Direzione scientifica di M. Alessandra Sandulli - Andrea Scuderi - Pino
Zingale
Direzione editoriale di Massimiliano Mangano - Chiara Campanelli
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Direzione scientifica di M.
Alessandra Sandulli e Andrea
Scuderi
06/10/2011
GIUSTIZIA
/ Giudizio penale
Sui (non) limiti delle intercettazioni "a strascico"
Utilizzabili le intercettazioni riguardanti un reato diverso da quello per cui le stesse erano state originariamente autorizzate. Così, con la sentenza in rassegna, la Corte di Cassazione ha ritenuto non necessario che il reato intercettato successivamente sia tra quelli autorizzabili ex art. 266 c.p.p., essendo sufficiente che ci sia un collegamento soggettivo e oggettivo con l'imputato e con il reato per cui tali attività d'indagine sono state disposte. In altri termini, ad avviso della giurisprudenza di legittimità, se l'intercettazione è stata autorizzata ab origine, i suoi esiti possono essere utilizzati anche per un reato diverso (emerso dalla stessa attività d'intercettazione), a condizione che esso sia «soggettivamente e oggettivamente connesso o collegato», anche se per la fattispecie sopravvenuta non è consentita un'autonoma attività di intercettazione. Adottando una lettura ermenutica estensiva, la pronuncia che si segnala ha ritenuto che la locuzione "nei procedimenti relativi ai seguenti reati" [contenuta all'art. 266 c.p.p., n.d.r.] deve, per esigenze di intrinseca coerenza sistematica (id est, l'esigenza di valutazione unitaria, coerente e complessiva del materiale probatorio acquisito legittimamente al processo), essere interpretata nel senso della sufficienza della presenza di uno dei reati di cui all'art. 266 c.p.p. all'interno del procedimento.
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