, nel corso del quale è stato proposto il regolamento preventivo, concerne l'impugnativa di D. V., proclamato eletto alla carica di Presidente del Consiglio regionale della regione Campania, avverso il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 26 giugno 2015 con cui il ricorrente era stato sospeso dalla carica ai sensi degli artt. 7 e 8 d.lgs. 31 dicembre 2012 n. 235 in ragione di una condanna non definitiva per abuso d'ufficio (art. 323 c.p.) pronunciata dal tribunale di Salerno con sentenza del 21 gennaio 2015 (per fatto risalente al 2008). 11 ricorrente sostiene in particolare che nessuna sospensione dalla carica è prevista dagli artt. 7 e 8 d.lgs. n. 235 del 2012 per una condanna non definitiva antecedente alla candidatura e per fatti pregressi. Il ricorrente ha quindi chiesto l'annullamento o la disapplicazione del citato DPCM e per l'effetto l'accertamento del diritto alla carica di Presidente della Regione Campania. In corso di causa ha poi chiesto altresì in via cautelare ex art. 700 c.p.c. la sospensione degli effetti del citato DPCM fino alla decisione nel merito sollevando anche, in via gradata, eccezione di legittimità costituzionale dei citati artt. 7 e 8.
Il tribunale di Napoli, in composizione collegiale, dopo un iniziale provvedimento presidenziale di sospensione degli effetti della sospensione dalla carica ha pronunciato l'ordinanza 17-22 luglio 2015 con cui da una parte ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell'art. 8. comma 1, oltre che dell'art. 1, comma I. lett. h), del d.lgs. n. 235 del 2015 sotto vari profili e contestualmente, in parziale modifica del decreto presidenziale, ha accolto provvisoriamente la domanda cautelare e sospeso gli effetti del citato DPCM fino alla camera di consiglio di ripresa del giudizio cautelare successiva alla definizione delle questioni di legittimità costituzionale.
In questo giudizio G. G., attuale ricorrente, nonché interventore quale cittadino elettore, ad opponendum nel giudizio ex art. 22 d.lgs. n. 150/2012 - dopo aver impugnato il provvedimento cautelare con reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c., che è stato rigettato dallo stesso adito tribunale di Napoli (in diversa composizione) con ordinanza del 12-24 agosto 2015 - ha proposto il regolamento preventivo in esame svolgendo le argomentazioni di cui si è detto in narrativa, resistite dal controricorrente che ne ha sostenuto l'inammissibilità.
4. Questo essendo il contesto processuale nel quale è proposto il regolamento preventivo di giurisdizione, va innanzi tutto rilevato che il ricorrente non pone una questione che certamente sarebbe di giurisdizione e che pur si sarebbe potuta porre, ossia quella dell'identificazione, o no, nel giudice adito (il tribunale di Napoli) del giudice fornito di giurisdizione per decidere sulla richiesta del ricorrente di "annullamento e/o disapplicazione" del DPCM citato e di accertamento del diritto alla carica di Presidente del Consiglio regionale della Regione Campania e alla conservazione dei connessi poteri e delle relative funzioni.
Mette conto ricordare che in una vicenda parallela, questa Corte (Cass., sez. un., 28 maggio 2015 n. 11131) - pronunciandosi sul ricorso per regolamento preventivo proposto nel corso di un giudizio promosso innanzi al TAR per la Campania ed avente ad oggetto l'impugnativa del provvedimento n. 87831 del 1 ottobre 2014 con cui il Prefetto della Provincia di Napoli ai sensi del d.lgs. 31 dicembre 2012, n. 235, art. 11, comma 5, aveva dichiarato di aver accertato nei confronti del Sindaco di Napoli la sussistenza della causa di sospensione dalla carica di cui al medesimo art. 11, comma 1, lett. a), del medesimo d.lgs. - ha dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario.
