REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Paolo Stile - Presidente -
Dott. Giovanni Mammone - Consigliere -
Dott. Federico Balestrieri - Consigliere -
Dott. Lucia Esposito - Consigliere -
Dott. Irene Tricomi - Rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA N. 20728/2015
sul ricorso 27861-2012 proposto da:
F. S.P.A. P.I. ...omissis..., (nuova denominazione della A. S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR 19, presso lo studio degli Avvocati Raffaele De Luca Tamajo, Vincenzo Luciani, che la rappresentano e difendono, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
Z. G. C.F. ...omissis..., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato Massimiliano Marinelli, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1916/2011 della CORTE D'APPELLO di PALERMO, depositata il 29/11/2011 R.G.N. 2488/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/07/2015 dal Consigliere Dott. Irene Tricomi;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Alberto Celeste che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La Corte d'Appello di Palermo, con la sentenza n. 1916/11, depositata il 29 novembre 2011, in riforma della sentenza n. 664 del 2010, resa dal Tribunale di Termini Imerese il 7 luglio 2010, dichiarava illegittimo il licenziamento intimato con nota del 13 maggio 2008 dalla società F. spa all'appellante Z. G. e per l'effetto lo annullava. Condannava la società datrice di lavoro a reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro e a corrispondergli una indennità pari alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a quello della reintegrazione, oltre interessi e rivalutazione, e al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.
2. Il Tribunale di Termini Imerese aveva rigettato il ricorso con il quale Z. G., dipendente della società F. spa, aveva ritenuto illegittimo il licenziamento intimatogli il 13 maggio 2008, con le conseguenti statuizioni reintegratorie e risarcitorie di cui all'art. 18 della legge n. 300 del 1970.
3. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre la società F. spa, che dopo aver ricapitolato i fatti di causa, prospetta quattro motivi di ricorso.
4. Resiste con controricorso il lavoratore.
5. La ricorrente ha depositato memoria in prossimità dell'udienza pubblica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. 0ccorre premettere che, come riportato dalla Corte d'Appello, con nota del 6 maggio 2008, veniva contestato allo Z. G. che il 28 aprile 2008 "alle ore 14.05 circa, durante il suo turno di lavoro ella, addetto con qualifica di operaio manutentore all'Unità Montaggio dello Stabilimento di Termini Imerese..., veniva notato da personale SIRIO addetto alla tutela del patrimonio aziendale, in compagnia dei suoi colleghi di lavoro P. A. e M. V. presso il locale adiacente lo spogliatoio 10, denominato locale quadro smistamento avancorpo spogliatoio nord alimentazione da cabina l a cabina 2.
In seguito a sopraluogo degli addetti SIRIO che entravano nel suddetto locale sia ella che i suoi colleghi, sorpresi all'interno del suddetto locale senza alcuna ragione lavorativa, venivate invitati dagli addetti alla vigilanza ad aprire gli armadietti presenti nel suddetto locale. Il controllo effettuato..., all'interno di uno degli armadietti (prima di tale controllo ella si affrettava ad affermare che l'armadietto conteneva solo un apparecchio per fotocopiare), consentiva di appurare la presenza all'interno dell'armadietto medesimo di un PC marca IBM... di proprietà aziendale corredato di monitor, tastiera, mouse, e cassa acustica...Adiacente al monitor veniva ritrovato un elenco di 14 fogli spillati con titoli di film e relativa descrizione, e n. 3 DVD. Con riferimento a tale materiale ella affermava che l'elenco era di sua proprietà e che i DVD erano vuoti. Tuttavia dalle successive verifiche...si appurava che il contenuto dei 3 suddetti DVD era a carattere pornografico e che sul disco D del PC erano presenti due filmati di chiaro contenuto pornografico.
Inoltre in un successivo colloquio con lei avvenuto alla presenza del responsabile SIRIO sig. A. A., del HR di Area dott. R. D.e del Leader di Manutenzione, nonché suo responsabile diretto, sig. L. A., ella affermava che i filmati a carattere pornografico erano stati da ella più volte visti in passato durante la pausa mensa e nei momenti di scarsa attività produttiva ma durante l'orario di lavoro.
