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Direzione scientifica di M.
Alessandra Sandulli e Andrea
Scuderi
30/09/2019
SANITÀ
/ Responsabilità medica
Responsabilità sanitaria: distribuzione degli oneri probatori tra medico e struttura sanitaria
E' sulla clinica, che agisce in regresso nei confronti del medico a fronte di una responsabilità solidale, che grava l'onere di provare l'esclusiva responsabilità di quest'ultimo?
La Sesta Sezione civile della Corte di Cassazione ha enunciato un importante principio in materia di responsabilità e in particolare sulla distribuzione degli oneri probatori tra medico e clinica. Grava, invero, sulla struttura sanitaria citata in giudizio dal paziente danneggiato - che agisce in regresso nei confronti del medico a fronte di una responsabilità solidale - di dar prova dell'esclusiva responsabilità del chirurgo che ha eseguito l'operazione e non viceversa.
Sullo stesso argomento vedi anche:
Lucia Interlandi
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Responsabilità - Civile - Responsabilità medica - Distribuzione onere probatorio tra chirurgo e struttura sanitaria - Onere della prova sulla struttura sanitaria - Medico chiamato in garanzia dalla struttura - Garanzia impropria
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Laddove la struttura sanitaria, correttamente evocata in giudizio dal paziente che, instaurando un rapporto contrattuale, si è sottoposto ad un intervento chirurgico all'interno della struttura stessa, sostenga che l'esclusiva responsabilità dell'accaduto non è imputabile a sue mancanze tecnico-organizzative ma esclusivamente alla imperizia del chirurgo che ha eseguito l'operazione, agendo in garanzia impropria e chiedendo di essere tenuta indenne di quanto eventualmente fosse condannata a pagare nei confronti della danneggiata, ed in regresso nei confronti del chirurgo, affinché, nei rapporti interni si accerti l'esclusiva responsabilità di questi nella causazione del danno, è sul soggetto che agisce in regresso a fronte di una responsabilità solidale che grava l'onere di provare l'esclusiva responsabilità dell'altro soggetto. Non rientra invece nell'onere probatorio del chiamato l'onere di individuare precise cause di responsabilità della clinica in virtù delle quali l'azione di regresso non potesse essere, in tutto o in parte, accolta.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SESTA SEZIONE CIVILE -3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Raffaele Frasca - Presidente -
Mario Cigna - Consigliere -
Enrico Scoditti - Consigliere -
Lina Rubino - Rel. Consigliere -
Gabriele Positano - Consigliere -
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA N. 24167/2019
sul ricorso 20163-2018 proposto da:
P. F., B. S., nella qualità di eredi di P. G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MONTE ASOLONE 8, presso lo studio dell'avvocato MILENA LIUZZI, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato FABIOLA LIUZZI;
- ricorrenti -
contro
O. SPA già A. SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato MASSIMO MAMBELLI;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1135/2018 della CORTE D'APPELLO di BOLOGNA, depositata il 30/04/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 11/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LINA RUBINO.
RILEVATO CHE
1. B. S. e P. F. hanno proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi, contro l'A. s.p.a., avverso la sentenza n. 1135/2018, emessa dalla Corte d'Appello di Bologna il 30 aprile 2018, con la quale in parziale accoglimento dell'appello della casa di cura, il de cuius degli attuali ricorrenti, P. G., veniva condannato a pagare alla struttura ospedaliera l'importo di euro 73.409,65
2. La O. s.p.a. resiste con controricorso illustrato da memoria.
3. Anche i ricorrenti hanno depositato memoria.
4. Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., nel testo modificato dal d.l. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 197 del 2016, è stata formulata dal relatore designato proposta di definizione del ricorso con declaratoria di inammissibilità dello stesso. Il decreto di fissazione dell'udienza camerale e la proposta sono stati comunicati.
CONSIDERATO CHE
Il Collegio, tenuto conto anche delle osservazioni contenute nelle memorie, condivide solo in parte le conclusioni contenute nella proposta del relatore nel senso della inammissibilità del ricorso.
Questi i fatti, per quanto qui ancora rileva: una paziente conveniva in giudizio la casa di cura ove era stata operata per l'inserimento di una protesi all'anca chiedendone la condanna al risarcimento dei danni riportati a seguito della non corretta esecuzione dell'intervento chirurgico, eseguito presso la casa di cura stessa dal dott. P. F..
