Direzione editoriale di Massimiliano Mangano - Chiara Campanelli
Si può limitare il diritto di difesa stabilendo a priori il numero di pagine dell'atto?
Il rispetto del limite di pagine sostanzia un presupposto della domanda, violato il quale la pretesa (o la doglianza o la eccezione) deve essere dichiarata inammissibile o comunque non deve essere sottoposta al vaglio giurisdizionale?
Si pubblicano le interessanti osservazioni del Consiglio Nazionale Forense sulla bozza di decreto del Presidente del Consiglio di Stato che disciplina la dimensione dei ricorsi e degli altri atti difensivi nel processo amministrativo, ex art. 120, co. 6, dell’allegato I al C.p.a. e dall’articolo 40 del D.L. n. 90/2014, convertito in Legge n. 114/2014.
Il Consiglio Nazionale Forense con il parere in commento, reso nella seduta amministrativa del 16 aprile 2015, ha espresso il proprio dissenso sulla bozza di decreto del Presidente del Consiglio di Stato in attuazione della legge sulle misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari.
Il Consiglio Nazionale Forense ha affermato di essere contrario a tutte le forme di regolamentazione in via normativa della dimensione del ricorso e degli atti difensivi, ritenendo che esse siano in contrasto con i principi di effettività e di efficacia del principio costituzionale di difesa.
Ed invero, precisa il CNF l’obiettivo dello spedito svolgimento del giudizio, in conformità con il principio di sinteticità di cui all’art. 3, comma 2, del Codice del processo amministrativo può essere meglio perseguito attraverso tecniche di autolimitazione e di formazione, che non mediante misure di coercizione.
Il CNF, quindi, auspica in una modifica normativa alla disposizione introdotta nell’articolo 120 dell’allegato al Decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104 dall’articolo 40 del Decreto legge 24 giugno 2014 n. 90, convertito in Legge 11 agosto 2014 n. 114.
Tuttavia, secondo il principio di leale collaborazione ed in conformità al dettato della norma di legge citata (che prevede il parere del CNF per l’adozione di misure organizzative per il migliore funzionamento della Giustizia amministrativa), il Consiglio ha formulato diverse osservazioni e/o richieste di modifica dello schema di decreto presidenziale attuativo.
In particolare, rimandando al testo del parere per la lettura delle osservazioni effettuate, il Consiglio ha esaminato un aspetto essenziale del decreto, quello concernente l’interpretazione della norma di legge ovvero la sorte dei motivi di ricorso o delle argomentazioni a sostegno delle tesi difensive che siano poste nelle pagine eccedenti il numero ammissibile.
L’unica interpretazione sistematicamente sostenibile e quindi coerente con il principio della domanda di cui all’art. 112 c.p.c. e con il principio di sinteticità declinato dall’art. 3, co. 2, c.p.a., a giudizio del CNF è la seguente: non si può sostenere che il rispetto del limite di pagine sostanzi un presupposto della domanda, violato il quale la pretesa (o la doglianza o la eccezione) debba essere dichiarata inammissibile o comunque non debba essere sottoposta al vaglio giurisdizionale.
Invero, il rispetto dei limiti dimensionali del ricorso e degli altri atti difensivi stabiliti con il decreto presidenziale vale a garantire la parte circa l’obbligo di delibazione di tutte le questioni esposte con il proprio atto difensivo, sicché può dirsi che in tal caso il rispetto del canone di sinteticità è coperto da una presunzione assoluta e che quindi il giudicante non potrà in nessun caso censurare la violazione dell’art. 3, co. 2, c.p.a., né esimersi dal pronunciarsi sulle questioni introdotte in giudizio.
In caso contrario, quello in cui l’atto difensivo risulti eccedente rispetto al limite di pagine prestabilito, la norma non preclude affatto espressamente la delibazione delle questioni introdotte con le pagine eccedenti il limite, né tantomeno stabilisce che in caso di pronuncia sulle stesse questioni la sentenza non sia suscettibile di impugnazione.
In questo caso, in mancanza di una previsione espressa di legge, non può che ritornare ad espandersi la disciplina generale di cui all’art. 3, co. 2, c.p.a., per cui il giudicante sarà tenuto a valutare in concreto se la violazione dei limiti costituisca effettivamente un comportamento elusivo del principio di sinteticità o se, invece, il superamento dei limiti si sia reso necessario perché funzionale alla migliore, o comunque necessaria, tutela della posizione processuale della parte.
Ma anche quando vi sia violazione del canone di cui all’art. 3, co. 2, c.p.a. al giudicante non può essere consentito di omettere aprioristicamente la delibazione delle questioni eccedenti il limite, a ciò ostando il disposto di cui all’art. 112 c.p.c. e ancor più il precetto costituzionale di cui all’art. 24 Cost..
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