Con la sua condotta, fin qui descritta, ha realizzato una pluralità di mancanze ed inadempienze consistenti in abbandono senza giustificazione alcuna del posto di lavoro e di svolgimento di attività estranee alle sue mansioni durante l'orario di lavoro, consistenti, tra l'altro come da Ella spontaneamente ammesso, nella visione di filmati a carattere pornografico".
In ragione di detta contestazione, il giudice di secondo grado ha puntualizzato l'addebito nell'avere il Z. G. abbandonato il posto di lavoro al fine di svolgere attività estranee alla prestazione lavorativa, consistenti....nella visione di filmati a carattere pornografico.
2. Tanto premesso può passarsi all'esame dei motivi di ricorso.
3. Con il primo motivo di ricorso è dedotta omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio:
l'esistenza della condotta contestata.
La ricorrente censura le statuizioni della Corte d'Appello che hanno ritenuto non provata la condotta e ha affermato che il CCNL di settore prevedeva per la condotta contestata una sanzione conservativa, ravvisando in tali affermazioni una motivazione contraddittoria, omessa e insufficiente. I fatti contestati al lavoratore, allontanamento e/mancato svolgimento della prestazione lavorativa al fine di visionare con apparecchiature aziendali fumati (di natura pornografica) in proprio possesso nei luoghi di lavoro, comportavano la violazione degli obblighi legali e contrattuali connessi al rapporto di lavoro.
4. Con il secondo motivo di ricorso è prospettata omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio: la gravità dei fatti contestati anche alla luce degli elementi indiziari emersi nel corso dell'istruttoria.
La ricorrente richiama la giurisprudenza di legittimità sulla giusta causa di licenziamento ex art. 2119 cc, rilevando come nella specie la gravità del fatto contestato fosse indubbia. Sotto un profilo soggettivo andava considerata la condotta tenuta dal lavoratore per prevenire le verifiche aziendali, controllando a mò di vedetta la presenza di personale nelle vicinanze del locale in questione, nonché la condotta durante la verifica volta ad occultare la verità (teste R.), circostanze che invece erano state poste in evidenza dal giudice di primo grado.
Inoltre, la condotta contestata avveniva durante l'orario di lavoro; una precedente verifica aveva posto in evidenza anomalie quali la presenza ingiustificata nel locali quadri smistamento di un cavo elettrico di computer collegato ad una presa; le chiavi dell'armadietto erano in possesso dello Z. G.; i DVD erano di proprietà dello stesso. Dette circostanze attestavano come lo Z. G. fosse stato in un locale dell'azienda senza svolgere attività lavorativa, come si poteva evincere dalla motivazione della sentenza di primo grado.
La condotta dello Z. G., indubbiamente aveva leso l'elemento fiduciario.
Il giudice di secondo grado, inoltre, non dava rilievo in modo unitario e complessivo agli elementi indiziari sulla cui base la società aveva effettuato la contestazione disciplinare, quali: condotta sospettosa, comportamento reticente, disponibilità di un pc.
5. Con il terzo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione di norme di diritto: art. 2119 cc. La Corte d'Appello nel non considerare gli elementi indiziari e ritenendo insussistente la giusta causa di licenziamento, avrebbe violato l'art. 2119 cc.
6. Con il quarto motivo di ricorso è prospettata violazione e falsa applicazione di norme di diritto: art. 2119 cc (giusta causa di licenziamento) in relazione alle disposizioni del CCNL industrie metalmeccaniche private, artt. 23,24 e 25. Assume la ricorrente che il giudice di secondo grado, nel ritenere illegittima la sanzione espulsiva in ragione delle previsioni contrattuali, ha omesso di considerare che la condotta contestata oltre ad essere rilevante in sé si calava in un contesto particolarmente grave. Ed infatti la giusta causa di licenziamento è nozione legale e il giudice non è vincolato dalle previsioni del contratto collettivo.
7. I suddetti motivi devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione.
8. Occorre premettere in ordine ai suddetti motivi di ricorso, per quanto gli stessi involgono l'adeguatezza della sanzione in ragione delle previsioni del CCNL e la valutazione della sussistenza della giusta causa di licenziamento, anche in ragione della gravità della condotta, che la Corte d'Appello accoglieva l'impugnazione perché l'addebito "abbandono del posto di lavoro non era stato sufficientemente supportato dalle prove assunte, come pure la compiuta istruzione non aveva fornito prova certa del dedotto impiego del tempo di lavoro in attività
(visione di filmati) estranee alla prestazione lavorativa".