Nella specie però la vicenda processuale non è del tutto sovrapponibile a quella in cui si è pronunciata questa Corte, con l'ordinanza appena citata, per essere testualmente diversa la disposizione che prevede la sospensione dalla carica di Presidente del Consiglio regionale (art. 8 d.lgs. n. 235/2012), rispetto a quella che prevede la sospensione dalla carica di Sindaco (art. 11 d.lgs. n. 235/2012), nonché diversamente formulata perché, mentre l'art. 11, comma 5, prevede che il prefetto "provvede a notificare" il provvedimento giudiziario che comporta la sospensione dalla carica, agli organi che hanno convalidato l'elezione o deliberato la nomina, invece l'art. 8, comma 4, elevando il livello di coinvolgimento del potere esecutivo quale responsabile dell'indirizzo politico generale nei provvedimenti che incidono, anche in via sanzionatoria, sulla permanenza degli organi di vertice della Regione e quindi sulla stessa autonomia regionale (sulla rimozione c.d. sanzionatoria del Presidente della Giunta regionale v. Corte cosi. n. 219 del 2013), prevede che il Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti il Ministro per gli affari regionali e il Ministro dell'interno. "adotta il provvedimento che accerta la sospensione-; provvedimento di cui nel giudizio a qua il ricorrente D. V. chiede l'annullamento e/o disapplicazione.
Ma c'è che, in questo giudizio per regolamento preventivo, né il ricorrente né il controricorrente pongono in dubbio che l'adito tribunale di Napoli, quale giudice ordinario, sia fornito di giurisdizione per decidere il ricorso introduttivo del giudizio; e quindi non pongono questa questione che certamente è di giurisdizione. Né per altro verso essa si pone in ragione della regola generale della rilevabilità d'ufficio della questione di giurisdizione (art. 37 c.p.c.) che presuppone che un giudizio ex art. 41 c.p.c. sia ritualmente proposto perché questa Corte possa dichiarare la giurisdizione e quindi implica la verifica preliminare che un ammissibile ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione sia stato dal ricorrente proposto (cfr. Cass., sez. un., 1° marzo 2012, n. 3237 che ha precisato che in sede di regolamento preventivo di giurisdizione il difetto di giurisdizione va rilevato d'ufficio, rispetto a quei profili e domande per cui esso non risulti specificamente denunciato dalle parti, sempre che non ricorrano preclusioni di carattere processuale); ricorso che appunto nella specie, come si viene ora ad argomentare, incontra una preclusione di carattere processuale perché non supera il vaglio di ammissibilità.
5. Le questioni che invece solleva il ricorrente ed in ordine alle quali si è instaurato il contraddittorio sono altre e ben diverse. Ed è in ordine ad esse che occorre preliminarmente verificare se, al di là della prospettazione della domanda, esse siano riconducibili, o no - al fine della rituale proposizione del regolamento preventivo in esame - a "questioni di giurisdizione".
Quelle proposte dall'odierno ricorrente si articolano in tre profili: a) non poteva il tribunale di Napoli, senza eccedere dai limiti della giurisdizione, sospendere con provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c., adottato nel corso del giudizio di merito, la sospensione dalla carica conseguente all'adozione del DPCM cit. per essere la sospensione preclusa per legge (ex artt. 5 e 22 d.lgs. n. 150/2011); b) né poteva il tribunale, senza parimenti eccedere dai limiti della giurisdizione, adottare tale misura cautelare sul solo presupposto della non manifesta infondatezza del dubbio di legittimità costituzionale dell'art. 8 d.lgs. n. 235/2012, posto a fondamento dell'ordinanza di rimessione della questione di costituzionalità sollevata contestualmente, così disapplicando la legge; c) né infine poteva il tribunale di Napoli adito in sede di reclamo avverso tale provvedimento d'urgenza, senza eccedere dai limiti della giurisdizione, decidere il reclamo, adottato dallo stesso tribunale in composizione collegiale, dovendo ritenersi attribuito alla Corte d'appello il potere (giurisdizionale) di decidere sul reclamo.
