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Direzione scientifica di M. Alessandra Sandulli e Andrea Scuderi
23/04/2015
GIUSTIZIA / Giudizio amministrativo

Si può limitare il diritto di difesa stabilendo a priori il numero di pagine dell'atto?

Il rispetto del limite di pagine sostanzia un presupposto della domanda, violato il quale la pretesa (o la doglianza o la eccezione) deve essere dichiarata inammissibile o comunque non deve essere sottoposta al vaglio giurisdizionale?

Si pubblicano le interessanti osservazioni del Consiglio Nazionale Forense sulla bozza di decreto del Presidente del Consiglio di Stato che disciplina la dimensione dei ricorsi e degli altri atti difensivi nel processo amministrativo, ex art. 120, co. 6, dell’allegato I al C.p.a. e dall’articolo 40 del D.L. n. 90/2014, convertito in Legge n. 114/2014.
Il Consiglio Nazionale Forense con il parere in commento, reso nella seduta amministrativa del 16 aprile 2015, ha espresso il proprio dissenso sulla bozza di decreto del Presidente del Consiglio di Stato in attuazione della legge sulle misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari.
Il Consiglio Nazionale Forense ha affermato di essere contrario a tutte le forme di regolamentazione in via normativa della dimensione del ricorso e degli atti difensivi, ritenendo che esse siano in contrasto con i principi di effettività e di efficacia del principio costituzionale di difesa.
Ed invero, precisa il CNF l’obiettivo dello spedito svolgimento del giudizio, in conformità con il principio di sinteticità di cui all’art. 3, comma 2, del Codice del processo amministrativo può essere meglio perseguito attraverso tecniche di autolimitazione e di formazione, che non mediante misure di coercizione.
Il CNF, quindi, auspica in una modifica normativa alla disposizione introdotta nell’articolo 120 dell’allegato al Decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104 dall’articolo 40 del Decreto legge 24 giugno 2014 n. 90, convertito in Legge 11 agosto 2014 n. 114.
Tuttavia, secondo il principio di leale collaborazione ed in conformità al dettato della norma di legge citata (che prevede il parere del CNF per l’adozione di misure organizzative per il migliore funzionamento della Giustizia amministrativa), il Consiglio ha formulato diverse osservazioni e/o richieste di modifica dello schema di decreto presidenziale attuativo.
In particolare, rimandando al testo del parere per la lettura delle osservazioni effettuate, il Consiglio ha esaminato un aspetto essenziale del decreto, quello concernente l’interpretazione della norma di legge ovvero la sorte dei motivi di ricorso o delle argomentazioni a sostegno delle tesi difensive che siano poste nelle pagine eccedenti il numero ammissibile.
L’unica interpretazione sistematicamente sostenibile e quindi coerente con il principio della domanda di cui all’art. 112 c.p.c. e con il principio di sinteticità declinato dall’art. 3, co. 2, c.p.a., a giudizio del CNF è la seguente: non si può sostenere che il rispetto del limite di pagine sostanzi un presupposto della domanda, violato il quale la pretesa (o la doglianza o la eccezione) debba essere dichiarata inammissibile o comunque non debba essere sottoposta al vaglio giurisdizionale.
Invero, il rispetto dei limiti dimensionali del ricorso e degli altri atti difensivi stabiliti con il decreto presidenziale vale a garantire la parte circa l’obbligo di delibazione di tutte le questioni esposte con il proprio atto difensivo, sicché può dirsi che in tal caso il rispetto del canone di sinteticità è coperto da una presunzione assoluta e che quindi il giudicante non potrà in nessun caso censurare la violazione dell’art. 3, co. 2, c.p.a., né esimersi dal pronunciarsi sulle questioni introdotte in giudizio.
In caso contrario, quello in cui l’atto difensivo risulti eccedente rispetto al limite di pagine prestabilito, la norma non preclude affatto espressamente la delibazione delle questioni introdotte con le pagine eccedenti il limite, né tantomeno stabilisce che in caso di pronuncia sulle stesse questioni la sentenza non sia suscettibile di impugnazione.
In questo caso, in mancanza di una previsione espressa di legge, non può che ritornare ad espandersi la disciplina generale di cui all’art. 3, co. 2, c.p.a., per cui il giudicante sarà tenuto a valutare in concreto se la violazione dei limiti costituisca effettivamente un comportamento elusivo del principio di sinteticità o se, invece, il superamento dei limiti si sia reso necessario perché funzionale alla migliore, o comunque necessaria, tutela della posizione processuale della parte.
Ma anche quando vi sia violazione del canone di cui all’art. 3, co. 2, c.p.a. al giudicante non può essere consentito di omettere aprioristicamente la delibazione delle questioni eccedenti il limite, a ciò ostando il disposto di cui all’art. 112 c.p.c. e ancor più il precetto costituzionale di cui all’art. 24 Cost..