La generica affermazione che in ogni caso il CCNL prevedeva una sanzione conservativa in relazione alla condotta contestata, non concorre, pertanto, ad integrare la suddetta ratio decidendi, né costituisce autonoma ratio decidendi, ma contiene un mero obiter dictum, inidoneo a passare in giudicato.
Pertanto le censure prospettate rispetto a detta affermazione, in particolare con il primo il terzo ed il quarto motivo di ricorso, con riguardo sia alla contraddittorietà della motivazione, sia all'accertamento da parte del giudice della sussistenza di giusta causa del licenziamento, ex art. 2119 cc, per la gravità della condotta, sono inammissibili.
9. Le ulteriori censure oggetto dei motivi di ricorso non sono fondate.
9.1. Occorre premettere che il motivo di ricorso per cassazione, con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio della motivazione, non può essere inteso a far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, non si può proporre con esso un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all'ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell'apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione di cui all'art. 360, comma primo, n. 5, cpc; in caso contrario, questo motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e, perciò, in una richiesta diretta all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione (Cass., sentenza n. 9233 del 2006).
Ed infatti, in tema di procedimento civile, sono riservate al giudice del merito l'interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, nonché la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento, con la conseguenza che è insindacabile, in sede di legittimità, il "peso probatorio" di alcune testimonianze rispetto ad altre, in base al quale il giudice di secondo grado sia pervenuto ad un giudizio logicamente motivato, diverso da quello formulato dal primo giudice (Cass., sentenza n. 13054 del 2014).
Pertanto, la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull'attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili (Cass., sentenza n. 11511 del 2014).
9.2. La Corte d'Appello ha ripercorso con congrua e adeguata motivazione le risultanze istruttorie e l'esito delle prove testimoniali, rilevando che la presenza del ricorrente nel locale quadro smistamento non era, di per sé, estranea alle funzioni lavorative.
In modo circostanziato e puntuale, che si sottrae ai denunciati vizi motivazionali, il giudice di secondo grado, rileva che era emerso che Z. G. qualche giorno prima del 28 aprile 2008 era stato assegnato ai Servizi Generali come operaio manutentore (cfr. testi P., G., C.) e il teste G., operaio manutentore della cui attendibilità non vi era motivo di dubitare non essendo in alcun modo coinvolto nella vicenda disciplinare, aveva dichiarato che "L'addetto ai Servizi Generali si occupa della manutenzione dello stabilimento nel suo complesso, per esempio impianti di illuminazione, idraulica a così via", aveva aggiunto che "a seconda della necessità l'intervento può essere effettuato direttamente sul posto oppure, ove ciò non sia possibile, presso una apposita officina, dove viene trasportato e riparato il pezzo" e che, dal mese di aprile 2008, il "locale quadro smistamento avancorpo spogliatoio nord alimentazione da cabina 1 a cabina 2...venne adibito a deposito di materiali nonché
ad officina di effettuazione dei nostri interventi di riparazione, quando ritenevamo di non poterli effettuare direttamente nel punto dove si era verificato il guasto".
Vero, rileva la Corte d'Appello, è che il teste Romeo, impiegato addetto alle risorse umane, aveva dichiarato che "...il 28/4/2008 lo Z. G. ed i suoi colleghi di lavoro, anziché occuparsi delle incombenze loro assegnate, entrarono nel locale quadri smistamento poco dopo l'inizio del loro turno di lavoro e vi rimasero sino alle ore 14,50", ma a tale conclusione lo stesso era pervenuto sulla premessa che "era previsto che lo stesso giorno (n.d. r. 28/4/2008) il ricorrente così come gli altri due suoi colleghi, dovessero provvedere alla sostituzione di plafoniere", talchè, per un verso, detta testimonianza non smentiva che il locale "quadri smistamento" fosse anche utilizzato come officina per le riparazioni, e, non poteva escludersi che "Quel giorno, il 28/4/2008, tutte le plafoniere si trovavano all'interno del locale quadro smistamento.. adibito ad officina di riparazione. Quel giorno, il sig. Z. G. si sarebbe dovuto occupare della manutenzione e riparazione delle plafoniere", circostanza affermata dal teste P. che, anche a prescindere dalla concordante dichiarazione fornita da M. (altro dipendente coinvolto nella medesima vicenda disciplinare), appariva indirettamente confermata e resa plausibile da quanto riferito dal teste R., dipendente della società di vigilanza Sino che ha materialmente eseguito l'ispezione, secondo cui "A terra erano presenti alcune plafoniere...., direi che erano circa una decina... Ricordo che i tre (n.d.r. M., P. e Z. G.) erano vicini alla scrivania presente nel locale cui ho fatto cenno, non ricordo se almeno uno dei tre stesse lavorando o comunque si stesse occupando di una delle plafoniere. In particolare non ricordo se se ne stesse occupando il sig. Z. G.".