6. Può subito rilevarsi che l'inammissibilità del ricorso per regolamento preventivo sotto quest'ultimo profilo (sul) c) è di tutta evidenza per il solo fatto che la questione, prospettata dal ricorrente come di giurisdizione, riguarda la sede del reclamo avverso il provvedimento cautelare di sospensione dell'efficacia dell'atto impugnato - reclamo peraltro proposto dallo stesso ricorrente innanzi al tribunale di Napoli (e non già alla Corte «appello di Napoli) - e quindi afferisce semmai al potere giurisdizionale del tribunale di Napoli quale giudice del reclamo e non già al tribunale di Napoli, quale giudice adito nel giudizio di merito ex art. 22 d.lgs. n. 150/2011 nel corso del quale il ricorrente chiede risolversi una questione preliminare che asserisce essere di giurisdizione; la quale necessariamente deve riguardare il potere giurisdizionale di quest'ultimo giudice, a tacere della considerazione che l'individuazione del giudice competente a pronunciarsi sul reclamo avverso il provvedimento cautelare emesso in primo grado (e nel corso della causa di merito) dal tribunale in composizione collegiale e non già come giudice singolo - se lo stesso tribunale in diversa composizione oppure la corte d'appello ex art. 669 terdecies c.p.c. - è questione che in realtà attiene alla competenza del giudice che può pronunciarsi sul reclamo e non già alla giurisdizione.
7. Di maggiore spessore sono gli altri due profili - sub a) e sui) h) - che hanno un filo conduttore unitario: l'allegato eccesso di potere giurisdizionale del tribunale di Napoli che, sospendendo con provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c., adottato nel corso del giudizio di merito, la sospensione dalla carica conseguente all'adozione del DPCM cit., si sarebbe arrogato un potere giurisdizionale che non aveva per la duplice ragione che tale misura cautelare doveva ritenersi esclusa (o preclusa) per legge e che per altro verso, comunque a fondamento di tale misura cautelare il giudice non poteva porre la disapplicazione della legge oggetto di un dubbio non manifestamente infondato di legittimità costituzionale.
Entrambi questi rilievi, che nel loro contenuto sostanziale appaiono essere censure all'operato del tribunale di Napoli, rinviano alla nozione di eccesso di potere giurisdizionale che costituisce categoria, di fonte giurisprudenziale, utile al fine di risolvere questioni di giurisdizione (con riferimento all'impugnativa di pronunce del Consiglio di Stato v. ex plurimis Cass., sez. un., 2 febbraio 2015, n. 1823; 23 dicembre 2014, n. 27341; 16 luglio 2014, n. 16239; 17 aprile 2014, n. 8993; aprile 2014, n. 8056; 16 gennaio 2014, n. 774; e con riferimento all'impugnativa di pronunce della Corte dei conti v., altresì ex plurimis, Cass., sez. un., 29 ottobre 2014, n. 22951; 3 aprile 2014, n. 7847). Essa però si colloca sul crinale della distinzione tra il settimo e l'ottavo comma dell'art. 111 della Costituzione.
La funzione di assicurare il generale sindacato di legittimità di cui all'art. 111, settimo comma, Cost. è assegna dalla Carta costituzionale a questa Corte di cassazione con una formulazione ampiamente comprensiva che, per essere riferita a tutte le sentenze (e i provvedimenti sulla libertà personale) pronunciate da organi giurisdizionali ordinari o speciali, rispecchia - ed attua nell'ambito della tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.) - la generalità del principio di eguaglianza (art. 3, primo comma, Cost.). Essere "uguali davanti alla legge" - come tale ultima disposizione prescrive - significa anche, sul versante della tutela giurisdizionale, che la pronuncia del giudice che tale legge applichi sia sempre suscettibile di un sindacato di legittimità - ossia di corretta applicazione di quella legge davanti alla quale tutti sono uguali - ad opera di un unico giudice dell'impugnazione - questa Corte di cassazione - cui è assegnato il sindacato di legittimità ex art. 111, settimo comma, Cost. e che in tal modo realizza anche l'unità del diritto nazionale assicurando l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge (art. 65 r.d. 30 gennaio 1941, n. 12).