Chiara Campanelli
ALLEGATO 1 Legislazione Nazionale - Deliberazioni ed atti vari di Agenzie, Comitati ed Organismi - Consiglio Nazionale Forense 16 Aprile 2015
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
presso il Ministero della Giustizia
 
Il Consiglio Nazionale Forense, nella seduta amministrativa del 16 aprile 2015, ha adottato il seguente parere:
 
Osservazioni del Consiglio Nazionale Forense sulla bozza di decreto del Presidente del Consiglio di Stato che disciplina la dimensione dei ricorsi e degli altri atti difensivi, ai sensi dell'art. 120, co. 6, dell'allegato I al decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104 dall'articolo 40 del decreto legge 24 giugno 2014 n. 90, convertito in legge 11 agosto 2014 n. 114.
 
Il Consiglio Nazionale Forense, nel formulare le presenti osservazioni, deve premettere la propria contrarietà a tutte le forme di regolamentazione in via normativa delle dimensioni del ricorso e degli atti difensivi, ritenendo che esse siano in contrasto con il principio di efficacia ed effettività dei diritti della difesa (art. 24 Cost.). Il Consiglio ritiene infatti che l'obiettivo dello spedito svolgimento del giudizio, in conformità con il principio di sinteticità di cui all'art. 3, comma 2, del Codice del processo amministrativo possa essere meglio perseguito attraverso tecniche di autolimitazione e di formazione, che non mediante misure di coercizione: e per questo auspica che possa intervenire una modifica normativa alla disposizione introdotta nell'articolo 120 dell'allegato I al decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104 dall'articolo 40 del decreto legge 24 giugno 2014 n. 90, convertito in legge 11 agosto 2014 n. 114 ed ogni sua forma applicativa: questo anche in relazione al problema della improprietà della fonte (Decreto del Presidente del Consiglio di Stato) ad incidere su di un diritto, come quello di difesa, espressamente qualificato come fondamentale dalla nostra Costituzione.
Tuttavia, secondo il principio di leale collaborazione ed in conformità al dettato della norma di legge sopraddetta (che prevede il parere del CNF per l'adozione di misure organizzative per il migliore funzionamento della Giustizia amministrativa), si formulano le seguenti osservazioni e/o richieste di modificazione allo schema di decreto presidenziale attuativo.
A. Le dimensioni degli atti indicati al punto n. 2 dello schema di decreto devono essere aumentate, con la previsione di un numero di pagine non inferiore a 30, in conformità agli esiti della verifica effettuata dall'Ufficio sulla lunghezza media degli atti depositati al Consiglio di Stato.
B. Tra gli atti difensivi disciplinati al punto n. 2 dello schema di decreto vanno inseriti sia l'atto di intervento (salvo che non si tratti di intervento meramente adesivo), sia l'atto di riassunzione, che entrambi presentano caratteri ed esigenze processuali analoghi all'atto di introduzione del giudizio.
C. Le dimensioni degli atti indicati ai punti nn. 3 e 4 (e, se non accolta l'osservazione di cui al paragrafo B che precede, ai punti 5 e 6) dello schema di decreto devono essere aumentate in proporzione alle dimensioni stabilite per gli atti elencati al n. 2.
D. Dai limiti di cui ai numeri 2, 3, 4, 5 e 6 vanno esclusi altresì il P.Q.M. e le conclusioni dell'atto (in tal senso richiedendosi pertanto un'integrazione del punto n. 9).
E. La previsione del raddoppio dei limiti di dimensione degli atti difensivi, con riferimento al valore effettivo della controversia, va allineata ai valori di soglia previsti dalla normativa, comunitaria e nazionale, sui contratti pubblici (in tali sensi richiedendosi pertanto modifica del punto n. 10 lett. a).
E1. Il valore effettivo della controversia va determinato con riferimento all'importo posto a base della procedura di gara o di affidamento, al netto dell'IVA (in tal senso richiedendosi pertanto integrazione del punto sub n. 10 lett. a).
E2. Il raddoppio dei limiti di dimensione degli atti difensivi (già previsto quando la controversia presenti questioni tecniche, giuridiche o di fatto particolarmente complesse, tenuto conto, tra l'altro, della "esigenza di riproposizione di motivi dichiarati assorbiti") va esteso, per ragioni di coerenza rispetto al disposto dell'art. 102, comma 2, c.p.a., alla esigenza di riproposizione di domande ed eccezioni non esaminate nella sentenza di primo grado (in tal senso richiedendosi pertanto integrazione del punto sub n. 10 lett. b).
F. Ferma restando la modifica richiesta al paragrafo E2, la previsione del punto n. 11 in ordine all'inapplicabilità dei limiti dimensionali va estesa, oltre ai casi in cui il valore della controversia sia superiore ad un certo importo (che va comunque opportunamente ridotto rispetto all'importo di 100.000.000 di euro previsto dallo schema di decreto), anche ai casi contemplati al punto n. 10 lett. b) (per questo richiedendosi modifica, rispettivamente, dei punti sub n. 10 e sub n. 11). Tanto, al fine di rispettare la lettera e la ratio del novellato art. 120, comma 6, cit. che distingue i casi "per i quali, per specifiche ragioni, può essere consentito superare i relativi limiti" dai casi nei quali, nella fissazione dei limiti dimensionali degli atti difensivi, occorre tener "conto del valore effettivo della controversia, della sua natura tecnica e del valore dei diversi interessi sostanzialmente perseguiti dalle parti".