La Corte d'Appello con adeguata motivazione esamina anche il tema degli elementi indiziari, affermando che l'impiego del tempo di lavoro in attività estranee alla prestazione lavorativa non era emersa neanche dalla deposizione del teste R., che aveva materialmente fatto "irruzione" nel locale smistamento quadri, né da altri elementi certi ed appare, nelle argomentazioni svolte dal Tribunale e condivise dall'appellata, il frutto di un ragionamento deduttivo unicamente ancorato all'atteggiamento "sospetto" di Z. G. e dei suoi colleghi di lavoro, alle risposte da costui fornite al personale di vigilanza circa il contenuto dell'armadietto sito nel locale quadri smistamento e dei DVD ivi rinvenuti e alla asserita ammissione di avere, in passato, visionato detti filmati durante la pausa pranzo.
La Corte d'Appello, quindi, pone in rilievo che, come verificato dallo stesso Raffaele al momento dell'ispezione non vi era in corso alcuna attività di visione di filmati, che, anzi, il PC e i DVD, che ne avrebbero dovuto costituire gli strumenti, erano ben chiusi negli armadietti presenti nel locale e ciò accadeva "intorno alle ore 14,00", e, comunque, poco dopo l'inizio del turno lavorativo, anche a volere prendere a riferimento la indicazione oraria delle "14,30-14,40" (teste R.).
Quanto, poi, alle risposte fornite da Z. G. al personale di vigilanza, riferite dal teste Raffaele, della cui attendibilità non vi era ragione di dubitare, circa il contenuto dell'armadio ("Z. G....aveva dichiarato che (n.d.r. nell'armadietto) si trovava un attrezzo per fare fotocopie") e dei DVD ("il ricorrente ci disse che i tre DVD erano suoi ed erano vuoti") sebbene appaiano formalizzate a celare agli accertatori quelli reali, tuttavia non sono sufficienti a fondare la certezza che "durante l'orario di lavoro" il dipendente si fosse dedicato alla visione dei filmati, potendo, tutto al più, alimentare il "sospetto" che ciò possa essere avvenuto che, però, è inidoneo a ritenere provato l'addebito.
Analoga valenza, osservava il giudice di secondo grado, doveva riconoscersi al riferito atteggiamento di Z. G. e di M. ("Z. G. più volte usciva da questo locale sostava brevemente davanti alla porta e vi rientrava. Oltre a Z. G. vedemmo M. che si comportava allo stesso modo") al quale non può attribuirsi un valore univoco, tanto da ritenere raggiunta la prova del fatto.
Le asserite ammissioni del dipendente restavano, poi, circoscritte a quelle riportate nella lettera di giustificazioni di Z. G., ossia di "averne visto lo scorcio di uno ( ndr filmato) durante la pausa mensa", dato che la compiuta istruzione non aveva offerto elementi ulteriori, e la circostanza riconosciuta è certamente diversa dall'avere impiegato l'orario lavorativo in attività diverse dalla prestazione.
Ripercorsa la motivazione della Corte d'Appello e rilevata la specificità e congruità della stessa, che prende in considerazione i fatti di causa e le risultanze istruttorie, le censure della datrice di lavoro, si palesano come una ricostruzione dei fatti di causa che viene contrapposta a quella della Corte d'Appello, sollecitando in tal modo un riesame nel merito della vicenda che esula dal giudizio di legittimità.
10. 11 ricorso deve essere rigettato.
11. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in euro tremila per compensi professionali, oltre euro cento per esborsi, spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2 luglio 2015.
IL PRESIDENTE
Paolo Stile
IL CONSIGLIERE EST
Irene Tricorni
Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2015
IL FUNZIONARIO GIUDIZIARIO
Donatella Coletta