La generalità di tale sindacato di legittimità si coniuga però con il regime differenziato delle pronunce di due giudici speciali di antica tradizione: l'ottavo comma dell'art. 111 Cost. prevede che contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.
Nel solco della distinzione tra il generale sindacato di legittimità del settimo comma dell'art. 111 ed il sindacato limitato alle questioni di giurisdizione si inserisce la categoria dell'eccesso di potere giurisdizionale e più in generale dei c.d. limiti esterni del potere giurisdizionale; categoria che - in un'ottica di effettività della tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.) non disgiunta del principio del giusto processo che in generale dimensiona l'esercizio della giurisdizione (art. 111, primo comma, Cost. vale a meglio disegnare i confini della giurisdizione (e delle questioni di giurisdizione) e, di risulta, il sindacato limitato alla giurisdizione rispetto all'area dell'ordinario sindacato di legittimità (cfr. la giurisprudenza appena citata). Parallelamente anche il diniego di una risposta di giustizia - e quindi il mancato esercizio del potere giurisdizionale come ipotesi simmetrica ed opposta all'eccesso di potere giurisdizionale - è stato costruito come deducibile vizio di giurisdizione (soprattutto a partire da Cass., sez. un., 23 dicembre 2008, n. 30254).
Quindi la categoria del vizio di eccesso di potere giurisdizionale ha progressivamente ampliato i confini del sindacato sulla giurisdizione senza impingere nella più ampiamente comprensiva nozione di violazione di legge alla stregua della quale rimangono tuttora, a Costituzione invariata, non sindacabili le pronunce del Consiglio di Stato e della Corte dei conti.
Ma quando - secondo la regola generale del settimo comma dell'art. 111 Cost. rispetto alla quale quella dell'ottavo comma della medesima disposizione si atteggia ad eccezione - il sindacato di legittimità per violazione di legge può dispiegarsi a tutto campo il canone dell'eccesso di potere giurisdizionale non ha, in linea di massima, autonomia concettuale e normativa rispetto alla violazione di legge. Il giudice ordinario (o speciale, ma diverso da Consiglio di Stato e Corte dei conti, quale ad es. è il Tribunale superiore delle acque pubbliche per il quale non opera la limitazione al solo sindacato sulla giurisdizione: Cass., sez. un., 2 dicembre 2008, n. 28547) che in ipotesi eserciti un potere giurisdizionale che non ha - così come, secondo la prospettazione argomentativa del ricorrente, avrebbe fatto il tribunale di Napoli allorché ha sospeso l'efficacia del DPCM cit. - viola la legge tout court e la rilevanza di tale vizio, quale error in indicando, è interna ai meccanismi processuali del sistema delle impugnazioni.
In particolare, se questa violazione, come nella specie secondo l'assunto del ricorrente. inficia un provvedimento cautelare, c'è il rimedio del reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c., che peraltro nella specie è stato in concreto attivato dall'attuale ricorrente, interveniente ad opponendum nel giudizio a ano, seppur senza esito favorevole (v. ordinanza del 12-24 agosto 2015 del Tribunale di Napoli che ha rigettato l'impugnazione).
8. L'eccesso di potere giurisdizionale acquista invece una sua autonomia - al di là del verificato ampliamento, in via interpretativa e giurisprudenziale, dell'ambito del sindacato sulla giurisdizione laddove sia precluso il sindacato di legittimità ai sensi dell'ottavo comma dell'art. 111 Cost. - allorché si raffronti il potere giurisdizionale rispetto ad altri poteri dello Stato. Ma in tale evenienza il rimedio è altro e si colloca al livello apicale, quello del giudizio costituzionale, come conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.
Emblematica è la fattispecie decisa con sentenza n. 121 del 1999 dalla Corte costituzionale che, in una controversia civile introdotta con ricorso ex art. 700 c.p.c. in cui il giudice, richiesto della misura cautelare, aveva intanto adottato un'ordinanza istruttoria che si assumeva integrasse un'ipotesi di eccesso di potere giurisdizionale rispetto al potere della pubblica amministrazione, ha ritenuto ammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione proposto dal potere esecutivo e, giudicandolo nel merito fondato in ragione del ritenuto "esercizio abnorme del potere giurisdizionale", ha annullato il provvedimento del giudice.