G. Quanto al punto n. 13, si offrono le seguenti riflessioni.
G.1. Il Giudice deve pronunciarsi in ordine al ricorrere di uno o più dei casi di cui ai numeri 10 o 11, ai fini di quanto stabilito dall'art. 120, comma 6, ultimo periodo, c.p.a.: ma questo deve essere fatto prima della proposizione del ricorso stesso.. A tal fine il ricorrente, con apposita istanza, motivata con riferimento al ricorrere nella fattispecie dei casi di cui ai numeri 10 o 11, potrà chiedere di essere autorizzato ad applicare una delle due disposizioni. Il presidente del tribunale amministrativo regionale o un magistrato da lui delegato provvede sull'istanza entro il giorno successivo a quello di presentazione (in tal senso richiedendosi pertanto modifica del punto sub n. 13).
G.2. La previsione dell'onere in capo al collegio di accertare e dichiarare se ricorrano o meno "uno o più dei casi di cui ai numeri 10 e 11, ai fini di quanto stabilito dall'art. 120, comma 6, ultimo periodo dell'allegato I del decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104", pone inoltre e in ogni caso la questione della portata interpretativa della predetta disposizione di legge. Se cioè il legislatore, statuendo espressamente che "il giudice è tenuto a esaminare tutte le questioni trattate nelle pagine rientranti nei suddetti limiti; il mancato esame delle suddette questioni costituisce motivo di appello avverso la sentenza di primo grado e di revocazione della sentenza di appello", abbia inteso implicitamente affermare l'inammissibilità/improcedibilità delle questioni trattate nelle pagine eccedenti i suddetti limiti, con la conseguenza che le questioni poste non sarebbero esaminate, senza che il mancato esame delle stesse (e quindi delle doglianze, eccezioni e domande e/o dei capi di domanda ivi trattati) possa costituire motivo di impugnazione.
In realtà, secondo questo Consiglio Nazionale, ove della norma fosse data l'interpretazione di cui sopra, la stessa apparirebbe manifestamente incostituzionale (artt. 3 e 24 Cost).
L'unica interpretazione sistematicamente sostenibile e quindi coerente con il principio della domanda di cui all'art. 112 c.p.c. e con il principio di sinteticità declinato dall'art. 3, co. 2, c.p.a. è la seguente:non si può sostenere che il rispetto del limite di pagine sostanzi un presupposto della domanda, violato il quale la pretesa (o la doglianza o la eccezione) debba essere dichiarata inammissibile o comunque non debba essere sottoposta al vaglio giurisdizionale.
Invero, il rispetto dei limiti dimensionali del ricorso e degli altri atti difensivi stabiliti con il decreto presidenziale vale a garantire la parte circa l'obbligo di delibazione di tutte le questioni esposte con il proprio atto difensivo, sicché può dirsi che in tal caso il rispetto del canone di sinteticità è coperto da una presunzione assoluta e che quindi il giudicante non potrà in nessun caso censurare la violazione dell'art. 3, co. 2, c.p.a., né esimersi dal pronunciarsi sulle questioni introdotte in giudizio.
In caso contrario, quello in cui l'atto difensivo risulti eccedente rispetto al limite di pagine prestabilito, la norma non preclude affatto espressamente la delibazione delle questioni introdotte con le pagine eccedenti il limite, né tantomeno stabilisce che in caso di pronuncia sulle stesse questioni la sentenza non sia suscettibile di impugnazione.
In questo caso, in mancanza di una previsione espressa di legge, non può che ritornare ad espandersi la disciplina generale di cui all'art. 3, co. 2, c.p.a.: per cui il giudicante sarà tenuto a valutare in concreto se la violazione dei limiti costituisca effettivamente un comportamento elusivo del principio di sinteticità; o se invece il superamento dei limiti si sia reso necessario perché funzionale alla migliore, o comunque necessaria, tutela della posizione processuale della parte.
Ma anche quando vi sia violazione del canone di cui all'art. 3, co. 2, c.p.a. al giudicante non può essere consentito di omettere aprioristicamente la delibazione delle questioni eccedenti il limite, a ciò ostando il disposto di cui all'art. 112 c.p.c. e ancor più il precetto costituzionale di cui all'art. 24 Cost.. Se infatti l'ordinamento assicura l'effettività della tutela in giudizio nel rispetto del principio della domanda, tale obiettivo ultimo non può essere in nessun caso frustrato e disatteso, e la violazione in argomento potrà al più rilevare sul (e non potrà eccedere il) piano del comportamento processuale e della condanna alle spese, in linea con i più recenti arresti giurisprudenziali in tema di applicazione dell'art. 3, co. 2, c.p.a..
In sede di impugnazione, il decreto non si applica ai giudizi il cui ricorso di primo grado sia stato proposto prima della entrata in vigore del decreto (in tal senso richiedendosi pertanto modifica del punto n. 17).
Roma, 16 aprile 2015
 
 


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