Chiamato in causa il P. F. da parte della struttura ospedaliera, che proponeva domanda di manleva e di regresso, il Tribunale di Forlì accoglieva la domanda dell'attrice, dichiarava la responsabilità in solido della casa di cura e del medico e li condannava a risarcire i danni alla paziente nella misura di euro 122.000,00 circa. Nulla diceva circa la manleva e il regresso.
La casa di cura proponeva appello, deducendo che il tribunale non si fosse pronunciato sulla propria domanda di regresso e manleva, pur emergendo dalla ricostruzione dei fatti che il verificarsi del danno alla paziente fosse riconducibile esclusivamente alla imperizia con la quale il P. F. aveva eseguito l'intervento chirurgico, e chiedeva la condanna del P. F. al rimborso di quanto pagato alla paziente in esecuzione della sentenza di primo grado.
La corte d'appello accoglieva l'impugnazione puntualizzando che alla responsabilità esterna della struttura, ex art. 1228 c.c., prevista a miglior tutela dei terzi danneggiati, ben potesse associarsi, nei rapporti interni, l'ammissibilità del regresso anche per l'intera somma che il responsabile ex art. 1228 c.c. era stato condannato a pagare, qualora fosse stato accertato che il danno fosse riconducibile unicamente alla condotta colposa di un altro obbligato; che tale circostanza era stata accertata in primo grado; che il P. F. non avesse provato, e neppure evidenziato adeguatamente, quale fosse il profilo di responsabilità ascrivibile alla clinica.
Come indicato nella proposta, il ricorso, introdotto dalle eredi del medico ritenuto esclusivo responsabile del danno, è inammissibile quanto al primo motivo perché le contestazioni in esso contenute sono in effetti esclusivamente fattuali.
Con il primo motivo le ricorrenti sostengono che illegittimamente sarebbe stato evocato l'art. 2049 c.c. e non l'art. 2055 c.c. che disciplina l'ipotesi di concorso nel fatto dannoso. Tuttavia argomentano solo su circostanze di fatto, dalle quali si ricaverebbe che fosse configurabile anche una responsabilità diretta della clinica, per fatto proprio, nel cattivo esito della operazione chirurgica.
Con il secondo motivo lamentano che la corte d'appello avrebbe violato la regola sulla distribuzione degli oneri probatori, avendo posto in capo al medico l'onere di provare in cosa consisteva la corresponsabilità della clinica.
Il motivo è effettivamente fondato.
Laddove la struttura sanitaria, correttamente evocata in giudizio dal paziente che, instaurando un rapporto contrattuale, si è sottoposto ad un intervento chirurgico all'interno della struttura stessa, sostenga che l'esclusiva responsabilità dell'accaduto non è imputabile a sue mancanze tecnico-organizzative ma esclusivamente alla imperizia del chirurgo che ha eseguito l'operazione, agendo in garanzia impropria e chiedendo di essere tenuta indenne di quanto eventualmente fosse condannata a pagare nei confronti della danneggiata, ed in regresso nei confronti del chirurgo, affinchè, nei rapporti interni si accerti l'esclusiva responsabilità di questi nella causazione del danno, è sul soggetto che agisce in regresso a fronte di una responsabilità solidale che grava l'onere di provare l'esclusiva responsabilità dell'altro soggetto. Non rientra invece nell'onere probatorio del chiamato l'onere di individuare precise cause di responsabilità della clinica in virtù delle quali l'azione di regresso non potesse essere, in tutto o in parte, accolta.
Il primo motivo deve essere quindi dichiarato inammissibile, ma il secondo deve essere accolto, la sentenza cassata e la causa rinviata alla Corte d'Appello di Bologna in diversa composizione affinchè riesamini i fatti conformandosi al principio di diritto sopra enunciato.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il primo motivo, accoglie il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, alla Corte d'Appello di Bologna in diversa composizione.
Così deciso nella camera di consiglio della Corte di cassazione l'11 aprile 2019.
IL PRESIDENTE
Raffaele Frasca
L'ESTENSORE
Lina Rubino
Depositata in Cancelleria il 27 settembre 2019
IL FUNZIONARIO GIUDIZIARIO
Ornella Latrofa
AVVISO - Ai sensi dell'art. 1, comma 1 del decreto-legge 22 marzo 2004,
n. 72, come modificato dalla legge di conversione 21 maggio 2004 n. 128
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