Invece risulta essere di concreta assai limitata applicazione, a livello di giudizio ordinario, il rimedio del tutto speciale (Cass., sez. un., 20 novembre 2013, n. 26035), tuttora previsto dal secondo comma dell'art. 41 c.p.c., del regolamento preventivo di giurisdizione che muove dall'iniziativa del Prefetto allorché la pubblica amministrazione non sia parte in causa con un ambito circoscritto al difetto di giurisdizione del giudice ordinario in ragione dei poteri attribuiti dalla legge alla pubblica amministrazione.
9. In sintesi, il vizio di eccesso di potere giurisdizionale del giudice ordinario per aver quest'ultimo esercitato un potere non previsto dalla legge o in aperta violazione della legge, pur qualificandosi come più radicale vizio di violazione di legge, non è deducibile come "questione di giurisdizione" con ricorso per regolamento preventivo proposto ai sensi dell'art. 41, primo comma, c.p.c., ma trova la sua risposta di giustizia, per le parti in causa, nel sistema processuale delle impugnazioni, salvo che esso non ridondi in invasione o turbativa di altro potere dello Stato; nel qual caso, ove ricorrano i presupposti di legittimazione soggettiva ed oggettiva, il potere leso può proporre ricorso per conflitto di attribuzione innanzi alla Corte costituzionale.
Nella specie il potere dello Stato, che a fronte del potere giurisdizionale viene in rilievo, appare essere semmai quello del Governo che ha emesso il DPCM impugnato e la cui efficacia è stata sospesa con provvedimento del tribunale di Napoli contestualmente alla sollevazione dell'incidente di costituzionalità, senza che l'interventore ad opponendum nel giudizio a qua e ricorrente nel presente giudizio possa, per il tramite del proposto regolamento preventivo, dedurre egli stesso siffatto ipotizzato vizio di eccesso di potere giurisdizionale quasi in via di sussidiarietà.
10. Può aggiungersi che quand'anche - in caso di violazione di legge sul) specie di eccesso di potere giurisdizionale che costituisse una rottura radicale e manifesta del principio (ex art. 1101, secondo comma. Cost.) che vuole ogni giudice essere soggetto alla legge (e soltanto alla legge) - si ipotizzasse, mutuando categorie processualpenalistiche, l'abnormità del provvedimento reso da quel giudice ed in riferimento ad essa si disegnasse un regime impugnatorio differenziato, non di meno in un'evenienza siffatta si rimarrebbe sempre e solo all'interno dei meccanismi processuali del sistema delle impugnazioni senza possibilità di ibridare il regolamento preventivo di giurisdizione, quale previsto dall'art. 41. primo comma, c.p.c. deviandolo verso una funzione impugnatoria di un provvedimento abnorme del giudice. In tal senso si sono già pronunciate queste Sezioni Unite (Cass., sez. un., 7 luglio 1988, n. 4476) in una vicenda similare, in cui un giudice ordinario aveva adottato, nel corso di una controversia in primo grado, un provvedimento d'urgenza di sospensione del pagamento di un contributo sanitario nella misura stabilita dalla legge ritenendo essere quest'ultima, in tale parte, affetta da un dubbio non manifestamente infondato di legittimità costituzionale; vicenda che aveva visto il potere esecutivo (vari ministeri dell'epoca) reagire a tale provvedimento, ritenuto abnorme, proponendo ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione e lamentando che il giudice avesse esorbitato dai limiti della giurisdizione. Queste Sezioni unite, nella citata pronuncia, hanno ritenuto, in via preliminare, l'estraneità di tale censura al tema della giurisdizione affermando che il giudice che disattende le norme di legge dettate per il rapporto di cui deve conoscere e lo regola, invece, sia pure provvisoriamente, in base ad una diversa disciplina (arbitrariamente desunta da altre disposizioni e ritenuta più consona agli interessi in gioco), rende una decisione contra legem, viziata da error in iudicando, ma non eccede dai limiti esterni della sua potestà giurisdizionale. E' stato quindi dichiarato inammissibile il ricorso per regolamento preventivo.
11. Sostanzialmente in linea con tale arresto è anche quella giurisprudenza (Cass. 12 dicembre 1991, n. 13415) che è andata oltre costruendo - in una fattispecie analoga di provvedimento d'urgenza concesso dal giudice nel corso di un giudizio in primo grado non applicando una disposizione di legge ritenuta costituzionalmente illegittima nelle more del giudizio incidentale di costituzionalità - una vera e propria figura di provvedimento abnorme ricorribile con ricorso straordinario ex art. 111, secondo (all'epoca, oggi settimo) comma, Cost. (in quel caso accolto da questa Corte con conseguente cassazione senza rinvio dell'impugnato provvedimento d'urgenza) e non già con ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione. Non senza rilevare che, ove, anche in questa ipotizzata prospettiva, non di meno si piegasse il regolamento preventivo alla funzione di accertamento (non solo dell'an, ma anche) del quantum della giurisdizione, oppure si ipotizzasse, in ragione dell'allegata abnormità del provvedimento cautelare, la conversione del regolamento preventivo in ricorso straordinario (ciò che invece di norma è escluso dalla stessa natura cautelare del provvedimento: Cass., sez. un., 7 luglio 2009, n. 15854), comunque l'inammissibilità del presente ricorso emergerebbe con evidenza sotto il concorrente profilo che nella specie non è neppure astrattamente identificabile una situazione di eccesso di potere giurisdizionale sul) specie di abnormità del provvedimento adottato dal giudice.
Ed in vero da una parte la tutela d'urgenza costituisce in linea di massima un corollario proprio della tutela giurisdizionale in generale ed appartiene alla garanzia costituzionale dell'art. 24 Cost., cui il legislatore ordinario può derogare solo in presenza di particolari esigenze di segno opposto che giustifichino, secondo uno scrutinio stretto, un regime differenziato di eccezione. La Corte costituzionale - a partire dalla nota pronuncia n. 190 del 1985, che dichiarò l'illegittimità costituzionale dell'art. 21, u.co., 1. 6 dicembre 1971, n. 1034, istitutiva dei T.A.R., nella parte in cui non consentiva al giudice amministrativo di adottare nelle controversie patrimoniali in materia di pubblico impiego i provvedimenti d'urgenza più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito - ha ripetutamente affermato (ex plurimis sent. n. 403 del 2007) che la tutela cautelare in quanto preordinata ad assicurare l'effettività della tutela giurisdizionale, in particolare a non lasciare vanificato l'accertamento del diritto, è uno strumento fondamentale e inerente a qualsiasi sistema processuale, anche indipendentemente da una previsione espressa. E' vero che la tutela giurisdizionale ben può diversificarsi in relazione alle varie situazioni sostanziali dedotte in giudizio (Corte cost. n. 9 del 1982) e che la disciplina degli istituti processuali rientra nella discrezionalità del legislatore (Corte cosi. n. 221 del 2008 237 del 2007). Ma nell'esercizio di tale discrezionalità è necessario che sia rispettato il principio di effettività della tutela giurisdizionale, che rappresenta un connotato rilevante di ogni modello processuale (Corte cosi. n. 304 del 2011), anche se non può escludersi che in determinate particolari situazioni la tutela cautelare possa essere prelusa per legge (Corte cost. n. 63 del 1982).
Ma - prima ancora della verifica di ragionevolezza di una tale esclusione - occorre che una previsione derogatoria sia effettivamente posta dal legislatore ordinario.
Laddove invece, nella specie, l'art. 22 d.lgs. n. 150/2011 si limita a prescrivere che le controversie elettorali cui tale rito è applicabile siano trattate in ogni grado in via di urgenza, mentre il precedente art. 5 detta una disposizione processuale a carattere generale per l'ipotesi in cui sia prevista la sospensione dell'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato stabilendo che il giudice, se richiesto, vi debba provvedere sentite le parti e con ordinanza non impugnabile, sempre che ricorrano gravi e circostanziate ragioni esplicitamente indicate nella motivazione. A fronte di tale evidenziato rilievo costituzionale della tutela cautelare la sua ritenuta (dal tribunale di Napoli) compatibilità con il rito sommario di cognizione ex art. 702 bis ss. c.p.c., integralmente ed espressamente richiamato dall'art. 22 cit., con l'adattamento del precedente art. 3 recante disposizioni comuni alle controversie ex d.lgs. n. 150/2011 disciplinate con tale rito, radica semmai un'opzione interpretativa costituzionalmente orientata e giammai più configurarsi come eccesso di potere giurisdizionale.
D'altra parte, proprio in ragione dell'effettività della tutela d'urgenza, la giurisprudenza costituzionale riconosce che il giudice rimettente, sia speciale (ord. n. 3 e n. 58 del 2014; sent. n. 83 del 2013; sent. n. 172 del 2012; ord. n. 211 e n. 307 del 2011) che - secondo un più recente arresto (sent. n. 274 del 2014) - anche ordinario, possa, senza esaurire il suo potere giurisdizionale d'urgenza, adottare misure provvisorie per accordare una tutela interinale nel tempo occorrente per la definizione del giudizio incidentale di costituzionalità e con un contenuto che intanto, limitatamente a questo lasso di tempo, schermi la norma indubbiata nella parte e nella misura in cui il giudice adito abbia espresso dubbi di non manifesta infondatezza della questione sollevata. Ricorrente nella giurisprudenza della Corte è l'affermazione secondo cui il giudice ben può sollevare questione di legittimità costituzionale in sede cautelare anche f quando conceda provvisoriamente la relativa misura su riserva di riesame della stessa e nello stesso tempo sospenda il giudizio con l'ordinanza di rimessione, purché tale concessione non si risolva, per le ragioni addotte a suo fondamento, nel definitivo esaurimento del potere cautelare del quale in quella sede il giudice amministrativo è dotato. Infatti la potestas iudicandi non può ritenersi esaurita quando la concessione della misura cautelare è fondata, quanto al fumus boni iuris, sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, dovendosi in tal caso ritenere che la sospensione dell'efficacia del provvedimento impugnato abbia carattere provvisorio e temporaneo fino alla ripresa del giudizio cautelare dopo l'incidente di legittimità costituzionale.
12. Per le ragioni finora argomentate va quindi conclusivamente dichiarata inammissibilità del presente ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione dovendo affermarsi, ex art. 384, primo comma, c.p.c. il seguente principio di diritto: «E' inammissibile il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione che in un giudizio proposto in primo grado innanzi al giudice ordinario il quale, in corso di causa, abbia adottato, a domanda del ricorrente di provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c., un provvedimento diretto ad accordare al ricorrente una tutela provvisoria ed interinale nelle more del giudizio incidentale di costituzionalità che contestualmente, con ordinanza di rimessione, abbia sollevato - lamenti l'eccesso di potere giurisdizionale di quel giudice assumendo che la tutela cautelare era preclusa per legge e che il contestuale sollevamento della questione di legittimità costituzionale non autorizzava quel giudice a non applicare la norma della cui legittimità costituzionale dubitava, atteso che nella questione così proposta non è identificabile una questione di giurisdizione ex artt. 37 e 41 c.p.c. che la Corte di cassazione, a sezioni unite, possa essere chiamata a risolvere».
Sussistono giustificati motivi, consistenti essenzialmente nella novità delle questioni dibattute, per compensare tra le parti costituite le spese di questo giudizio.
Non occorre provvedere sulle spese quanto alle parti rimaste intimate.
P. Q. M.
La Corte, a Sezioni Unite, dichiara inammissibile il ricorso; compensa le spese di questo giudizio di cassazione tra le parti costituite.
Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2015
 
IL PRESIDENTE
Giorgio Santacroce
 
Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2015
IL FUNZIONARIO GIUDIZIARIO
Paola Francesca Campoli


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